Corte di Cassazione, civile, Sentenza|30 luglio 2021| n. 21970.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata e provoca la successione universale della società incorporante nell’intero patrimonio della incorporata, con il risultato che la incorporante subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, in cui era parte la società incorporata.
Sentenza|30 luglio 2021| n. 21970. L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Data udienza 13 luglio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Società – Fusione – Estinzione della società incorporata – Azione giudiziale – Operazioni societarie – Giudizio in persona del suo ex amministratore – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f.
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez.
Dott. ACIERNO Maria – Presidente di Sez.
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6178-2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2/2019 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 07/01/2019;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/07/2021 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
lette le conclusioni scritte Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, la quale chiede che le Sezioni Unite accolgano il primo motivo di ricorso, con assorbimento delle restanti censure.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 18 marzo 2008, la (OMISSIS) s.r.l. chiese l’accertamento della simulazione o, in subordine, la revoca ex articolo 2901 c.c. di due successivi contratti di compravendita, conclusi l’uno in data 11 aprile 2005 e l’altro il 15 aprile 2005, aventi ad oggetto il medesimo immobile, il primo stipulato tra i venditori (OMISSIS) ed (OMISSIS) e l’acquirente (OMISSIS), ed il secondo tra quest’ultima e (OMISSIS).
Il Tribunale di Tempio Pausania accolse la domanda di simulazione assoluta dei due contratti di compravendita.
Con sentenza del 7 gennaio 2019, n. 2, la Corte d’appello di Cagliari, sezione di Sassari, adita dai soccombenti, ha respinto l’impugnazione.
La corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che non fosse inesistente, ne’ nullo l’atto introduttivo del giudizio di primo
grado, proposto dalla (OMISSIS) s.r.l., rappresentata
dall’amministratrice unica (OMISSIS), sebbene tale societa’ fosse stata cancellata dal registro delle imprese sin dal 23 luglio 2004, a seguito di fusione per incorporazione nella (OMISSIS) s.r.l., e cio’ per un duplice argomento: perche’ la fusione comporta, a norma dell’articolo 2504-bis c.c., una mera vicenda evolutivo-modificativa del medesimo soggetto, che permane e conserva la propria identita’, pur in un diverso assetto organizzativo; perche’, in ogni caso, l’incorporante si e’ costituita all’udienza del 6 maggio 2011 innanzi al Tribunale, ratificando l’operato dell’amministratrice della incorporata, donde l’efficacia sanante degli atti compiuti dal falsus procurator.
Nel merito, ha ritenuto infondato sia il motivo concernente la simulazione dell’intero contratto di compravendita del bene immobile, sebbene in comproprieta’ con la (OMISSIS), non debitrice della societa’ istante, sia il motivo sull’esistenza di idonei elementi a prova della simulazione.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Avverso questa sentenza i soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Si difende con controricorso la (OMISSIS) s.r.l..
Proposta la trattazione presso la Sezione VI-3, con ipotizzato rigetto del primo motivo di ricorso per la permanenza in vita del soggetto incorporato, su istanza dei ricorrenti la causa e’ stata rimessa dal Primo Presidente alle Sezioni unite con decreto del 25 settembre 2020, essendosi riscontrato un contrasto di giurisprudenza, con riguardo alla legittimazione processuale della societa’ incorporata cancellata dal registro delle imprese.
Il Procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del primo motivo, con assorbimento degli altri due.
Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. – I motivi.
I motivi del ricorso possono essere come di seguito riassunti:
1) violazione o falsa applicazione dell’articolo 1722 c.c., comma 1, n. 4, e articolo 2495 c.c., comma 2, nonche’ dell’articolo 83 c.p.c., articolo 163 c.p.c., comma 3, nn. 2 e 4, e articolo 164 c.p.c., in quanto, essendo stata cancellata la (OMISSIS) s.r.l. dal registro delle imprese per incorporazione ed essendosi, quindi, estinta, il suo ex amministratore unico, ormai decaduto dalla carica, non avrebbe potuto agire in giudizio per conto della societa’, ne’ rilasciare la procura al difensore, ma il giudizio avrebbe dovuto essere, semmai, proposto dalla societa’ incorporante, cui il diritto di credito si e’ trasferito a seguito della fusione; invece, la sentenza di primo grado e’ stata resa nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. ed i ricorrenti solo nell’eseguire le visure camerali, in vista dell’atto di appello, si sono avveduti della cancellazione della societa’ dal registro delle imprese sin dal 23 luglio 2004, a seguito di fusione per incorporazione nella (OMISSIS) s.r.l.. In definitiva, l’atto di citazione e l’intero procedimento sono inesistenti o, in subordine, viziati da nullita’ assoluta, in quanto la vocatio in ius proviene da soggetto inesistente; ne’ la corte d’appello avrebbe potuto ritenere sanato il rapporto processuale mediante la costituzione in giudizio della (OMISSIS) s.r.l. in primo grado;
2) in via subordinata, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1413 c.c. e articolo 100 c.p.c., oltre ad omesso esame di fatto decisivo, non avendo la sentenza impugnata considerato la circostanza della comproprieta’ dell’immobile in capo alla (OMISSIS), non in comunione dei beni con il (OMISSIS), e della quale la societa’ attrice non era creditrice, onde al piu’ si sarebbe potuta dichiarare la simulazione del contratto solo per la quota del 50%;
3) sempre in via subordinata, falsa applicazione degli articoli 1414 e 2729 c.c., oltre ad omesso esame di fatto decisivo, quanto alla prova della simulazione, che non avrebbe potuto essere dichiarata sulla base degli insufficienti elementi presuntivi in atti.
II. – La “sorte” della societa’ incorporata o fusa.
Gli argomenti esposti dalla corte del merito impongono di ricostruire i profili societari delle operazioni c.d. straordinarie, ed in particolare della fusione.
1. – Le operazioni sociali straordinarie.
1.1. – Le modificazioni che possono interessare il soggetto collettivo e la sua attivita’, pur nella permanenza dei soci e dell’intrapresa economica sul mercato, sono varie e di diversa intensita’, da minima a massima.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Ci si vuol riferire a quelle varie operazioni che, usualmente di competenza dell’assemblea straordinaria, ma a volte anche degli amministratori, comportano un profilo di riorganizzazione dell’impresa e, dunque, ricevono una disciplina ad hoc, atta a renderla giuridicamente piu’ agile ed economicamente meno onerosa, riducendo i costi di transazione.
Si va dal mutamento della denominazione, la quale lascia sussistere il medesimo soggetto, sia pure diversamente nominato; alla cessione e all’affitto di azienda o di ramo d’azienda, ove muta il gestore della stessa, senza modificazione ne’ soggettiva del concedente, ne’ oggettiva dell’azienda come universitas facti, quale complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (articolo 2555 c.c.), arrestandosi l’efficacia della vicenda modificativa al solo trasferimento della proprieta’ o godimento dell’azienda (articolo 2556 c.c.); alla trasformazione, la quale del pari, sebbene sotto un’altra forma, lascia permanere l’ente nella sua originaria identita’; sino alla fusione ed alla scissione, in cui, al contrario, almeno in alcuni casi e per taluni dei soggetti partecipanti (societa’ incorporate, societa’ fuse, societa’ scissa che assegni l’intero suo patrimonio a piu’ societa’), il mutamento e’ radicale, con la scomparsa di essi dalla scena giuridica, allo stesso modo dello scioglimento e della liquidazione della societa’, seguite dalla cancellazione dal registro delle imprese.
1.2. – Pertanto, e’ stato da tempo chiarito che il mutamento della denominazione sociale configura una modificazione dell’atto costitutivo (Cass. 28 giugno 1997, n. 5798), ma non determina l’estinzione dell’ente e la nascita di un nuovo diverso soggetto giuridico, comportando solo l’incidenza su di un aspetto organizzativo della societa’ (fra le tante, Cass. 29 dicembre 2004, n. 24089); del pari, si e’ precisato che, in caso di trasferimento della sede sociale all’estero, un mutamento di identita’ non potrebbe essere ricollegato al contemporaneo cambiamento della denominazione sociale, che non fa venir meno la “continuita’” giuridica della societa’ (Cass. 28 settembre 2005, n. 18944).
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Nelle societa’ di persone, parimenti, il mutamento della ragione sociale per effetto della sostituzione del socio, come accade per l’unico socio accomandatario ex articolo 2314 c.c., determina esclusivamente una modificazione dell’atto costitutivo, ma non la nascita o il mutamento della societa’ in un soggetto giuridico diverso, onde essa non si estingue, ne’ sorge una diversa societa’ (Cass. 29 luglio 2008, n. 20558; Cass. 14 dicembre 2006, n. 26826, sia pure massimata, erroneamente, con riguardo alla medesimezza del soggetto nella trasformazione; Cass. 13 aprile 1989, n. 1781; con qualche episodica incertezza: cfr. Cass. 2 luglio 2004, n. 12150, in tema di contenzioso tributario).
Gli stessi principi sono sottesi ad altre decisioni, pur rese in una prospettiva diversa, quale la tutela della denominazione in presenza del mutamento dell’oggetto sociale (Cass. 13 marzo 2014, n. 5931) ed a fronte della prospettata perdita dell’avviamento dovuta al mutamento del nome (Cass. 17 luglio 2007, n. 15950).
1.3. – La cessione di azienda e’, del pari, evento che non tocca l’identita’ soggettiva del cedente e del cessionario, provvedendo agli articoli 2558 c.c. e ss. unicamente a regolamentare il subentro nei contratti, diritti ed obblighi aziendali e fermo restando, sul piano processuale, il regime della successione a titolo particolare nel diritto controverso, laddove ne ricorrano gli estremi: come tale, essa e’ presupposta nelle pronunce rese in materia (per tutte, Cass., sez. un., 28 febbraio 2017, n. 5054; v., fra le altre, Cass. 10 dicembre 2019, n. 32134).
1.4. – Nella trasformazione – ove il cambiamento organizzativo e’ piu’ intenso, trattandosi di modificare il tipo sociale o, addirittura, di trascorrere da una struttura societaria ad un’altra che non sia tale, e viceversa – resta che l’operazione comporta soltanto il mutamento formale dell’organizzazione societaria gia’ esistente, non la creazione di un nuovo ente che si distingue dal vecchio, sicche’ l’ente trasformato, quand’anche consegua la personalita’ giuridica di cui prima era sprovvisto (o al converso la perda), non si estingue per rinascere sotto altra forma, ne’ da’ luogo ad un nuovo centro d’imputazione di rapporti giuridici, ma sopravvive alla vicenda modificativa, senza soluzione di continuita’ e senza perdere la sua identita’ soggettiva; il patrimonio (mobile ed immobile) della societa’ trasformata resta di proprieta’ della medesima societa’, che non cambia, pur nella sua nuova veste e denominazione (v. Cass. 3 agosto 1988, n. 4815).
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Tutte le successive decisioni hanno confermato tale principio: osservandosi, ad esempio, che la trasformazione della societa’ in nome collettivo in societa’ in accomandita semplice comporta soltanto il mutamento formale di un’organizzazione societaria gia’ esistente, senza la creazione di un nuovo soggetto distinto da quello originario, onde non incide sui rapporti sostanziali e processuali che al soggetto fanno capo (Cass. 25 marzo 1992, n. 3713).
Lo stesso si reputa nelle ipotesi di trasformazione da societa’ personale a societa’ di capitali (Cass. 12 novembre 2003, n. 17066; Cass. 4 novembre 1998, n. 11077), da societa’ per azioni a s.r.l (Cass. 3 gennaio 2002, n. 26; Cass. 23 aprile 2001, n. 5963), da s.r.l. a societa’ per azioni (Cass. 13 settembre 2002, n. 13434), e cosi’ via.
Sino a ribadire costantemente che la trasformazione di una societa’ in un altro dei tipi previsti dalla legge non si traduce nell’estinzione del soggetto e nella correlativa creazione di uno diverso, ma configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa del medesimo soggetto (cfr., e plurimis, Cass., sez. un., 31 ottobre 2007, n. 23019; nonche’ es. Cass. 19 maggio 2016, n. 10332; Cass. 20 giugno 2011, n. 13467; Cass. 14 dicembre 2006, n. 26826; Cass. 13 settembre 2002, n. 13434; Cass. 23 aprile 2001, n. 5963, ed altre).
1.5. – Lo scioglimento della societa’, con la sua cancellazione dal registro delle imprese – per esplicito dettato normativo, all’evidenza volto a superare il regime di “diritto vivente” della permanenza in vita sino all’esaurimento di tutti i rapporti pendenti – comporta, invece, l’estinzione della societa’ (articolo 2495 c.c.), con subentro dei soci a mo’ di successori universali per le eventuali sopravvenienze o sopravvivenze non contemplate nel bilancio di liquidazione (Cass., sez. un., 22 febbraio 2010, n. 4060 e Cass., sez. un., 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071, 6072).
2. – Il fenomeno della fusione di societa’.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Con tali fenomeni deve essere, a questo punto, confrontata la fusione di societa’.
Ai sensi dell’articolo 2501 c.c., la fusione si attua mediante la costituzione di una nuova societa’ o mediante l’incorporazione in una societa’ di una o piu’ altre.
La peculiarita’ dell’operazione, analogamente alla scissione, sta nella prosecuzione dei soci nell’attivita’ d’impresa mediante una diversa struttura organizzativa, una volta, evidentemente, venuto meno l’interesse, l’utilita’ o la possibilita’ di perseguirla con la societa’ dapprima partecipata.
Sebbene i soci e i patrimoni dei conferenti restino sempre i medesimi che, a suo tempo, avevano concorso all’originario progetto economico mediante la costituzione della primigenia societa’, si ha che, in seguito, il perseguimento delle finalita’ economico-patrimonial-finanziarie, nell’esercizio dell’autonomia negoziale garantita dall’articolo 41 Cost., avra’ indotto ad una riorganizzazione di quella intrapresa, ancora piu’ radicale rispetto ad altre, sopra prospettate.
Diversa certamente la situazione si presenta, dunque, in paragone a quella del mero scioglimento della societa’: dove l’entita’ economica viene liquidata e cessa di operare sul mercato, senza nessun subentro di un altro soggetto o la continuazione dell’impresa.
Non si puo’ disconoscere pertanto che – al contrario che nello scioglimento e liquidazione della societa’ – con la fusione l’operazione economica abbia il significato opposto: non l’uscita dal mercato, ma la permanenza dei soci sul medesimo, sia pure in forme diverse.
E, tuttavia, occorre pur ragionare se la societa’ originaria – sia essa liquidata, incorporata o fusa – a seguito della cancellazione dal registro delle imprese si estingua come organizzazione e come soggetto dell’ordinamento giuridico, oppure no.
A riguardo dell’operazione di fusione, un certo disorientamento si e’ creato all’interno della Corte, donde la rimessione alle Sezioni unite. La ricerca del superamento delle incertezze, a fronte di soluzioni non sistematiche, e’ particolarmente auspicabile, considerando che la questione puo’ involgere non soltanto ogni tipo di giudizio in cui sia parte una societa’, ma che anche altri settori dell’ordinamento, diversi dal diritto societario, sono suscettibili di seguire la stessa disciplina (cfr. es. articolo 42-bis c.c., in tema di fusione e scissione di associazioni e fondazioni).
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
2.1. – La tesi della natura evolutivo-modificativa con sopravvivenza della societa’ incorporata o fusa.
2.1.1. – E’ stata affermata, poco dopo l’entrata in vigore della riforma introdotta dal Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, la tesi secondo cui, ai sensi del nuovo articolo 2504-bis c.c., la fusione tra societa’ non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della societa’ incorporata, ne’ crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle societa’ partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identita’, pur in un nuovo assetto organizzativo.
Si tratta della nota ordinanza Cass., sez. un., 8 febbraio 2006, n. 2637, la quale ha cosi’ escluso che la fusione per incorporazione determini l’interruzione del processo ai sensi dell’articolo 300 c.p.c..
Per vero, dall’intera motivazione dell’ordinanza, resa in sede di regolamento di giurisdizione (su contratto d’appalto di servizi di biglietteria e distribuzione pubblicitaria, relativo alle manifestazioni promosse dalla Fondazione (OMISSIS), e che dichiaro’ la giurisdizione del giudice amministrativo) – procedimento in cui la ricorrente aveva chiesto fosse dichiarata, ai sensi dell’articolo 300 c.p.c., l’interruzione del processo di cassazione, in conseguenza della fusione per incorporazione della societa’ stessa in altra societa’ azionaria – emerge trattarsi di un’affermazione ad abundantiam, secondaria sia quanto al capo specifico, sia nel contesto della complessiva decisione.
In sostanza, la corte ha affermato dapprima il principio di diritto, secondo cui l’estinzione della societa’, ricorrente per cassazione, dopo il ricorso non determina l’interruzione del giudizio, dominato ormai dall’impulso d’ufficio; e, poi, ha smentito anche l’esistenza della premessa minore, aggiungendo che l’incorporazione non aveva prodotto l’estinzione della societa’ incorporata, con conseguente disapplicazione radicale dell’istituto della interruzione del processo.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Se pure, pertanto, l’affermazione sulla mancata estinzione del soggetto incorporato non integri propriamente un obiter dictum quale passaggio della decisione estraneo al thema decidendum – dal momento che e’ almeno dubbio se, nel sillogismo giudiziario, volto in tal caso alla pronuncia processuale di interruzione del giudizio, debba costituire primario antecedente logico il presupposto di diritto (l’interruzione del processo non si applica in cassazione) o quello di fatto (la societa’ non era estinta) – resta che l’affermazione non era necessitata.
2.1.2. – La tesi e’ stata, da allora, seguita da plurime decisioni, le quali hanno fatto proprio il pedissequo richiamo alla “vicenda meramente evolutivo-modificativa”, con esclusione dell’effetto successorio ed estintivo.
Si tratta di pronunce che, per lo piu’, hanno inteso risolvere questioni processuali, senza indagare le sottese tematiche societarie, ma guidate dal non celato fine di evitare aggravio di incombenti per le parti, ritardi nel processo o formalismi, reputati dal collegio privi di valore a tutela di posizioni od interessi sostanziali e, quindi, vitandi.
Cosi’, quanto alla posizione processuale attiva della parte, alla societa’ incorporata e’ stato attribuito il potere di impugnazione (fra le altre, cfr. Cass. 16 settembre 2016, n. 18188, che ha riformato la sentenza della corte di appello, la quale aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da societa’ gia’ cancellata dal registro delle imprese per fusione).
Con riguardo alla posizione processuale passiva, numerose pronunce hanno affermato che la societa’ incorporata o fusa possa essere convenuta in giudizio.
Al riguardo, peraltro, una decisione (Cass., sez. un., 17 settembre 2010, n. 19698) non attiene alla fusione post riforma, ma a quella anteriormente perfezionatasi. Essa si occupa di una vicenda processuale in cui sia l’atto di citazione, sia l’appello erano stati notificati alla societa’ incorporata, nonostante la precedente iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di fusione, concludendo per la radicale nullita’ “sia della vocatio in ius che della notifica dell’atto di citazione, dirette nei confronti di un soggetto non piu’ esistente”, reputate “radicalmente nulle, non essendo stata tale nullita’, rilevabile d’ufficio, neppure sanata dalla costituzione in giudizio del soggetto incorporante. Ne consegue l’inesistenza delle sentenze di primo e di secondo grado”. Dunque, la decisione non costituisce precedente, ai fini della questione in esame, in quanto attiene a vicenda ante riforma del 2003, pur avendo reputato necessario confutare, in presenza di estinzione, l’effetto interruttivo del processo a seguito di fusione.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Quanto all’essere la societa’ incorporata destinataria dell’atto di impugnazione, una sentenza di poco posteriore alle citate Sezioni unite del 2006 ritenne ammissibile il ricorso per cassazione, in presenza della notificazione alla societa’ parte del giudizio di merito, ma ormai incorporata in altra prima della notificazione del ricorso (Cass. 23 giugno 2006, n. 14526). La sentenza richiama due precedenti, in tema di mutamento dei soci e di trasformazione (Cass. 13 agosto 2004, n. 15737; Cass. 29 dicembre 2004, n. 24089), assimilando tali fenomeni, per vero diversi, alla fusione; inoltre, come questa Corte ha gia’ rilevato (v. Cass. 15 febbraio 2013, n. 3820), la pronuncia espressamente intese solo tutelare l’affidamento dell’impugnante nella sopravvivenza della societa’ estinta.
La successiva sentenza delle Sezioni unite del 14 settembre 2010, n. 19509 ha affermato, ancora pero’ in una fusione anteriore al 2004, che la societa’ incorporata si estingue, e, cio’ nonostante, non e’ nullo l’atto d’appello indirizzato alla societa’ estinta e notificato presso il procuratore costituito nel giudizio di primo grado, enunciando il principio per cui l’impugnazione e’ valida, se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento modificatore della capacita’ della giuridica mediante la notificazione dello stesso; l’accento, qui, e’ posto sull’affidamento dell’altra parte processuale.
Nello stesso filone si iscrivono – stavolta con riguardo al testo come modificato nel 2003 – le ordinanze del 18 novembre 2014, n. 24498 e del 12 febbraio 2019, n. 4042, le quali hanno reputato ammissibile l’appello proposto nei confronti della societa’ incorporata.
Altre recenti sentenze richiamano il principio dell’effetto c.d. evolutivo-modificativo, quando, pero’, cio’ non sarebbe stato necessario: l’una, in quanto non occorreva negare l’estinzione dell’incorporata, per reputare che, a seguito della fusione, si abbia la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato o incorporante, essendo cio’ il lineare portato della disposizione ex articolo 2504-bis c.c. (Cass. 16 maggio 2017, n. 12119); l’altra, avendo invero reputato ammissibile il ricorso per cassazione da parte di societa’ che aveva, si’, deliberato la fusione per incorporazione prima del ricorso, ma a quel momento non era stata ancora cancellata dal registro delle imprese, evento occorso solo dopo la notificazione del ricorso (Cass. 10 dicembre 2019, n. 32208); la terza, perche’ reputa collegati fra di loro in modo necessario due concetti, che in realta’ non lo sono, quando afferma che “L’articolo 2501 c.c., proprio perche’ nulla prevede in termini di estinzione della societa’ incorporata, induce a ritenere che la societa’ incorporante, in quanto centro unitario di imputazione dei rapporti preesistenti, cioe’ di tutte le posizioni attive e passive gia’ facenti capo all’incorporata, abbia anche la legittimazione attiva e passiva della prima come soggetto che prosegue l’attivita’ della seconda”, ai soli fini della diversa questione dell’attribuzione alla societa’ incorporante della qualifica di responsabile dell’inquinamento ai sensi del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 253, Codice dell’ambiente (Cass. 10 dicembre 2019, n. 32142).
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Non possono rinvenirsi dei precedenti, invece, in quelle pronunce in materia tributaria (cfr. Cass. 4 marzo 2021, n. 5953; Cass. 23 luglio 2020, n. 15757; Cass. 17 luglio 2019, n. 19222), dove vigono, a quei fini, i principi della neutralita’ e della simmetria fiscale della fusione e della scissione di societa’ (articoli 172 e 173 t.u.i.r.), i quali perseguono l’obiettivo di evitare che si pervenga alla incorporazione di societa’ inattive a fini elusivi e alla fusione di “scatole vuote” o piene solo di perdite da portare “in dote” all’incorporante, esigendosi che la societa’ abbia una residua efficienza, nell’ambito della c.d. disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale di cui al L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 10-bis, inserito dal Decreto Legislativo 5 agosto 2015, n. 128, articolo 1.
2.2. – La tesi dell’estinzione con effetto devolutivo-successorio.
Di contro, una pluralita’ di decisioni ha mostrato una certa difficolta’ a seguire la tesi opposta, distaccandosene gradualmente.
Di recente, cosi’, si e’ enunciato il principio (Cass. 19 maggio 2020, n. 9137) secondo cui, ove la societa’ sia incorporata in altra, la legittimazione attiva all’impugnazione spetta alla societa’ incorporante.
Altra di poco anteriore decisione (Cass. 2 marzo 2020, n. 5640, non massimata) conclude per l’inammissibilita’ della domanda proposta dalla societa’ incorporata, in quanto reputa legittimata all’azione la sola societa’ incorporante; peraltro, in motivazione contiene un richiamo al dictum delle Sezioni unite del 2006, in concreto disatteso.
Gia’ in precedenza, si era cominciato ad affermare che solo la societa’ incorporante, non l’incorporata estinta per incorporazione, possa essere la destinataria dell’atto di impugnazione: premesso che il nuovo articolo 2504-bis c.c. ha sancito il subentro in tutti i rapporti preesistenti anche processuali “all’evidente fine di evitare irragionevoli interruzioni del giudizio, contrarie, peraltro, ai principi del giusto processo”, essa ha confermato la sentenza di merito, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto contro societa’ gia’ incorporata in altra (Cass. 15 febbraio 2013, n. 3820).
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Nello stesso senso ha ragionato una successiva decisione, la quale ha ritenuto necessaria destinataria dell’impugnazione, in quanto esclusiva legittimata processuale passiva, la societa’ incorporante, e non la incorporata, soggetto non piu’ esistente a seguito della fusione: perche’ l’articolo 2504-bis c.c. prevede “la legittimazione attiva e passiva della prima come soggetto che prosegue l’attivita’ della seconda, non gia’ la permanenza in vita della societa’ incorporata fino alla cessazione dei rapporti che la riguardano, che implicherebbe anche una anomala e non prevista prorogatio sine die dei suoi organi rappresentativi” (Cass. 24 maggio 2019, n. 14177, pur richiamando, in motivazione, precedenti di orientamento vario ed ancora il tema dell’affidamento dell’altra parte del processo).
Possono ricordarsi, all’interno dei presupposti logico-giuridici di tale orientamento, anche le recenti decisioni (Cass. 21 febbraio 2020, n. 4737; Cass. 19 giugno 2020, n. 11984) che, nel ragionare sulla fallibilita’ della societa’ scissa nella scissione totalitaria, hanno respinto la tesi della scissione come fenomeno operante solo una modificazione dell’atto costitutivo, invece che successorio ed estintivo della societa’ scissa.
Si tratta, dunque, di precedenti alquanto sporadici ed occasionali.
2.3. – Ricostruzione del sistema. Come e’ noto, il legislatore interno non ha dettato una disposizione specifica volta alla qualificazione giuridica della fusione societaria, ne’ ha indicato i suoi effetti sul piano soggettivo.
La ricostruzione del sistema positivo esige l’esame, condotto mediante i criteri ermeneutici imposti dall’articolo 12 preleggi, della disciplina complessiva della fusione e degli elementi normativi evincibili dal sistema del codice civile e delle leggi speciali, in una col diritto interno dovendosi, altresi’, tenere conto delle direttive comunitarie ed Eurounitarie, trattandosi di materia armonizzata.
2.3.1. – Come sopra esposto, le tesi sono state ispirate dal testo letterale – ante e post riforma del diritto societario, introdotta dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003 – dell’articolo 2504-bis c.c..
L’articolo 2502 c.c. del 1942, comma 4 prevedeva che “la societa’ incorporante o quella che risulta dalla fusione assume i diritti e gli obblighi delle societa’ estinte”.
Si affermava dunque senz’altro – sul solco dell’elaborazione risalente al codice di commercio del 1882, che faceva riferimento, in tema di fusione, alle societa’ che “cessano di esistere” (articolo 194, comma 2) ed alle “societa’ estinte” (articolo 196) – che la fusione societaria realizza un fenomeno di successione a titolo universale, in virtu’ del quale si determina l’estinzione della societa’ incorporata (in caso di fusione per incorporazione) o di tutte le societa’ fuse (in caso di fusione propria) e la successione, rispettivamente della societa’ incorporante o della nuova societa’ risultante dalla fusione, in tutti i rapporti giuridici.
Nella successiva evoluzione, l’articolo 2504-bis c.c., comma 1, introdotto dal Decreto Legislativo 16 gennaio 1991, n. 22, articolo 13, dispose, sugli effetti della fusione, che “(l)a societa’ che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle societa’ estinte”.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Il legislatore, peraltro, in tale occasione ritenne che non fosse suo compito prendere posizione sulla natura giuridica della fusione. Afferma, invero, la Relazione del Ministro di grazia e giustizia, concernente il Decreto Legislativo 16 gennaio 1991, n. 22, che una piu’ analitica descrizione degli effetti della fusione “e’ sembrata da un lato superflua, dall’altro inopportuna, in base all’assunto che il compito del legislatore e’ quello di disciplinare il procedimento di fusione, piuttosto che quello di definire la natura giuridica dell’istituto, prendendo posizione sul dibattito fra coloro che ravvisano nella fusione un fenomeno di successione in universum ius e coloro che invece lo considerano alla stregua di una peculiare modificazione dell’atto costitutivo” (articolo 13).
La disposizione attuale, introdotta dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, recita sugli “Effetti della fusione”: “La societa’ che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle societa’ partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.
Su tale diversa formulazione, taluni studiosi, seguiti dai precedenti sopra ricordati, hanno ritenuto di fondare la tesi della natura non estintiva della societa’ incorporata o fusa in forza della fusione.
Puo’ rilevarsi sin d’ora come si e’ trattato, da un lato, della migliore individuazione e descrizione dei soggetti fusi o incorporati; dall’altro lato, della piu’ esplicita precisazione che tutti i rapporti proseguono, sia sostanziali, sia processuali, in capo alla societa’ incorporante o risultante dalla fusione; resta il riferimento ai diritti ed obblighi assunti.
Orbene, la detta modifica letterale e’ alquanto anodina allo scopo di fondare una tesi cosi’ radicale, qual e’ quella della vita sempiterna della societa’ incorporata o fusa, che permarrebbe ad aeternum nonostante la irreversibile riorganizzazione – materiale e giuridica operata.
A ben vedere, poi, questa tesi potrebbe ritenersi in contrasto con lo stesso dettato letterale della nuova disposizione: che, se e’ vero abbia eliminato la parola “estinte”, ha pero’, nel contempo, ed in modo assai meno equivoco, anche stabilito che tutti i rapporti, sia sostanziali, sia processuali, proseguono in capo alla societa’ incorporante o risultante dalla fusione: “proseguono”, in quanto ne muta appunto il titolare, sebbene l’oggettivo rapporto resti il medesimo.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Cio’ in piena coerenza, pertanto, con le varie forme di successione di un soggetto ad un altro come controparte contrattuale o nel singolo rapporto obbligatorio; mentre la “prosecuzione” dei rapporti processuali e’ disposizione del tutto coincidente con quella dell’articolo 110 c.p.c., il quale prevede che il processo prosegue nei confronti del successore universale e che presuppone, tutto all’opposto, l’estinzione della parte originaria del processo.
Insomma, e’ perfettamente condivisibile l’idea che l’espressione “proseguendo in tutti i rapporti” non autorizzi a ritenere che il soggetto incorporato non sia estinto; ed, anzi, in forza del diritto positivo, in particolare processuale, e’ proprio il contrario, laddove la norma del codice di rito sancisce che “il processo e’ proseguito” ad opera o nei confronti di chi ha assunto tutti i rapporti della parte venuta meno: il quale, nell’usuale linguaggio giuridico, viene denominato successore universale.
2.3.2. – E’, altresi’, singolare che di tale pretesa dirompente novita’ la legge delega o la Relazione alla riforma del diritto societario non facciano parola, ne’ altro emerga dai lavori preparatori e dalle stesse riunioni della commissione ministeriale, incaricata della stesura dei decreti legislativi delegati, richiamandosi, piuttosto, nella Relazione al Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, il “rispetto dei vincoli di derivazione comunitaria”.
2.3.3. – Ma ancor piu’ stridente, sul piano sistematico, e’ la conclusione della mancata estinzione e permanenza, come soggetto giuridico, della societa’ incorporata, se si considera l’innovativa questa si’ – soluzione sancita nel contempo dall’articolo 2495 c.c., comma 2, in caso di cancellazione della societa’ dal registro delle imprese.
E’ la nota questione degli effetti della cancellazione: prima della riforma del 2003 ritenuta non costitutiva dell’estinzione, reputandosi la societa’ in vita sino all’integrale estinzione di tutti i rapporti attivi e passivi; dopo la riforma, in espressa contrapposizione a quel “diritto vivente”, voluta quale spartiacque definitivo tra la vita e la scomparsa della persona giuridica, che non puo’ esistere dopo la cancellazione, ma si estingue definitivamente.
Non e’ qui il luogo per indagare il tema della possibile applicazione dell’articolo 2191 c.c., ove l’iscrizione della cancellazione fosse stata disposta, per avventura, al di fuori delle condizioni previste dalla legge o dell’effettivo esaurimento di tutti i rapporti giuridici.
Il punto qui di rilievo e’ un altro: ovvero che, nel mentre la scelta del legislatore della riforma societaria e’ stata quella, drastica, dell’estinzione dell’ente dopo la cancellazione dal registro delle imprese ai sensi dell’articolo 2495 c.c., per la fusione si pretenderebbe il contrario, quanto alla societa’ incorporata o fusa, che pur abbia provveduto – a seguito dell’iscrizione dell’atto di fusione ai sensi dell’articolo 2504 c.c. – alla cancellazione dal registro delle imprese.
E’ singolare, anzi, che l’itinerario degli interpreti abbia seguito, al riguardo, un filo logico opposto a quello adoperato per la fusione: qui si passa, dalla ricostruzione giurisprudenziale di una permanenza in vita della societa’ cancellata sino all’esaurimento di tutti i rapporti pendenti (allo scopo di risolvere le ardue questioni delle sopravvivenze e sopravvenienze attive e passive), alla smentita dal legislatore del 2003 con la nota frase “(f)erma restando l’estinzione della societa’”, posta in esordio del comma 2 dell’articolo 2495 c.c.; la’, dalla natura estintiva della fusione, tratta dal testo originario dell’articolo 2504-bis c.c., si sarebbe passati ad un effetto solo modificativo senza estinzione, sebbene la societa’ fusa o incorporata sia stata cancellata dal registro delle imprese.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
E’ noto, inoltre, che l’effetto estintivo derivante dall’iscrizione della cancellazione della societa’ dal registro delle imprese si produce non soltanto quando essa segua al procedimento di scioglimento e liquidazione, ma anche quando alla cancellazione si pervenga per altre vie: come, ad esempio, quando la societa’ non abbia depositato i bilanci per tre esercizi, ai sensi dell’articolo 2490 c.c., comma 6, o, per le societa’ partecipate pubbliche, del Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 175, articolo 20.
Sarebbe, dunque, distonico con il sistema ordinamentale delle societa’ escludere l’effetto estintivo, nonostante la nuova situazione del registro delle imprese, ed ipotizzare un’eccezione cosi’ radicale, come quella della permanenza in vita della societa’ incorporata o fusa, dalle parole della nuova disposizione, non sorrette da nessun altro elemento di sistema.
2.3.4. – Ulteriori spunti si traggono da altre norme in tema di procedimento di fusione.
L’articolo 2504 c.c., comma 2, dispone che l’atto di fusione debba essere depositato per l’iscrizione nell’ufficio del registro delle imprese di ciascuna delle societa’ partecipanti alla fusione; gli effetti giuridici si producono dal momento dell’adempimento delle formalita’ pubblicitarie, concernenti il deposito per l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di fusione previsto dalla norma, avente efficacia costitutiva.
Ma l’articolo 2504 c.c., comma 3, stabilisce che il “deposito relativo alla societa’ risultante dalla fusione o di quella incorporante non puo’ precedere quelli relativi alle altre societa’ partecipanti alla fusione”: cio’ conferma, secondo logica giuridica, che il definitivo ente societario – sia quello preesistente in tal modo riorganizzato, sia il soggetto nuovo – non possa “convivere” con la perdurante personalita’ giuridica ed autonoma soggettivita’ delle societa’ fuse o incorporate, le quali debbono quindi, come struttura formale, estinguersi prima.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
E’ vero che il momento di produzione degli effetti della fusione puo’ non coincidere con la pubblicita’ dell’atto di fusione, atteso che puo’ non esservi coincidenza, anche per volonta’ delle parti, fra il momento di espletamento della pubblicita’ di cui all’articolo 2504 c.c., comma 2, e quello della produzione degli effetti della concentrazione.
Cio’, pero’, non vuol dire altro che, per volonta’ delle parti assecondata dalle disposizioni normative, l’estinzione della societa’ incorporata sara’ rinviata a quel momento.
2.3.5. – E’ appena il caso di rilevare che la questione dell’assoggettabilita’ a fallimento della societa’ incorporata o fusa (ma lo stesso ordine di concetti vale per la societa’ interamente scissa) solo in parte interseca quella della sua esistenza: dal momento che ivi vige il disposto speciale della L. Fall., articolo 10, il quale, in perfetta equiparazione al debitore persona fisica, sancisce la fallibilita’ degli imprenditori, individuali come collettivi, alle condizioni che sia trascorso non oltre un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese e che l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla medesima o nel termine detto; la ratio generale di tale disposizione e’ nota, onde non necessita discornerne in questa sede.
In tal modo, per quanto riguarda le societa’, puo’ fallire un “ente” che non e’ piu’ tale, entro un anno dall’evento estintivo.
Si richiama il principio per cui “un fenomeno di riorganizzazione societario… come pure, piu’ in generale, di modificazione della struttura conformativa del debitore, non puo’, come principio, realizzare una causa di sottrazione dell’impresa dalla soggezione alle procedure concorsuali”; ed il tema della soggezione della societa’ fusa o scissa alle procedure concorsuali “non risulta propriamente attenere al piano dell’organizzazione societaria dell’impresa… Attiene, piuttosto, al piano dell’operativita’ dell’impresa e dei suoi rapporti coi terzi, contraenti e creditori” (cfr. Cass. 21 febbraio 2020, n. 4737).
Dunque, che la societa’ possa essere assoggettata a fallimento dopo la fusione o la scissione, ancorche’ cancellata dal registro delle imprese, non e’ elemento normativo a favore della tesi della sua sopravvivenza alla cancellazione; se proprio se ne voglia trarre un indizio, e’ allora piuttosto elemento in senso contrario, atteso che solo una norma speciale come quella della L. Fall., articolo 10 ha potuto sancire un simile precetto.
Ed al riguardo, si noti, si e’ stabilito il principio di diritto che, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio L. Fall., ex articolo 15, il ricorso per la dichiarazione di fallimento di una societa’ gia’ incorporata per fusione ed il relativo decreto di convocazione debbano essere notificati all’ente incorporante, che ne prosegue tutti i rapporti anche processuali anteriori alla fusione, pur conservando la suddetta societa’ la propria identita’ per l’eventuale dichiarazione di falli
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
mento (Cass. 11 agosto 2016, n. 17050; e v. Cass., 18 febbraio 2007, n. 2210).
2.3.6. – Appaiono anodine, ai fini in discorso, tutte quelle disposizioni dell’ordinamento positivo, che prevedono il subentro e la continuita’ dei rapporti a seguito delle operazioni di fusione per incorporazione: cio’, al pari di quanto esposto circa la scarsa significanza del regime di traslazione dei rapporti, enunciato dallo stesso articolo 2504-bis c.c..
Invero, nessun indizio contrario all’estinzione potrebbe rinvenirsi in quelle disposizioni sparse, dell’ordinamento positivo o del “diritto vivente”, in cui si sancisce la prosecuzione di tutti i rapporti giuridici facenti capo alla societa’ incorporata, fusa o scissa.
Al riguardo, si possono considerare l’articolo 1902 c.c., sulla fusione tra imprese assicuratrici, secondo cui il contratto di assicurazione “continua con l’impresa assicuratrice che risulta dalla fusione o che incorpora le imprese preesistenti”; le regole che, ad integrazione di quanto previsto dalla citata disposizione, detta il Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209, articolo 168, Codice delle assicurazioni private, stabilendo che il trasferimento di portafoglio “non e’ causa di risoluzione dei contratti, ma i contraenti… possono recedere”, a talune condizioni; l’articolo 2112 c.c., il cui comma 5 dispone che il rapporto di lavoro continua in caso di fusione, al pari che nel trasferimento d’azienda.
Altresi’, usualmente gli interpreti enumerano il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 29, sulla responsabilita’ delle persone giuridiche, secondo cui, nel caso di fusione, “l’ente che ne risulta risponde dei reati dei quali erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione”; il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 32, il quale, ove la societa’ risultante dalla fusione sia responsabile per reati da essa commessi, consente al giudice di ritenere la reiterazione nell’illecito anche in relazione alle condanne pronunciate nei confronti degli enti partecipanti alla fusione, per i reati commessi anteriormente ad essa.
Vi si aggiunge, per i profili processuali, il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 42, che, nel caso di fusione o di scissione dell’ente originariamente responsabile, dispone che “il procedimento prosegue nei confronti degli enti risultanti da tali vicende modificative o beneficiari della scissione, che partecipano al processo, nello stato in cui lo stesso si trova” (Cass. pen. 22 giugno 2017, n. 41768 ha ritenuto l’ente incorporante destinatario, a fini della corretta instaurazione del contraddittorio, della citazione a giudizio, contenente le ragioni da cui inferire il titolo di responsabilita’, restando valida la contestazione dell’imputazione formulata con riferimento alla persona giuridica originariamente responsabile dell’illecito); mentre il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 70 intende espressamente chiarire che, nel caso di fusione o scissione dell’ente responsabile, “il giudice da’ atto nel dispositivo che la sentenza e’ pronunciata nei confronti degli enti risultanti dalla trasformazione o fusione ovvero beneficiari della scissione, indicando l’ente originariamente responsabile” e che la “sentenza pronunciata nei confronti dell’ente originariamente responsabile ha comunque effetto anche nei confronti degli enti indicati”.
Norme, quelle degli articoli da 29 a 33 Decreto Legislativo citato, ritenute manifestamente non incostituzionali in relazione agli articoli 27, 29, 76 e 117, in riferimento all’articolo 7 della Cedu, Cost., nonche’ coerenti con l’orientamento della Corte di giustizia (Corte di giustizia dell’Unione Europea 5 marzo 2015, C-343/13, Modelo Continente Hipermercados SA), la quale, in materia di responsabilita’ amministrativa ed in presenza di fusione con incorporazione della societa’ responsabile, ha osservato che il trasferimento della responsabilita’ amministrativa alla societa’ incorporante deriva dalla direttiva comunitaria 78/855/CEE relativa alle fusioni delle societa’ per azioni (Cass. pen. 12 febbraio 2016, n. 11442).
Nell’ambito delle leggi speciali, il Decreto Legislativo 10 settembre 1993, n. 385, articolo 57, comma 4, t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia, prevede che i privilegi e le garanzie esistenti “a favore di banche incorporate da altre banche, di banche partecipanti a fusioni con costituzione di nuove banche ovvero di banche scisse conservano la loro validita’ e il loro grado, senza bisogno di alcuna formalita’ o annotazione, a favore, rispettivamente, della banca incorporante, della banca risultante dalla fusione o della banca beneficiaria del trasferimento per scissione”.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
In tema di sistemi di garanzia per i depositanti, il Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 96-quater.3 dispone che, in caso di fusione o scissione, se “alcuni depositi della banca cedente divengono protetti da un sistema di garanzia diverso rispetto a quello a cui aderisce la banca cedente, il sistema cui aderisce la banca cedente trasferisce all’altro i contributi ricevuti… in proporzione all’importo dei depositi protetti trasferiti”.
Mentre il Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 127-quater, t.u. dell’intermediazione finanziaria, stabilisce che, quando gli statuti contemplano la c.d. maggiorazione del dividendo a favore degli azionisti stabili, se la cessione delle azioni comporta la perdita del beneficio, non cosi’ “in caso di successione universale, nonche’ in caso di fusione e scissione del titolare delle azioni”; del pari, in caso di “fusione o scissione della societa’ che abbia emesso le azioni… i benefici si trasferiscono sulle azioni emesse dalle societa’ risultanti”.
Analogamente, per la figura della c.d. maggiorazione del voto, secondo il Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 127-quinquies il diritto di voto maggiorato di regola “e’ conservato in caso di successione per causa di morte nonche’ in caso di fusione e scissione del titolare delle azioni”, passando alla societa’ incorporante.
Regole ispirate agli stessi concetti prevede il Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 127-sexies, quanto alle azioni a voto plurimo preesistenti della societa’ quotata.
In materia tributaria, il Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 172, comma 4, t.u. sulle imposte dirette, stabilisce che “dalla data in cui ha effetto la fusione la societa’ risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle societa’ fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi”: dove, si noti, il comma 10 del medesimo articolo 172 compie un espresso riferimento ai “soggetti che si estinguono per effetto delle operazioni medesime”.
Affine la ratio del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 15, che detta disposizioni in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie: in caso di fusione o scissione, la “societa’ o l’ente risultante dalla trasformazione o dalla fusione, anche per incorporazione, subentra negli obblighi delle societa’ trasformate o fuse relativi al pagamento delle sanzioni”.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
E si potrebbe continuare.
Ma quel che qui si vuol dire e’ che si tratta di disposizioni speciali, rispetto al quadro generale disegnato dall’articolo 2504-bis c.c., le quali palesano null’altro che la continuita’ nei rapporti giuridici: non certamente, invece, la contestuale sopravvivenza del loro originario titolare.
2.3.7 – L’interpretazione sistematica secondo il diritto comunitario ed Eurounitario conduce a risultati ancora piu’ univoci.
Trattandosi di un’area armonizzata del diritto societario sul piano Europeo, l’interprete nazionale non puo’ che tenerne conto: il principio dell’interpretazione conforme comporta invero il dovere di scegliere, tra le diverse interpretazioni possibili di un enunciato del diritto interno, quella che sia maggiormente idonea ad allinearla al dettato della norma comunitaria, anche orientando la lettura della disciplina nazionale in modo che essa non conduca a scelte di fondo radicalmente differenti rispetto a quelle compiute in altri Stati membri. Cio’ perche’ il fenomeno della fusione e’ unitario, onde la disciplina finale non puo’ non essere omogenea, nelle sue linee essenziali e portanti, avendo una comune radice: sarebbe, invero, distonico sostenere in teoria (e gestire in pratica) effetti delle fusioni societarie diversi, a seconda che essi si producano nell’ordinamento italiano o in altri ordinamenti dell’Unione, come avverrebbe ove una societa’ fosse esistente per il primo ed estinta per i secondi.
Dunque, indipendentemente dall’avere il legislatore interno del 2003 ripreso il dato testuale delle direttive comunitarie, queste esercitano il loro vincolo sull’interpretazione, alla stregua del principio secondo cui le norme interne devono essere interpretate conformemente al diritto comunitario, alla luce della sua lettera e finalita’, per raggiungere il risultato previsto da questo.
In tal senso, vale appena ricordare, e’ la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, la quale afferma il reiterato principio secondo cui “dalla necessita’ di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio significato e della propria portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione Europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione stessa e della finalita’ perseguita dalla normativa in questione” (e plurimis, Corte di giustizia dell’Unione Europea 7 agosto 2018, cause riunite C-61/17, C-62/17 e C-72/17, Bichat, punto 29; 11 maggio 2017, C-59/16, The Shirtmakers BV, punto 21; 1 dicembre 2016, C-395/15, Daouidi, punto 50; 29 ottobre 2015, C-174/14, Saudagor, punto 52; 5 marzo 2015, n. 343/13, Modelo Continente Hipermercados SA, punto 27).
a) Orbene, iniziando dalla terza direttiva 78/855/CEE del consiglio del 9 ottobre 1978, relativa alle fusioni tra societa’ per azioni, l’articolo 3 definisce la fusione come “l’operazione con la quale una o piu’ societa’, tramite uno scioglimento senza liquidazione, trasferiscono ad un’altra l’intero patrimonio attivo e passivo mediante l’attribuzione agli azionisti della o delle societa’ incorporate di azioni della incorporante…”.
E l’articolo 19 dispone: “La fusione produce ipso iure e simultaneamente i seguenti effetti: a) il trasferimento universale, tanto tra la societa’ incorporata e la societa’ incorporante quanto nei confronti dei terzi, dell’intero patrimonio attivo e passivo della societa’ incorporata alla societa’ incorporante; b) gli azionisti della societa’ incorporata divengono azionisti della societa’ incorporante; c) la societa’ incorporata si estingue”.
Compare dunque, a partire dalla III direttiva, sia l’effetto traslativo successorio, sia l’effetto estintivo per la societa’ incorporata.
La direttiva 78/855/CEE e’ stata abrogata, a far data dal 1 luglio 2011, dalla direttiva 2011/35/Ue del parlamento Europeo e del consiglio, del 5 aprile 2011, relativa alle fusioni delle societa’ per azioni. Come risulta dal suo considerando 1, quest’ultima direttiva e’ intesa, per motivi di chiarezza e razionalizzazione, a procedere alla codificazione della direttiva 78/855, che era stata modificata piu’ volte in modo sostanziale. L’articolo 19, par. 1, della direttiva 2011/35 riprende l’articolo 19, par. 1, della direttiva 78/855 in termini identici.
Cosi’, anche l’articolo 23 di tale direttiva, con riferimento alla fusione mediante costituzione di una nuova societa’, afferma che “le espressioni “societa’ partecipanti alla fusione” o “societa’ incorporata” indicano le societa’ che si estinguono”.
b) Indicazioni ancor piu’ stringenti si traggono dalla disciplina delle fusioni transfrontaliere, dove l’interesse alla omogeneita’ degli effetti in tutti i Paesi e’ il presupposto, essendo la possibilita’ di operare al di la’ dei confini nazionali parte delle alternative di sviluppo offerte alle societa’.
L’articolo 14 della direttiva 2005/56/CE, relativa alle fusioni transfrontaliere delle societa’ di capitali, dispone per la fusione per incorporazione che “la societa’ incorporata si estingue” e che nella fusione mediante costituzione di nuova societa’ “le societa’ che partecipano alla fusione si estinguono”.
Ulteriore indizio si trae dalla stessa nozione di “fusione”, contenuta nell’articolo 2: la quale e’ definita volta a volta (indipendentemente dalla forma per incorporazione o per costituzione di una societa’ nuova) come l’operazione mediante la quale le societa’ trasferiscono “all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalita’ del loro patrimonio attivo e passivo ad altra societa’”: la prima, in sostanza, automaticamente si scioglie, pur senza seguire il procedimento di liquidazione, proseguendo altrove i propri rapporti e titolarita’, e poi scompare.
La direttiva 56/2005/CE e’ stata attuata dal Decreto Legislativo 30 maggio 2008, n. 108, il cui articolo 16, sul punto, si limita a stabilire che “La fusione transfrontaliera produce gli effetti di cui all’articolo 2504-bis c.c., comma 1”, con rinvio dunque a norma gia’ parte del diritto interno.
La direttiva 2017/1132/UE, pubblicata il 30 giugno 2017 ed entrata in vigore il successivo 20 luglio 2017, come da ultimo novellata dalla direttiva 2019/2121/UE del 27 novembre 2019, ha offerto una codificazione del diritto Europeo societario, mediante l’unificazione in un unico testo delle precedenti direttive in materia societaria. Per quanto qui interessa, sia gli articoli 105 e 109, sia l’articolo 131, rispettivamente sugli “Effetti della fusione ” e sugli “Effetti della fusione transfrontaliera”, continuano dunque a prevedere che “la societa’ incorporata si estingue” e “le societa’ che partecipano alla fusione si estinguono”, per le prime precisandosi “ipso iure e simultaneamente”.
Anche l’articolo 29 del reg. (CE) n. 2157/2001 del Consiglio dell’8 ottobre 2001, in materia di costituzione di una societa’ Europea per fusione, e l’articolo 33 del reg. (CE) n. 1435/2003 del Consiglio del 22 luglio 2003, in materia di costituzione di una societa’ cooperativa Europea per fusione, prevedono espressamente l’estinzione delle societa’ incorporate o che si fondono “ipso iure e simultaneamente”.
In particolare, si fa notare in dottrina che la formula utilizzata nelle direttive recepisce quella impiegata nell’articolo 236-3 del Code de Commerce francese, nella circolarita’ che contraddistingue la formazione della normativa Europea; la giurisprudenza e la casistica Europee confermano come la societa’ incorporata viene meno sotto un profilo formale.
Se cio’ avviene negli ordinamenti armonizzati, non puo’ dunque che favorirsi la medesima interpretazione nel diritto interno.
Tutto cio’, pur in presenza del caveat con riguardo ai concetti delle fonti sovranazionali, nonche’ del noto pragmatismo che impronta le relative decisioni – basti pensare al contenuto della sentenza Corte di giustizia 5 marzo 2015, C-343/13, cit., dove la Corte riconosce che la societa’ incorporata si estingue dal punto di vista formale per effetto della fusione, tuttavia valorizzando lo scioglimento senza liquidazione e senza dissoluzione della realta’ economica, al fine di affermare, a fini antielusivi, che la societa’ incorporante non rimane uguale a se’ stessa e che si verifica “la trasmissione, alla societa’ incorporante, dell’obbligo di pagare l’ammenda inflitta con decisione definitiva successivamente a tale fusione per infrazioni al diritto del lavoro commesse dalla societa’ incorporata precedentemente alla fusione stessa” – fornisce dunque un imprescindibile dato interpretativo.
2.4. – Conclusioni.
Gli aspetti “sostanziali” della vicenda della fusione societaria che si possono riassumere in quelli della concentrazione, della successione e dell’estinzione – non possono essere disgiunti da quelli “processuali”: occorre, infatti, stabilire una coerenza fra di essi, derivando peraltro i profili processuali dalla questione concreta che venga all’esame nel giudizio.
a) Concentrazione.
Non vi e’ dubbio che la fusione, dando vita ad una vicenda modificativa dell’atto costitutivo per tutte le societa’ che vi partecipano, determini un fenomeno di concentrazione giuridica ed economica (ve n’e’ traccia espressa nel diritto positivo: v. la L. 10 ottobre 1990, n. 287, articolo 5) o “integrazione” o “compenetrazione”, dal quale consegue che i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la societa’ incorporata o fusa, siano imputati ad un diverso soggetto giuridico, la societa’ incorporante o la societa’ risultante dalla fusione.
L’operazione e’ connotata da irreversibilita’, secondo il chiaro disposto dell’articolo 2504-quater c.c., che vieta la pronuncia d’invalidita’ della fusione, una volta eseguite le iscrizioni ai sensi dell’articolo 2504 c.c., comma 2.
La fusione comporta un’ampissima riorganizzazione aziendale.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Beni, persone e capitali vengono diversamente destinati, secondo il programma economico per tempo approfonditamente elaborato nel progetto di fusione, nessun elemento formale rimanendo uguale a se stesso. Solo i soci mantengono tale veste (salvo il loro diritto di recesso): dal momento che essi divengono titolari di una quota del capitale della incorporante o della societa’ risultante dalla fusione, secondo quel rapporto matematico e proporzionale che e’ il “rapporto di cambio”, richiamato dall’articolo 2501-ter c.c..
Che la fusione sia inquadrabile tra le vicende modificative dell’atto costitutivo delle societa’ partecipanti e’ senz’altro corretto, ma questo non e’, tuttavia, l’unico effetto della fusione: il fatto che la (diversa) societa’, incorporante o risultante dalla fusione, assuma i diritti e gli obblighi delle societa’ interessate sta in se’ ad indicare che gli effetti sono certamente piu’ pregnanti di quelli riconducibili ad una semplice modificazione dell’atto costitutivo.
Tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, vengono ormai imputati ad un diverso soggetto giuridico, la societa’ incorporante, e la societa’ incorporata viene cancellata dal registro delle imprese.
b) Estinzione.
Onde, se tutti i rapporti passano ad altro soggetto, con cancellazione dal registro delle imprese, quello primigenio non li conserva, ma si estingue.
Se, quanto ai rapporti giuridici, provvede l’articolo 2504-bis c.c., chiarendo che essi proseguono tutti in capo alla societa’ incorporante o risultante dalla fusione, quale successore per legge esplicitamente identificato, si ha, nel contempo, che le persone fisiche (soci, esponenti aziendali, dipendenti) perdono il loro ruolo originario (derivando la loro sorte dal progetto di fusione) e le persone giuridiche – diverse dalla incorporante o risultante dalla fusione – si estinguono.
Cessano, infatti, per la societa’ incorporata, la sede sociale, la denominazione, gli organi amministrativi e di controllo, il capitale nominale, le azioni o quote che lo rappresentano, e cosi’ via; in una parola, la primigenia organizzazione di dissolve e nessuna situazione soggettiva residua.
Ora, se nessuna posizione giuridica soggettiva residua in capo alla societa’ incorporata, non ha significato affermare la permanenza di un soggetto, privo di rapporti o situazioni soggettive di sorta nella propria sfera giuridica, ivi compreso quello con chi lo rappresenti o determini; la sua permanenza nell’ambito dell’ordinamento giuridico, senza poter essere titolare di posizioni giuridiche soggettive attive e passive, si ridurrebbe a quella di un’entita’ astratta.
Le societa’ incorporate o fuse non restano, pertanto, soggetti del mercato, non le si vede ciononostante proporre cause civili o esservi convenute.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Se cosi’ non fosse, si potrebbe ad esempio giungere ad ammettere in giudizio una difesa duplice, ed anche contraddittoria, in relazione alle medesime posizioni soggettive, da parte dell’incorporata e dell’incorporante: come potrebbe ben accadere sul piano degli interessi sostanziali, visto che i soci della prima resterebbero, allora, quelli che tali erano al momento dell’atto di fusione, mentre i soci dell’incorporante sarebbero anche altri e sempre variabili, potendo quindi rappresentare posizioni di interesse difformi rispetto ad uno stesso rapporto giuridico.
Non ha dunque pregio sostenere che, nonostante la completa “rivoluzione” o, come recitano la direttive, “dissoluzione” aziendale con la chiusura o l’inglobamento di uffici o filiali, le riassegnazioni di personale, la cessazione dalla carica di tutti gli esponenti aziendali, l’annullamento delle azioni, la consegna di altre azioni secondo il rapporto di cambio, e molto altro – l’ente, come soggetto giuridico, permanga sul mercato e sia titolare di diritti ed obblighi.
Occorre, in definitiva, tenere distinto il profilo negoziale del contratto di societa’ da quello giuridico-formale dell’originario soggetto di diritto dal primo scaturito, distinguendo tra la societa’ come insieme di rapporti, che prosegue in una diversa organizzazione, dalla societa’ come ente, che si estingue.
Come, al momento della stipulazione dell’atto costitutivo anche di societa’ personale e, per le persone giuridiche, subordinatamente alla iscrizione della costituzione nel registro delle imprese, si distinguono – da un lato – il contratto di societa’ concluso tra i soci fondatori, quale esercizio dell’autonomia negoziale privata ex articolo 1322 c.c., che con lo statuto fissa e regolamenta gli aspetti della futura comune intrapresa economica, e – dall’altro lato – la contestuale nascita di un nuovo soggetto di diritti, autonomo centro d’imputazione di tutti i rapporti attivi e passivi afferenti quella attivita’: cosi’, specularmente, al momento della stipula dell’atto di fusione, iscritto nel registro delle imprese delle diverse societa’ partecipanti e seguito dalla cancellazione dell’iscrizione delle societa’ incorporate o fuse, i soci – da un lato – modificano l’originario contratto sociale mediante la delibera di fusione ed i successivi adempimenti, ma – dall’altro lato – provocano, nel contempo, la “scomparsa” dalla scena giuridica dell’originario soggetto di diritto, quale autonomo centro di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, ossia la sua estinzione.
Alla successione dei soggetti sul piano giuridico-formale si affianca, sul piano economico-sostanziale, una continuazione dell’originaria impresa e della sottostante organizzazione aziendale, benche’ secondo nuovi assetti e piani industriali.
L’estinzione riguarda solo la societa’ incorporata, la quale non sopravvive quale flatus, ma si estingue; resta, invece, come soggetto giuridico l’incorporante, dal momento che la modificazione soggettiva attiene soltanto alla titolarita’ dei rapporti giuridici, che facevano capo alla prima.
Certamente quindi, sotto il profilo strutturale, la fusione si presenta come una modificazione degli statuti sociali delle societa’ interessate, mediante le rispettive deliberazioni di approvazione del progetto di fusione (articolo 2502 c.c.): destinate pero’ ad apportare, all’originario regolamento di interessi fra i soci di ciascuna societa’ fusa o incorporata, una innovazione decisamente radicale, posto che scompare quella “forma” di esercizio dell’impresa, a favore di altro involucro formale.
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Occorre in definitiva concludere che, dal momento dell’iscrizione della cancellazione della societa’ incorporata dal registro delle imprese, questa si estingue, quale evento uguale e contrario all’iscrizione della costituzione di cui all’articolo 2330 c.c.; restano le persone fisiche – amministratori, sindaci, dipendenti, soci – che perdono, pero’, tale veste, ove non vengano riassorbiti nella societa’ incorporante o risultante dalla fusione.
c) Successione.
Non si prospetta una mera vicenda modificativa, ricorrendo invece una vera e propria dissoluzione o estinzione giuridica, contestuale ad un fenomeno successorio.
La fusione realizza una successione a titolo universale corrispondente alla successione mortis causa e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell’estinzione della societa’ incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarita’ dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della societa’ incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici gia’ riguardanti i soggetti incorporati. La successione universale, come vicenda giuridica, ben si attaglia invero anche a quella fra enti, avente ad oggetto un patrimonio unitariamente considerato e non soltanto elementi che lo compongono.
La fusione non e’, in se’, operazione che mira a concludere tutti i rapporti sociali (come la liquidazione), ne’ unicamente a trasferirli ad altro soggetto con permanenza in vita del disponente (come il conferimento in societa’, la cessione dei crediti o dei debiti, la cessione di azienda, etc.), quanto a darvi prosecuzione, mediante il diverso assetto organizzativo: ma cio’ non puo’ essere sminuito ed artificiosamente ridotto ad una vicenda modificativa senza successione in senso proprio in quei rapporti.
Riorganizzazione e concentrazione, da un lato, ed estinzione e successione, dall’altro lato, non sono concetti incompatibili ed antitetici. In sostanza, si verificano entrambi gli effetti, l’estinzione e la successione, senza distinzione sul piano cronologico, derivando entrambe dall’ultima delle iscrizioni previste dall’articolo 2504 c.c. (salva la possibilita’ di stabilire una data diversa ex articolo 2504-bis c.c., commi 2 e 3).
d) Legittimazione processuale.
Alla stregua di quanto esposto, la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato fonda la legittimazione attiva dell’incorporante ad agire e proseguire nella tutela dei diritti e la sua legittimazione passiva a subire e difendersi avverso le pretese altrui, con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla societa’ incorporata; viceversa quest’ultima, non mantenendo la propria soggettivita’ dopo l’avvenuta fusione e la cancellazione dal registro delle imprese, neppure vanta una propria autonoma legittimazione processuale attiva o passiva.
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e) Fusione in corso di causa.
Le ragioni sottese al precedente orientamento furono, come si e’ visto, in primis quelle di evitare l’interruzione del processo, che e’ ripetutamente sembrato opportuno evitare, attese le peculiarita’ di una fusione societaria (cfr. Cass., sez. un., 17 settembre 2010, n. 19698; Cass., sez. un., 14 settembre 2010, n. 19509; e v. Cass., sez. un., 8 febbraio 2006, n. 2637): l’argomento di fondo e’ incentrato sugli interessi tutelati e l’assenza di pericolo per il diritto alla difesa nel processo.
Tali ragioni non possono essere disconosciute e cio’ induce il Collegio ad una precisazione al riguardo.
In ragione del subentro omnicomprensivo in tutte le situazioni giuridiche attive e passive delle societa’, incorporate o fuse, da parte della societa’ in esito della fusione, questa va assimilata alla successione universale fra persone fisiche. In via di principio, percio’, alla fusione, divenuta efficace in corso di causa, in mancanza di disposizioni derogatorie troverebbe applicazione il regime degli articoli 110 e 300 c.p.c., con l’interruzione del processo e la sua prosecuzione dal successore universale o in suo confronto, previa riassunzione, quale fenomeno riconducibile al “venir meno” della parte, di cui all’articolo 110 c.p.c..
Tuttavia, in presenza di fusione sopraggiunta nel corso del giudizio, la dizione dell’articolo 2504-bis c.c. – secondo cui in tutti i rapporti giuridici delle societa’ incorporate “anche processuali” vi e’ una “prosecuzione” dell’incorporante – vale ad evitare ex lege l’interruzione stessa, dato che l’incorporata ne prosegue senza soluzione di continuita’ i rapporti, anche processuali.
In tal modo e’ dato leggere la modificazione operata nel 2003, al piu’ limitato, ma opportuno fine di superare gli inconvenienti prodotti dall’interruzione del processo in caso di fusione di societa’, evitando l’applicazione dell’istituto, allora non congruente allo scopo.
Onde, sul punto, il precedente orientamento che escludeva l’interruzione del processo va confermato con riguardo alla fusione delle societa’ post riforma del 2003, dovendo in tal modo ricostruirsi il portato dell’articolo 2504-bis c.c., attesa l’esigenza di ragionevole durata del processo e l’assenza della lesione di interessi di qualsiasi parte.
Nel caso della fusione, dunque, e’ la legge stessa a disporre, mediante l’articolo 2504-bis c.c., che il processo non debba essere interrotto: ma cio’ non perche’ la societa’ incorporata, fusa o scissa sia ancora esistente, ma semplicemente perche’ la incorporante, la societa’ risultante dalla fusione o le societa’ beneficiarie sono, di volta in volta, i soggetti divenuti titolari sia di quel rapporto sostanziale, sia del corrispondente c.d. rapporto processuale, ossia del giudizio che quello abbia ad oggetto.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
La ratio degli articoli 299 ss. c.p.c. conferma tale ricostruzione: posto che, se l’istituto dell’interruzione del processo mira a tutelare sia la parte colpita dall’evento interruttivo, sia la controparte, ai fini della migliore esplicazione del diritto di difesa di entrambe (articolo 24 Cost.), tale esigenza non si avverte, o in ogni caso e’ ex lege recessiva, a fronte della superiore esigenza di continuita’ nei rapporti sostanziali e processuali, a fini di certezza.
In tal modo, l’esclusione dell’interruzione del processo limita le conseguenze della fusione sul processo, dovendosi allora, ad onere della incorporante, provare soltanto tale sua qualita’ ai fini della legittimazione, ove intenda compiere atti processuali.
III. – Introduzione della causa da parte di societa’ estinta per incorporazione con successivo intervento della incorporante. Principio di diritto.
1. – In conseguenza di quanto esposto, non sussiste la facolta’ di intraprendere un giudizio in capo al soggetto estinto per fusione.
Una societa’ ormai estinta non e’ soggetto di diritti e neppure ha la capacita’ e la legittimazione processuale per farli valere, essendo stati trasferiti alla societa’ incorporante o risultante dalla fusione.
Ne deriva che, ove essa intraprenda un giudizio, cio’ avviene sulla base di una valutazione operata dai precedenti organi, i quali pero’ non sono ormai piu’ tali, spettando una simile valutazione all’esclusiva titolare, la societa’ incorporante, per mezzo del suo legale rappresentante. Se la perduranza di quei rapporti giuridici nel soggetto incorporante o unificato giustifica, da un lato, il medesimo ad agire per tutelarli, al fine di vedere realizzate le sue pretese, dall’altro lato non autorizza pero’ la societa’ incorporata o fusa a farle valere essa stessa.
Non si da’ dunque applicazione dell’istituto della ratifica degli atti compiuti dal falsus procurator, perche’ qui non e’ tale il rappresentante, ma diverso e’ l’effettivo titolare del diritto.
2. – Quest’ultimo, pero’, ha la facolta’ di intervenire in giudizio, una volta che il medesimo sia stato ormai instaurato dal non legittimato.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Si e’ gia’ affermato dalla Corte che la facolta’ concessa ad ogni interessato di intervenire nel processo, pendente tra altri soggetti, per far valere un diritto proprio nei confronti di tutte le parti o di alcune di esse, sussiste indipendentemente dalla effettiva esistenza, nel soggetto che ha inizialmente proposto la domanda giudiziale, delle condizioni necessarie all’esperimento di essa, sicche’ il soggetto legittimato ad intervenire puo’ sostituirsi al non legittimato, anche nel corso del processo, nell’esercizio dell’azione giudiziale.
Cio’ in quanto il rapporto processuale, che si costituisce mediante l’intervento della parte legittimata a far valere la pretesa avanzata in giudizio da un soggetto carente della legittimazione attiva, non dipende dalla sorte dell’originario rapporto costituito dall’attore, poiche’ il vero legittimato rispetto all’oggetto della lite, della quale e’ parte il non legittimato, ha una posizione sostanziale autonoma, con la conseguenza che la sorte del rapporto processuale posto in essere mediante l’intervento non e’ subordinata a quella dell’originario rapporto su cui si e’ innestato (cfr. Cass. 26 marzo 2010, n. 7300; Cass. 24 dicembre 1993, n. 12777; Cass. 13 dicembre 1990, n. 11828).
In tal modo, ai sensi dell’articolo 105 c.p.c., si realizza l’intervento volontario del legittimato e la conseguente sua sostituzione nel processo da questi promosso e che esiste come struttura formale, secondo le regole proprie dell’intervento in giudizio.
L’azione a tutela di un diritto gia’ facente capo alla societa’ fusa, e poi trasferito alla societa’ incorporata, puo’ dunque essere da questa proposta nelle forme dell’intervento in giudizio.
Ove il nuovo ente intenda esperire tale intervento, dovra’ rilasciare mandato al difensore ai fini del conferimento dello ius postulandi, secondo le regole generali di cui agli articoli 82 c.p.c. e ss., trattandosi di un soggetto giuridico diverso.
3. – Va, in conclusione, enunciato il seguente principio di diritto:
“La fusione per incorporazione estingue la societa’ incorporata, la quale non puo’ dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, avendo facolta’ della societa’ incorporante di spiegare intervento in corso di causa, ai sensi dell’articolo 105 c.p.c., nel rispetto delle regole che lo disciplinano”.
IV. – Decisione sui motivi di ricorso.
1. – Alla luce del principio predetto, il primo motivo e’ infondato, anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 4.
Nella specie, la (OMISSIS) s.r.l., essendosi fusa per incorporazione nella (OMISSIS) s.r.l. il 23 luglio 2004, con contestuale cancellazione dal registro delle imprese, era priva di capacita’ e legittimazione processuale nel marzo del 2008, quando ha intrapreso il presente giudizio, essendosi gia’ estinta ed avendo, da lungo tempo, cessato i suoi organi amministrativi dalle funzioni di legale rappresentanza.
L’operazione di fusione estingue la società incorporata
Sorti dubbi di legittimazione al riguardo, nel corso del primo grado la societa’ incorporante si e’ costituita, facendo proprio il giudizio.
Nel prosieguo, quindi, e’ stata accolta la domanda di simulazione proposta, come azionata anche dall’interventore in giudizio: il giudice di primo grado ha dichiarato la simulazione del contratto ed il giudice d’appello ha espressamente escluso ogni nullita’ del processo, sia per la natura meramente modificativo-evolutiva della fusione, sia per l’avvenuta costituzione in causa della societa’ incorporante.
Ne deriva che, mutata la motivazione alla stregua del principio enunciato, il primo motivo va respinto.
2. – Il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili.
La corte del merito ha condiviso l’accertamento, in punto di fatto operato dal tribunale, relativo alla volonta’ delle parti di non trasferire affatto la proprieta’ del bene oggetto delle due compravendite consecutive, dunque reputate simulate in via assoluta.
La ratio decidendi, espressa nella decisione impugnata, si fonda su di una triplice valutazione: la proposizione dell’azione di simulazione con riguardo alla compravendita nella sua interezza e non pro quota, la mancata censura circa la consapevole partecipazione della comproprietaria (OMISSIS) alla simulazione e l’irrilevanza, in tale situazione, dell’insussistenza di una posizione debitrice in proprio della medesima. Valutazioni che, pero’, il secondo motivo non censura.
Il terzo motivo, dal suo canto, non individua l’errore di giudizio o la regola di diritto che sarebbe stata male applicata.
Onde entrambi si scontrano con le valutazioni fattuali, compiute dai giudici di merito, in una inammissibile contestazione sull’esito della valutazione nel merito delle prove in atti, mentre il vizio di omesso esame di fatto decisivo e’ dedotto in termini inosservanti del relativo paradigma.
In conclusione, il ricorso va respinto.
V. – Spese.
Le spese vengono interamente compensate, attesa la novita’ del principio enunciato.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, rigetta il ricorso e compensa per intero le spese del giudizio.
Dichiara che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso.
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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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