Locazione uso commerciale il rischio inerente lo stato urbanistico del bene e clausole vessatorie

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 gennaio 2023| n. 1286.

Locazione uso commerciale il rischio inerente lo stato urbanistico del bene e clausole vessatorie

In tema di locazione di immobili adibiti ad uso non abitativo convenzionalmente destinati ad una determinata attività il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi dipendenti anche dalla situazione del bene sotto il profilo edilizio – e con particolare riguardo alla sua abitabilità ed alla sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale – solo quando la mancanza di tali titoli autorizzativi dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire in radice il rilascio degli atti amministrativi necessari e quindi da non consentire in nessun caso l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, può configurarsi l’inadempimento del locatore, fatte salve le ipotesi in cui quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere i necessari titoli abilitativi o, di converso, sia conosciuta e consapevolmente accettata dal conduttore l’assoluta impossibilità di ottenerli

Ordinanza|17 gennaio 2023| n. 1286. Locazione uso commerciale il rischio inerente lo stato urbanistico del bene e clausole vessatorie

Data udienza 21 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Locazione – Uso commerciale – Contratto – Rischio inerente lo stato urbanistico del bene – Clausole vessatorie – Art. 1341 cc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. DELL�UTRI Marco – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37160-2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), gia’ (OMISSIS) e prima ancora LE NEREDIDI S.A.S. di (OMISSIS), in persona del liquidatore p.t., e (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS), domiciliate ex lege in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del rappresentante legale p.t., (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio di quest’ultimo, (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1966/2019 della Corte d’Appello di Napoli, depositata in data 6 maggio 2019.
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio dal Consigliere MARILENA GORGONI.
Rilevato che:
(OMISSIS) ricorre per la cassazione della sentenza n. 1966-2019 emessa dalla Corte d’Appello di Napoli, resa pubblica in data 6 maggio 2019, formulando sei motivi;
resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.a. in liquidazione;
la ricorrente rappresenta, nella descrizione del fatto, che:
a) il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 6089/2017, aveva dichiarato risolto il contratto di locazione intercorso con il (OMISSIS), avente ad oggetto un immobile sito in (OMISSIS), per grave inadempimento dell’obbligo di corrispondere il canone, aveva dichiarato cessata la materia del contendere in merito al rilascio dell’immobile, perche’ esso era rientrato nella disponibilita’ della societa’ locatrice, ed aveva rigettato le sue domande riconvenzionali, condannandola a pagare al (OMISSIS) la somma di Euro 77.125,00, al netto degli interessi, oltre alle spese di giudizio;
b) la Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, ha confermato la sentenza impugnata;
c) in particolare, la Corte territoriale:
i) ha ritenuto corretta la decisione di primo grado nella parte in
