Mediazione e l’attività volta a mettere due o più parti in relazione al fine di concludere un affare

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 febbraio 2023| n. 4921

Mediazione e l’attività volta a mettere due o più parti in relazione al fine di concludere un affare

In tema di mediazione, l’attività volta a mettere due o più parti in relazione al fine di concludere un affare, pur potendo assumere in concreto le forme più eterogenee, non può che ridursi a due attività principali: individuare la persona con cui contrattare oppure l’oggetto della contrattazione; la prima, a sua volta, può teoricamente avvenire con due modalità diverse: il reperimento, allorché il mediatore favorisca la conoscenza di due persone che in precedenza erano ignote l’una all’altra e l’avvicinamento, laddove il mediatore appiani le divergenze esistenti tra due soggetti che già si conoscevano, in ragione del fatto che dette divergenze avevano fino ad allora impedito la conclusione dell’affare. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il contratto con il quale una società aveva richiesto consulenza e assistenza ad altra società, al fine di predisporre la domanda volta ad ottenere un contributo pubblico, potesse ricondursi ad un’ipotesi di mediazione stante l’assenza, tra l’altro, dell’attività di reperimento dell’ente erogatore, già noto e individuato, e di componimento di divergenze tra le parti).

Ordinanza|16 febbraio 2023| n. 4921. Mediazione e l’attività volta a mettere due o più parti in relazione al fine di concludere un affare

Data udienza 17 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: MEDIAZIONE – MEDIAZIONE (IN GENERE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERTUZZI Mario – Presidente

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 2723/2018) proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. Sergio Gabrielli, con domicilio digitale eletto prezzo il suo indirizzo PEC, come da modifica comunicata il 18 novembre 2022;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.n.c., (P.IVA: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. Marco M. Di Domenico, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. Filippo Sarci’;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 1155/2017, pubblicata il 23 giugno 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Cesare Trapuzzano.

 

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FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato il 2 ottobre 2008, la (OMISSIS) S.n.c. conveniva, davanti al Tribunale di Lanciano, la (OMISSIS) S.r.l., al fine di ottenerne la condanna al pagamento della somma di Euro 24.398,40, a titolo di saldo del compenso dovuto per l’attivita’ di consulenza ed assistenza prestata in relazione alla richiesta di finanziamento inerente alla L. n. 488 del 1992.
Si costituiva in giudizio la (OMISSIS) S.r.l., la quale resisteva alla domanda avversaria, chiedendo che fosse accertata l’inesigibilita’ del credito per la mancata iscrizione della societa’ attrice all’albo dei mediatori creditizi e per il conseguente divieto di svolgimento dell’attivita’ mediatoria e di consulenza, penalmente sanzionato in mancanza di iscrizione, e comunque che fosse accertata l’inesistenza di qualsiasi obbligazione della societa’ convenuta. In via riconvenzionale, chiedeva che fosse disposta la ripetizione della somma gia’ versata di Euro 13.699,20, in quanto indebitamente percepita senza legittimo titolo; in via subordinata, chiedeva che fosse accertata la nullita’ del contratto predisposto unilateralmente dall’attrice in data (OMISSIS) per indeterminatezza ed indeterminabilita’ dell’oggetto o per contrarieta’ a norme imperative di cui alla L. n. 108 del 1996 o per illiceita’ della causa o per frode alla legge; in via ulteriormente subordinata, chiedeva che, nell’ipotesi in cui il contratto fosse stato ritenuto valido, fosse accertato l’inadempimento della (OMISSIS), per avere negato la possibilita’ di conseguire, nelle circostanze del caso concreto, la proroga del termine previsto per l’ultimazione del progetto finanziato, con la conseguente dichiarazione della legittimita’ del rifiuto a pagare le somme richieste; in via ulteriormente gradata, chiedeva che fosse accertato che, a decorrere dal (OMISSIS), il contratto si era risolto consensualmente ovvero che fosse pronunciata la risoluzione giudiziale del contratto per colpa esclusiva della (OMISSIS) ovvero che fosse dichiarata la parziale impossibilita’ della prestazione dovuta da (OMISSIS) all’esito della scadenza del termine inizialmente previsto per il completamento del progetto finanziato, con la conseguente dichiarazione della legittimita’ del recesso della (OMISSIS) dal contratto per difetto di interesse all’adempimento parziale; in ultimo, chiedeva, nell’ipotesi che le precedenti riconvenzionali fossero state disattese, che fosse ridotto il compenso eventualmente dovuto.

