Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 novembre 2021| n. 33439.

Natura inderogabile del foro del consumatore.

Nel procedimento di ingiunzione proposto da un avvocato nei confronti del proprio cliente per il pagamento di onorari professionali, la natura inderogabile del foro del consumatore di cui all’art. 33, comma 2, lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005 impone al giudice di merito l’accertamento del possesso della qualità di consumatore della parte la quale, qualora sia un lavoratore subordinato, non perde tale qualità che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a), del d.lgs. cit., ha natura oggettiva ed è da valutarsi, in base al diritto unionale, alla luce di un criterio funzionale onde stabilire se il rapporto contrattuale rientri nell’ambito delle attività estranee all’esercizio di una professione o di un’attività imprenditoriale.

Ordinanza|11 novembre 2021| n. 33439. Natura inderogabile del foro del consumatore

Data udienza 10 giugno 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Regolamento di competenza – Foro del consumatore – Valutazione oggettiva del rapporto contrattuale – Subordinazione – Esclusione dello svolgimento di un’attività professionale del soggetto – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza, iscritto al n. 16990/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in Roma, alla (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) con domicilio eletto in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Vibo Valentia n. 2456/2020, depositato in data 30.3.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 29.4.2021 dal Consigliere Fortunato Giuseppe.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Alberto Celeste, che ha chiesto di accogliere il ricorso e di dichiarare la competenza territoriale del tribunale di Vibo Valentia.

Natura inderogabile del foro del consumatore

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE.

1. L’avv. (OMISSIS) ha ottenuto dal tribunale di Vibo Valentia il d.i. n. 96/2018, per il pagamento dei compensi professionali per il patrocinio svolto in favore di (OMISSIS) in un giudizio civile di risarcimento dei danni, in cui la resistente era stata chiamata in giudizio dalla (OMISSIS) a titolo di manieva.
L’ingiunta ha proposto opposizione, eccependo – tra l’altro l’incompetenza territoriale del Tribunale adito e invocando l’applicabilita’ del foro del consumatore ai sensi del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 33.
Instaurato il contraddittorio, il tribunale ha dichiarato la competenza territoriale del tribunale di Roma, revocando il decreto ingiuntivo e regolando le spese, sull’assunto che il patrocinio era stato esercitato in una controversia in cui la Sali era stata evocata in qualita’ di dipendente della Casa di cura per esigenze estranee allo svolgimento di un’attivita’ professionale – di cui neppure vi era prova – rivestendo quindi la qualita’ di consumatrice, con conseguente operativita’ del foro del consumatore.
Per la cassazione dell’ordinanza l’avv. Buccarelli ha proposto ricorso in tre motivi.
(OMISSIS) ha depositato memoria ex articolo 47 c.p.c..
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli articoli 2094, 2697 e 2729 c.c., articolo 38 c.p.c., comma 2, Decreto Legislativo n. 2006 del 2005, articolo 33, comma 2, lettera u), ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, lamentando che il tribunale abbia ritenuto che la cliente fosse stata convenuta – nel giudizio in cui era stato svolto il patrocinio – quale lavoratrice dipendente dalla (OMISSIS), circostanza che era rimasta indimostrata e la cui prova competeva alla resistente, avendo quest’ultima sollevato l’eccezione di incompetenza.
Il secondo motivo denuncia la violazione falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che il tribunale abbia dato per presupposta la qualita’ di consumatrice in capo alla resistente, in assenza di qualsivoglia elemento di prova.
Il terzo motivo denuncia la violazione del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 3 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Secondo il ricorrente, la Sali era stata evocata in giudizio per rispondere in proprio dell’attivita’ svolta e per manlevare – a tale titolo – la casa di cura, sicche’ gia’ tale per tale motivo non rivestiva affatto la qualita’ di dipendente della casa di cura, come provava anche il possesso della partita iva. La difesa in giudizio era invece collegata da un evidente nesso funzionale con l’attivita’ professionale della patrocinata, restando esclusa l’applicabilita’ del foro del consumatore.
3. I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente,
sono infondati.
Va preliminarmente evidenziato che, dato l’oggetto e la finalita’ del regolamento necessario di competenza, vengono in rilievo in questa sede la violazione delle sole norme sulla competenza e non eventuali vizi di motivazione o la violazione di norme sul procedimento, a meno che queste ultime non abbiano impedito alla parte di apportare al giudice elementi utili al fine di statuire sulla propria competenza (Cass. 24846/2016; Cass. 15019/2008; Cass. 7075/2006; Cass. 12890/2017).
Compito di questa Corte e’ – difatti – quello di individuare la regola di competenza applicabile, anche a prescindere dalle deduzioni delle parti o dai motivi di ricorso.
Cio’ posto, e’ utile porre in evidenza che la decisione del tribunale di declinare la propria competenza territoriale a vantaggio del foro del consumatore si basa sui fatti allegati in giudizio dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive e comunque sul dato incontestato che la Sali era stata difesa dal ricorrente, quale chiamata in causa – a titolo di manleva – nella veste di dipendente della (OMISSIS). In replica all’eccezione ex articolo 38 c.p.c., l’avv. Buccarelli aveva invece sostenuto che la cliente, essendo in possesso della partita iva, doveva qualificarsi – in assenza di altri elementi lavoratrice autonoma o comunque, non essendo stata acquisita prova della qualita’ di consumatrice, l’eccezione di incompetenza doveva essere respinta, gravando sulla parte che l’aveva sollevata l’onere di dar prova dei presupposti applicativi del foro di cui al Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 33.
Tuttavia, essendo la competenza di cui si discute di natura inderogabile e quindi rilevabile d’ufficio, il tribunale era tenuto ad accertare il possesso della qualita’ di consumatore in capo alla resistente anche in caso di inerzia della parte che aveva invocato il foro del consumatore.
Anche secondo l’insegnamento della giurisprudenza comunitaria, spetta al giudice nazionale, investito di una controversia relativa a un contratto idoneo a rientrare nell’ambito di applicazione di tale direttiva, verificare anche d’ufficio, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie e di tutti gli elementi di prova, se il contraente in questione possa essere qualificato come “consumatore” ai sensi della suddetta direttiva (cfr., con riferimento alla direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, CGUE, sentenza Mostaza Claro, C-168/05, punto 28; CGUE 4.6.2015 C497/13; Cass. 1666/2020 in motivazione).
Tale obbligo e’ giustificato dalla considerazione che il sistema di tutela posto in atto da tali direttive e’ fondato sull’idea che il consumatore si trova in una situazione d’inferiorita’ rispetto al professionista, per quanto riguarda il potere nelle trattative e il grado di informazione (Cass. 28162/2019).
Quanto poi alla sufficienza degli elementi presi in esame dal tribunale, occorre considerare che, ai sensi dell’articolo 38 c.p.c., comma 2, l’eccezione di incompetenza territoriale non introduce nel processo di merito un tema sul quale e’ possibile lo svolgimento di un’istruzione piena e formale, ma deve essere decisa allo stato degli atti, sulla base delle risultanze emergenti dagli atti introduttivi e dalle produzioni documentali, salvo il caso in cui, in ragione di quanto reso necessario dal tenore dell’eccezione o del rilievo del giudice, non sia necessaria, secondo quanto prevede l’articolo 38 c.p.c., u.c., un’eventuale istruzione di natura sommaria “in limine litis”, diretta a chiarire il contenuto di quanto gia’ risulta dagli atti (Cass. 17794/2013; Cass. 20553/2019; Cass. 12445/2010).
3.1. Fatta tale premessa e passando all’esame della specifica questione di competenza, deve ribadirsi che la nozione di “consumatore”, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, ha un carattere oggettivo (CGUE sentenza Costea, C-110/14) e va valutata alla luce di un criterio funzionale in modo da stabilire se il rapporto contrattuale rientri nell’ambito delle attivita’ estranee all’esercizio di una professione o di un’attivita’ imprenditoriale.
Nello specifico, e’ dunque decisivo che la Sali fosse stata convenuta in giudizio quale dipendente della (OMISSIS) e, sebbene la resistente fosse stata chiamata rispondere per i danni ricollegabili allo svolgimento di una tipica attivita’ intellettuale, tale particolarita’ non escludeva a priori la sussistenza di un rapporto di subordinazione, potendo a tal fine legittimamente valorizzarsi come e’ evidenziato nella memoria della resistente – elementi sussidiari, quali l’inserimento in turni lavorativi predisposti dalla clinica (cfr. memoria ex articolo 47 c.p.c., pag. 7), la sottoposizione a direttive circa lo svolgimento dell’attivita’ di guardia medica, l’imputazione delle attivita’ direttamente in capo alla clinica nei rapporti con i terzi (Cass. 10043/2004; Cass. 13858/2009; Cass. 14573/2012; Cass. 5436/2019).
Non rilevava invece che la parte dovesse rispondere per fatto proprio, considerato che anche il lavoratore dipendente risponde verso il datore per i danni provocati a terzi nello svolgimento delle mansioni (articolo 1219 c.c.), ne’ potendo rilevare – di per se’, in tale contesto – che la resistente fosse munita di partita iva (Cass. 669/2004).
In definitiva, deve confermarsi che il patrocinio era stato svolto in una causa che riguardava un rapporto di lavoro subordinato, operando il foro del consumatore: l’incarico professionale non poteva considerarsi pertinente o funzionale ad un’attivita’ professionale della cliente, del cui svolgimento non vi e’ alcuna prova in atti.
Come gia’ stabilito da questa Corte, “in tema di competenza per territorio nel procedimento di ingiunzione proposto da un avvocato nei confronti del proprio cliente per il pagamento di onorari professionali, qualora detto cliente sia un lavoratore subordinato, questi non perde la propria qualita’ di “consumatore” – ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, articolo 3, comma 1, lettera a), – per il fatto di essersi avvalso dell’opera dell’avvocato per questioni relative alla propria attivita’ lavorativa in quanto l’attivita’ di lavoro subordinato non e’ qualificabile come attivita’ imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale; sicche’ a tale controversia si applicano le regole in tema di foro del consumatore di cui al citato Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 33, comma 2, lettera u)” (Cass. 12685/2011; Cass. 1464/2014; Cass. 21187/2017).
Il ricorso e’ respinto e va dichiarata la competenza del tribunale di Roma, ai sensi del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 33.
Le spese processuali gravano sul ricorrente, con liquidazione in dispositivo.
Si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto

P.Q.M.

rigetta il ricorso e dichiara la competenza territoriale del tribunale di Roma, ai sensi del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 33, lettera a u), dinanzi al quale rimette le parti, con riassunzione nei termini di legge.
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per compenso, oltre ad iva, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.

 

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