cui aveva considerato non rilevanti le cause addotte a giustificazione dell’inadempimento dell’obbligo di pagamento del canone, perche’ il regolamento contrattuale poneva a carico della conduttrice il rischio relativo allo stato di fatto e di diritto dell’immobile; il contratto di locazione per cui e’ causa era stato stipulato, infatti, all’esito di un bando di gara nel quale era specificato che non era garantita la regolarita’ urbanistica del bene locato e che era onere degli interessati verificarla presso i competenti uffici comunali; con l’articolo 6 del contratto stipulato all’esito del bando di gara il conduttore dava atto di avere verificato in proprio le caratteristiche dell’immobile e che esse erano adeguate a quanto tecnicamente necessario per svolgervi l’attivita’ di pizzeria e di ristorazione nonche’ al rilascio di tutte le autorizzazioni amministrative necessarie alla legittima utilizzazione del bene e si assumeva il rischio inerente lo stato urbanistico del medesimo, rinunciando al diritto di chiedere alcun risarcimento, indennizzo o altra spesa alla locatrice, ove non avesse ottenuto le autorizzazioni necessarie; all’articolo 7, poi, la conduttrice dichiarava di assumersi, in aggiunta, anche il rischio di eventuali provvedimenti di natura repressiva emanati o emanandi dalle competenti autorita’ anche in relazione alla natura abusiva dell’immobile;
ii) ha escluso che il provvedimento di sequestro penale della struttura e la successiva ordinanza di demolizione delle opere abusive, non oggetto del condono n. 4069/86, giustificassero l’eccezione di inadempimento, avvalendosi della quale l’odierna ricorrente aveva sospeso unilateralmente il pagamento del canone;
iii) ha reputato non meritevole di accoglimento l’argomento secondo cui il vizio che aveva portato ai provvedimenti penali non fosse riconoscibile, sol perche’ gli abusi erano stati accertati tramite l’acquisizione di documenti reperiti presso l’ufficio del commercio e non gia’ attraverso quelli presenti presso l’ufficio tecnico del comune di (OMISSIS) ne’ presso gli enti preposti alla tutela paesaggistica, in quanto era pacifico che gli abusi erano anteriori alla data della locazione;
iv) ha affermato che gia’ la planimetria allegata alla perizia commissionata al geometra (OMISSIS), all’atto della stipulazione del contratto, permetteva di rilevare la differenza tra la descrizione degli immobili presenti presso le autorita’ comunali e quella effettiva;
v) ha considerato irrilevante il fatto che gli abusi sul bene locato fossero successivi al condono ottenuto nel 1986, perche’ il contratto non conteneva alcun riferimento al suddetto condono;
vi) ha escluso la natura vessatoria degli articoli 6 e 7 del contratto, perche’ difettavano i presupposti di cui all’articolo 1341 c.c.;
vii) ha negato la sussistenza di alcun profilo di scorrettezza nella condotta della locatrice, perche’ essa sin dalla fase precontrattuale – bando di gara – aveva dichiarato di non garantire la non abusivita’ dell’immobile;
viii) ha considerato valido il contratto di locazione, perche’ il carattere abusivo dell’immobile non rendeva illecito il contratto e perche’ non poteva trovare applicazione l’articolo 40 della l. n. 47/85, relativa ai contratti ad effetti reali;
ix) ha rigettato le domande riconvenzionali risarcitorie e restitutorie, perche’ presupponevano l’inadempimento del (OMISSIS) o l’antigiuridicita’ della sua condotta ex articolo 2043 c.c.;
x) ha respinto il motivo di appello relativo alla regolazione delle spese;
xi) ha rigettato anche l’appello incidentale del (OMISSIS) che lamentava che la condanna al pagamento del canone avesse riguardato il periodo compreso tra il mese di febbraio 2012 e il 9 aprile 2013 e non anche i mesi successivi, perche’ il termine del 9 aprile 2013 era quello in cui il possesso materiale e giuridico del bene era tornato alla locatrice, non potendosi considerare il sequestro penale un fatto impeditivo del reimpiego da parte del proprietario cagionato dalla conduttrice;
la trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380 bis 1 c.p.c.;
il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte;
parte ricorrente ha depositato memoria.

Locazione uso commerciale il rischio inerente lo stato urbanistico del bene e clausole vessatorie

Considerato che:

1) con il primo motivo le ricorrenti deducono, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione degli articoli 1353, 1362 e 1363 c.c. nonche’ degli articoli 115, 116 e 342, comma 1, punto 1) c.p.c. (presupposizione e corretta valutazione delle prove)”;
2) con il secondo motivo, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le ricorrenti lamentano “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione”;
i primi due motivi sono illustrati unitariamente, pertanto, verranno esaminati congiuntamente;
alla sentenza impugnata si rimprovera di:
a) non avere considerato che lo stato urbanistico-amministrativo del bene, da verificare espressamente presso l’ufficio tecnico comunale di (OMISSIS) e gli enti preposti alla tutela paesaggistica e/o paesistica, rapportato allo stato dei luoghi descritto analiticamente nella perizia commissionata al geometra (OMISSIS), allegata al contratto, aveva costituito un elemento imprescindibile del contratto che era valso anche a definire il rischio assunto; tant’e’ vero che nella premessa del contratto si faceva riferimento al fatto che (OMISSIS) aveva visionato l’immobile ed aveva verificato in proprio – avendo preventivamente preso atto presso l’UTC del Comune di (OMISSIS) e presso gli Enti preposti alla tutela paesaggistica e/o paesistica dello stato urbanistico del bene – che esso possedeva le caratteristiche adeguate e tecnicamente necessarie per lo svolgimento dell’attivita’ che intendeva esercitarvi, che gli articoli 6 e 7 del contratto facevano, a loro volta, riferimento ai controlli effettuati presso l’ufficio tecnico comunale di (OMISSIS) e presso gli enti preposti alla tutela paesaggistica e paesistica lo stato urbanistico del bene; pertanto, i giudici di merito avrebbero erroneamente dato risalto al fatto che l’istanza di sanatoria non era stata menzionata nel contratto e non avrebbero considerato, invece, che lo stato dell’immobile accertato ed accertabile tramite la documentazione presente presso l’ufficio tecnico comunale e gli enti preposti alla tutela paesistica e paesaggistica costituiva una presupposizione, cioe’ una condizione implicita, assunta a fondamento dell’esistenza e dell’efficacia del contratto;
b) la Corte territoriale non avrebbe esaminato la perizia giurata che, raffrontando lo stato dei luoghi al momento della stipulazione del contratto di locazione e la documentazione reperita presso l’UTC di (OMISSIS), dava atto di uno scarto assolutamente trascurabile di differenza tra le superfici rilevate, affermando, del tutto genericamente, che dalla perizia del geometra (OMISSIS) emergeva uno stato di fatto conosciuto o conoscibile da parte sua; la motivazione della Corte territoriale sarebbe del tutto inconsistente, perche’ non era in discussione la conoscenza dello stato di fatto del bene risultante dalla perizia, bensi’ la conoscibilita’ del fatto che l’istanza di sanatoria n. 4069/1986 era inidonea;
2.1) i motivi non sono meritevoli di accoglimento, perche’ la societa’ ricorrente non ha soddisfatto le prescrizioni di cui all’articolo 366 n. 6 c.p.c., quanto alla localizzazione del contratto, evocato alle pp. 8-9, all’ordinanza di demolizione del Comune di (OMISSIS), evocata alle pp. 10-11 ed indicata come doc. 9, ma senza precisare a quale sede tale numerazione si riferirebbe, soprattutto in questa sede di legittimita’, quanto agli atti evocati a p. 11;
2.2) comunque, sono direttamente fattuali, nel senso di ricostruttori di valutazioni alternative sul piano del merito, allo scopo di ottenere una pronuncia di esito diverso quanto a cio’ che rientrava nell’area dell’alea pattiziamente assunta;
non e’ stata infatti supportata argomentativamente la violazione delle norme sulla interpretazione del contratto dedotta con il primo motivo;
