Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 gennaio 2023| n. 1942.
Opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo giudiziale non è consentita un’integrazione del titolo esecutivo
Nell’opposizione ex art. 615 c.p.c. all’esecuzione promossa in base a titolo giudiziale, non è consentita un’integrazione, tanto meno extratestuale, del titolo esecutivo quando è univoca e certa la struttura del suo comando e quando gli ulteriori elementi potevano essere sottoposti nel giudizio in cui quel titolo si è formato al giudice della relativa cognizione e, se del caso, con l’idoneo gravame avverso il medesimo.
Ordinanza|23 gennaio 2023| n. 1942. Opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo giudiziale non è consentita un’integrazione del titolo esecutivo
Data udienza 22 novembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Contratto di compravendita – Recesso – Trattenimento della caparra – Atto di precetto – Opposizione – Art. 615 cpc – Compensazione dei crediti – Precedente atto di precetto perento – Spese – Ricorso in Cassazione – Art. 380 bis.1, cpc – Controricorso tardivo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – rel. Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere
Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21175/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di delega in calce
al ricorso, dall’avv. (OMISSIS), e dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), domiciliati per legge in Roma, piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia n. 5131/2019, pubblicata in data 19 novembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22 novembre 2022 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo giudiziale non è consentita un’integrazione del titolo esecutivo
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) notificarono a (OMISSIS) atto di precetto in rinnovazione, in forza della sentenza n. 2700/16 con la quale il Tribunale di Treviso, pronunciandosi nell’ambito del giudizio avente ad oggetto la domanda di esecuzione specifica del contratto preliminare di vendita stipulato tra le parti, aveva dichiarato la legittimita’ del recesso dal contratto dei promittenti venditori ed il loro diritto di trattenere la caparra ricevuta dal promittente acquirente (OMISSIS).
Proposta opposizione ex articolo 615 c.p.c., da (OMISSIS), il quale oppose in compensazione un controcredito, relativo a somme che assumeva di avere corrisposto ai promittenti venditori e di cui reclamava la restituzione, nonche’ dedusse la non debenza delle spese riferite al precedente precetto perento, il Tribunale di Treviso accolse parzialmente l’opposizione, statuendo che l’opponente non fosse tenuto a versare le somme relative al precedente atto di precetto, respingendo le altre domande.
2. La sentenza, impugnata da (OMISSIS), e’ stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia, che ha rilevato che le deduzioni difensive dell’appellante si ponevano in evidente contrasto con i limiti che incontrava il sindacato del giudice dell’opposizione all’esecuzione fondata su titolo giudiziale. In particolare, ha osservato che la domanda di compensazione era inammissibile in sede di opposizione all’esecuzione, determinandosi altrimenti una sovrapposizione del giudizio ex articolo 615 c.p.c., al giudizio di cognizione, e che, sebbene la domanda fosse stata formulata dall’ (OMISSIS), la sentenza n. 2700/16 non conteneva l’accertamento, neppure implicito, del diritto dello stesso di ricevere in restituzione gli acconti versati, prevedendo il dispositivo, oltre ai capi relativi alle spese di lite e di c.t.u., esclusivamente l’accertamento della legittimita’ del recesso esercitato dai promittenti venditori ed il rigetto delle “altre domande”.
3. Ricorre per la cassazione della suddetta decisione (OMISSIS), sulla base di due motivi.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso.
4. La trattazione e’ stata fissata in Camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
In prossimita’ dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, va rilevato che il controricorso e’ tardivo perche’ notificato oltre il termine previsto dall’articolo 370 c.p.c..
Nell’ambito del procedimento camerale di cui all’articolo 380-bis.1 c.p.c., introdotto del Decreto Legge n. 168 del 2016, articolo 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 196 del 2016, e con riferimento ai giudizi introdotti con ricorso depositato successivamente all’entrata in vigore della predetta legge di conversione, l’inammissibilita’ del controricorso tardivo rende inammissibili anche le memorie depositate dalla parte intimata ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., in quanto, divenuta la regola la trattazione camerale e quella in udienza pubblica l’eccezione, deve trovare comunque applicazione la preclusione dell’articolo 370 c.p.c., di cui la parte inosservante delle regole del rito non puo’ che subire le conseguenze pregiudizievoli, salvo il parziale recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione, con la conseguenza che, venuta a mancare tale udienza, alcuna attivita’ difensiva e’ piu’ consentita (Cass., sez. L, 29/10/2020, n. 23921).
2. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente deduce la “violazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli articoli 474 e 615 c.p.c.” e si duole che la Corte territoriale, pur riconoscendo che nel giudizio definito con la sentenza n. 2700/16 era stata effettivamente avanzata domanda di restituzione di quanto versato in esecuzione del contratto, aveva poi ritenuto che quella sentenza non contenesse l’accertamento del suo diritto di ricevere in restituzione gli acconti versati ai promittenti venditori. Sostiene che, a prescindere da tale affermazione, la Corte territoriale ben avrebbe potuto riformare e correggere la sentenza, risultando incontestato il versamento di acconti diversi dalla caparra confirmatoria, mai contestati dai promittenti venditori, e l’accertamento, contenuto nella sentenza costituente titolo esecutivo, del diritto degli stessi promittenti venditori di ritenere la sola caparra confirmatoria; invocando la sentenza delle Sezioni Unite n. 11066/12, soggiunge che al giudice dell’esecuzione non e’ demandato il solo controllo formale dell’esistenza e validita’ del titolo esecutivo, ma anche il potere di individuare la sua effettiva portata anche alla luce dei documenti acquisiti nel processo in cui lo stesso si e’ formato, e che la disciplina della compensazione giudiziale (articolo 1243 c.c., comma 2) consente al giudice di sospendere la condanna per il credito liquido in attesa dell’accertamento di quello opposto in compensazione.
2.1. Il motivo e’ infondato sotto i diversi profili denunciati.
2.2. Il ricorrente lamenta il mancato esercizio, da parte del giudice d’appello, di un potere interpretativo del titolo giudiziale azionato con il precetto, diretto ad individuare l’esatta estensione dell’obbligo in esso contenuto, ed a supporto della doglianza richiama un passo della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 11066/2012, laddove si legge: “il superamento dell’incertezza circa l’esatta estensione dell’obbligo dichiarato nella sentenza e negli altri tipi di provvedimenti cui la legge ricollega efficacia esecutiva (…) si presta ad essere attinto, prima dell’inizio dell’esecuzione, attraverso il rimedio delle opposizioni che la precedono, ma anche, a processo esecutivo iniziato, attraverso la sollecitazione del potere che pure e’ riconosciuto al giudice dell’esecuzione in tema di controllo della esistenza del titolo esecutivo”.
In realta’, la sentenza invocata dal ricorrente non e’ pertinente, in quanto dalla sua lettura si evince chiaramente che essa si riferisce a controversia in cui si discuteva di titolo esecutivo costituito da sentenza contenente la condanna al pagamento di un credito non specificamente determinato e, quindi, da pronuncia contenente una statuizione generica per la quale si rendeva necessario al fine di “superare le incertezze lasciate dal documento fatto valere come titolo esecutivo far rientrare nei poteri del giudice quello di risalire alla formulazione delle domande delle parti e agli atti del processo”.
Nella fattispecie in esame, invece, il dispositivo della sentenza n. 2700/16 non lascia spazio ad incertezze, posto che il Tribunale ha accertato la legittimita’ del recesso dei convenuti e rigettato le altre domande, condannando l’attore al rimborso in favore dei convenuti delle spese di lite e delle spese di c.t.u., di talche’ il titolo giudiziale non pone questioni di interpretazione.
Al riguardo, la Corte territoriale, dopo avere rilevato che la sentenza azionata con l’atto di precetto non conteneva un esplicito riconoscimento del diritto, vantato dall’odierno ricorrente, di ricevere in restituzione gli acconti versati in esecuzione del contratto preliminare di compravendita, ha correttamente ritenuto che fosse devoluto al giudice della cognizione ogni ulteriore questione concernente la valutazione dell’estensione del titolo, considerato che questo costituiva oggetto di specifico gravame da parte dell’odierno ricorrente e che eventuali ragioni di merito dovevano essere fatte valere unicamente tramite l’impugnazione della sentenza che costituiva il titolo esecutivo.
2.3. In definitiva, ne’ alla stregua dell’orientamento inaugurato dalla richiamata Cass., sez. U., n. 11066/12, ne’ del successivo intervento di Cass., sez. U., n. 5633/22 (richiamato dal ricorrente in memoria, peraltro riferito al solo titolo giudiziale, quale quello in esame), e’ consentita un’integrazione, tanto meno extratestuale, del titolo esecutivo quando e’ univoca e certa la struttura del suo comando e quando gli ulteriori elementi potevano essere sottoposti nel giudizio in cui quel titolo e’ stato reso, al giudice della relativa cognizione e, se del caso, con l’idoneo gravame avverso il medesimo.
2.4. La censura e’ pure infondata la’ dove il ricorrente, nell’intento di impedire la prosecuzione dell’azione esecutiva intrapresa dagli odierni controricorrenti, eccepisce la compensazione, posto che nel caso di specie essa non puo’ operare, dovendosi fare applicazione del principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “se e’ controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro gia’ pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non puo’ pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perche’ quest’ultima, ex articolo 1243 c.c., comma 2, presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale e’ fatta valere, mentre non puo’ fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo” (Cass., sez. U, 15/11/2016, n. 23225; Cass., sez. 6-3, 04/12/2018, n. 31359).
3. Con il secondo motivo, denunciando la “violazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 615 c.p.c.”, il ricorrente censura la sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile la compensazione del maggior credito vantato a titolo di restituzione degli acconti versati con il debito, sullo stesso gravante, derivante dall’obbligo di rimborso delle spese di lite e delle spese di c.t.u..
Sostiene che la Corte territoriale, affermando che la domanda di compensazione e’ inammissibile in sede di opposizione all’esecuzione “in quanto con essa si vorrebbe trasporre il tema della verifica dell’esattezza e correttezza del contenuto decisorio della sentenza dalla sua sede naturale, costituita dal giudizio di impugnazione pendente, a quella impropria dell’opposizione all’esecuzione”, si sarebbe discostata dall’orientamento di questa Corte, contenuto nella sentenza n. 7864 del 2011, secondo cui sarebbe possibile, in un’espropriazione forzata promossa per il soddisfacimento di credito per spese giudiziali liquidate nella sentenza costituente titolo esecutivo, che il debitore formuli opposizione eccependo un proprio credito in compensazione, seppure sorto anteriormente.
3.1. Anche il secondo motivo e’ infondato.
3.2. Il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 7864/2011 e’ del tutto inconferente, in quanto nel caso affrontato da tale pronuncia il credito per cui era stata eccepita la compensazione risultava accertato con sentenza di condanna divenuta definitiva, situazione questa del tutto diversa da quella in esame in cui, al contrario, il controcredito opposto in compensazione, che il ricorrente asserisce di vantare, non risulta, se non altro allo stato, supportato da un titolo giudiziale.
Da tanto deriva che, in conformita’ ai principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 23225/16, sopra citata, anche il mezzo in esame non merita accoglimento.
4. Conclusivamente, il ricorso e’ rigettato.
Il controricorso e la memoria depositata dai controricorrenti sono inammissibili e quindi non e’ dovuto, in loro favore, il rimborso delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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