Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 12 giugno 2019, n. 26004.
La massima estrapolata:
In tema di revoca o sospensione dell’esecuzione dell’ordine di demolizione disposto con la sentenza di condanna, il presupposto della compatibilità del manufatto abusivo con il regolare assetto del territorio non discende solo dalla mera possibilità di esecuzione in quell’area di interventi edilizi del tipo di quelli realizzati, come insita anche nella qualificazione del fondo come edificabile a fini espropriativi, ma impone necessariamente il rilascio del permesso di costruire in sanatoria a seguito della presentazione dell’istanza di condono. (In motivazione la Corte ha precisato che, nel caso di rilascio di tale provvedimento, il giudice dell’esecuzione è comunque pur sempre titolato ad esercitare il proprio sindacato sulla legittimità del provvedimento abilitativo in sanatoria).
Sentenza 12 giugno 2019, n. 26004
Data udienza 5 aprile 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere
Dott. SCARCELLA Aless – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 05/10/2018 del TRIB. SEZ. DIST. di ISCHIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. SCARCELLA ALESSIO;
sentite le conclusioni del PG, Dott.ssa BARBERINI R.M., che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza 5.10.2018, il tribunale di Napoli, sez. dist. Ischia, rigettava l’incidente di esecuzione promosso in data 3.04.2017 nell’interesse del (OMISSIS), tendente ad ottenere la revoca o l’annullamento dell’ordine di demolizione disposto dalla Procura della Repubblica di Napoli.
2. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il condannato, a mezzo del difensore di fiducia, iscritto all’Albo speciale previsto dall’articolo 613 c.p.p., articolando un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Deduce, con tale unico motivo, violazione di legge in relazione alla L. n. 47 del 1985, articoli 38 e 39.
Premesso che l’istante era stato condannato con sentenza irrevocabile emessa dal medesimo tribunale alla pena di 1 anno ed 8 mesi di reclusione ed Euro 1600,00 di multa, con ordine di demolizione e di rimessione in pristino stato dei luoghi, per aver eseguito in assenza di concessione edilizia un manufatto di mq. 146 adibito a civile abitazione, sostiene il ricorrente che la motivazione del giudice sarebbe assolutamente inconferente laddove rigetta l’istanza per mancanza nel Comune di Ischia, del piano di dettaglio previsto dall’articolo 19 piano territoriale paesistico, rendendo cio’ assolutamente imprevedibili incerti ed indefinibili i tempi per l’esame della pratica di condono edilizio proposto dall’imputato su un manufatto realizzato in zona vincolata. Sul punto, ricorda il ricorrente, la giurisprudenza in sede civile ha avuto modo di affermare, in tema di esproprio per pubblica utilita’, che ai fini della valutazione dell’edificabilita’ di un’area, le possibilita’ legali ed effettive di edificazione previste dalla L. n. 359 del 1992, articolo 5 bis, non devono e non possono coesistere, avendo il predetto articolo prospettato due situazioni. In particolare – richiamata la sentenza di questa Corte n. 8702/1998 della prima sezione civile, secondo cui puo’ essere valutata l’edificabilita’ di fatto di un’area purche’, in assenza di uno strumento urbanistico adottato o approvato, tale edificabilita’ risulti comunque compatibile con le scelte urbanistiche dell’amministrazione comunale delle quali deve tenersi conto, se vigenti alla data di esproprio – si sostiene che se detto principio e’ applicabile all’esproprio sarebbe plausibile ipotizzarne l’applicazione anche al condono edilizio. In altri termini, se in un comune privo di piano di dettaglio e’ possibile espropriare un’area al fine di edificare per pubblica utilita’, sara’ di certo possibile edificare anche in presenza del permesso di costruire in sanatoria, basandosi sul piano di dettaglio che comunque si e’ formato ex se, in seguito all’urbanizzazione avutasi negli anni. Cio’ in quanto uno stato di sufficiente urbanizzazione della zona, che rende superflua la pianificazione di dettaglio, deve ritenersi per la difesa equivalente all’operativita’ di un piano attuativo ancorche’ previsto dal PRG. Da qui ne discenderebbe la ipotizzata violazione di legge, soprattutto ove si consideri che l’opera sarebbe stata si’ edificata abusivamente, ma in area dove e’ prevista dal PRG l’urbanizzazione, come attestato dall’UTC del comune di Ischia. In ogni caso, si osserva, il giudice avrebbe violato il combinato disposto della L. n. 47 del 1985, articoli 38 e 39, come modificati dalla L. n. 326 del 2003.
Il giudice infatti avrebbe errato nell’affermare che l’istanza era da rigettarsi in quanto la pur attestata congruita’ del pagamento dell’oblazione non era idonea a caducare o sospendere l’ordine demolitorio. Ed invero, si afferma, l’intervenuto integrale versamento dell’oblazione successivo alla presentazione dell’istanza di condono edilizio, seguito dall’attestazione di congruita’ della somma versata da parte dell’UTC comunale in cui si dichiara che l’immobile ricade in zona (OMISSIS) del PRG, ossia in zona in cui sono consentiti interventi di nuova costruzione e sopraelevazione, determina in fase esecutiva non solo l’estinzione dei reati edilizi, ma anche dei procedimenti di esecuzione delle sanzioni amministrative, comportando dunque l’obbligo di revocare l’ordine demolitorio.
