Corte di Cassazione, penale, Sentenza|9 dicembre 2020| n. 35015.
L’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purché vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro. (In motivazione la Corte ha precisato che la legittimazione al riesame reale trova fondamento nella lettura sistematica delle disposizioni settoriali sulle impugnazioni cautelari reali di cui agli artt. 322 e 322-bis cod. proc. pen. e di quelle generali sull’interesse all’impugnazione di cui agli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. a) cod. proc. pen.).
Sentenza|9 dicembre 2020| n. 35015
Data udienza 9 ottobre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Sequestro preventivo – Albergo – Quote patrimonio societario – Reato di infedeltà patrimoniale ex art. 2634 c.c. – Fattispecie – Impugnazione – Soggetti non titolari dei beni in sequestro – Carenza di interesse
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente
Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere
Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere
Dott. BORRELLI Paola – Consigliere
Dott. RICCARDI Giusep – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 28/02/2020 del Tribunale della liberta’ di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RICCARDI GIUSEPPE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Epidendio Tomaso, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS);
uditi i difensori, Avv. (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 28/02/2020 il Tribunale della liberta’ di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dal PM avverso l’ordinanza di revoca del sequestro del Gip del Tribunale di Roma del 10.1.2020, ha disposto il sequestro preventivo dell’albergo Hotel (OMISSIS) e delle quote della (OMISSIS) s.r.l. cedute alla (OMISSIS).
1.1. Il procedimento ha ad oggetto il reato di infedelta’ patrimoniale di cui all’articolo 2634 c.c., posto in essere, secondo l’ipotesi accusatoria, da (OMISSIS) e (OMISSIS): (OMISSIS), socio di riferimento (tramite i figli formali intestatari) al 50% del capitale sociale della (OMISSIS) s.p.a., nonche’ legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., e (OMISSIS), nominato amministratore unico della (OMISSIS) dal 22.12.2017, sono indiziati di aver compiuto atti di disposizione del patrimonio sociale della (OMISSIS) s.p.a., dapprima escludendo dal diritto di vito il socio (OMISSIS) s.r.l. (societa’ unipersonale di (OMISSIS), in precedenza amministratore unico della (OMISSIS), nei cui confronti veniva deliberato il proponimento di un’azione di responsabilita’), e successivamente risolvendo il contratto di affitto di azienda alberghiera tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. (amministrata dalla moglie di (OMISSIS), (OMISSIS)), con contestuale liberatoria del conduttore nonostante una cospicua morosita’ di circa 4 milioni di Euro; contestualmente l’albergo “(OMISSIS)”, sito in via (OMISSIS), veniva concesso in affitto alla (OMISSIS) s.r.l. (societa’ di (OMISSIS)), con il riconoscimento di un diritto di opzione a titolo gratuito e determinazione del prezzo della compravendita in 35 milioni di Euro; in seguito all’esercizio dell’opzione e al successivo lodo arbitrale, il complesso aziendale veniva trasferito, nel febbraio 2019, alla (OMISSIS) s.r.l..
Tanto premesso, il Gip del Tribunale di Roma, in data 5.7.2019, disponeva il sequestro preventivo dell’azienda di (OMISSIS) s.p.a. e dell’immobile alberghiero; il 23.7.2019 il sequestro veniva esteso alle quote e al patrimonio societario della (OMISSIS) s.r.l. e della (OMISSIS) s.r.l.; il 7.8.2019 il sequestro veniva parzialmente revocato in relazione alle quote della (OMISSIS), per la ritenuta assenza del vincolo di pertinenzialita’ con il reato, risultando che la compagine sociale della (OMISSIS) era formalmente estranea a (OMISSIS).
Il 10.1.2020 il Gip revocava il sequestro dell’immobile alberghiero e delle quote della (OMISSIS) s.r.l., subordinatamente alla cessione del 100% delle quote della (OMISSIS) (attualmente intestate a (OMISSIS) e (OMISSIS)) a un prezzo pari al valore nominale, in favore della (OMISSIS) in liquidazione.
