Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 21 febbraio 2020, n. 4716.
La massima estrapolata:
E’ escluso il diritto di recesso “ad nutum” del socio di società per azioni nel caso in cui lo statuto preveda una prolungata durata della società (nella specie, fino al 2100), non potendo tale ipotesi essere assimilata a quella, prevista dall’art. 2437, comma 3, c.c., della società costituita per un tempo indeterminato, stante la necessaria interpretazione restrittiva delle cause che legittimano la fuoriuscita del socio dalla società e dovendo anche escludersi l’estensione della disciplina prevista dall’art. 2285 c.c. per le società di persone, ove prevale l'”intuitus personae”, ostandovi esigenze di certezza e di tutela dell’interesse dei creditori delle società per azioni al mantenimento dell’integrità del patrimonio sociale, potendo essi fare affidamento solo sulla garanzia generica da quest’ultimo offerta, a differenza dei creditori delle società di persone, che invece possono contare anche sui patrimoni personali dei soci illimitatamente responsabili.
Sentenza 21 febbraio 2020, n. 4716
Data udienza 22 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9384/2018 proposto da:
(OMISSIS), – (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2204/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, pubblicata il 28/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/2019 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per il rigetto, in subordine inammissibilita’ del terzo motivo e del secondo profilo del secondo motivo;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;
udito, per i controricorrenti, l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza 2204/2017, pubblicata in data 28.09.2017, decidendo sul ricorso presentato, ex articolo 829 c.p.c., dalla (OMISSIS) S.p.A., nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), respingendo l’impugnazione, ha confermato quanto deciso dall’arbitro unico, nominato dal Presidente del Tribunale di Ravenna, con il lodo sottoscritto in data 23.09.2009.
I soci (OMISSIS) avevano instaurato il procedimento arbitrale al fine di sentire affermare il proprio diritto di recesso dalla societa’ (OMISSIS), comunicato con lettere raccomandate dell’ottobre 2008, per l’intera partecipazione sociale, poiche’ lo Statuto della (OMISSIS), societa’ di capitali la cui durata era fissata sino al 31/12/2100, escludeva espressamente tale diritto in capo ai soci. La societa’ (OMISSIS) aveva opposto che, in sede di approvazione dello statuto alla assemblea dei soci del 12.07.2004, i soci (OMISSIS) avevano approvato sia una durata della (OMISSIS) spa fino al 31.12.2100 sia la clausola di rinuncia dei soci al diritto di recesso per il caso di proroga della durata della societa’, con possibilita’ di uscita dalla societa’ esclusivamente attraverso l’alienazione delle loro azioni, manifestando cosi’ implicitamente la volonta’ di rinunciare al diritto di recesso ex articolo 2437 c.c..
Ritenendo che tale prolungata durata della societa’ fissata nello statuto (“largamente superiore alle aspettative di via di un socio”) fosse da ricondurre ad una durata indeterminata del contratto con la societa’, ipotesi per la quale e’ normativamente ammesso il recesso ad nutum del socio di societa’ di capitali, la Corte d’Appello di Bologna ha confermato il lodo arbitrale, con il quale si era ritenuto legittimo il recesso esercitato dai soci, ai sensi dell’articolo 2437 c.c., comma 3.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione la (OMISSIS) (OMISSIS) S.p.A., articolato in tre motivi; resistono con controricorso i sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’assoluta mancanza di motivazione sulle circostanze di fatto che consentano di equiparare la fattispecie di una societa’ per azioni, che preveda un lungo termine finale, alla diversa fattispecie di una societa’ di capitali costituita a tempo indeterminato; con il secondo motiva’ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la falsa applicazione dell’articolo 2437 c.c., comma 3, si lamenta la non corretta equiparazione della previsione statutaria di una societa’ per azioni che preveda un termine finale assai lungo di durata a quella di una societa’ per azioni costituita a tempo indeterminato, la quale comporta, ai sensi dell’articolo 2437 c.c., comma 3, la facolta’ di recesso del socio; con il terzo motivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si lamenta, infine, la falsa applicazione dell’articolo 2285 c.c., comma 1 dovendo ritenersi inammissibile l’applicazione analogica alla societa’ per azioni della norma in discussione, dettata per le societa’ di persone.
