Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 settembre 2021| n. 26599.
Mutuo e la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata.
Nel contratto di mutuo, la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata inizia a decorrere dalla scadenza dell’ultima rata, atteso che il pagamento dei ratei configura un’obbligazione unica ed il relativo debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell’ultima rata. Il termine di prescrizione è poi quello decennale in quanto, come detto, l’obbligo di restituire la somma ricevuta a titolo di mutuo costituisce un debito unico, sebbene possa essere rateizzato in più versamenti periodici; conseguentemente, non si applica la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948 n. 4 cod. civ., relativa ai debiti che debbono soddisfatti periodicamente ad anno, o in termini più brevi
Ordinanza|30 settembre 2021| n. 26599. Mutuo e la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata
Data udienza 13 aprile 2021
Integrale
Tag/parola chiave: APPELLO CIVILE – APPELLO (IN GENERE) – Mutuo e la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36932-2019 proposto da:
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI e DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS)A, che la rappresenta e di fende;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 6018/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
RITENUTO
CHE:
Il Ministero Affari Esteri e’ stato convenuto in giudizio da due proprietarie di un immobile concesso, per l’appunto, in locazione al medesimo Ministero, le quali hanno assunto di aver subito danni durante il periodo di locazione, che hanno quantificato in 980 mila Euro, e di cui hanno chiesto il risarcimento.
Il giudice di primo grado ha, con dispositivo di sentenza e riservata la motivazione, condannato il Ministero al risarcimento; indi ha depositato le motivazioni.
Il Ministero ha reagito con due atti: in un primo momento, stante il solo dispositivo, ha notificato e depositato una richiesta di inibitoria ex articolo 283 c.p.c., onde impedire il danno derivante dalla esecuzione della sentenza; ma, dopo che sono state depositate le motivazioni, ha proposto appello nel merito.
La Corte di Appello ha dichiarato inammissibile l’appello avverso il dispositivo della sentenza impugnata, prima del deposito delle motivazioni, ed ha escluso l’inibitoria asserendo che l’esecuzione non era ancora iniziata.
Il Ministero impugna questa decisione con tre motivi. V’e’ controricorso delle locatrici.
CONSIDERATO
Che:
I primi due motivi attengono alla questione della qualificazione della domanda proposta.
Con il primo motivo, il Ministero denuncia violazione dell’articolo 447 bis c.p.c., e con il secondo dell’articolo 112 c.p.c..
La tesi e’ la seguente: la Corte di Appello ha errato nel ritenere che il Ministero aveva proposto un appello avverso una decisione priva ancora di motivazione, ossia avverso il solo dispositivo; invece il Ministero aveva proposto semplicemente una autonoma istanza di inibitoria della efficacia esecutiva della sentenza di primo grado; dunque la regola adottata dalla Corte, secondo cui non si puo’ proporre appello avverso il solo dispositivo, in attesa della motivazione, e’ basata sul presupposto di fatto, errato, che sia stato proposto per l’appunto un appello, quando invece v’era solo una autonoma istanza di inibitoria, essendo stato l’appello proposto successivamente. La stessa censura, con il secondo motivo, e’ svolta sotto altro aspetto, ossia deducendo che, avendo il Ministero proposto semplice istanza di inibitoria, ed avendo invece la Corte di Appello dichiarato inammissibile l’impugnazione, quest’ultima avrebbe pronunciato ultra petita.
I motivi sono fondati, ma per le ragioni che seguono.
E’ vero che il Ministero ha proposto non gia’ appello, ma istanza autonoma di inibitoria, e dunque la decisione del giudice di merito, di considerarla appello e di ritenerla in quanto tale inammissibile, risulta errata.
Di fatto, intesa in tali termini, lo e’.
Osservano i controricorrenti che l’istanza di inibitoria, ai sensi dell’articolo 283 c.p.c., non puo’ essere presentata autonomamente, ma va presentata unitamente all’appello principale o incidentale, ma e’ altresi’ vero che non e’ questa la ragione per la quale il giudice di appello l’ha ritenuta inammissibile.
La Corte di Appello ha ritenuto che quella istanza costituisse un atto di appello, come tale inammissibile perche’ proposto contro il mero dispositivo, privo ancora delle motivazioni; a questa ralio bisogna attenersi, e dichiararla errata, in quanto basata sul presupposto che si trattasse di un atto di appello, mentre era solo una autonoma istanza di inibitoria, essendo stato l’appello proposto successivamente.
L’accoglimento di questi due motivi rende assorbito il terzo, che verte sulla possibilita’ di inibire l’esecuzione, pur se non sia iniziata, in quanto oggetto di questo giudizio e’, come si e’ detto, semplicemente la censura circa l’errore in cui e’ incorso il giudice di secondo grado nel considerare quale appello la mera istanza di inibitoria.
Va dunque accolto il ricorso, ma senza rinvio, proprio perche’ l’appello, nel merito, risulta oggetto di autonoma procedura che prosegue autonomamente rispetto a questa; e in quella sede verra’ esaminato il merito della impugnazione.
Le spese possono compensarsi in quanto l’errore di qualificazione non e’ imputabile alla odierne controricorrenti, che non possono essere definite soccombenti.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi, assorbito il terzo, e cassa la sentenza impugnata senza rinvio.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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