Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 14106.
L’omessa indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza
L’omessa indicazione del nome di una delle parti, nell’intestazione della sentenza, ne comporta la nullità qualora sussista una situazione di incertezza assoluta, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, nell’intestazione e nel dispositivo, aveva omesso la denominazione di una delle parti appellanti, senza che i motivi di detta omissione potessero essere ricostruiti attraverso la lettura dell’intero provvedimento, inidoneo a divenire, a causa di detta incertezza, “legge del caso concreto”, secondo quella che è l’essenziale funzione della decisione giurisdizionale).
Ordinanza|| n. 14106. L’omessa indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza
Data udienza 31 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Appalto – Opere pubbliche – Concessione contratto – RTI – Decadenza – Intestazione e dispositivo – Motivazione del Provveditorato – Mandatario – Rappresentanza esclusiva
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8560 DEL 2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in proprio e quale mandataria delle societa’ (OMISSIS) s.r.l. in amministrazione straordinaria e (OMISSIS) s. p. a, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che la rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO ((OMISSIS)) che lo rappresenta e difende ope legis;
-controricorrente-
nonche’ contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS) S.P.A., PROVVEDITORATO REGIONALE PER LE OPERE PUBBLICHE PER LA CAMPANIA, ORA PROVVEDITORATO INTERREGIONALE PER LE OPERE PUBBLICHE CAMPANIA, MOLISE, PUGLIA E BASILICATA;
-intimati-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 331 DEL 2017 depositata il 27/01/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/03/2023 dal Consigliere CLOTILDE PARISE.
FATTI DI CAUSA
1. Con convenzione rep. n. 6481 del 19 luglio 1991 il Provveditorato alle Opere Pubbliche della Campania affidava, in regime di concessione-contratto, al raggruppamento di imprese costituito tra la s.a.s. (OMISSIS), in qualita’ di capogruppo e mandataria, e, in qualita’ di mandanti, (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.p.a, (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.r.l., la progettazione esecutiva e la realizzazione dei lavori di demolizione, ricostruzione e completamento della (OMISSIS) del secondo lotto del (OMISSIS) per un corrispettivo presunto di sessanta miliardi di lire. Detto intervento era in prosecuzione di un appalto originariamente affidato ad altro raggruppamento di imprese, interrotto a causa di un incendio di notevoli dimensioni che aveva interessato la (OMISSIS) e di seguito risolto dall’originaria (OMISSIS). Con provvedimento del 22 giugno 1993 il Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Campania dispose la decadenza del concessionario dalla concessione, sul rilievo che il concessionario si fosse reso gravemente inadempiente sia all’obbligo di consegnare nei tempi assegnati il progetto strutturale e il progetto esecutivo comprendente la parte architettonico – impiantistica, sia all’obbligo di eseguire corretti calcoli strutturali alla luce della qualita’ dei calcestruzzi residuati dall’incendio e dai connessi crolli. Avverso il provvedimento di decadenza l’impresa (OMISSIS) propose ricorso al TAR Campania che lo rigetto’, con sentenza confermata dal Consiglio di Stato. Su ricorso dell’impresa, con sentenza n. 287-1999 le Sezioni Unite di questa Corte dichiararono la giurisdizione del giudice ordinario, qualificando il rapporto contrattuale quale “concessione di sola costruzione”, assoggettata alla disciplina della l.n. 109 del 1994, articolo 31 bis. La s.p.a. (OMISSIS), subentrata alla (OMISSIS) s.p.a. e di seguito nominata mandataria dalle mandanti, con atto di accesso notificato il 2 marzo 2000, promuoveva giudizio arbitrale contro il Ministero dei Lavori Pubblici e il Provveditorato alle Opere Pubbliche della Campania chiedendo accertarsi la illegittimita’ della decadenza disposta dall’Amministrazione e dichiararsi