costituisce un principio dal quale non vi e’ motivo di discostarsi che la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non puo’ limitarsi a richiamare le regole di cui agli articoli 1362 e ss. c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiche’ quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (Cass. 09/04/2021, n. 9461);
nel caso di specie, il giudice a quo, a p. 11, ha osservato che il contratto di locazione non era stato stipulato sul presupposto che l’immobile fosse stato oggetto di istanza di condono e, a p. 12, ha ritenuto che la conduttrice, con gli articoli 6 e 7 del contratto, avesse assunto su di se’ “ogni rischio inerente lo stato urbanistico dei beni” nonche’ “ogni rischio conseguente ad eventuali provvedimenti di natura repressiva emanati o che dovessero essere emanati dalle Autorita’ competenti in relazione agli immobili oggetto della locazione o a causa della natura di detti immobili”;
lo sforzo confutativo delle ricorrenti non raggiunge lo scopo perche’ si limita a ipotizzare che lo stato dell’immobile come risultante dalla documentazione consultata presso l’ufficio tecnico comunale e gli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche avesse costituito una presupposizione; a parte l’assertivita’ di tale affermazione – e persino il dubbio che la questione fosse stata sottoposta in questi termini dinanzi al giudice di appello – essa appare anche stridente con il contenuto degli articoli 6 e 7 del contratto, i quali, ove la ipotesi delle ricorrenti fosse corretta, risulterebbero svuotati di significativita’, giacche’ priverebbero di contenuto il rischio con essi espressamente assunto dalla conduttrice;
il contratto di locazione naturalmente commutativo e’ stato ritenuto, nel caso di specie, arricchito di due pattuizioni – espresse negli articoli 6 e 7 – che hanno inciso sull’equilibrio delle prestazioni, giacche’ hanno prefigurato il verificarsi di sopravvenienze – compresi eventuali provvedimenti repressivi – che rendevano unilateralmente – per la conduttrice – aleatorio sotto tale profilo il contratto quanto alla sua conformita’ alla normativa edilizia ed alla sua idoneita’ a svolgervi l’attivita’ commerciale cui era destinato; tale ricostruzione della fattispecie si pone sostanzialmente in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, anche per i contratti cosiddetti commutativi, le parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, possono prefigurarsi la possibilita’ di sopravvenienze, che incidano o possano incidere sull’equilibrio delle prestazioni, ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, in tal modo modificando lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio;
2.3) le censure di omesso esame – anche senza considerare il consolidato indirizzo giurisprudenziale in ordine alla preclusione di cui all’articolo 348 ter ult. comma, c.p.c. (cfr., tra le piu’ recenti decisioni massimate Cass. 25/02/2022, n. 6295) – si risolvono in una sollecitazione a controllare la motivazione quanto alla ricostruzione della quaestio facti e, dunque, si pongono al di fuori dell’evocato n. 5 dell’articolo 360 c.p.c.;
3) con il terzo motivo le ricorrenti rimproverano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione degli articoli 1218, 1176, 1337, 1374, 1375, 1341, 1453, 1455, 1460, 1575, 1578 c.c. nonche’ degli articoli 2697 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c. (sul regolamento contrattuale: rispettive obbligazioni e sinallagma; vessatorieta’ delle previsioni di cui agli articoli 6 e 7 del contratto; in ogni caso, insussistenza della rinuncia a far valere l’inadempimento come eccezione)”;