2. Il primo motivo e’ infondato.
Invero, non si verte in ipotesi di motivazione del tutto omessa o intrinsecamente illogica e contraddittoria. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si e’ in presenza di una “motivazione apparente” allorche’ la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perche’ consiste in argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talche’ essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente e’ poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullita’ della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Cass. civ. sez. un. nn. 16599 e 22232 del 2016; Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053).
Nella specie, la sentenza impugnata non puo’ dirsi intrinsecamente incomprensibile sotto il profilo motivazionale.
3. Il secondo ed il terzo motivo, da trattare insieme in quanto connessi, sono invece fondati.
La questione di fondo riguarda la presunta equiparazione, affermata sia nel lodo arbitrale sia dalla Corte d’Appello, ai fini del recesso del socio, della previsione statutaria di una societa’ per azioni, contratta per un tempo particolarmente lungo, a quella di societa’ contratta a tempo indeterminato.
Questa Corte, nella pronuncia n. 9662 del 2013, richiamata nella decisione impugnata, ha statuito su una questione di fatto diversa da quella prospettata con l’odierno ricorso, affermando che “in tema di societa’ a responsabilita’ limitata, la previsione statutaria di una durata della societa’ per un termine particolarmente lungo (nella specie, l’anno 2100), tale da superare qualsiasi orizzonte previsionale anche per un soggetto collettivo, ne determina l’assimilabilita’ ad una societa’ a tempo indeterminato, onde, in base all’articolo 2473 c.c., compete al socio in ogni momento il diritto di recesso, sussistendo la medesima esigenza di tutelarne l’affidamento circa la possibilita’ di disinvestimento della quota”, cosicche’ “integra l’ipotesi dell’eliminazione di una causa di recesso, ai sensi della norma menzionata, la modificazione statutaria che abbia notevolmente ridotto il termine di durata della societa’ (nella specie, dal 2100 al 2050)”. Nella controversia si trattava, precisamente, di una societa’ a responsabilita’ limitata (e quindi la pronuncia prende in considerazione l’articolo 2473 c.c. che tuttavia statuisce in modo pressoche’ identico all’articolo 2437 c.c., qui in discussione, dettato per le societa’ per azioni non quotate in un mercato regolamentato), la cui durata era stata fissata sino all’anno 2100 e l’oggetto del giudizio riguardava la questione se una delibera assembleare, con la quale era stata disposta la riduzione della durata di una s.r.l., dall’originario termine del 2100 al 2050, legittimasse il recesso per il socio dissenziente. Nella sentenza del 2013, in una controversia nella quale si discuteva della legittimita’ del recesso di un socio (peraltro, una societa’, che non aveva acconsentito ad una modifica dell’atto costitutivo) da una societa’ a responsabilita’ limitata, a fronte di una deliberazione di riduzione della durata della societa’, questa Corte ha dunque confermato la decisione impugnata, con la quale si era dichiarato legittimo il diritto di recesso del socio, ai sensi dell’articolo 2473 c.c., ritenendo che la delibera societaria fosse rivolta essenzialmente ad escludere una causa di recesso del socio: l’originaria durata statutaria, prevista per il 2100, era assimilabile, infatti, ad una durata a tempo indeterminato, trattandosi di un’epoca cosi’ lontana (2100) “da oltrepassare qualsiasi orizzonte previsionale, non solo della persona fisica ma anche di un soggetto collettivo”. Ne deriva che l’equiparazione della durata di una societa’ a responsabilita’ limitata, prevista per un termine particolarmente lungo, a quella a tempo indeterminato di una societa’ dello stesso tipo e’ stata affermata al fine di dare applicazione all’ipotesi di recesso in caso di modifica statutaria recante l’eliminazione di una causa di recesso.
Con la riforma societaria del 2003, ad un regime, nel quale la disciplina del recesso da una societa’ a responsabilita’ limitata faceva rinvio a quella delle societa’ per azioni, si e’ sostituita altra disciplina, per effetto della quale, quanto alle societa’ di capitali, vi e’ una specifica elencazione dei casi, con significativo ampliamento, net qual, il recesso puo’ esercitarsi (articolo 2473 e 2437 c.c.), salva diversa volonta’ dei soci espressa nell’atto costitutivo.
Le cause di recesso oggi possono essere distinte in cause di recesso inderogabili (previste dall’articolo 2437 c.c., comma 1 riguardanti la modifica significativa dell’oggetto sociale, la trasformazione della societa’, il trasferimento della sede all’estero, la revoca dello stato di liquidazione, l’eliminazione di una o piu’ cause di recesso derogabili o previste dallo statuto, la modificazione dei criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso, le modifiche dello statuto concernenti il diritto di voto o di partecipazione), derogabili dallo statuto (previste dal comma 2 articolo citato, quali la proroga del termine di durata della societa’, l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni) e statutarie.
E’ stata poi introdotta la previsione di una societa’ di durata indeterminata e della possibilita’ di recesso ad nutum del socio, ai sensi dell’articolo 2437 c.c., comma 3 (e dall’articolo 2473 c.c., per le societa’ a responsabilita’ limitata).
E solo entro tali limiti puo’ parlarsi di un favor, riservato dalla riforma del 2003, all’istituto del recesso nelle societa’ di capitali.
Ora, come gia’ detto, l’articolo 2437 c.c., comma 2, stabilisce che i soci, che non hanno concorso all’approvazione (quindi assenti, dissenzienti o astenuti) delle deliberazioni (riguardanti, tra l’altro, lett.a), la proroga del termine di durata), hanno diritto di recedere “salvo che lo statuto disponga diversamente”.
Nella presente controversia, si discute specificamente della verifica della legittimita’ del recesso ad nutum esercitato da socio di una societa’ per azioni, costituita con una durata determinata fino al 2100 e con esclusione del diritto di recesso del socio nel caso di proroga del termine finale della societa’.
Una prima argomentazione a favore della fondatezza dell’assunto della societa’ ricorrente e’ data dall’interpretazione dell’articolo 2437 c.c., il cui comma 3 che prevede tale diritto di recesso, e’ norma derogabile, essendo prevista nell’u.c. cit. articolo la inderogabilita’ soltanto per le ipotesi di recesso contemplate al comma 1. Trattandosi di previsione derogabile, il socio non puo’ dolersi della sua violazione attraverso una previsione statutaria asseritamente elusiva di essa. In altre parole, la fissazione di un termine particolarmente lungo di durata della societa’, ben puo’ configurare una modalita’ di esclusione del diritto di recesso del socio, riconosciuto dalla legge nell’ipotesi di durata indeterminata della societa’. Residua al socio, soltanto nel caso in cui la durata sia stata prolungata con delibera assembleare cui egli non abbia concorso, la facolta’ di recesso di cui all’articolo 2437 c.c., comma 1, lettera e), in relazione al comma 2, lettera a), per il caso di proroga del termine. Ma la presente controversia esula da tale tema di indagine.
Altra e piu’ radicale ragione di fondatezza dell’assunto della ricorrente, con conseguente illegittimita’ del recesso ad nutum esercitato da socio di una societa’ per azioni, costituita con una durata determinata fino al 2100, deriva, poi, dall’interpretazione letterale dell’articolo 2437 c.c., che limita tassativamente la possibilita’ di recedere ad nutum al solo caso di societa’ contratta a tempo indeterminato, e da una necessaria valutazione sistematica, che tenga conto della differente disciplina dettata per le societa’ di capitali, rispetto a quella operante per le societa’ di persone, dell’esigenza di certezza cui e’ improntata tutta la disciplina in materia societaria ed anche della tutela dei creditori sociali, i quali, facendo affidamento solo sul patrimonio sociale, hanno interesse al mantenimento della sua integrita’.
Questa Corte, in altro giudizio nel quale si discuteva della legittimita’ di un recesso da una societa’ per azioni, la cui durata era stata fissata, con delibera unanime dei soci, al 2050, ha respinto il motivo di ricorso per cassazione, fondato sulla necessita’ di equiparare la durata a tempo indeterminato della vita della societa’ a quella contratta a tempo determinato con una durata ritenuta eccedente la presumibile vita del socio, rilevando che, seppure, secondo il precedente del 2013, poteva rilevare il superamento della “ragionevole data di compimento di un progetto imprenditoriale”, certamente nessun rilievo rivestiva la aspettativa di vita ovvero la durata media di vita del socio-persona fisica (Cass. 8962/2019).
Va, invero, effettuata una comparazione tra l’interesse del socio di S.p.A. a dismettere il suo investimento e l’interesse del resto della compagine e della societa’ stessa di portare avanti il progetto imprenditoriale, facendo affidamento sulle risorse presenti e sulla certezza delle stesse, connesso all’interesse dei terzi creditori, che, a loro volta, fanno affidamento sulla generica garanzia costituita dall’intero patrimonio sociale.
Va dato, in proposito, il giusto rilievo alla scelta del legislatore di una diversa disciplina delle ipotesi di recesso ad nutum nelle societa’ di persone, nelle quali, prevalendo l’intuitus personae, esso e’ previsto per le ipotesi di durata della societa’ sia indeterminata sia pari alla vita di un socio (articolo 2285 c.c.), e nelle societa’ di capitali, nelle quali invece il recesso ad nutum e’ contemplato solo per i casi di societa’ con durata indeterminata, nulla disponendosi per il caso di durata superiore alla vita umana ovvero proiettata in un orizzonte temporale molto lontano. L’estensione alle societa’ per azioni della disciplina del recesso del socio, sotto il profilo qui in discussione, prevista per le societa’ di persone, trova ostacolo in esigenze di certezza e di tutela, in particolare, dell’interesse dei terzi creditori. Basti considerare che, mentre i creditori di una societa’ di persone possono fare affidamento, oltre che sul patrimonio societario, anche sui patrimoni personali dei soci illimitatamente responsabili, viceversa, i creditori di una societa’ di capitali possono contare soltanto sul primo, che, in caso di recesso di un socio, subisce una corrispondente riduzione (non compensata dalla responsabilita’ personale del recedente). Cio’ giustifica – anzi impone – una interpretazione restrittiva delle norme che prevedono le ipotesi di recesso del socio di societa’ per azioni. Ne’, in ogni caso, potrebbe giustificarsi una estensione basata su criteri di incerta definizione ed applicazione concreta, quali quelli della durata della vita umana, o anche di un progetto imprenditoriale, che renderebbero eccessivamente aleatorie le prospettive di soddisfazione dei terzi creditori.
Del resto, questa Corte ha gia’ espresso le ragioni che inducono, rispetto ad un’estensione dell’applicabilita’ delle norme in tema di recesso del socio di societa’ di capitali ad ipotesi diverse da quelle specificamente previste, a preferire un’interpretazione restrittiva, tesa a non incrementare a dismisura le cause che legittimano l’uscita dalla societa’ (cfr. Cass. 13875/2017: “in tema di recesso dalle societa’ di capitali, la delibera assembleare che muti il “quorum” per le assemblee straordinarie, riconducendolo a previsione legale, non giustifica il diritto del socio al recesso ex articolo 2437 c.c., lettera g), perche’ l’interesse della societa’ alla conservazione del capitale sociale prevale sull’eventuale pregiudizio di fatto subito dal socio, che non vede inciso, ne’ direttamente ne’ indirettamente, il suo diritto di partecipazione agli utili ed il suo diritto di voto a causa del mutamento del “quorum””; cfr. anche Cass. 13845/2019, in motivazione).
Pertanto, questa Corte ritiene che non sia possibile assimilare, con riferimento alle societa’ di capitali, e per azioni, in particolare, per quanto interessa nel presente giudizio, ed all’istituto del diritto di recesso del socio, la societa’ contratta per un tempo lungo ad una societa’ contratta a tempo indeterminato, anche in considerazione della eccessiva aleatorieta’ dell’opposta impostazione, assunta dalla Corte di merito, alla luce delle numerose variabili che dovrebbero essere calcolate nel caso concreto, in mancanza di parametri oggettivi e predeterminati, per valutare quando la durata statutaria legittimi il recesso ad nutum del socio (si pensi alle diverse variabili ipotizzabili a seconda: se soci della societa’ siano persone fisiche o persone giuridiche; se le societa’ socie abbiano differenti durate, anche diverse rispetto a quella della societa’ partecipata; se i soci persone fisiche abbiano diverse eta’; se l’oggetto sociale implichi un progetto imprenditoriale non chiaramente ed univocamente definibile).
4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso, respinto il primo, va cassata la sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, la quale si atterra’ al principio di diritto sopra enunciato. Il giudice del rinvio provvedera’ alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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