Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 28 marzo 2019, n. 2039.

La massima estrapolata:

L’ordinanza di demolizione di abusi edilizi non è viziata dall’omissione dell’avviso di inizio del relativo procedimento, perché rispetto all’esercizio del potere repressivo l’abuso edilizio è un presupposto di fatto di cui l’interessato ragionevolmente è a conoscenza, perché attiene alla propria sfera di controllo.

Sentenza 28 marzo 2019, n. 2039

Data udienza 29 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 4175 del 2013, proposto dalla società “I Gi. 20. S.r.l.”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ga. Di Ge. Pa., presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, viale (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ro. De Ti., presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, viale (…)
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, Sez. I, 24 gennaio 2013 n. 85, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato comune;
Vista l’ordinanza della Sezione 28 agosto 2013 n. 3345, di reiezione dell’istanza cautelare proposta;
Esaminate le memorie difensive e gli ulteriori atti depositati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2018 il Cons. Stefano Toschei e udito per la parte appellante l’avvocato Ga. Pa. Di Ge.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Rileva il Collegio in via preliminare che la vicenda oggetto del presente contenzioso in grado di appello è sovrapponibile ad altra (di cui agli appelli riuniti nn. R.g. 3113 e 3114 del 2013) definita con sentenza della Sezione 7 maggio 2018 n. 2700.
In tali precedenti oggetto del contenzioso è stato:
– (per il ricorso in appello n. R.g. 3113/2013 R.G.) la richiesta di riforma della sentenza del TAR Lazio, sezione staccata di Latina, sezione I, 24 gennaio 2013 n. 80, che aveva respinto il ricorso n. R.g. 323/2011 proposto per l’annullamento dell’ordinanza 5 gennaio 2011 n. 4 con la quale il Capo settore del Settore urbanistica ed assetto del territorio del Comune di (omissis) aveva ingiunto alla odierna società appellante la demolizione, in quanto abusive, delle opere realizzate in via Rio Ma. presso l’omonima lottizzazione, su terreno distinto al catasto al foglio 9 mappale 73 e consistenti nella modifica della sagoma del manufatto e nella tamponatura del portico, con un ampliamento di circa mq 52, nella diversa ubicazione del sito del manufatto, in modifiche prospettiche e parziale variazione dell’altezza e nella realizzazione di un piano interrato con la stessa sagoma del fabbricato sovrastante, con una superficie utile di circa mq 86;
– (per il ricorso in appello n. R.g. 3114/2013 R.G.) la richiesta di riforma della sentenza del TAR Lazio, sezione staccata di Latina, sezione I, 24 gennaio 2013 n. 81, con la quale era stato respinto il ricorso R.g. n. 1097/2011 proposto dalla medesima società oggi appellante per l’annullamento del verbale 1 settembre 2011 con il quale il Comune di (omissis) ha accertato l’inottemperanza alla ordinanza 4/2011 di cui sopra.
2. – Con l’odierno appello la stessa società I Gi. 20. S.r.l chiedono la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, Sez. I, 24 gennaio 2013 n. 85, che ha respinto il ricorso n. R.g. 525/2012 proposto per l’annullamento dell’ordinanza 6 febbraio 2012 n. 5 con la quale il Capo settore del Settore urbanistica ed assetto del territorio del Comune di (omissis) ha disposto l’acquisizione di diritto delle aree site in (omissis) via Rio Ma. presso l’omonima lottizzazione, su terreno distinto al catasto al foglio 9 mappale 73.
Il suindicato provvedimento, per come è stato chiarito nella sentenza fatta qui oggetto di appello dal giudice di primo grado, è stato adottato sul presupposto dell’emanazione della ordinanza di demolizione n. 4 del 2012, la cui legittimità è stata affermata in sede giudiziale sia dal TAR Latina che da questa Sezione, con le sentenze sopra richiamate, atteso anche che le censure dedotte nei confronti dell’atto di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area attengono esclusivamente alla asserita illegittimità derivata dall’atto presupposto costituito dall’ordinanza di demolizione n. 4/2012.
3. – Per esclusivo spirito di completezza decisionale si riporta qui di seguito il contenuto essenziale della motivazione della sentenza della Sezione n. 2700/2018 onde consentire alle parti di sincerarsi della inevitabile infondatezza dei motivi di appello dedotti nell’ambito del presente contenzioso, tenuto anche conto che nell’atto di appello la parte appellante fa espressamente rinvio a quanto dedotto negli atti di appello proposti avverso le sentenze del TAR Latina nn. 80 e 81 del 2013 (cfr., in tal senso, pag. 6 dell’atto di appello).
“(…) 3. Il primo motivo dell’appello 3113/2013, incentrato sull’omissione dell’avviso dell’inizio del procedimento, è infondato.