Locazione uso commerciale il rischio inerente lo stato urbanistico del bene e clausole vessatorie

4) con il quarto motivo le ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'”omesso esame di un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”;
4.1) anche il terzo ed il quarto motivo sono accomunati nella trattazione, essendo stati gia’ illustrati in modo unitario dalle ricorrenti;
4.2) sono inammissibili, perche’ non soddisfano, per le ragioni gia’ indicate, i requisiti di cui all’articolo 366 n. 6 c.p.c.;
4.3) vale comunque la pena di aggiungere, quanto alla censura di avere erroneamente interpretato il contratto di locazione e per questo avere condannato (OMISSIS) S.p.A. al pagamento dei canoni di locazione anche per il periodo successivo al sequestro penale, nonostante la societa’ conduttrice avesse perduto il possesso del bene, mentre – secondo la tesi delle ricorrenti – avrebbe dovuto essere valutata l’incidenza dei reciproci inadempimenti delle parti sull’equilibrio sinallagmatico; in particolare, avrebbe dovuto essere considerata l’eccezione di inadempimento formulata rispetto all’obbligazione posta a carico del locatore di garantire il pacifico godimento del bene e avrebbe dovuto essere applicata la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’eccezione di inadempimento prescinde dalla responsabilita’ della controparte, potendo essere esercitata anche nel caso di mancato adempimento per causa non imputabile, ed avrebbe dovuto pretendere dalla societa’ locatrice la prova di avere adempiuto all’obbligazione di cui all’articolo 1575, n. 3, c.c., deve osservarsi che, ove le ricorrenti non fossero incorse nella violazione dell’articolo 366 n. 6 c.p.c., ed il Collegio avesse potuto esaminarle, esse non sarebbero state accolte; la questione della locazione di un bene locato abusivo si pone, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, sul piano dell’analisi degli interessi disposti in tema di obblighi del locatore (Cass. 21/08/2020, n. 17557); specificamente la giurisprudenza di questa Corte ritiene che “in relazione ad immobili adibiti ad uso non abitativo convenzionalmente destinati ad una determinata attivita’ il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi dipendenti anche dalla situazione del bene sotto il profilo edilizio – e con particolare riguardo alla sua abitabilita’ e alla sua idoneita’ all’esercizio di un’attivita’ commerciale – solo quando la mancanza di tali titoli autorizzativi dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, si’ da impedire in radice il rilascio degli atti amministrativi necessari e quindi da non consentire in nessun caso l’esercizio lecito dell’attivita’ del conduttore conformemente all’uso pattuito, puo’ configurarsi l’inadempimento del locatore, fatte salve le ipotesi in cui quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere i necessari titoli abilitativi o, di converso, sia conosciuta e consapevolmente accettata dal conduttore l’assoluta impossibilita’ di ottenerli” (Cass. 26/07/2016, n. 15377);

