Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 maggio 2023| n. 12064.
L’onere di contestazione sussiste soltanto per i fatti noti alla parte
L’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in un giudizio di manutenzione del possesso, aveva ritenuto non contestati fatti ignoti al proprietario del bene, quali la durata ultrannuale del possesso e il suo carattere continuo e non interrotto.).
Ordinanza|| n. 12064. L’onere di contestazione sussiste soltanto per i fatti noti alla parte
Data udienza 22 novembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Azione di manutenzione – Requisito del possesso ultrannuale – Presupposto dell’azione – Assenza – Rilevabilità d’ufficio da parte del giudice in goni stato e grado del processo – Onere di contestazione – Applicazione per i fatti noti – Violazione delle distanze legali per collocazione di un tubo – Natura di molestia
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere
Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21089-2020 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata ex lege in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 754-2020 della CORTE di APPELLO di BARI, del 21/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 22/11/2022 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.
L’onere di contestazione sussiste soltanto per i fatti noti alla parte
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 754-20, del 21 maggio 2020, della Corte di Appello di Bari, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 1918/17, dell’11 settembre 2017, del Tribunale di Trani – ha rigettato l’opposizione a precetto dalla stessa proposta nei confronti di (OMISSIS), ritenendola pero’ ammissibile, diversamente dal primo giudice.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di aver proposto opposizione a precetto, intimatole dalla (OMISSIS), lamentando l’ingiustizia della doppia condanna alla rifusione delle spese processuali, comminatale all’esito di un procedimento ex articoli 1170 c.c. e 703 c.p.c., deducendo la nullita’ e l’inefficacia del precetto.
Nei suoi confronti, infatti, la (OMISSIS) aveva esperito azione di manutenzione, sul presupposto che l’avvenuto interramento, in violazione dell’articolo 889, comma 2, c.c., di un impianto di irrigazione – lungo il confine che separa il proprio fondo da quello della (OMISSIS) – costituisse turbativa del possesso. Disposta dall’adito giudicante – ex articolo 669-sexies c.p.c. l’escussione di due sommari informatori testimoniali (e cio’ quantunque la (OMISSIS) avesse dichiarato, all’udienza di prima comparizione, l’avvenuta cessazione della turbativa, giacche’, a suo dire, la (OMISSIS) avrebbe nel frattempo spostato l’impianto, collocandolo a congrua distanza dal confine tra i due terreni), all’esito dell’incombente veniva dichiarata la cessazione della materia del contendere, ponendosi, pero’, le spese del procedimento a carico dell’odierna ricorrente. Esperito, da quest’ultima, reclamo al collegio, lo stesso veniva rigettato, con condanna della (OMISSIS) al pagamento pure delle spese di tale ulteriore fase processuale.
L’onere di contestazione sussiste soltanto per i fatti noti alla parte
Per riscuotere la somma complessiva liquidata in suo favore all’esito del predetto procedimento possessorio (e pari a Euro 6.908,51), la (OMISSIS) intimava alla (OMISSIS) il precetto fatto oggetto di opposizione.
In tale, sede l’opponente riproponeva le questioni in fatto e in diritto gia’ articolate nel processo possessorio, definito con le ordinanze emesse in sede sommaria, in particolare ribadendo il difetto di legittimazione della (OMISSIS) (in quanto l’azione di manutenzione era stata esperita sul presupposto di essere “proprietaria” del fondo asseritamente oggetto di turbativa), l’insussistenza delle condizioni per dichiarare cessata la materia del contendere, ed infine la carenza di ogni molestia, stante l’assenza di ogni violazione delle distanze legali.
L’adito Tribunale dichiarava inammissibile l’opposizione, poiche’ basata su motivi che l’opponente avrebbe dovuto far valere nell’ambito del procedimento possessorio precedentemente instaurato e ove i titoli esecutivi si erano formati.
Esperito gravame, il giudice di appello ha ritenuto l’opposizione a precetto ammissibile, ma infondata nel merito.
3. Avverso la sentenza della Corte barese ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), sulla base – come detto – di quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo e’ denunciata – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli articoli 81 e 115 c.p.c..
La ricorrente assume l’erroneita’ della statuizione della Corte territoriale, nella parte in cui ha confermato la sentenza di prime cure circa l’esclusione del difetto di legittimazione attiva, in capo alla (OMISSIS), nell’ambito del procedimento possessorio dalla medesima instaurato.
L’onere di contestazione sussiste soltanto per i fatti noti alla parte
Sostiene, infatti, la (OMISSIS) che la qualita’ di proprietaria del bene immobile, asseritamente attinto da turbative, e’ irrilevante, giacche’ la (OMISSIS) avrebbe dovuto provare ed allegare il suo possesso ultrannuale, continuo e non interrotto, ai fini dell’espletamento dell’azione ex articolo 1170 c.c. Inoltre, la ricorrente lamenta l’erronea applicazione, da parte della Corte barese, del principio di non contestazione sull’asserita qualita’ di possessore, posto che la (OMISSIS) non avrebbe potuto contestare specificatamente affermazioni mai formulate.
3.2. Il secondo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione dell’articolo 100 c.p.c..
La ricorrente censura la sentenza impugnata per aver condiviso la statuizione del giudice della fase sommaria del procedimento possessorio circa la sussistenza dei presupposti per pronunciare la cessazione della materia del contendere.
Premesso, infatti, che puo’ dirsi cessata la materia del contendere solo quando le parti del giudizio si diano reciprocamente atto della mutata situazione giuridica e sottopongano al giudice conclusioni conformi, errata risulterebbe la valutazione espressa dalla Corte barese circa il venir meno dell’interesse ad agire ai sensi dell’articolo 100 c.p.c., per essere la riduzione in pristino intervenuta successivamente all’instaurazione del giudizio.
Secondo la (OMISSIS), invece, gli atti di istruzione indispensabili, compiuti nell’ambito del procedimento possessorio (ovvero, l’escussione dei sommari informatori testimoniali), non avrebbero confermato, con certezza, che l’impianto idrico venne rimosso solo a seguito dell’instaurazione del procedimento ex articolo 703 c.p.c..
3.3. Il terzo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione degli articoli 889, comma 2, e 1170 c.c..
Secondo la ricorrente la Corte barese avrebbe errato nel ritenere quale “turbativa”, e pericolosa, la mera presenza dell’impianto di irrigazione a distanza inferiore dal confine. Sottolinea, infatti, che la messa in opera era incompleta, che l’impianto era, comunque, soggetto ad un uso limitato e saltuario, dovendo, pertanto, escludersi alcun tipo di molestia nel possesso, oltre che la violazione dell’articolo 889 c.c..
3.4. Il quarto motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione dell’articolo 91 c.p.c..
La ricorrente sostiene che l’opposizione avrebbe dovuto essere accolta nel merito, e conseguentemente le spese avrebbero dovuto essere poste a carico della (OMISSIS), poiche’ la stessa ebbe ad instaurare illegittimamente il giudizio possessorio.
4. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la (OMISSIS), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
5. La ricorrente ha depositato memoria.
L’onere di contestazione sussiste soltanto per i fatti noti alla parte
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilita’ del Controricorso, in quanto tardivo.
6.1. Difatti, essendo stato il ricorso notificato il 21 luglio 2020, il termine per il deposito dello stesso – che costituisce il “dies a quo” per la notificazione del controricorso, da compiersi entro venti giorni, secondo quanto previsto dall’articolo 370, comma 1, c.p.c. – scadeva il 10 agosto 2020, non applicandosi al presente giudizio la sospenzione feriale dei termini.
Difatti, la previsione di cui alla L. 7 ottobre 1969, n. 742, articolo 3, che esclude dalla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale le cause previste dal Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, articolo 92, tra cui le opposizioni esecutive, e’ applicabile anche al giudizio di cassazione, riferendosi la norma alla natura della controversia e ad ogni sua fase processuale (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 14 gennaio 2022, n. 1127, Rv. 663502-01).
Il controricorso andava, dunque, notificato entro il 31 agosto 2020 (il giorno 30 era domenica), mentre la notifica risale al giorno 22 settembre, donde la sua inammissibilita’.
7. Tanto premesso, il ricorso va accolto, nei termini di seguito precisati.
8. “In limine”, tuttavia, deve osservarsi che esso pone una questione inedita nella giurisprudenza di legittimita’, atteso che gli unici arresti di questa Corte sulle spese del procedimento possessorio risultano intervenuti nella vigenza del testo dell’articolo 669-sexies c.p.c., anteriore alle modifiche apportate dall’articolo 50, comma 1, della L. 18 giugno 2009, n. 69.
Tali pronunce, in particolare, avevano affermato l’inammissibilita’ dell’impugnazione relativa alla statuizione sulle spese della fase interdittale del procedimento possessorio, essendo (allora) previsto “lo specifico rimedio della opposizione ai sensi dell’articolo 645 e seguenti c.p.c., rimanendo altresi’ ferma la possibilita’ per la parte condannata di chiederne la revoca nella seconda fase del procedimento” (Cass. Sez. 2, sent. 31 agosto 2005, n. 17561, Rv. 583348-01; Cass. Sez. Un., sent. 8 giugno 2007, n. 13396, Rv. 597945-01), fase, “illo tempore”, indefettibile (Cass. Sez. Un., sent. 24 febbraio 1998, n. 1984, Rv. 512984-01), fino a quando non e’ intervenuta l’introduzione del comma 3 dell’articolo 703 c.p.c., ad opera del Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 2, comma 3, lettera e-bis, n. 7.2), convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.
L’ammissibilita’ dell’opposizione al precetto e’ stata, tuttavia, argomentata dalla Corte barese estendendo al giudizio possessorio – al quale continua ad applicarsi, “in quanto compatibile” (ex articolo 703, comma 2, c.p.c.), la disciplina dettata per il procedimento cautelare uniforme – i principi affermati, appunto, per detto procedimento.
Ancora di recente, infatti, questa Corte ha ribadito che “l’ordinanza di rigetto del reclamo cautelare non e’ ricorribile per cassazione, neppure in ordine alle sole spese, perche’ e’ un provvedimento inidoneo a divenire cosa giudicata, formale e sostanziale, conservando i caratteri della provvisorieta’ e non decisorieta’”, sicche’, “dopo la novella da parte della L. n. 69 del 2009, articolo 669 septies c.p.c., la contestazione delle spese – ove il soccombente abbia agito “ante causam” e non intenda iniziare il giudizio di merito – va effettuata in sede di opposizione al precetto ovvero all’esecuzione, se iniziata, trattandosi di giudizio a cognizione piena in cui la condanna alle spese puo’ essere ridiscussa senza limiti, come se l’ordinanza sul reclamo fosse, sul punto, titolo esecutivo stragiudiziale; qualora, invece, il giudizio di merito sia instaurato, resta, comunque, sempre impregiudicato il potere del giudice di rivalutare, all’esito, la pronuncia sulle spese adottata nella fase cautelare, in conseguenza della strumentalita’, mantenuta dalla L. n. 80 del 2005, tra tutela cautelare e merito” (Cass. Sez. 6-2, ord. 1 marzo 2019, n. 6180, Rv. 652799-01).
Orbene, la correttezza – o meno – di tale “equiparazione” (ai fini suddetti) del procedimento possessorio a quello cautelare, non e’ piu’ controvertibile in questa sede, in assenza di impugnazione, sul punto, da parte della creditrice opposta (OMISSIS).
Sicche’ – assunta come, appunto, non piu’ discutibile in questa sede l’affermazione secondo cui lo strumento dell’opposizione al precetto era esperibile per contestare la regolazione data alle spese di lite all’esito del procedimento possessorio – i motivi di ricorso vanno esaminati nel merito.
L’onere di contestazione sussiste soltanto per i fatti noti alla parte
8.1. Tanto premesso, il primo motivo di ricorso e’ fondato.
8.1.1. Va censurata, infatti, l’affermazione compiuta dalla Corte barese secondo cui la qualita’ di proprietario di un bene “implicherebbe necessariamente” quella di possessore.
Sul punto, invero, non sembra ozioso rammentare che – in base ad una risalente (ma mai superata) giurisprudenza di questa Corte – il “requisito del possesso ultrannuale rappresenta una condizione dell’azione di manutenzione, la cui sussistenza dev’essere rilevata dal giudice, anche d’ufficio, in ogni grado e stato del processo, sempre che non si sia verificata al riguardo preclusione, per non essere stata riproposta la questione, gia’ decisa nel precedente grado del giudizio, con motivo d’impugnazione e tramite esplicita eccezione della parte vittoriosa” (Cass. Sez. 2, sent. 22 ottobre 1964, n. 2641, Rv. 303974-01).
D’altra parte, errato e’ pure il riferimento – sempre compiuto dalla sentenza impugnata – all’operativita’, nel caso di specie, del principio di “non contestazione”.
Sul punto, deve, infatti, ribadirsi che “l’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte” (da ultimo, Cass. Sez. Lav., ord. 1 febbraio 2020, n. 2174, Rv. 660331-01), tale non potendo ritenersi la durata ultrannuale del possesso del terreno, del quale la (OMISSIS) lamentava molestia, ne’ gli altri suoi presupposti (carattere continuo e non interrotto, acquisto “nec vim, nec clam”) richiesti per l’esercizio dell’azione ex articolo 1170 c.c.
Fermo, in ogni caso, restando che la “operativita’ del principio di non contestazione, con conseguente “relevatio” dell’avversario dall’onere probatorio”, presuppone che costui abbia “ottemperato all’onere processuale, posto a suo carico, di provvedere ad una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte e’ tenuta a prendere posizione” (da ultimo, Cass. Sez. 2, sent. 29 settembre 2020, n. 20525, Rv. 659198-02), cio’ che nella specie non risulta avvenuto, avendo la (OMISSIS) dichiaratamente agito in qualita’ di proprietaria.
8.2. Il secondo motivo di ricorso e’, invece, inammissibile.
8.2.1. Se e’ vero, infatti, che la cessazione della materia del contendere presuppone che la parti di un giudizio si diano reciprocamente atto della mutata situazione giuridica e sottopongano al giudice conclusioni conformi, tuttavia, ove il fatto sopravvenuto “abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dall’attore, in una valutazione alla luce del criterio cui l’ordinamento ancora la possibilita’ di adire la tutela giurisdizionale, cioe’ alla stregua dell’interesse ad agire, il suo rilievo potra’ dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell’esistenza del diritto azionato (e, quindi, per tale aspetto di accoglimento della domanda)” e, con essa, ad una “valutazione sulle spese giudiziali, che deve tenere conto della circostanza che l’attore e’ stato costretto al giudizio dal disconoscimento del suo diritto da parte dal convenuto, venuto meno solo durante il suo svolgimento e, dunque, della sostanziale esistenza di una soccombenza del convenuto” (Cass. Sez. 3, sent. 8 luglio 2010, n. 16150, Rv. 613959-01).
A questo principio si e’ richiamata la sentenza impugnata, di talche’ la censura con cui l’odierna ricorrente contesta – in tal modo sollecitando una non consentita rivisitazione delle risultanze dell’istruzione compiuta nel procedimento possessorio – la valutazione relativa all’effettiva “necessita’” che la (OMISSIS) adisse l’autorita’ giudiziaria deve ritenersi inammissibile.
8.3. Il terzo motivo di ricorso non e’ fondato.
8.3.1. Invero, gia’ la sola “violazione delle distanze legali nella collocazione di un tubo” e’ idonea, astrattamente, a integrare “una molestia al possesso del fondo finitimo perche’, anche quando non ne comprime l’esercizio, importa tuttavia, automaticamente, una modificazione o una restrizione delle relative facolta’” (Cass. Sez. 2, sent. 24 gennaio 2003, n. 1136, Rv. 559993-01), e cio’ in quanto “l’articolo 889 c.c.”, il quale “prescrive la distanza legale minima di un metro tra il confine ed i tubi d’acqua pura o lurida, e loro diramazioni”, pone “una presunzione assoluta di dannosita’ della condotta in caso di distanza inferiore ad un metro”, sicche’ “l’applicabilita’ di detta norma prescinde da ogni indagine circa la assenza, in concreto, di una potenzialita’ dannosa della condotta posta a distanza inferiore a quella legale” (Cass. Sez. 2, sent. 4 dicembre 1995, n. 12491, Rv. 494929-01).
8.4. Infine, il quarto motivo e’ inammissibile.
8.4.1. Esso, infatti, non deduce alcun autonomo e specifico vizio di legittimita’ della statuizione sulle spese, prospettando la caducazione della stessa alla stregua di “res sperata”, conseguente all’accoglimento del ricorso, presentandosi, cosi’, alla stregua di un “non motivo” (Cass. Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872-01; Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 650919-01).
9. In conclusione, il ricorso va accolto quanto al suo primo motivo e, per l’effetto, la sentenza va cassata in relazione.
Reputa, inoltre, questa Corte di poter decidere la causa nel merito, ex articolo 384, comma 2, seconda parte, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. L’opposizione della (OMISSIS) va accolta, in difetto di prova del possesso ultrannuale in capo alla (OMISSIS), con condanna della stessa a rifondere alla prima le spese di ambo i gradi di giudizio di merito, oltre quelle del presente giudizio di legittimita’.
Quanto, in particolare, alle spese del primo grado di giudizio, le stesse vanno liquidate, per compensi, in Euro 3.150 (di cui Euro 650,00 per la fase di studio, Euro 500,00 per quella introduttiva, Euro 1.000,00 per quella di trattazione e Euro 1.000,00 per quella decisionale), oltre IVA e CPA come per legge. In relazione, poi, al giudizio di appello, le spese vanno liquidate, per compensi, in Euro 3.050 (di cui Euro 750,00 per la fase di studio, Euro 800,00 per quella introduttiva e Euro 1.500,00 per quella decisionale), oltre IVA e CPA come per legge.
Le spese di legittimita’ sono da liquidarsi, infine, come da dispositivo.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo e il quarto, e infondato il terzo e, per l’effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’opposizione a precetto proposta da (OMISSIS).
Condanna, inoltre, (OMISSIS) a rifondere a (OMISSIS) le spese del giudizio di merito, che liquida, per il primo grado di giudizio, in Euro 3.150, oltre IVA e CPA come per legge, nonche’, per il giudizio di appello,in Euro 3.050, oltre IVA e CPA come per legge.
Condanna, infine, (OMISSIS) a rifondere, a (OMISSIS), le spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.200,00, piu’ Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti, non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.
Leave a Reply