 

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Quindi, con sentenza n. 344/2009, depositata il 5 ottobre 2009, il Tribunale adito dichiarava la nullita’ del contratto concluso tra le parti, poiche’ le prestazioni di consulenza e assistenza effettuate per l’ottenimento dei finanziamenti di cui alla L. n. 488 del 1992 non erano supportate dall’iscrizione all’albo dei mediatori creditizi, iscrizione avvenuta successivamente allo svolgimento dell’attivita’ oggetto di causa, e – per l’effetto – condannava la (OMISSIS) alla restituzione, in favore della (OMISSIS), della somma di Euro 13.699,20, disponendo la trasmissione degli atti al P.M.
2.- Con atto di citazione notificato il 26 maggio 2010, la (OMISSIS) S.n.c. proponeva appello, deducendo che il contratto concluso il (OMISSIS) non aveva ad oggetto prestazioni di consulenza, assistenza ed intermediazione per il conseguimento di finanziamenti, bensi’ riguardava l’attivita’ prestata per il conseguimento di contributi a fondo perduto, attivita’ in ordine alla quale non era richiesta l’iscrizione all’albo dei mediatori creditizi.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la (OMISSIS) S.r.l., la quale si opponeva all’accoglimento dell’appello e riproponeva le eccezioni e domande subordinate, svolte in via riconvenzionale nel primo grado di giudizio.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza di cui in epigrafe, in parziale accoglimento dell’appello e in riforma della pronuncia impugnata, rigettava l’eccezione di nullita’ del contratto concluso tra le parti il (OMISSIS) e la domanda riconvenzionale di ripetizione dell’indebito formulata dalla (OMISSIS); rigettava altresi’ la domanda principale di pagamento del saldo avanzata dalla (OMISSIS).

 

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A sostegno dell’adottata pronuncia il Giudice d’appello rilevava: a) che la (OMISSIS) aveva assunto l’incarico di fornire consulenza e assistenza per l’ottenimento di contributi pubblici previsti da leggi agevolative e, per l’effetto, aveva svolto uno studio, aveva predisposto la documentazione necessaria e aveva sviluppato dei calcoli, posti a fondamento della richiesta di ammissione inviata al Ministero competente; b) che l’agevolazione concessa dal Ministero delle Attivita’ produttive non costituiva un finanziamento soggetto a rimborso, sia pure rateale ed agevolato, bensi’ un contributo a fondo perduto, ai sensi della L. n. 488 del 1992, passibile di eventuale revoca, nei casi previsti dalla legge e dal decreto concessorio, per il mancato rispetto degli specifici obblighi posti a carico del soggetto beneficiario; c) che non vi era stata, dunque, un’attivita’ assimilabile a quella dell’investitore finanziario e, in particolare, del mediatore creditizio, essendo carente anche l’elemento della “messa in relazione” delle parti, in quanto la (OMISSIS) si era limitata a svolgere uno studio da allegare alla domanda diretta ad ottenere un contributo statale a fondo perduto, che avrebbe dovuto essere erogato dal Ministero alla parte interessata per il tramite di una banca concessionaria, con la quale non vi era stato alcun contatto diretto, se non nella fase esecutiva dell’erogazione del contributo; d) che conseguentemente l’intera operazione non era riconducibile ad una forma di accesso al credito e di finanziamento bancario, potendo l’adesione al bando essere svolta anche direttamente dalla societa’ interessata; e) che, quanto alle questioni riproposte da entrambe le parti in causa, unitamente alle relative domande, era pacifico che il contratto si fosse risolto dopo l’erogazione della prima tranche del contributo richiesto e dopo il pagamento del compenso alla (OMISSIS) per l’attivita’ fino ad allora prestata; f) che era stata la (OMISSIS) – la quale aveva addotto gravi difficolta’ con l’impresa esecutrice dei lavori – ad invitare il (OMISSIS), con missiva del 19 luglio 2007, ad inviare un fax in cui fosse posta in evidenza l’impossibilita’ di ottenere una proroga per il completamento della pratica, fax inviato il 21 luglio successivo; g) che successivamente la (OMISSIS) aveva sollecitato la (OMISSIS) a sciogliere le sue riserve in ordine alla volonta’ di abbandonare o continuare il progetto, cui quest’ultima rispondeva comunicando la sua intenzione di abbandonare il progetto finanziato di cui alla L. n. 488 del 1992 per l’hotel (OMISSIS); h) che, alla luce delle comunicazioni intercorse tra le parti, il contratto doveva dunque ritenersi risolto in via consensuale; i) che non vi era prova delle causali allegate dalla (OMISSIS) per ottenere dal Ministero la proroga del progetto finanziato, rispetto alle ragioni addotte dal (OMISSIS) per negare che la proroga potesse essere concessa; l) che, a fronte di un contratto in se’ valido e consensualmente risolto, legittimamente la (OMISSIS) aveva riscosso il corrispettivo per l’opera prestata; m) che, invece, non era fondata la domanda di pagamento per l’intero corrispettivo dovuto, anche in ordine alle prestazioni pattuite per la fase successiva alla risoluzione del contratto; n) che le eccezioni e le domande riconvenzionali di nullita’ e di inadempimento formulate dalla convenuta appellata e riproposte nel giudizio di gravame erano, per le predette ragioni, infondate.

 

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3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la (OMISSIS) S.r.l. Ha resistito con controricorso l’intimata (OMISSIS) S.n.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per cassazione per asserita tardivita’.
E cio’ perche’, atteso che l’instaurazione del giudizio di primo grado, attraverso la notifica della citazione, risale al 2 ottobre 2008, nella fattispecie il termine lungo per proporre ricorso in cassazione era pari ad un anno, termine in concreto osservato.
Infatti, in tema di impugnazioni, la modifica dell’articolo 327 c.p.c., introdotta dalla L. n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, e’ applicabile, ai sensi dell’articolo 58, comma 1 predetta Legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 37750 del 01/12/2021; Sez. 5, Ordinanza n. 19979 del 27/07/2018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 19969 del 06/10/2015; Sez. 6-5, Ordinanza n. 15741 del 21/06/2013; Sez. 2, Sentenza n. 6007 del 17/04/2012).
2.- Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 1362, 1363, 1365, 1371, 2231 c.c., dell’articolo 116 c.p.c., della L. n. 108 del 1996, articolo 16 dell’articolo 47 T.U.B. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 287 del 2000, articolo 2 per avere la Corte d’appello escluso che l’attivita’ contemplata nel contratto concluso tra le parti il (OMISSIS) rientrasse nell’ambito della mediazione finanziaria, come tale riservata ai soli soggetti iscritti all’albo dei mediatori creditizi.
Osserva, in proposito, l’istante che il testo negoziale avrebbe previsto testualmente l’assistenza per l’ottenimento di contributi previsti da leggi agevolative (e segnatamente dalla L. n. 488 del 1992) e comunque per investimenti produttivi, sicche’, indagando sulla comune volonta’ dei contraenti, desumibile dal senso letterale delle espressioni usate e dai comportamenti anche successivi delle parti, si sarebbe potuto ricavare che l’attivita’ di assistenza per il reperimento dei contributi agevolati avrebbe costituito un’attivita’ di mediazione finanziaria volta al reperimento di finanziamenti, cosi’ come avrebbe potuto arguirsi anche dalla natura del compenso preteso, consistito, almeno in parte, in una provvigione calcolata sulla base dei finanziamenti che sarebbero stati erogati (avendo il testo negoziale previsto che il compenso fosse pattuito nella misura di Euro 1.500,00, oltre “l’1,7% su investimento e stato di avanzamento e ad erogazione avvenuta”).
Soggiunge la ricorrente che la consulenza prestata per l’instaurazione del rapporto di finanziamento tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), quale banca concessionaria del finanziamento in forma pubblica (ossia quale erogatrice di un fondo pubblico in virtu’ di convenzione stipulata con il Ministero delle Attivita’ produttive per l’assegnazione e la gestione dei fondi pubblici di agevolazione), sarebbe rientrata nell’alveo delle attivita’ dirette al finanziamento di pubblico denaro, sicche’ – contrariamente all’assunto della pronuncia impugnata – avrebbe dovuto ritenersi che la (OMISSIS) avesse messo in relazione, attraverso attivita’ di consulenza, banche o intermediari finanziari determinati con la potenziale clientela, al fine della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma.
Espone, per l’effetto, l’istante che l’attivita’ prestata sarebbe stata riservata ai soggetti iscritti in apposito albo, iscrizione nella specie carente al tempo della stipulazione del contratto, con la conseguente nullita’ assoluta del rapporto tra professionista e cliente.