1.2. Avverso tale provvedimento proponeva appello il P.M., sostenendo la non equivalenza della situazione giuridica conseguente alla retrocessione delle quote dalla (OMISSIS) rispetto a quella preesistente alla consumazione delle condotte di infedelta’ patrimoniale contestate, rappresentando come la retrocessione era stata autorizzata al valore nominale delle quote, senza la valutazione dei possibili debiti della (OMISSIS) e della loro incidenza sulla (OMISSIS).
1.3. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale della liberta’ di Roma accoglieva l’appello proposto dal PM e disponeva il sequestro preventivo dell’albergo Hotel (OMISSIS) e delle quote della (OMISSIS) s.r.l. cedute alla (OMISSIS).
Cristallizzato il quadro concernente il fumus commissi delicti, con riferimento alle esigenze cautelari il Tribunale ha ritenuto che l’operazione, proposta dal liquidatore della (OMISSIS), non fosse idonea ad elidere integralmente le conseguenze dannose della condotta criminosa, per due motivi:
a) la “retrocessione” delle quote (la cessione delle quote di controllo di (OMISSIS) da (OMISSIS) alla (OMISSIS)), attribuendo alla (OMISSIS) il controllo della societa’ “spoliante”, consentirebbe alla (OMISSIS) di rientrare nella disponibilita’ dell’azienda alberghiera e dell’immobile; tuttavia, l’operazione e’ stata effettuata prevedendo che il soggetto illegittimamente spogliato pagasse il valore nominale delle quote della (OMISSIS); in tal senso, l’operazione non ripristinerebbe la situazione antecedente al reato, imponendo alla parte danneggiata il pagamento di un prezzo per riottenere la disponibilita’ di cio’ che le e’ stato sottratto con il reato;
b) sotto altro profilo, l’operazione consentirebbe il ritorno del compendio aziendale e immobiliare nella sfera giuridica di controllo della (OMISSIS), che, attraverso lo schermo societario della (OMISSIS), potrebbe disporne e lucrarne un reddito, limitandone altresi’ la responsabilita’ patrimoniale nei limiti del valore della sua quota; tuttavia, tale meccanismo, rispetto al quale e’ stato lasciato fuori il denunciante ( (OMISSIS)), complicherebbe la gia’ complessa situazione civilistica, alimentando il contenzioso; ma, soprattutto, il ritorno dell’azienda spogliata nella sfera di controllo della (OMISSIS) non determinerebbe il ripristino dello status quo ante, perche’ la (OMISSIS) non e’ piu’ controllata dalla S (OMISSIS) di (OMISSIS), ma da (OMISSIS) e (OMISSIS); e la condotta criminosa contestata ai predetti comprende in primo luogo proprio l’estromissione (dal diritto di voto) dell’amministratore e socio di maggioranza (OMISSIS); in altri termini, l’assetto non consentirebbe il ripristino integrale della situazione antecedente, in quanto attribuirebbe il controllo dell’azienda e dell’albergo proprio alla societa’ che, per effetto della prima parte della condotta criminosa (l’estromissione di (OMISSIS)), ha ancora il controllo della (OMISSIS), mentre scopo del sequestro e’ proprio quello di privare totalmente gli indagati del controllo dell’azienda sequestrata.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS) (il primo amministratore unico, ed entrambi soci al 50% ciascuno della (OMISSIS) s.r.l.), Avv. (OMISSIS), deducendo quattro motivi.
2.1. Violazione dell’articolo 309 c.p.p., comma 8, per l’omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale dinanzi al Tribunale del riesame alle parti e ai rispettivi difensori.
2.2. Violazione di legge processuale in relazione all’articolo 321 c.p.p., comma 1: il sequestro preventivo puo’ essere adottato nei confronti di una cosa in rapporto di pertinenzialita’ con il reato per cui si procede, che, nella fattispecie, manca; nella contestazione dell’articolo 2634 c.c., viene contestato soltanto il trasferimento del complesso aziendale alla (OMISSIS) s.r.l., non anche il trasferimento delle quote della (OMISSIS), per le quali non e’ ravvisabile alcun nesso di pertinenzialita’ con il reato.