3. Con requisitoria scritta depositata in data 17.10.2018, il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona del Dott. Fimiani P., ha chiesto a questa Corte la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, osservando: a) che manifestamente infondato e’ il richiamo alle norme circa la qualificazione come edificabile di un fondo a fini espropriativi, essendo nella specie in questione l’esecuzione di una sentenza di condanna per costruzione in assenza di titolo; b) che nel resto il ricorso propone questioni gia’ dichiarate infondate dal giudice di legittimita’, in particolare richiamandosi la motivazione della sentenza n. 47128/2018 di questa Sezione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e’ infondato.
5. Ed invero, il giudice ha respinto l’istanza dell’interessato evidenziando correttamente che l’unico provvedimento amministrativo in grado di determinare la sanatoria dell’illecito e la caducazione dell’ordine demolitorio (a fini edilizi) o ripristinatorio (a fini paesaggistici) e’ l’atto di concessione postuma adottato ai sensi di una delle leggi susseguitesi tra il 1985 ed il 2003 che consentono il c.d. condono edilizio, ossia il p.d.c. in sanatoria ai sensi dell’articolo 36 TU edilizia.
A tal proposito, il giudice, dopo aver richiamato la giurisprudenza di questa Corte in materia, rileva: a) che la mancanza del piano di dettaglio previsto dall’articolo 19 piano territoriale paesistico del comune di (OMISSIS), rende assolutamente imprevedibili, incerti ed indefinibili i tempi per l’esame della pratica di condono presentata dall’imputato su un manufatto realizzato comunque in zona vincolata; b) che la congruita’ dell’oblazione versata, per come attestata dall’UTC comunale, non e’ idonea a caducare o sospendere l’ordine demolitorio, atteso che ad oggi ancora non puo’ essere valutato l’eventuale rilascio di titoli autorizzativi in sanatoria da parte del competente UTC del comune di (OMISSIS).
Trattasi di motivazione del tutto immune dai denunciati vizi, laddove si richiami la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui la determinazione da parte dell’amministrazione comunale della congruita’ della somma di denaro versata a titolo di oblazione a seguito dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria non determina la sospensione dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna, in quanto soltanto col rilascio del titolo abilitativo il giudice dell’esecuzione e’ tenuto a verificare la legittimita’ e la compatibilita’ del manufatto con gli strumenti urbanistici (da ultimo: Sez. 3, n. 28505 del 27/05/2009 – dep. 13/07/2009, Fontana, Rv. 244564).
6. A cio’ va aggiunto, come ricorda il PG nella sua requisitoria, che la giurisprudenza di questa Corte e’ assolutamente consolidata nell’affermare che il pagamento completo e nei termini della somma versata a titolo di oblazione per la definizione dell’illecito edilizio non determina, ove sia intervenuta sentenza di condanna, ne’ l’estinzione del reato, ne’ l’automatica caducazione dell’ordine di demolizione (In motivazione questa Corte ha precisato che, in base al disposto della L. n. 47 del 1985, articolo 38, comma 3, non si tiene conto della condanna agli effetti dell’articolo 99 c.p. e dell’articolo 163 c.p.: Sez. 3, n. 41270 del 15/05/2018 – dep. 25/09/2018, M., Rv. 274072).
7. Quanto, infine, al richiamo operato dalla difesa delle norme circa la qualificazione come edificabile di un fondo a fini espropriativi, come evidenziato dal PG nella sua requisitoria scritta, si tratta di richiamo suggestivo, ma del tutto privo di pregio, atteso che nella vicenda in esame viene in rilievo l’esecuzione di una sentenza di condanna per costruzione in assenza di titolo. Ed invero, altro e’ la possibilita’ di espropriare un’area al fine di edificare per pubblica utilita’ in un Comune privo di piano di dettaglio (considerato la finalita’ dell’istituto dell’espropriazione che rientra tra i provvedimenti ablatori mediante i quali la P.A. acquisisce vantaggi volti al soddisfacimento di interessi pubblici sottraendo ai privati facolta’ o diritti appartenenti alla loro sfera giuridica), altro ancora e’ invece la sostenuta possibilita’ di edificare in area sufficientemente urbanizzata, che nell’ottica difensiva sarebbe equivalente all’operativita’ di un piano attuativo ancorche’ previsto dal PRG, e che renderebbe superflua la pianificazione di dettaglio, atteso che, una volta che l’opera abusiva sia stata realizzata e sia intervenuto l’ordine di demolizione a seguito di sentenza di condanna irrevocabile, la compatibilita’ del manufatto abusivo con il regolare assetto territoriale non discende solo dalla mera possibilita’ di esecuzione in quell’area di interventi edilizi del tipo di quelli realizzati, ma impone necessariamente, al fine di determinare la possibile caducazione dell’ordine demolitorio, il rilascio del provvedimento sanante a seguito della presentazione dell’istanza di condono, all’esito del cui rilascio il giudice dell’esecuzione e’ pur sempre legittimato ad esercitare il proprio sindacato sulla legittimita’ del rilascio del titolo abilitativo.
Pacifico e’ infatti che il giudice dell’esecuzione, a cui sia richiesto di revocare l’ordine di demolizione di manufatto abusivo in ragione di sopravvenuto provvedimento di condono, ha il potere di sindacare detto atto concessorio, non ritenendolo legittimo soltanto ove lo stesso sia stato emesso in assenza delle condizioni formali e sostanziali di legge previste per la sua esistenza e non anche nell’ipotesi di mancato rispetto delle norme che, regolando l’esercizio del potere amministrativo, determinano solo invalidita’ (Sez. 3, n. 25485 del 17/03/2009 – dep. 18/06/2009, Consolo, Rv. 243905).
8. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati.
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