 

Mediazione e l’attività volta a mettere due o più parti in relazione al fine di concludere un affare

2.1.- Il motivo e’ infondato.
Il Giudice del gravame ha negato che l’attivita’ di consulenza pattuita rientrasse nell’alveo della mediazione finanziaria sotto un duplice profilo: per un verso, ha escluso che la pratica concernente la concessione di un contributo statale a fondo perduto per l’agevolazione di un’attivita’ produttiva (e segnatamente per la ristrutturazione di un albergo) rientrasse nel concetto di finanziamento; per altro verso, ha confutato la ricorrenza di una “messa in relazione”, posto che lo svolgimento di uno studio di fattibilita’, quale documento da allegare alla domanda diretta ad ottenere detto contributo – che avrebbe dovuto essere erogato dal Ministero alla parte interessata per il tramite di una banca concessionaria -, senza che vi fosse stato alcun contatto diretto tra la societa’ di consulenza e la banca concessionaria, non avrebbe integrato una fattispecie di accesso al credito e di finanziamento bancario, sicche’ detta domanda avrebbe potuto essere proposta, senza l’ausilio tecnico della societa’, anche direttamente dall’interessato.
Tali rilievi sono pertinenti. Ed infatti, l’attivita’ di assistenza e di consulenza finalizzata alla preparazione e alla presentazione di una domanda rivolta alla concessione di finanziamenti pubblici da presentare ad un organo predeterminato dalla legge costituisce prestazione d’opera professionale e non puo’ essere qualificata come attivita’ di mediazione ne’ tipica ne’ atipica, mancando l’elemento essenziale della “messa in relazione” dei contraenti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1674 del 23/01/2017; Sez. 3, Sentenza n. 24118 del 24/10/2013; Sez. 3, Sentenza n. 15200 del 06/08/2004; Sez. 1, Sentenza n. 6956 del 06/07/1999; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2721 del 25/06/1977).
In proposito, sia la dottrina, sia la giurisprudenza di questa Corte hanno da tempo individuato gli elementi essenziali della attivita’ di mediazione come delineata dal codice civile. Essi sono, sul piano strutturale: l’onerosita’, la subordinazione della provvigione alla conclusione dell’affare (articolo 1755 c.c.), la liberta’ per il mediatore di attivarsi o meno, l’autonomia e l’indipendenza del mediatore (articolo 1754 c.c.); sul piano funzionale: lo svolgimento di un’attivita’ volta a mettere due o piu’ parti in relazione, al fine di concludere un affare (articolo 1754 c.c.).
Senonche’, il contratto stipulato tra le parti del presente giudizio e’ privo, in parte, di questi requisiti.
In primo luogo, la (OMISSIS) aveva l’obbligo, e non la facolta’, di prestare l’assistenza e la consulenza promesse alla controparte, e finalizzate alla presentazione della domanda di finanziamento. Mancava, dunque, il requisito della autonomia del mediatore.
In secondo luogo, il compenso promesso dalla (OMISSIS) alla controparte contrattuale era subordinato solo in parte alla effettiva erogazione del finanziamento, mentre per altra parte (e precisamente per Euro 1.500,00) era comunque dovuto. Difettava, dunque, il requisito della subordinazione della provvigione alla conclusione dell’affare.