Inoltre la societa’, anche c.d. di comodo, e le relative quote non presentano una pericolosita’ c.d. intrinseca che consenta l’adozione del vincolo reale, come affermato in tema di bancarotta da Sez. 5, n. 3563 del 26/06/2015 – dep. 27/01/2016, Garzia, Rv. 266047, secondo cui “la societa’ “di comodo” e la titolarita’ delle sue quote in quanto costituiscano lo strumento attraverso il quale il fallito continui a svolgere la propria attivita’ imprenditoriale, non possono in se’ e per se’ costituire oggetto di sequestro preventivo atteso che’ nulla vieta che il fallito prosegua fuori del fallimento una precedente attivita’ o che ne intraprenda una nuova, fatte salve, ovviamente, le ragioni dei creditori concorsuali. Ai fini della adozione del sequestro preventivo occorre, infatti, un collegamento strumentale tra reato fallimentare e cosa sequestrata e non tra il reato e la persona”. In tal caso il sequestro e’ stato adottato sul mero rilievo che la (OMISSIS) sarebbe riconducibile a (OMISSIS), senza tuttavia indicare quali beni sarebbero affluiti dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS).
Il vincolo, dunque, si e’ risolto non gia’ nell’ablazione di specifiche res in ipotesi sottratte alla (OMISSIS), ma in una sorta di inibitoria di attivita’, che esula dal tipo legale del sequestro preventivo, sulla base di un asserito legame tra indagato e reato.
2.3. Violazione di legge in relazione all’articolo 597 c.p.p., comma 1 e mancanza di motivazione.
Le doglianze del PM erano circoscritte alla idoneita’ dell’operazione c.d. di “retrocessione” ad elidere le conseguenze dannose del reato, e riguardavano l’omessa valutazione dell’incidenza dei possibili debiti della ceduta (OMISSIS) sul patrimonio della cessionaria (OMISSIS).
Nell’ambito del devoluto, gli indagati depositavano una memoria difensiva con allegata consulenza contabile, per dimostrare che l’operazione era vantaggiosa per la (OMISSIS), redigendo un elenco dettagliato dell’attivo e del passivo.
Cio’ posto, lamenta che il Tribunale abbia completamente omesso di valutare la memoria, ritenendola ininfluente, in quanto concernente il profilo del fumus commissi delicti.
Al contrario, il Tribunale, pur ritenendo infondata la doglianza del PM, ha accolto l’appello per motivi completamente diversi da quelli devoluti, ripristinando il vincolo ablatorio.
3. Ha proposto ricorso per cassazione, altresi’, il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo la violazione dell’articolo 597 c.p.p., comma 1 e il difetto assoluto di motivazione su un tema decisivo devoluto con l’appello del PM.
L’appello del PM aveva devoluto soltanto il profilo dell’idoneita’ dell’operazione di “retrocessione” ad elidere le conseguenze del reato, e riguardava l’omessa valutazione dell’incidenza dei possibili debiti della ceduta (OMISSIS) sul patrimonio della cessionaria (OMISSIS).
Nell’ambito del devoluto, gli indagati depositavano una memoria difensiva con allegata consulenza contabile, per dimostrare che l’operazione era vantaggiosa per la (OMISSIS), essendo l’operazione ben piu’ ampia della cessione di quote della (OMISSIS) e della mera retrocessione dell’immobile.
Con riferimento alla posizione di (OMISSIS), si deduce lo specifico interesse all’impugnazione, in quanto con l’operazione si intendevano eliminare tutte le conseguenze dannose derivanti dal reato, o comunque integrare la fattispecie di cui all’articolo 62 c.p., n. 6.
In particolare, la consulenza contabile conteneva il riepilogo delle situazioni debitorie di (OMISSIS) e valutava l’incidenza delle passivita’ della (OMISSIS) sul patrimonio di (OMISSIS).
Cio’ posto, lamenta che il Tribunale abbia completamente omesso di valutare la memoria, ritenendola ininfluente, in quanto concernente il profilo del fumus commissi delicti.