Locazione uso commerciale il rischio inerente lo stato urbanistico del bene e clausole vessatorie

e’ consolidata, infatti, la giurisprudenza di questa Corte nel senso che “l’obbligo del locatore relativo al godimento dell’immobile quanto all’uso convenuto deriva da una garanzia negoziale che le parti devono istituire mediante una specifica pattuizione, non discendendo invece ex lege dal contratto locatizio di per se'”; ne’ conseguenze diverse per le odierni ricorrenti discenderebbero dal diverso orientamento, largamente superato, secondo cui il locatore, quale diretta conseguenza di tale sua posizione nel rapporto contrattuale, ha l’obbligo di garantire la conformita’ edilizia del bene e la sua idoneita’ al fine pattuito, perche’ essa, comunque, esclude l’obbligo nel caso in cui il conduttore prima di stipulare fosse a conoscenza delle caratteristiche dell’immobile ostative al godimento e cio’ nonostante abbia stipulato (Cass. 14/03/2018, n. 6123);
nella sostanza, la societa’ locatrice non aveva assunto l’obbligo di garantire che l’immobile fosse conforme alla disciplina urbanistica, anzi, il rischio che non lo fosse e persino quello che intervenissero provvedimenti restrittivi al suo uso erano stati espressamente assunti dalla societa’ (OMISSIS), sicche’ la posizione di quest’ultima in ordine allo stato giuridico dell’immobile locato era quantomeno da porre sullo stesso piano di quella del conduttore pienamente consapevole dei vizi del bene; in questo senso, si e’ orientata la sentenza impugnata, come ben si evince dalle pp. 13 e 14, ove la volonta’ contrattuale delle parti e’ stata ritenuta quella di “porre a carico della conduttrice il rischio dell’inidoneita’ dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo qualora cio’ si fosse verificato perche’ era a conoscenza della possibile inettitudine dell’oggetto della prestazione e ne aveva accettato il rischio economico”;
4.3) in ordine alla censura secondo cui l’impugnata sentenza avrebbe omesso di considerare la prova contraria del fatto che i provvedimenti repressivi erano intervenuti perche’ l’istanza di sanatoria n. 4069/1986 era viziata ab origine, atteso che riguardava superfici solo parzialmente realizzate, e che cio’ non era evincibile ne’ utilizzando l’ordinaria diligenza ne’ provvedendo ad approfonditi controlli presso l’ufficio tecnico comunale ne’ presso gli uffici preposti, deve tenersi conto del fatto che la Corte territoriale ha escluso che nel contratto si fosse in alcun modo fatto riferimento alla istanza di condono del 1986 ed ha negato rilievo al fatto che il provvedimento di sequestro penale fosse stato disposto sulla scorta di documenti reperiti presso l’ufficio commercio, perche’ comunque gli abusi risalivano ad un periodo antecedente a quello della stipulazione del contratto di locazione con cui la conduttrice aveva assunto il rischio derivante dallo stato abusivo del bene locato;
4.4) le ricorrenti si dolgono anche che i giudici partenopei non abbiano considerato che aveva sospeso il pagamento del canone perche’ era venuta completamente a mancare la controprestazione; la Corte d’Appello, pero’, si e’ espressa sulla permanenza dell’obbligo di pagare il canone di locazione, nonostante il sequestro dell’immobile, ed ha escluso la ricorrenza di alcun inadempimento a carico della locatrice (pp. 13-14 della sentenza);
4.5.) ancora viene lamentato che la Corte territoriale non sarebbe stata in grado di avvedersi che era stato assunto solo il rischio di provvedimenti repressivi determinati dalla comparazione tra lo stato dei luoghi del bene con la documentazione presso l’ufficio tecnico comunale e gli enti preposti alla tutela paesaggistica e paesistica, senza accettare rischi diversi ed ulteriori;
tale argomento in maniera apodittica pretende di restringere a favore delle ricorrenti il contenuto dell’alea assunta con il contratto, opponendo all’esito dell’attivita’ interpretativa del giudice che risulta logica e motivata una propria diversa ricostruzione del contenuto dell’alea contrattuale assunta, senza dimostrare in che modo la sentenza impugnata avrebbe violato i canoni interpretativi della lex contractus (cfr. supra § 2.2);
4.6) stante la ritenuta irrilevanza dell’istanza di sanatoria, la censura che addebita alla sentenza impugnata di non avere attribuito rilievo al fatto che la locatrice aveva taciuto che l’istanza di sanatoria era viziata risulta non correlata alla ratio decidendi della sentenza impugnata;