risolta la convenzione per inadempimento della concedente, con la condanna del Ministero al risarcimento dei danni. Il Collegio Arbitrale, con lodo sottoscritto l’11 maggio 2001 e dichiarato esecutivo dal Tribunale di Napoli il 28 dicembre 2001, dopo aver disatteso l’eccezione di incompetenza sollevata dal Provveditorato, dichiarava illegittima la decadenza del concessionario, dichiarava risolta la convenzione per inadempimento dell’Amministrazione e condannava il Ministero al pagamento della somma di L. 21.348.375.358, corrispondenti a Euro dodici miliardi e quattrocento milioni, oltre interessi e spese del giudizio, a titolo di risarcimento dei danni. L’impugnazione del lodo da parte del Ministero e del Provveditorato veniva accolta dalla Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 945 del 17 marzo 2004, che ne dichiarava la nullita’, e detta sentenza, impugnata dalle imprese, veniva confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 15670-2008. Nelle more del giudizio di impugnazione in appello, poiche’ era stata rigettata dalla Corte di merito l’istanza di sospensione cautelare degli effetti del lodo, il Provveditorato, con decreto n. 1176 del 23 ottobre 2002, aveva corrisposto all’impresa mandante le somme al pagamento delle quali era stata condannata dal Collegio arbitrale con il citato lodo. Con decreto ingiuntivo n. 2955 del 12 febbraio 2005 il Tribunale di Napoli, su ricorso del Ministero e del Provveditorato che avevano agito per recuperare le somme pagate in esecuzione del lodo poi dichiarato nullo, somme dunque pagate senza titolo, ingiungeva alla s.p.a. (OMISSIS), in proprio e quale mandataria dell’ (OMISSIS) con le altre imprese (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.p.a, nonche’ alla (OMISSIS) s.p.a. e alla (OMISSIS) anche in proprio, il pagamento, in solido tra loro, della somma di Euro 12.347.045,30, oltre accessori e spese del procedimento, a titolo di restituzione di quanto corrisposto in esecuzione del lodo n. 39/2001, dichiarato nullo. L’opposizione al decreto ingiuntivo proposta con atto di citazione del 28 aprile 2005 dalle sopra indicate imprese, le quali, in via riconvenzionale, chiedevano accertarsi l’effettiva debenza delle somme gia’ pagate dalle Amministrazioni stante l’illegittimita’ del provvedimento di decadenza dalla concessione, veniva accolta con sentenza n. 7275 del 19 giugno 2012 dal Tribunale di Napoli, che, dopo aver sospeso il giudizio in attesa della sentenza della Cassazione in ordine all’impugnazione del lodo, revocava il decreto ingiuntivo opposto ma, accogliendo la domanda riconvenzionale delle imprese, accertava il diritto delle opponenti a trattenere ex articolo 16 della convenzione n. 6481 del 19 luglio 1991 le somme gia’ incassate in forza del lodo arbitrale. A fondamento della illegittimita’ del provvedimento di decadenza, il Tribunale affermava che: il progetto esecutivo non era carente da un punto di vista economico, al contrario di quanto affermato nel provvedimento di decadenza; il ritardo nella consegna della progettazione era dipeso dalla natura extra contrattuale delle prestazioni aggiuntive richieste dall’Amministrazione (in particolare delle indagini sulla qualita’ delle strutture in calcestruzzo realizzate dalla (OMISSIS) e dell’adeguamento antisismico del nucleo centrale della torre); il ritardo era comunque giustificato dalla non prevedibilita’ del danneggiamento della struttura centrale in cemento armato al di sotto della quota di mt.30 (tra quota 5 mt e 30 mt.), che era emerso solo dopo la compiuta rimozione delle macerie; il motivo della risoluzione, in definitiva, non era stato il ritardo o il vizio del progetto, stante anche il comportamento contraddittorio e inadempiente tenuto dalle Amministrazioni in tutto il periodo di elaborazione della progettazione esecutiva (di inerzia nonostante il decorso del termine per il deposito del progetto, avendo anzi pagato il 19-12-1991 il 10% dell’importo presunto della concessione), ma la grave indisponibilita’ dei fondi per il finanziamento di un’opera che si era rilevata molto piu’ costosa del previsto.