Al contrario, il Tribunale, pur ritenendo infondata la doglianza del PM (relativa al rilievo che gli eventuali debiti di (OMISSIS) sarebbero gravati su (OMISSIS)), ha accolto l’appello per motivi completamente diversi da quelli devoluti, ripristinando il vincolo ablatorio: l’operazione richiederebbe il pagamento del valore nominale delle quote; la (OMISSIS) sarebbe controllata da (OMISSIS) e (OMISSIS); il liquidatore della (OMISSIS), Trincia, non darebbe garanzie di terzieta’, cosi’ come l’amministratore di (OMISSIS).
4. Ha proposto ricorso per cassazione, altresi’, (OMISSIS), con atto degli Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), deducendo sei motivi.
4.1. Violazione di legge per omessa motivazione sul punto devoluto dal PM con l’appello, concernente l’idoneita’ dell’operazione autorizzata dal Gip ad elidere il periculum in mora.
Il Tribunale, pur avendo ritenuto che l’operazione elidesse integralmente l’atto di disposizione, cosi’ ritenendo infondato il motivo proposto dal PM, ha comunque accolto il gravame per due diversi ordini di ragioni: ha stigmatizzato che il denunciante non sia parte dell’accordo, benche’ il patrimonio da ripristinare sia quello della (OMISSIS), non quello del denunciante; l’esecuzione dell’accordo alimenterebbe il contenzioso civile tra i fratelli Sarnella.
Tuttavia, la finalita’ di non alimentare il contenzioso civile e’ estranea alle finalita’ del sequestro preventivo.
Non sarebbe poi vero che la (OMISSIS) non e’ piu’ controllata dalla (OMISSIS) di (OMISSIS), che aveva soltanto il 50% del capitale.
4.2. Violazione di legge per omessa motivazione sul punto devoluto dal PM con l’appello, concernente l’idoneita’ dell’operazione autorizzata dal Gip ad elidere il periculum in mora e contraddittorieta’ tra motivazione e atti del procedimento.
Il tribunale, pur ritenendo infondato il motivo del PM, in quanto l’operazione consentirebbe il ritorno del compendio aziendale nella sfera di controllo della (OMISSIS), ritiene penalizzante la previsione del versamento del corrispettivo del valore nominale del capitale sociale; tale argomento dimostrerebbe l’errore di giudizio e l’omessa valutazione del contenuto dell’accordo transattivo; l’effetto traslativo delle quote di (OMISSIS) non poteva non essere oneroso, per rispettare le norme anti-elusive.
Inoltre, non e’ stato considerato che il pagamento sarebbe stato effettuato non con risorse proprie, ma dopo aver ricevuto 200 mila Euro dalla (OMISSIS), anche per fronteggiare le spese derivanti dalla cessione (pari alla simbolica somma di 10 mila Euro).
4.3. Violazione di legge per omessa motivazione sull’idoneita’ dell’operazione autorizzata dal Gip ad elidere il periculum in mora e difetto di motivazione sul contenuto del lodo arbitrale.
Il trasferimento della proprieta’ dell’azienda alberghiera e dell’immobile alla (OMISSIS) e’ avvenuto in seguito ad un lodo arbitrale.
Tale circostanza non e’ stata considerata dal Tribunale, nel senso che l’accordo rinviene la propria genesi proprio dagli esiti del lodo arbitrale.
L’immobile e l’azienda alberghiera sono stati trasferiti ad (OMISSIS) con un passivo ipotecario di circa 42 milioni di Euro, e l’accollo di tale debito da parte della cessionaria rappresentava il corrispettivo della compravendita.
La restituzione della proprieta’ comporterebbe la retrocessione del debito di 42 milioni in capo a (OMISSIS).
4.4. Violazione di legge per omessa motivazione sull’idoneita’ dell’operazione autorizzata dal Gip ad elidere il periculum in mora e violazione dell’articolo 597 c.p.p..
L’appello del PM aveva devoluto soltanto il profilo dell’idoneita’ dell’operazione di “retrocessione” ad elidere le conseguenze del reato, e riguardava l’omessa valutazione dell’incidenza dei possibili debiti della ceduta (OMISSIS) sul patrimonio della cessionaria (OMISSIS).
Al contrario, il Tribunale, pur ritenendo infondata la doglianza del PM ha accolto l’appello per motivi completamente diversi da quelli devoluti, ripristinando il vincolo ablatorio.
