Decorrenza del termine decadenziale per proporre il ricorso ex art. 120

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 24 marzo 2020, n. 2043.

La massima estrapolata:

Ai fini della decorrenza del termine decadenziale per proporre il ricorso ex art. 120, comma 2-bis, c.p.a. deve farsi riferimento esclusivo alla data di pubblicazione sul profilo del committente dei provvedimenti relativi a questa fase ai sensi dell’art. 29 del D.Lgs. n. 50/2016 e ciò in considerazione del carattere speciale, derogatorio, e pertanto di stretta interpretazione del rito superspeciale sulle ammissioni ed esclusioni, in relazione al quale sono tassativamente richieste le formalità pubblicitarie predette.

Sentenza 24 marzo 2020, n. 2043

Data udienza 16 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1874 del 2019, proposto da
Associazione Ce. di Te. In., Associazione No Ti., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Do. Ia., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);
contro
Associazione Cu. Pi., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Le. La., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Firenze, non costituito in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 1876 del 2019, proposto da
Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati De. Pa. ed An. Sa., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Le. in Roma, via (…);
contro
Associazione Cu. Pi., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Le. La., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
Associazione culturale Ce. di Te. In., Associazione di promozione sociale No Ti., non costituite in giudizio;
-quanto al ricorso n. 1874 del 2019:
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA – Firenze, Sezione I n. 00103/2019, resa tra le parti;
-quanto al ricorso n. 1876 del 2019:
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA – Firenze, Sezione I n. 00103/2019, resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Associazione Cu. Pi.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2020 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Mu. su delega di Ia., Pe. su delega di La., Ci. su delega di Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A)1.- Con ricorso iscritto sub n. 1874/2019 del R.G. le associazioni Ce. di Te. In. e No Ti. hanno interposto appello nei confronti della sentenza 17 gennaio 2019, n. 103 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, che ha accolto il ricorso dell’associazione Cu. Pi. avverso la determinazione dirigenziale in data 8 maggio 2018 del Comune di Firenze che ha assegnato in concessione all’associazione Ce. di Te. In. la “Te. Ma. sull’A.”, area pubblica definita “spazio estivo” dalla deliberazione di Giunta n. 73 del 2018 per la promozione e realizzazione di attività culturali con abbattimento del canone per l’occupazione di suolo pubblico.
L’avviso pubblico del 13 marzo 2018 ha previsto l’assegnazione, mediante selezione pubblica, di tale spazio estivo per l’anno 2018, concessione poi rinnovabile per gli anni 2019 e 2020 e richiedente una programmazione culturale e ricreativa con servizio accessorio ed aggiuntivo di ristoro. L’art. 3 dell’avviso prescriveva che “i soggetti che intendono partecipare alla selezione devono dimostrare di avere svolto per almeno tre anni negli ultimi dieci attività assimilabili all’oggetto del presente avviso, producendo apposito curriculum […]”.
Al procedimento hanno partecipato due associazioni culturali, la Pi. e l’associazione Ce. di Te. In. quale capogruppo del costituendo raggruppamento temporaneo con la mandante No Ti. A.P.S.; all’esito è risultata aggiudicataria della concessione, in forza di un punteggio di 71,02, l’A.T.I. C.T./No Ti. con determinazione dirigenziale n. 3360 in data 8 maggio 2018, oggetto del gravame.
Con il ricorso in primo grado l’associazione Pi., seconda graduata con punti 67,66, ha impugnato l’aggiudicazione, deducendo che il raggruppamento aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla gara in quanto privo dei requisiti di esperienza richiesti dall’art. 3, comma 2, della lex specialis sia con riferimento alle attività di programmazione culturale e ricreativa, sia con riferimento alle attività di ristoro; in subordine ha impugnato il bando di gara ove interpretato nel senso di consentire la partecipazione anche a soggetti che non abbiano una esperienza operativa nelle attività oggetto della gara.
2. – La sentenza appellata, disattesa l’eccezione di tardività, ha accolto il ricorso, ritenendo fondato il motivo “con il quale viene rilevata la mancata allegazione alla offerta presentata dalla ATI aggiudicataria di qualsivoglia documento che possa comprovare il possesso della esperienza triennale nel campo della ristorazione (in generale e con specifico riguardo a quella accessoria ad eventi culturali e ricreativi) in capo alla a.p.s. No Ti.”. Ha precisato la sentenza che “il fatto che tale servizio venga qualificato accessorio ed aggiuntivo significa che lo stesso non è autonomo (ossia che non possono essere presentate offerte solo in relazione ad esso), ma non anche che si tratti di servizio non essenziale ai fini della complessiva operazione divisata dal Comune, né che si tratti di servizio la cui buona esecuzione per sua natura non richiede precedenti esperienze”.
3.- Con l’appello l’associazione Ce. di Te. In. critica la sentenza per non avere accolto l’eccezione di irricevibilità del ricorso e per avere erroneamente applicato l’avviso pubblico, che, alla stregua di un’interpretazione sistematica, richiede come unica esperienza pregressa quella in materia di promozione culturale ed artistica, e non anche nel servizio di ristoro (settore nel quale peraltro il raggruppamento appellante sarebbe stato in grado di dimostrare esperienze pregresse, a differenza di Pi.).
4. – Si è costituita in resistenza l’associazione Cu. Pi. chiedendo la reiezione del ricorso; ha altresì riproposto i motivi assorbiti in primo grado, esperendo appello incidentale in relazione alla statuizione di primo grado che ha respinto la domanda di condanna del Comune di Firenze all’affidamento del servizio per gli anni 2018 e 2019.
B) 5. – Con ricorso iscritto sub n. 1876/2019 del R.G. il Comune di Firenze ha interposto appello nei confronti della medesima sentenza 17 gennaio 2019, n. 103 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, che ha accolto il ricorso dell’associazione Cu. Pi. avverso la determinazione dirigenziale in data 8 maggio 2018 della stessa amministrazione, svolgendo motivi sostanzialmente analoghi a quelli precedentemente esposti.
6. – Anche in questo giudizio si è costituita in resistenza l’associazione Cu. Pi. chiedendo la reiezione del ricorso; ha altresì riproposto i motivi assorbiti in primo grado, esperendo appello incidentale in relazione alla statuizione di primo grado che ha respinto la domanda di condanna del Comune di Firenze all’affidamento del servizio per gli anni 2018 e 2019.
7. – All’udienza pubblica del 16 gennaio 2020 le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1.- Deve essere preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 96 Cod. proc. amm., la riunione dei ricorsi iscritti sub nn. 1874/2019 e 1876/2019, in quanto aventi ad oggetto la medesima sentenza.
2. – Principiando dalla disamina del ricorso iscritto sub n. 1874/2019 del R.G., con il primo motivo si critica il mancato accoglimento, da parte della sentenza appellata, dell’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado, argomentata nella considerazione che la Commissione giudicatrice in data 24 aprile 2018 ha aperto la busta “A”, contenente il curriculum dei concorrenti, in seduta pubblica, ed in particolare alla presenza del legale rappresentante dell’associazione Pi., sig. Pi. Ie., con conseguente tardività della notificazione, avvenuta solamente il 6 giugno 2018. Deduce l’appellante raggruppamento come erroneamente la sentenza abbia inteso individuare come dies a quo del ricorso ex art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm., la pubblicazione sul profilo committente dell’ammissione del concorrente ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto già dagli elementi emersi nella seduta di gara la parte aveva acquisito la piena consapevolezza dei profili di illegittimità fatti poi valere.
Il motivo è infondato.
Come correttamente ritenuto dal primo giudice, la giurisprudenza prevalente è orientata nel senso di ritenere che ai fini della decorrenza del termine decadenziale per proporre il ricorso ex art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm., deve farsi riferimento esclusivo alla data di pubblicazione sul profilo del committente dei provvedimenti relativi a questa fase ai sensi dell’art. 29 del d.lg. n. 50 del 2016 e ciò in considerazione del carattere speciale, derogatorio, e pertanto di stretta interpretazione del rito superspeciale sulle ammissioni ed esclusioni, in relazione al quale sono tassativamente richieste le formalità pubblicitarie predette (in termini Cons. Stato, III, 17 giugno 2019, n. 4025; V, 3 giugno 2019, n. 3727).
Resta da aggiungere che, ritenendo applicabile il rito superspeciale alla presente controversia, la presenza alla seduta in cui è stata disposta, all’esito dell’apertura delle buste, l’ammissione alla gara di un concorrente non equivale automaticamente alla piena conoscenza della documentazione da cui sia evincibile il mancato possesso dei requisiti di partecipazione.
3. – Con il secondo motivo viene poi censurata la sentenza per avere erroneamente applicato l’avviso di gara, il quale incentra la procedura sulla qualità delle proposte culturali e ricreative degli aspiranti concessionari, con particolare riguardo al contenuto del curriculum da inserire nella busta “A”, concernente le esperienze maturate in relazione alle attività assimilabili all’oggetto della presente selezione. Nella genericità della prescrizione dell’art. 1 dell’avviso pubblico, la sentenza ha ritenuto che avrebbe dovuto essere dichiarato il possesso di una esperienza triennale anche nel campo della ristorazione, che costituisce, al contrario, solamente un servizio accessorio ed aggiuntivo rispetto al principale servizio culturale e ricreativo, solo rispetto al quale, ad avviso dell’appellante, andava indicata l’esperienza pregressa; ciò troverebbe conferma anche nel fatto che i criteri di valutazione delle proposte riguardano esclusivamente i progetti artistici e culturali presentati dai ricorrenti (art. 7), e che il divieto di subconcessione è derogato solo con riferimento al punto accessorio ed aggiuntivo di ristoro (art. 9).
Il motivo è fondato.
L’assunto della sentenza gravata si basa sulla considerazione per cui l’art. 3 dell’avviso pubblico di selezione stabilisce che “i soggetti che intendono partecipare alla selezione devono dimostrare di aver svolto per almeno tre anni negli ultimi dieci anni attività assimilabili all’oggetto del presente avviso, producendo apposito curriculum di cui all’articolo 6” e desume l’oggetto dall’art. 1, il quale fa riferimento alla “programmazione culturale, e ricreativa ove richiesta”, “con servizio accessorio ed aggiuntivo di ristoro”, ritenuto dunque non autonomo ma comunque essenziale.
Ritiene il Collegio che tale soluzione non sia condivisibile sul piano dell’interpretazione sistematica della lex specialis.
In particolare, il già ricordato art. 3 dell’avviso pubblico richiede il curriculum di cui al successivo art. 6, disposizione che si limita a ribadire che deve trattarsi di un “dettagliato curriculum delle esperienze maturate in relazione alle attività assimilabili all’oggetto della presente selezione, svolte per almeno tre anni negli ultimi dieci anni”.
Ora, se l’interpretazione letterale degli artt. 3 e 6 enuclea un curriculum delle esperienze maturate in relazione alle attività inerenti all’oggetto dell’avviso, non può non tenersi conto che la prestazione principale è la “proposta culturale”, rispetto alla quale il ristoro è servizio solamente accessorio ed aggiuntivo. Tale accessorietà trova conferma nell’art. 7 dell’avviso pubblico, che, nel descrivere i “criteri di valutazione e modalità di aggiudicazione”, fa esclusivo riferimento alla offerta culturale e ricreativa ove richiesta, senza attribuire alcun punteggio al servizio di ristoro.
La accessorietà (nel senso di non essenzialità ) del medesimo trova significativa conferma nell’art. 9 dell’avviso, a mente del quale “la sub concessione, anche parziale, non è consentita, pena la revoca dell’assegnazione ai sensi dell’art. 14 ad eccezione del punto accessorio ed aggiuntivo di ristoro”.
Anche nella prospettiva delle “inadempienze” del concessionario, l’avviso pubblico attribuisce rilievo solamente a quelle che incidono sulla proposta culturale, confermando la non essenzialità del servizio accessorio di ristorazione; il riferimento è, in particolare, all’art. 14, ove si dice che “qualora l’Amministrazione comunale riscontri gravi e reiterate inadempienze nella realizzazione della proposta culturale e ricreativa ove richiesta, così come valutata dalla Commissione giudicatrice, verrà meno il beneficio di cui all’art. 27 comma 1 del Regolamento comunale “per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche” con conseguente applicazione dell’intero canone di concessione a decorrere da momento dell’accertamento e fino al termine della concessione per l’anno in corso e non sarà rinnovata l’assegnazione dello spazio estivo per i successivi anni”.
3.1. – Dall’esposizione che precede discende la non perspicuità, sul piano sistematico, della previsione concernente l’ambito delle esperienze pregresse, non specificato dall’avviso pubblico, se non mediante un generico riferimento alle attività oggetto dell’affidamento, a fronte peraltro di una lex specialis inequivocabilmente orientata ad incentrare la selezione sulla proposta culturale.
Ora, come noto, l’interpretazione del bando di gara soggiace alle regole dettate dagli artt. 1362 e seguenti Cod. civ. sull’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale, ma, ove il dato letterale sia incompleto od incoerente, è consentito valutare una singola clausola alla luce del contenuto complessivo dell’atto, applicando i canoni di cui agli artt. 1362-1365 Cod. civ. (in termini Cons. Stato, V, 13 settembre 2018, n. 5360; VI, 24 settembre 2019, n. 6378).
In particolare, è avvertita in giurisprudenza l’esigenza, a fronte di una clausola che potrebbe avere portata escludente ed a fronte del carattere non univoco della stessa, di conformare l’interpretazione al criterio del favor partecipationis, favorendo l’applicazione della disposizione che consenta la massima partecipazione possibile alla procedura (Cons. Stato, III, 7 marzo 2019, n. 1577).
Tale è il caso in esame, in cui, seguendo la tesi della sentenza appellata, la lex specialis verrebbe ad includere oneri partecipativi sproporzionati rispetto ai contenuti della procedura, determinando un ingiustificato restringimento della platea, già assai ridotta, dei partecipanti.
Del resto, anche seguendo il criterio dell’interpretazione di buona fede (di cui all’art. 1366 Cod. civ.), non può trascurarsi di considerare che gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere (Cons. Stato, III, 10 giugno 2016, n. 2497) alla stregua di una lettura combinata e sistematica della disciplina di gara.
In questa prospettiva deve considerarsi che il raggruppamento appellante avrebbe potuto dimostrare, in ragione delle attività professionali di persone fisiche associate, esperienze pregresse nel settore ristorativo (si consideri che, a termini dell’art. 6, dell’avviso pubblico in caso di raggruppamento “il requisito richiesto all’articolo 3 in merito alle esperienze maturate per almeno tre anni negli ultimi dieci anni dovrà essere soddisfatto almeno dalla capogruppo”), come pure, sotto altro profilo, non risulta indicata neppure da Pi., nel curriculum, un’esperienza pregressa nel settore ristorativo (dalla sua proposta progettuale risulta, piuttosto, che il servizio di ristoro è stato delegato ad altro soggetto, e non gestito in proprio), a dimostrazione dello stesso modo di intendere la lex specialis.
4. – L’accoglimento dell’appello principale impone la disamina dei motivi dell’associazione Cu. Pi. assorbiti in primo grado e riproposti in questa sede.
4.1. – Il primo riguarda la asserita mancanza, in capo alla capogruppo Ce. di Te. In., del requisito di professionalità ed esperienza con riguardo all’attività di “programmazione culturale e ricreativa”, nell’assunto che l’associazione non abbia alcuna esperienza in materia di organizzazione e gestione autonoma di eventi culturali (e dei connessi adempimenti amministrativi, contributivi e fiscali).
Il motivo è infondato.
Il curriculum allegato alla domanda di partecipazione dimostra che l’associazione Ce. Te. In. ha gestito molteplici eventi culturali; in quanto associazione no profit, svolge le proprie attività attraverso i propri soci, i quali non vengono retribuiti né sono destinatari di contributi. Quanto alle licenze di pubblico spettacolo, l’appellante principale svolge la propria attività principalmente presso teatri e strutture che ne sono già titolari.
4.2. – Ne deriva l’infondatezza del secondo motivo riproposto in via subordinata, concernente l’illegittimità del bando di gara ove inteso nel senso che richieda requisiti non gestionali (cioè non requisiti di capacità imprenditoriale per la gestione complessiva degli eventi culturali), in quanto la nozione di “programmazione culturale e ricreativa” va intesa in senso ampio, e su tale parametro sono stati scrutinati i requisiti dei soggetti partecipanti alla procedura selettiva controversa.
5. – Procedendo ora alla disamina dell’appello incidentale, va ricordato come con lo stesso Pi. censura la statuizione che ha respinto la domanda di condanna del Comune di Firenze all’affidamento, in suo favore, del servizio ai fini del rinnovo per gli anni 2018 e 2019; chiede che sia disposto tale affidamento salvo che il Comune decida di non ripetere la manifestazione; chiede altresì la riforma della statuizione di compensazione delle spese di giudizio.
L’appello incidentale è infondato.
5.1. – L’accoglimento dell’appello principale, con riforma della sentenza di primo grado, e conseguenziale reiezione del ricorso di primo grado, non lascia spazio infatti ad una statuizione che presupporrebbe l’accoglimento del ricorso di Pi..
In ogni caso, anche nel diverso epi di primo grado, la statuizione contestata con l’appello incidentale deve ritenersi condivisibile, prevedendo gli artt. 2 e 16 dell’avviso pubblico una piena discrezionalità del Comune a rinnovare (per il 2019 e 2020) la concessione degli spazi assegnati per il 2018, “previa verifica del corretto svolgimento della programmazione culturale, della valutazione annuale dei risultati conseguiti e della persistenza dell’interesse pubblico dell’Amministrazione”, e dunque enucleando il necessario esercizio di un potere amministrativo, in assenza del quale è precluso al giudice amministrativo intervenire, in ossequio ad un principio generale compendiato nella previsione di cui all’art. 34, comma 2, Cod. proc. amm.
5.2. – L’accoglimento dell’appello, con riforma della sentenza di primo grado, rende analogamente infondato il motivo dell’appello incidentale volto a contestare la statuizione di compensazione tra le parti delle spese di giudizio, la quale risponde comunque all’ampia discrezionalità riconosciuta al giudice di primo grado.
6.- Discende da quanto esposto che, con riguardo al ricorso n. 1874/2019 del R.G., va accolto l’appello principale e respinto quello incidentale; per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va respinto il ricorso di primo grado.
7. – Procedendo ora alla trattazione del ricorso iscritto sub n. 1876/2019 del R.G., occorre considerare come le considerazioni finora svolte, cui, per brevità di esposizione, si fa rinvio, inducono all’accoglimento dell’appello principale del Comune di Firenze, basato su motivi sovrapponibili a quelli già esaminati con l’appello proposto dal raggruppamento con mandataria l’Associazione Ce. di Te. In.; allo stesso modo, deve essere respinto l’appello incidentale proposto da Pi., del tutto ana a quello proposto nel ricorso al presente riunito.
8. – In conclusione, dunque, previa riunione, gli appelli principali dell’Associazione Ce. di Te. In. e del Comune di Firenze vanno accolti, mentre vanno respinti gli appelli incidentali dell’associazione Pi.; per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.
I dubbi di interpretazione della lex specialis integrano le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, così decide: a) riunisce i ricorsi iscritti sub nn. 1874/2019 e 1876/2019 del R.G.; b) in relazione ad entrambi i ricorsi, accoglie gli appelli principali e respinge gli appelli incidentali; c) per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere, Estensore
Alberto Urso – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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