2. Con sentenza n. 402/2017 pubblicata il 27-1-2017 la Corte d’appello di Napoli ha accolto l’appello proposto avverso la citata sentenza dal Ministero e dal Provveditorato nei confronti di (OMISSIS) – (OMISSIS) s.p.a., in proprio e quale mandataria dell’ (OMISSIS) con le altre imprese (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.p.a, nonche’ di (OMISSIS) s.p.a. e alla (OMISSIS) anche in proprio, e per l’effetto ha condannato (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione a pagare in favore del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti la somma di Euro 12.183.830,76 relativamente agli importi portati nel lodo a suo tempo dichiarato nullo, e la somma di Euro 163.214,54 corrispondente agli importi erogati a compenso degli arbitri, oltre interessi da giorno del pagamento fino al soddisfo. La Corte territoriale, dopo aver disatteso le eccezioni delle parti appellate di inammissibilita’ dell’appello per tardivita’ della difesa e per difetto di specificita’ dei motivi e di mancata censura di alcuni capi della decisione, ha ritenuto che: i) fosse errato l’accertamento del giudice di primo grado quanto all’adeguamento antisismico del (OMISSIS), poiche’ il progetto di ricostruzione della (OMISSIS) doveva necessariamente rispettare la normativa in materia di adeguamento antisismico prevista dal Decreto Ministeriale n. 28 gennaio 1986 e s. m. i., come evincibile dalla Circolare n. 27690 del 19 luglio 1986 resa dal Ministero dei lavori pubblici; ii) il suddetto obbligo di adeguamento antisismico fosse comunque previsto anche dalla convenzione di concessione che, nonostante la sua genericita’ e scarsa chiarezza, prevedeva all’articolo 7 del disciplinare tecnico, relativo alle opere di demolizione, il rispetto delle condizioni del Capitolato generale e di legge, nonche’ quello delle norme tecniche della L. 1974 n. 64, con particolare riferimento alle prescrizioni per le norme sismiche; iii) la condotta del raggruppamento temporaneo di imprese (di seguito per brevita’ RTI) non potesse equipararsi a quella di un mero esecutore del progetto esecutivo, ma a quella di un soggetto che ha compiti estesi di verifica dell’adeguatezza degli elaborati e delle strutture preesistenti, con la conseguenza che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale: “a) era necessario ab origine adeguare la struttura residuata dall’incendio alle norme antisismiche; b) tale obbligo specifico, sebbene non puntualmente riportato nella convenzione doveva essere certamente ritenuto sussistente; c) tale necessita’, pur essendo formalmente emersa ed imposta dal Provveditore solo nella riunione del 20.02.1992 (doc. 4 prod. RTI), sussisteva ab initio e la concessionaria non poteva dirsi immune da colpa nel non aver fino a quel momento elaborato il progetto prescindendo dall’adeguamento antisismico”(pag. 26 della sentenza impugnata); iv) quanto alla mancata indagine dello stato dei calcestruzzi preesistenti all’incendio e l’insufficienza e tardivita’ dei progetti esecutivi presentati dal RTI, l’indagine sui calcestruzzi non richiedesse un’esplicita richiesta della concedente e non poteva dirsi estranea agli obblighi contrattuali in quanto i danni dell’incendio alla struttura in ferro e cemento armato erano del tutto prevedibili, essendo notorio che le alte temperature e i sovraccarichi conseguenti a crollo parziale erano potenzialmente idonei danneggiare le strutture sottostanti, e inoltre quasi tutte le imprese partecipanti gia’ facevano parte del RTI che aveva costruito il (OMISSIS), proprio per tale ragione erano state scelte e (OMISSIS) conosceva lo stato dei luoghi e non aveva segnalato, come avrebbe dovuto, l’impossibilita’ di una progettazione in assenza di una preventiva verifica della bonta’ delle opere edilizie residuate dopo l’incendio; v) la responsabilita’ della concessionaria fosse dimostrata, benche’ al momento della stipula l’amministrazione avesse sottovalutato sia la necessita’ di una revisione del progetto per effetto dell’intervento della legislazione antisismica sia le indagini sui calcestruzzi, dato che si trattava di un soggetto che aveva le prerogative del concessionario e che, pertanto, aveva la responsabilita’ principale di una corretta valutazione dell’organismo esistente e della necessita’ di modifiche ai progetti originari, previa analisi della qualita’ originaria e residua delle strutture sopravvissute all’incendio e della loro conformita’ alle norma antisismiche (ed antincendio) esistenti, mentre il progetto originariamente depositato non prevedeva l’adeguamento antisismico di cui al Decreto Ministeriale n.1986.
2. Avverso questa sentenza (OMISSIS) S.p.A., in proprio e in qualita’ di mandataria delle societa’ (OMISSIS) S.p.A. e di (OMISSIS) s.r.l. in amministrazione straordinaria, propone ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che resiste con controricorso, nonche’ nei confronti del Provveditorato Regionale per le Opere pubbliche per la Campania (ora Provveditorato interregionale per le Opera Pubbliche Campania, Molise e Basilicata), (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione e di Salini – (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.p.a., che sono rimasti intimati.
3. Il ricorso e’ stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli articoli 375, ultimo comma, e 380 bis 1, c.p.c.. Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360, n. 3 e n. 4, c.p.c., nonche’ la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 2 e conseguente nullita’ della sentenza impugnata, perche’ in essa non risultano in alcun modo menzionati, ne’ nell’intestazione ne’ nel dispositivo, non solo l’appellante Provveditorato Regionale delle Opere Pubbliche per la Campania, ma anche la (OMISSIS) s. p.a. in liquidazione e la (OMISSIS) s. p.a. (ora (OMISSIS), societa’ risultante dalla fusione di (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS) s. p.a.), benche’ fossero parti processuali del giudizio d’appello. Cio’ determina, ad avviso della ricorrente, l’impossibilita’ di individuare inequivocabilmente tuti i soggetti destinatari e beneficiari della pronuncia, mancante di elementi essenziali. Deduce che non si tratta di errore emendabile con la procedura di correzione e che la carenza denunciata comporta il rischio per l’odierna ricorrente di dover pagare per due volte le stesse somme, dato che gli importi riconosciuti dal lodo erano stati pagati dal Provveditorato, nonche’ comporta il rischio che solo l’odierna ricorrente sia tenuta a sopportare in proprio le conseguenze della condanna anche per la parte di competenza delle imprese mandanti.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 e segnatamente dell’articolo 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di provvedere nei confronti dei soggetti Provveditorato Regionale delle Opere Pubbliche per la Campania, (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione e (OMISSIS) s.p.a. (ora (OMISSIS)), benche’ fossero parti processuali del giudizio d’appello, cio’ determinando il vizio di omessa pronuncia, come da giurisprudenza di questa Corte che richiama.
3. Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, e segnatamente degli articoli 167, 183 e 184 c.p.c., anche in relazione all’articolo 345 c.p.c., per avere la Corte di Appello disatteso l’eccezione di inammissibilita’ dell’impugnazione per tardivita’ delle allegazioni difensive riproposte in appello dalla P.A., in quanto svolte nel procedimento di primo grado successivamente al maturarsi delle preclusioni e decadenze previste dagli articoli 180, 183 e 184 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis al procedimento in esame. Rileva che le amministrazioni, con la comparsa di costituzione, non avevano in alcun modo contestato i fatti e le circostanze dedotte dalle opponenti a fondamento delle proprie richieste e della domanda riconvenzionale, limitandosi a contestare solo del tutto genericamente la fondatezza delle pretese, e anche nella sentenza impugnata si dava atto che solo con la comparsa conclusionale le opposte sollevavano eccezioni nel merito delle domande attoree. Nessuna contestazione veniva svolta dalle amministrazioni anche nel prosieguo del giudizio di primo grado, atteso che l’Avvocatura Distrettuale non depositava nessuna delle memorie all’epoca previste dagli articoli 180, 183 e 184 c.p.c.. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, le deduzioni difensive svolte dalle Amministrazioni solo in comparsa conclusionale non erano qualificabili come mere eccezioni in senso lato, atteso che, a mero titolo esemplificativo, sino alla comparsa conclusionale in primo grado, l’Avvocatura dello Stato non aveva mai contestato la natura extracontrattuale delle prestazioni aggiuntive richieste dall’amministrazione, in merito sia alle indagini sui calcestruzzi sia all’adeguamento antisismico della struttura centrale, ne’ aveva contestato l’imprevedibilita’ dello stato dei calcestruzzi e soprattutto la riconducibilita’ del provvedimento di decadenza alla sopravvenuta carenza di fondi. L’appello avrebbe dovuto, pertanto, dichiararsi inammissibile in quanto i motivi si basavano tutti su argomenti, deduzioni e contestazioni indebitamente introdotte nel processo di primo grado quando erano ormai irrimediabilmente maturate le decadenze e preclusioni stabilite dagli articoli 167, 180, 183 e 184 c.p.c..