 

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E, soprattutto, mancava, nel caso di specie, lo svolgimento di un’attivita’ finalizzata alla messa in relazione delle parti interessate alla conclusione di un affare (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1233 del 04/02/2000; Sez. 3, Sentenza n. 3833 del 27/11/1969).
La “messa in relazione” di cui all’articolo 1754 c.c., infatti, pur potendo assumere in concreto le forme piu’ disparate, concettualmente non puo’ che ridursi a due attivita’ principali: individuare la persona con cui contrattare oppure l’oggetto della contrattazione. L’individuazione della persona con cui contrattare, a sua volta, e’ attivita’ che puo’ teoricamente avvenire con due modalita’ diverse: il reperimento e l’avvicinamento. Sussiste reperimento allorche’ il mediatore favorisca la conoscenza di due persone che in precedenza erano ignote l’una all’altra; ricorre avvicinamento laddove il mediatore appiani le divergenze esistenti tra due soggetti che gia’ si conoscevano, in ragione del fatto che dette divergenze avessero fino ad allora impedito la conclusione dell’affare.
Nella fattispecie l’attivita’ svolta dalla (OMISSIS) non e’ stata finalizzata ne’ ad un reperimento della controparte, ne’ ad un avvicinamento tra contraenti noti l’uno all’altro, ma in disaccordo. E cio’ perche’ il contratto stipulato inter partes prevedeva espressamente che compito della (OMISSIS) fosse quello di prestare consulenza e assistenza in relazione alla presentazione di una richiesta di concessione statale di un contributo a fondo perduto per l’agevolazione di un’attivita’ produttiva nel settore turistico-alberghiero, ai sensi della L. n. 488 del 1992. In forza di tale legge, la domanda avrebbe dovuto essere proposta al Ministero delle Attivita’ produttive, il quale si sarebbe avvalso di una struttura concessionaria (evocata dalla stessa ricorrente: la (OMISSIS) S.p.A.), quale materiale erogatrice del contributo. E’ dunque incontroverso che il finanziamento richiesto dalla (OMISSIS) (peraltro consistente in un contributo a fondo perduto e, dunque, non associato ad un obbligo di restituzione rateale, sempre che fosse stato rispettato il vincolo di destinazione) non potesse che essere concesso previa approvazione da parte della suddetta societa’, ove avesse ritenuto sussistenti i presupposti per accordare il beneficio.
Pertanto, essendo, al momento della conclusione del contratto di cui e’ causa, gia’ nota alle parti l’identita’ del soggetto cui avrebbe dovuto essere indirizzata la richiesta di finanziamento, l’attivita’ demandata alla (OMISSIS) non poteva essere qualificata come “mediazione” finalizzata al reperimento di un partner commerciale, per la ovvia ragione che questi era gia’ ben noto ed individuato.
Neppure puo’ sostenersi che il contratto del (OMISSIS) avesse per oggetto l’incarico di avvicinare le posizioni di due potenziali contraenti, che fossero in disaccordo tra loro su un qualche punto dell’affare da concludere. Non e’ stato, infatti, mai posto in discussione tra le parti che, per accedere ai finanziamenti previsti dalla L. n. 488 del 1992, l’istante dovesse soddisfare i requisiti richiesti dall’ente preposto ad autorizzarne l’erogazione.
In definitiva, poiche’ il contratto stipulato tra le parti non affidava alla (OMISSIS) alcun compito di “mettere in contatto” la (OMISSIS) ed il potenziale finanziatore, ma solo quello di assisterla nella predisposizione e presentazione della domanda, la societa’ di consulenza non poteva essere qualificata come “mediatore”.

 

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Ne’, sul piano dell’interpretazione logico-sistematica, contrariamente all’assunto della ricorrente, il concetto di “messa in relazione” di cui all’articolo 1754 c.c. puo’ estendersi a qualsiasi ipotesi di “messa in contatto” tra la persona finanziata e l’ente finanziatore. E tanto perche’ due parti possono dirsi “messe in contatto” per effetto dell’intervento del mediatore quando, senza l’opera di quest’ultimo, l’affare non si sarebbe concluso. L’attivita’ del mediatore, dunque, deve essere “causa determinante” della conclusione dell’affare, ossia “l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto”: cosicche’ se fosse mancata la prima, non vi sarebbe stata la seconda (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 869 del 16/01/2018; Sez. 3, Sentenza n. 25851 del 09/12/2014; Sez. 3, Sentenza n. 9884 del 15/04/2008; Sez. 3, Sentenza n. 3438 del 08/03/2002).
Per converso, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, a fronte di un iter amministrativo predeterminato ai fini della concessione di un contributo a fondo perduto volto ad agevolare l’attivita’ produttiva, anche in ordine all’individuazione dei soggetti deputati ad istruire la pratica, la consulenza prestata si e’ limitata a favorire lo svolgimento di tale procedura, che avrebbe potuto essere avviata e perfezionata anche direttamente dalla societa’ interessata.
3.- Con il secondo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e degli articoli 1344, 1346 e 1418 c.c., con la conseguente nullita’ della sentenza impugnata, per avere la Corte di merito omesso di pronunciarsi sulle eccezioni e domande di nullita’ del contratto concluso tra le parti per indeterminatezza e/o per indeterminabilita’ dell’oggetto o per violazione di norme imperative o per illiceita’ della causa.
In proposito, l’istante evidenzia che il Giudice del gravame non si sarebbe pronunciato sulla obiezione mossa circa l’assoluta genericita’ della prestazione cui sarebbe stata tenuta la (OMISSIS), ossia la consulenza e assistenza sull’ampliamento e ristrutturazione di un’attivita’ gia’ esistente e l’assistenza per l’ottenimento dei contributi previsti dalla legge agevolativa n. 488/1992, ne’ si sarebbe pronunciato sulla deduzione circa la contrarieta’ a norme imperative – e segnatamente alla L. n. 108 del 1996, articolo 16 – o all’illiceita’ della causa o alla frode alla legge, derivante dal fatto che la prestazione di dette attivita’ avrebbe richiesto l’iscrizione in un apposito albo speciale.
3.1.- La doglianza e’ infondata.
Ed infatti deve ritenersi che tale subordinata domanda di nullita’ sia stata implicitamente disattesa, avendo la Corte d’appello osservato che la prestazione di consulenza e assistenza, cui era tenuta (OMISSIS), si fosse concretata nella prestazione di uno studio di fattibilita’, da allegare alla domanda, nell’effettuazione dei relativi calcoli e nella predisposizione della domanda stessa, ai fini di assicurare che il progetto di investimento fosse supportato dalla concessione del contributo, attivita’ che non esigeva l’iscrizione all’albo speciale dei mediatori finanziari di cui alla L. n. 108 del 1996, articolo 16.
Per l’effetto, la sentenza impugnata ha sostenuto che il contratto – qualificato come contratto di servizi – fosse in se’ valido e ha espressamente respinto le domande riconvenzionali di nullita’ e di inadempimento formulate dall’appellata (e riproposte nel giudizio d’appello).
Sicche’ il vizio di omessa pronuncia non ricorre: pur mancando una specifica argomentazione, la decisione adottata, in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne ha comportato il rigetto (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12652 del 25/06/2020; Sez. 5, Ordinanza n. 7662 del 02/04/2020; Sez. 5, Ordinanza n. 2153 del 30/01/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018).
4.- Con il terzo motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale tralasciato ogni motivazione, anche sotto l’aspetto materiale e grafico, in relazione alla richiesta di ammissione della prova per interrogatorio formale e della prova testimoniale, prove formulate gia’ in primo grado – e che il Tribunale non aveva valutato per il ritenuto vizio di nullita’ del contratto – e reiterate in sede di gravame.
Ad avviso dell’istante, tali mezzi di prova sarebbero stati diretti a dimostrare l’intervenuta risoluzione consensuale del contratto, per un fatto peraltro imputabile alla (OMISSIS), nel (OMISSIS), nonche’ l’impegno assunto da (OMISSIS) in tale occasione a non pretendere alcun compenso professionale integrativo, come da capitoli espressamente riportati, sicche’ il Giudice d’appello non avrebbe potuto ritenere che correttamente (OMISSIS) avesse incassato il corrispettivo per l’opera prestata sino al momento della risoluzione.
4.1.- La doglianza e’ inammissibile per difetto di interesse.