Per costante giurisprudenza, l’obbligo di dare avviso dell’inizio del procedimento non va inteso in senso formalistico, e viene quindi meno quando in concreto l’apporto partecipativo del privato nessuna influenza potrebbe avere quanto al contenuto non discrezionale del provvedimento finale: per tutte in tal senso C.d.S. sez. VI 18 maggio 2015 n. 2059 e sez. V 17 luglio 2001 n. 3954.
Ciò posto, nella specifica materia, la recente sentenza dell’Adunanza plenaria 17 ottobre 2017 n. 9, che si cita per tutte, ha affermato che l’ordine di demolizione di un abuso edilizio è atto dovuto e non discrezionale.
Si deve quindi ritenere, sempre secondo la giurisprudenza, che tale atto non sia viziato dall’omissione dell’avviso di inizio del relativo procedimento, in particolare perché rispetto all’esercizio del potere repressivo l’abuso edilizio è un presupposto di fatto di cui il ricorrente ragionevolmente è a conoscenza, perché attiene alla propria sfera di controllo: così fra le più recenti C.d.S. sez. V 28 aprile 2015 n. 2194.
In altre parole, quindi, l’omissione dell’avviso del procedimento non è rilevante quando non risulta alcun apporto procedimentale che il privato avrebbe potuto dare per riconoscere la situazione di fatto.
Nel caso di specie, poi, l’apporto che il privato, come risulta dal contenuto dell’appello, avrebbe inteso dare sarebbe stato irrilevante: la cd sorpresa geologica, ovvero i risultati di indagini geologiche i quali, a costruzione assentita, rendano opportuno ovvero addirittura necessario apportare modifiche al progetto abilitano senz’altro a chiedere una variante al titolo edilizio rilasciato, non però a modificare la costruzione assentita senza interpellare in alcun modo l’autorità edilizia.
4. A sua volta infondato è il secondo motivo dell’appello 3113/2013.
Come affermato da ultimo dalla già citata sentenza 9/2017 dell’Adunanza plenaria, l’ordinanza che ingiunge la demolizione di un abuso edilizio “non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse, diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata”, che impongono di provvedere in tal senso, nemmeno nei casi in cui una buona fede del privato sarebbe per qualche ragione astrattamente ipotizzabile, ovvero nei casi in cui sia decorso molto tempo dalla realizzazione dell’abuso e il proprietario non ne sia personalmente responsabile.
5. Infondato è anche il terzo motivo dell’appello 3113/2013. La circostanza per cui un dato immobile è sottoposto a sequestro penale non impedisce in assoluto che esso sia demolito, se il Giudice penale lo consenta, sul presupposto della cessazione delle esigenze probatorie che il sequestro intendeva assicurare.
Il destinatario dell’ordine di demolizione, pertanto, deve dare per lo meno la prova, che nella specie non consta, di essersi diligentemente attivato in tal senso, richiedendo al Giudice penale stesso di pronunciarsi al riguardo.
E’ poi ovvio che, nel momento in cui il Giudice penale vi consenta, la demolizione deve essere eseguita senz’altro.
6. Il primo motivo dell’appello 3114/2013 è ancora infondato.
All’atto repressivo di un abuso edilizio va senz’altro riconosciuta una natura in senso ampio sanzionatoria; le sanzioni edilizie peraltro sono sanzioni previste da norme speciali rispetto a quelle generali in tema di sanzioni amministrative, e quindi la loro applicazione è demandata agli organi e uffici a ciò specificamente preposti, come nella specie il Settore urbanistica ed assetto del territorio che ha operato.
7. Infine va respinto, per quanto si è detto a proposito dei motivi dell’appello 3113/2013, il secondo motivo dell’appello 3114/2013, che li ripropone come vizi di illegittimità derivata (…)”.
4. – Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è infondato e che va pertanto respinto, con conferma della sentenza di primo grado qui gravata.
Le spese seguono la soccombenza, secondo il noto principio del quale è espressione l’art. 92 c.p.c., per come richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a, di talché vanno imputate in capo alla società appellante “I Gi. 20. S.r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore e liquidate in favore del Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, nella misura complessiva di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 4175/2013), come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la impugnata sentenza di primo grado (del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, Sez. I, 24 gennaio 2013 n. 85), confermando altresì la reiezione del ricorso introduttivo (n. R.g. 525/2012) in quella sede proposto.
Condanna la società appellante “I Gi. 20. S.r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore a rifondere le spese del presente grado di giudizio, in favore del Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, nella misura complessiva di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 29 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere, Estensore

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