Locazione uso commerciale il rischio inerente lo stato urbanistico del bene e clausole vessatorie

4.7) lamentando la violazione delle norme sull’interpretazione del contratto, per non aver tenuto conto della presupposizione, non aver rilevato l’equilibrio sinallagmatico, avere omesso di valutare il contenuto dell’ordinanza di demolizione, le ricorrenti ripropongono confutazioni gia’ giudicate immeritevoli di accoglimento supra § 2.12.2;
4.8) anche senza considerare che non risulta che sia stata sottoposta alla Corte territoriale la questione del comportamento inerte tenuto dal Centro Ittico dopo il sequestro penale, essa sarebbe assorbita dal fatto che la locatrice non aveva in alcun modo assunto l’obbligo di garantire la conformita’ urbanistica del bene ne’ quello di garantirne l’idoneita’ all’uso commerciale cui era destinato;
4.9) in ordine al profilo di censura che riguarda la decisione di non applicare l’articolo 1341 c.c., va osservato che la predisposizione unilaterale del contenuto del contratto – quand’anche dimostrata e non meramente supposta – non basterebbe a determinare l’applicazione della disciplina di cui all’articolo 1341 c.c.; deve escludersi, infatti, che, a prescindere da chi sia stato l’autore dello schema di lavoro e di quali siano poi le concrete scelte negoziali assunte dalle parti e lo specifico attivismo nell’attuazione delle stesse (Cass. 15/04/2015, n. 7605), la societa’ ricorrente si sia trovata dinanzi all’alternativa di accettare o rifiutare nella loro interezza le condizioni predisposte dalla controparte (Cass. 06/02/2019, n. 347) – peraltro, gia’ il bando che aveva preceduto la stipulazione del contratto escludeva che la locatrice garantisse la non abusivita’ dell’immobile – ne’, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, sono venute in rilievo condizioni generali di contratto, ossia quelle clausole che un soggetto, il predisponente, utilizza per regolare uniformemente i propri rapporti contrattuali; tanto basta ad escludere la ricorrenza delle ragioni che hanno indotto il legislatore, al fine di assicurare la contrattualita’ effettiva delle singole clausole vessatorie inserite in tali condizioni, a richiedere la specifica loro approvazione per iscritto (Cass. 19/07/2019, n. 19524); senza considerare che, trattandosi di locazione ad uso non abitativo, il conduttore non e’ nella posizione di parte “debole” rispetto al locatore: cosi’ Cass. 14/03/2018, n. 6123;
4.10) atteso che il sequestro penale rientrava nell’alea unilateralmente assunta con il contratto dalla societa’ (OMISSIS), nessun errore potrebbe essere attribuito alla sentenza impugnata per averla condannata al pagamento del canone di locazione per tutto il tempo in cui l’immobile e’ stato, fino alla riconsegna, nella sua disponibilita’;
5) con il quinto motivo le ricorrenti censurano la sentenza d’appello per “violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 1226 nonche’ degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c. (corretta valutazione del comportamento della locatrice quale fonte risarcitoria rispetto al danno subito dalla sig.a (OMISSIS) in proprio)”;
6) con il sesto motivo e’ addotto l'”omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione”, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
la sentenza impugnata avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria di (OMISSIS), limitandosi ad affermare che il suo coinvolgimento nelle indagini e nei provvedimenti dell’autorita’ requirente non risultava ricollegabile alla condotta del (OMISSIS) e che non era stata chiarita la ragione per la quale la locatrice avrebbe dovuto informarla dell’impossibilita’ di accoglimento della istanza di condono del 1986;
sussisterebbe anche una violazione di legge in relazione all’articolo 2043 c.c., perche’ (OMISSIS) sarebbe stata “coinvolta nel procedimento penale, nonostante fosse del tutto estranea agli abusi riscontrati dalle autorita’, sulla scorta della insuscettibilita’ dell’istanza di sanatoria del 1986 ad essere accolta” ed un vizio di omesso esame di un fatto decisivo, costituito dal fatto che la proprietaria/locatrice del bene avrebbe dovuto conoscere lo stato anche urbanistico del bene ed avrebbe dovuto comunicarlo all’amministratrice della conduttrice che invece era stata coinvolta in un procedimento penale;
6.1) le censure sono immeritevoli di accoglimento;
non ricorre la violazione dell’articolo 112 c.p.c., atteso che, come la stessa ricorrente riconosce, la sentenza impugnata ha confermato la decisione del Tribunale che aveva rigettato tutte le domande riconvenzionali, compresa quella avente ad oggetto il risarcimento richiesto da (OMISSIS), per il compenso all’avvocato penalista che l’aveva difesa nel processo penale in cui era rimasta coinvolta e per il danno morale ed all’immagine che ne erano derivati, non distinguendo quelle proposte dalla societa’ (OMISSIS) da quelle avanzate in proprio da (OMISSIS), aggiungendo che il coinvolgimento di quest’ultima nelle indagini e nel processo penale non era in alcun modo riconducibile alla condotta del (OMISSIS), il quale non aveva nessuna ragione per informarla dell’impossibilita’ di accoglimento della istanza di condono e nessun chiarimento a tale ultimo riguardo era stato offerto dalla parte appellante; tanto esclude che la Corte territoriale sa incorsa nel vizio di cui all’articolo 112 c.p.c.;
6.2) le restanti censure non si confrontano con la decisione impugnata, la quale ha escluso che fosse stata allegato alcun profilo di responsabilita’ contrattuale o extracontrattuale del (OMISSIS), giacche’ parte appellante si era dilungata solo sul profilo del danno, e/o ripropongono argomenti che attengono al contenuto “aleatorio” del contratto, su cui cfr. supra;
7) ne consegue l’inammissibilita’ del ricorso;
8) le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
9)seguendo l’insegnamento di Cass., Sez. Un., 20/02/2020 n. 4315 si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2012, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 articolo 13 comma 1 -quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Locazione uso commerciale il rischio inerente lo stato urbanistico del bene e clausole vessatorie

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *