Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 6 maggio 2019, n. 18896.
La massima estrapolata:
Nel caso di più sentenze esecutive concorrenti, ai fini del rispetto dei limiti fissati dall’art. 78 cod. pen., per stabilire quale sia la pena più grave tra quelle concorrenti bisogna prescindere, nell’ipotesi di reato continuato, dall’aumento di pena per la continuazione e fare riferimento alla sola pena base.
Sentenza 6 maggio 2019, n. 18896
Data udienza 20 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SANDRINI Enrico G. – Presidente
Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere
Dott. CAPPUCCIO Danie – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 27/09/2018 della CORTE APPELLO di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. DANIELE CAPPUCCIO;
lette le conclusioni del PG, il quale chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 27 settembre 2018 la Corte di appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, presentata nell’interesse di (OMISSIS), volta alla rivisitazione del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso nei suoi confronti dalla Procura generale presso la Corte di appello di Roma con cui la pena complessiva da eseguire dei suoi confronti e’ stata determinata in venticinque anni e due mesi di reclusione e 7.300 Euro di multa.
2. Il condannato aveva presentato la citata istanza sul rilievo che il criterio moderatore previsto dall’articolo 78 c.p., secondo il quale, nel caso di concorso di reati ex articolo 73 c.p., la pena da applicare a norma dello stesso articolo non puo’ essere superiore al quintuplo della piu’ grave fra le pene concorrenti, avrebbe dovuto essere applicato individuando la pena piu’ grave in quella di due anni e otto mesi di reclusione e 2.000 Euro di multa, inflittagli dal Tribunale di Latina con sentenza del 28 ottobre 2008, anziche’ in quella di sette anni e dieci mesi di reclusione inflittagli dalla Pretura di Timisoara (Romania) con sentenza del 27 marzo 2017, riconosciuta dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 12 dicembre 2017.
Aveva sostenuto, ai riguardo, che la sanzione applicata dal giudice romeno e’ riferita ad una pluralita’ di reati, per ciascuno dei quali e’ stata irrogata una pena inferiore a quella stabilita dal Tribunale di Latina.
3. Il giudice dell’esecuzione, dato atto che il giudice romeno ha mitigato la pena complessiva, sia pure attraverso un diverso metodo operativo, in forza di un istituto assimilabile a quello della continuazione, ha ritenuto che la pena da considerare ai fini del calcolo del limite stabilito dall’articolo 78 c.p. e’ quella di cinque anni e dieci mesi di reclusione, il cui quintuplo, pari a ventinove anni e due mesi di reclusione, e’ superiore alla pena, venticinque anni e due mesi di reclusione, in concreto da eseguirsi nei confronti di (OMISSIS).
La pena di cinque anni e dieci mesi e’ stata calcolata dall’autorita’ giudiziaria romena, che ha ritenuto (OMISSIS) responsabile di sette distinti episodi di truffa, partendo da una pena base, per il reato piu’ grave, di due anni di reclusione, fissando in undici anni e sei mesi di reclusione la pena complessiva per i reati residui (due anni di reclusione per cinque reati ed un anno e sei mesi di reclusione per il sesto) e riducendola ad un terzo (cioe’ a tre anni e dieci mesi di reclusione) in virtu’ dell’applicazione del criterio moderatore previsto dalla legislazione di quel paese per il caso di commissione di una pluralita’ di reati in attuazione del medesimo disegno criminoso.
Il giudice dell’esecuzione ha, pertanto, rigettato l’istanza sul presupposto che reato piu’ grave ex articolo 78 c.p. sia quello – che, mutuando, se non altro per comodita’ espositiva, le nostre categorie giuridiche, potremmo definire continuato – accertato dalla Pretura di Timisoara.
4. (OMISSIS) propone, con l’assistenza dell’avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Con il primo motivo, deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), violazione di legge penale e vizio di motivazione rilevando che la Corte di appello, dopo avere attestato che il giudice romeno ha determinato la pena per effetto dell’applicazione di un istituto “incontrovertibilmente sovrapponibile a quello della continuazione previsto nel nostro sistema”, avrebbe dovuto individuare la violazione piu’ grave, ai sensi degli articoli 78 e 81 c.p. e articolo 187 disp. att. c.p.p., senza tenere conto degli aumenti per la continuazione.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), vizio di motivazione per avere il giudice dell’esecuzione illogicamente equiparato il calcolo della pena effettuato dal giudice romeno all’istituto della continuazione, che postula il riconoscimento dell’unicita’ del disegno criminoso, non risultante dalla sentenza della Pretura di Timisoara.
5. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ fondato e merita, pertanto, accoglimento, con conseguente assorbimento del secondo.
2. L’articolo 78 c.p. prevede, al comma 1, che, nel caso di concorso di reati ex articolo 73 c.p., la pena da applicare a norma dello stesso articolo non puo’ essere superiore al quintuplo della piu’ grave fra le pene concorrenti.
La giurisprudenza di legittimita’ ha, in proposito, chiarito che “Nel caso di piu’ sentenze esecutive concorrenti, ai fini del rispetto dei limiti fissati dall’articolo 78 c.p., per stabilire quale sia la pena piu’ grave tra quelle concorrenti bisogna prescindere, nell’ipotesi di reato continuato, dall’aumento di pena per la continuazione e fare riferimento alla sola pena base” (Sez. 1, n. 9707 del 09/01/2007, Attanasio, Rv. 236239; Sez. 6, n. O del 09/01/1985, Belotti, Rv. 167803; Sez. 6, n. 2556 del 23/10/1978, Cacciatori, Rv. 140695).
3. Nel caso di specie, e’ pacifico che la Pretura di Timisoara ha condannato (OMISSIS) per avere commesso sette diversi reati, per i quali ha determinato la pena applicando un criterio moderatore che, pur non replicando, dal punto di vista aritmetico, le modalita’ di computo indicati dalla legislazione italiana per l’istituto della continuazione, sembra ad esso assimilabile in considerazione della mitigazione della risposta sanzionatoria, e quindi della minore riprovevolezza complessiva, a fronte di una pluralita’ di violazioni omogenee.
D’altro canto, ove pure si dissentisse da tale conclusione e si ritenesse di esser al cospetto di una sorta di cumulo materiale temperato, dovrebbe per necessita’ riconoscersi la piena autonomia dei singoli reati, cio’ che imporrebbe, a maggior ragione, l’individuazione della pena inflitta per il reato piu’ grave nella piu’ alta tra quelle determinate per ciascuna trasgressione al precetto penale.
Muovendosi, invece, nella preferibile prospettiva adottata dalla Corte di appello di Roma, e’ agevole apprezzare la contrarieta’ della decisione impugnata al risalente condiviso indirizzo ermeneutico sopra richiamato che, nella sostanza, e’ stato immotivatamente disatteso.
4. L’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio alla Corte di appello di Roma affinche’ proceda ad una nuova valutazione dell’istanza difensiva che, tenendo conto del principio di diritto enunciato, applichi il criterio moderatore previsto dall’articolo 78 c.p. individuando la pena piu’ grave senza computare, in relazione alla sentenza emessa dal giudice romeno, gli aumenti per i reati diversi da quello piu’ grave.
Nella sede di rinvio, dovra’ essere ulteriormente verificata, come correttamente notato dal Procuratore generale, ai fini della corretta applicazione del criterio moderatore, l’eventuale necessita’ di operare cumuli parziali per il caso di commissione di taluni dei reati in epoca successiva all’inizio di espiazione della pena.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata rirTrreatemzent e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Roma.
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