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 e la violazione dell’articolo 342 c.p.c. e dell’articolo 2909 c.c. e deduce che non erano stati impugnati dalla P.A. ne’ il capo della sentenza con cui il Tribunale aveva “statuito che i comportamenti contraddittori tenuti dall’amministrazione nel corso della concessione costituiscono motivo “dirimente” per ritenere l’illegittimita’ del provvedimento di decadenza della concessione (v. sentenza, inizio pag. 7)”, ne’ la parte in cui il Giudice di primo grado aveva “statuito che il ritardo nella consegna del progetto strutturale era giustificato dalla necessita’ che venissero prima completamente rimosse le macerie onde poter verificare lo stato effettivo dei luoghi”, con la conseguenza che tali statuizioni, da ritenersi autonome e indipendenti, dovevano ritenersi inoppugnabili, poiche’ avevano acquisito il valore di cosa giudicata, in assenza di impugnazione specifica al riguardo.
5. Con il quinto motivo lamenta l’omesso esame da parte della Corte d’Appello di un fatto decisivo per il giudizio, pure oggetto di discussione tra le parti, consistente nella mancata registrazione da parte della Corte dei Conti del provvedimento di decadenza dalla concessione, sulla base di una serie di puntuali e specifici rilievi formulati dall’organo di controllo non tenuti in considerazione dal giudice di merito e da cui risultava la non ascrivibilita’ dei ritardi ed inadempimenti all’ (OMISSIS).
6. Con il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 2697 c.c. e all’articolo 115 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto imputabile al RTI il ritardo nella consegna della progettazione esecutiva, attesa la prevedibilita’ del danneggiamento delle strutture in calcestruzzo tra quota 5 metri e quota 30 metri. In particolare la Corte d’appello ha affermato che “i danni dell’incendio sulla struttura in ferro e cemento armato erano del tutto prevedibili, essendo notorio che le alte temperature ed i sovraccarichi conseguenti al crollo parziale potevano danneggiare le strutture sottostanti”, ma detta conclusione sarebbe indimostrata e assunta in totale spregio del disposto dell’articolo 115 c.p.c. e dell’articolo 2697 c.c., in quanto fondata sul ricorso a nozioni di “comune esperienza” non invocabili nel caso specifico, trattandosi di questioni di natura altamente tecnica che non possono rientrare nella nozione del c.d. fatto notorio. Nel ribadire che detta questione non era stata oggetto di motivo di appello, la ricorrente deduce che la Corte d’appello avrebbe dovuto basarsi sulla documentazione depositata in atti, da cui emergeva che l’amministrazione non aveva mai contestato il carattere eccezionale e imprevedibile del danneggiamento dipeso dall’incendio oppure, nella subordinata ipotesi in cui non avesse ritenuto sufficientemente chiara la documentazione in atti, avrebbe dovuto ricorrere all’ausilio di una consulenza tecnica d’ufficio. Rimarca che una questione di tale importanza, che costituiva il fulcro della motivazione addotta dal primo Giudice, era stata decisa in spregio al principio di disponibilita’ delle prove inderogabilmente sancito dall’articolo 115 c.p.c..
7. Con il settimo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. nonche’ dell’articolo 2697 c.c., anche in relazione agli articoli 183 e 184 c.p.c., per avere la Corte d’appello affermato che “il progetto originariamente depositato, oltre a non tener conto della necessita’ di rispettare la normativa antisismica” muoveva “da valori discutibili di partenza di coscienti di resistenza del cemento armato”, concludendo infine per la sussistenza di “deficienze di impostazione del progetto”, certamente imputabili al concessionario. Rimarca che il motivo di appello svolto dall’Avvocatura in merito alla sussistenza di presunte carenze del progetto presentato dall’Impresa era del tutto inammissibile, in quanto a sostegno della propria tesi la difesa erariale non aveva offerto alcuna prova diretta, limitandosi, invece, a richiamare documentazione non depositata in atti o depositata tardivamente in primo grado (segnatamente le sentenze del Tar di Napoli n. 206/94 e del Consiglio di Stato n. 148/96, depositate dall’Avvocatura solo con la comparsa conclusionale del primo grado di giudizio).Tali sentenze erano state pronunciate da giudice privo di giurisdizione, come statuito dalle S.U. con la sentenza n. 287/1999, e non contenevano in ogni caso alcun accertamento di fatto, non essendo stata compiuta alcuna istruttoria in quei giudizi, ne’ tanto meno una consulenza tecnica volta ad accertare la fondatezza delle contestazioni mosse dalla PA alla progettazione eseguita dal RTI.
8. Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo consistente nella circostanza che i lavori in oggetto erano stati riappaltati circa sei anni dopo la dichiarazione di decadenza dalla concessione, come da documento che richiama, e che in tale bando erano previsti finanziamenti diversi da quelli originariamente posti a copertura della convenzione stipulata con le ricorrenti. Cio’ sta a dimostrare, ad avviso della ricorrente, che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, l’indisponibilita’ di fondi per finanziare l’opera non era affatto temporanea e percio’ irrilevante, ma era stato il reale motivo del provvedimento di decadenza.
9. Con il nono motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, e, segnatamente, la violazione della normativa in tema di concessione di sola costruzione (articolo 1 della Legge 1137 del 1929), nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’articolo 360, n. 5, c.p.c., con riferimento alla necessaria introduzione della variante. Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha interpretato l’ampiezza dei poteri progettuali della concessionaria senza considerare il necessario raccordo di questi ultimi con le determinazioni discrezionali ineliminabili della committenza e con la potesta’ “originaria” ed indelegabile di quest’ultima di adottare determinazioni in merito alla conformazione dell’opera. Rimarca la ricorrente che sussisteva pacificamente la necessita’ di introdurre una variante dei lavori originariamente affidati alla concessionaria per tenere conto dello stato del manufatto sotto quota 30 metri, che presentava problematiche emerse solo successivamente alla stipulazione della convenzione di concessione. Deduce che, solo a seguito della rimozione dei detriti accumulatisi per effetto del crollo parziale dell’edificio dovuto all’incendio (prestazione affidata all’odierna ricorrente con la medesima convenzione) la concessionaria aveva potuto accertare la situazione delle fondazioni e prendere conoscenza dello stato dei calcestruzzi del corpo centrale dell’edificio dove avrebbe dovuto operare per la realizzazione della sua parte d’opera. Pertanto deduce di avere comunicato diligentemente alla committente la necessita’ di prevedere opere aggiuntive di natura pacificamente extracontrattuale (in quanto non previste nell’ambito della convenzione di concessione). Inoltre successivamente la stazione appaltante aveva preteso l’adeguamento della struttura anche alle normative antisismiche medio tempore approvate e, a fronte di cio’, la concessionaria odierna ricorrente, nel rispetto dei propri obblighi, aveva provveduto a rimettere alla concedente le evidenze del problema e le possibili soluzioni per farvi fronte, con indicazione dei presunti costi, sicche’ il livello del progetto presentato dalla concessionaria con riferimento agli interventi originariamente non previsti era coerente con lo sviluppo di un elaborato che avrebbe necessitato, a valle, dell’approvazione di un atto aggiuntivo della convenzione originaria di una progettazione esecutiva. Di conseguenza, ad avviso della ricorrente, la contestazione della stazione appaltante circa la non definitivita’ ed univocita’ della progettazione presentata, con riferimento agli interventi di adeguamento antisismico e agli interventi sui calcestruzzi, era da ritenersi infondata, in quanto competeva all’amministrazione l’adozione di un provvedimento di variante da aggiungere alla concessione originaria, con indicazione anche dell’onere della progettazione.
10. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondati nei limiti che si vanno ad illustrare.
10.1. Occorre rilevare che nell’intestazione e nel dispositivo della sentenza impugnata manca l’indicazione della parte Provveditorato Regionale per le Opere pubbliche per la Campania (ora Provveditorato interregionale per le Opera Pubbliche Campania, Molise e Basilicata – di seguito per brevita’ solo Provveditorato), benche’ nella motivazione si dia atto che detta parte, unitamente al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, aveva impugnato la sentenza di primo grado, nonche’, sotto il profilo della sua posizione sostanziale, che la medesima parte aveva stipulato la convenzione, aveva comunicato la decadenza del RTI dalla concessione-contratto e aveva pagato le somme oggetto del lodo arbitrale di seguito dichiarato nullo. In particolare, la statuizione di condanna di (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione al pagamento della somma di Euro 12.183.830,76, relativamente agli importi portati nel lodo, e della somma di Euro 163.214,54 corrispondente agli importi erogati a compenso degli arbitri, oltre interessi da giorno del pagamento fino al soddisfo, e’ stata emessa solo ed esclusivamente in favore del Ministero, cosi’ come quella di condanna alla rifusione delle spese di lite.
Non e’ dato rinvenire, nella motivazione della sentenza impugnata, alcuna spiegazione del ragionamento decisorio che ha condotto la Corte di merito ad omettere, nell’intestazione e nel dispositivo, la menzione del Provveditorato, il che determina la sussistenza di una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce e determina, di conseguenza, la nullita’ della sentenza, poiche’ l’omissione di cui si e’ detto, in alcun modo giustificata, non consente alla pronuncia di svolgere la propria funzione essenziale di “legge del caso concreto” (Cass. 16535/2012; Cass. 22275/2017; Cass. 3766/2018)
10.2. Le censure sono, invece, infondate, nella parte in cui denunciano l’omessa menzione delle parti (OMISSIS) s. p.a. in liquidazione e la (OMISSIS) s. p.a. (ora (OMISSIS), societa’ risultante dalla fusione di (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS) s. p.a.), atteso che dette parti sono mandanti rappresentate dalla mandataria (OMISSIS) s.p.a. e la Corte d’appello ha compiutamente dato atto di cio’, facendo piu’ riferimenti al RTI che le comprende.
Deve, pertanto, ritenersi che l’identita’ delle suindicate parti sia sufficientemente certa in base al contesto della motivazione della sentenza impugnata, considerato, peraltro, che, secondo l’orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio, al mandatario di un’associazione temporanea d’impresa e’ riconosciuta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, delle imprese mandanti nei confronti del soggetto appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo dei lavori, fino all’estinzione di ogni rapporto sicche’ l’appaltante puo’ agire in giudizio anche nei confronti della sola mandataria in proprio, stante il vincolo di responsabilita’ solidale che sorge con l’offerta delle imprese riunite in associazione (Cass. 11949/2018).
11. Dall’accoglimento, nel senso precisato, dei primi due motivi di ricorso discende l’assorbimento di tutti gli altri.
12. In conclusione, devono essere accolti, nei limiti di cui si e’ detto, i motivi primo e secondo di ricorso, dichiarati assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi primo e secondo di ricorso nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
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