 

Mediazione e l’attività volta a mettere due o più parti in relazione al fine di concludere un affare

Infatti, pur non pronunciandosi su tali prove, il Giudice del gravame ha espressamente ritenuto che il contratto si fosse risolto consensualmente e, quanto alla determinazione del corrispettivo, ha escluso che spettasse alla (OMISSIS) il compenso ulteriore originariamente rivendicato, a titolo di saldo da calcolare in percentuale sull’importo complessivo del finanziamento ottenuto.
Ora, secondo lo stesso assunto della ricorrente, nessuna pretesa ulteriore e’ stata riconosciuta dopo il raggiungimento dell’accordo di risoluzione consensuale del (OMISSIS), essendo stato corrisposto l’acconto per complessivi Euro 13.699,20, limitatamente ad Euro 1.500,00, all’epoca della sottoscrizione del contratto del (OMISSIS), nonche’, quanto ad Euro 12.199,20, in data 31 gennaio 2005, come da fattura n. (OMISSIS).
Sicche’ non avrebbe avuto alcuna utilita’ per la ricorrente la dimostrazione del fatto che, all’esito dell’accordo di risoluzione del (OMISSIS), la (OMISSIS) si fosse impegnata, come riportato nel secondo capitolo di prova riportato in ricorso, a richiedere ulteriori somme solo a titolo di spese eventualmente sostenute, appunto perche’ nessuna somma aggiuntiva e’ stata riconosciuta dopo tale accordo.
5.- Con il quarto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte distrettuale adottato una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile e, peraltro, in insanabile contrasto con le altre argomentazioni assunte, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione.
E cio’ per avere ritenuto che non vi fosse contrasto tra la concessa proroga dei termini per l’ultimazione dei lavori, ai fini di ottenere il finanziamento, e l’affermazione della (OMISSIS) circa la insussistenza delle ragioni volte ad ottenere detta proroga, per un divieto normativo insuperabile.
5.1.- Anche tale mezzo di critica e’ inammissibile.
Tanto per due ordini di ragioni.
In primo luogo, la Corte d’appello ha specificamente sostenuto, prima di escludere che vi fosse il paventato contrasto, che il fax inviato – in cui si comunicava l’impossibilita’ di ottenere la proroga – fosse stato indotto dalla stessa (OMISSIS), che aveva espressamente domandato l’ufficializzazione dell’impossibilita’ di richiedere siffatta proroga, rilievo, questo, in se’ assorbente, sul quale nessuna censura e’ stata mossa dalla ricorrente.
In secondo luogo, nonostante l’attestazione dell’impossibilita’ di proroga, sotto il profilo della utilita’ pratica, risulta per tabulas che, in ogni caso, la (OMISSIS) ha ottenuto siffatta proroga nell’ultimazione dei lavori, rispetto al termine fissato nel decreto di concessione del finanziamento, avvalendosi di altro consulente.
Per l’effetto, nessuna utilita’ pratica potrebbe derivare dalla rilevazione dell’affermato contrasto.
6.- Conseguentemente il ricorso deve essere disatteso.
Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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