4.5. Violazione di legge per omessa motivazione sull’idoneita’ dell’operazione autorizzata dal Gip ad elidere il periculum in mora e omessa motivazione sulla memoria difensiva.
Nell’ambito del punto devoluto, gli indagati depositavano una memoria difensiva con allegata consulenza contabile, per dimostrare che l’operazione era vantaggiosa per la (OMISSIS), essendo l’operazione ben piu’ ampia della cessione di quote della (OMISSIS) e della mera retrocessione dell’immobile.
Cio’ posto, lamenta che il Tribunale abbia completamente omesso di valutare la memoria, ritenendola ininfluente, in quanto concernente il profilo del fumus commissi delicti.
4.6. Violazione di legge in relazione all’omessa declaratoria di inammissibilita’ per genericita’ dell’appello proposto dal PM, mera riproposizione del parere contrario formulato il 20.11.2019, senza il necessario riferimento alle argomentazioni dell’ordinanza di revoca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) sono inammissibili per carenza di interesse.
Preliminare ed assorbente appare la questione concernente la legittimazione alla proposizione del ricorso per cassazione in capo agli indagati, in quanto non titolari delle quote societarie e dell’albergo sequestrati.
Al riguardo, va evidenziato che l’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera a), la cui lettura non puo’ essere disgiunta dall’articolo 568 c.p.p., comma 4, sancisce l’inammissibilita’ dell’impugnazione proposta “da chi non e’ legittimato o non ha interesse”.
Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente, e condivisibile, di questa Corte di Cassazione, l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo e’ legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purche’ vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (ex multis, Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Marenco, Rv. 263799; Sez. 2, n. 17852 del 12/03/2015, Cavallini Rv. 263756); l’indagato e’ legittimato ad impugnare il provvedimento che disponga una misura cautelare reale ovvero che ne confermi l’applicazione solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale all’impugnazione stessa, che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Angeli, Rv. 27775304); affinche’ sia legittimato a proporre impugnazione, pertanto, l’indagato o l’imputato deve reclamare una relazione con la cosa a sostegno della sua pretesa alla cessazione del vincolo, in quanto il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante (Sez. 1, n. 15998 del 28/02/2014, Pascale, Rv. 259601).
1.1. Questo Collegio non ignora l’esistenza di un (almeno apparentemente) diverso e minoritario indirizzo, che ritiene l’indagato sempre legittimato al riesame indipendentemente dal fatto che i beni siano sottratti alla sua disponibilita’ o a quella di terzi (Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, Chiriaco, Rv. 251091: “L’interesse alla proposizione della richiesta di riesame di un provvedimento di sequestro preventivo sussiste in capo all’imputato (e all’indagato) pur quando il sequestro abbia ad oggetto beni intestati a terzi, perche’ l’interesse si misura sulla possibilita’ del dissequestro, a prescindere dalla spettanza del diritto alla restituzione dei beni”; Sez. 4, n. 21724 del 20/04/2005, Ventrone, Rv. 231374: “La persona sottoposta alle indagini nei cui confronti sia stato adottato un decreto di sequestro preventivo e’ legittimata a richiedere l’appello, ex articolo 322-bis c.p.p., di detto provvedimento anche se la cosa sequestrata sia di proprieta’ di terzi, non potendosi contestare l’interesse al gravame ogni qual volta venga in discussione la natura del reato o la qualificazione giuridica del fatto o comunque sia configurabile un’influenza sul procedimento penale”).
Tuttavia, il contrasto e’, ad avviso di questo Collegio, apparente, alla luce di una appropriata operazione di c.d. distinguishing, che comporta l’inosservanza di un precedente giurisprudenziale non gia’ per la fallacia argomentativa o la non condivisibilita’, bensi’ in ragione dell’eccessiva ampiezza del principio di diritto espresso nella motivazione rispetto alla fattispecie concreta (c.d. restrictive distinguishing): invero, la fattispecie a fondamento dell’affermazione della legittimazione dell’indagato non titolare del bene era il trasferimento fraudolento di beni mediante intestazione fittizia (Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies), laddove il presupposto del sequestro preventivo risiedeva proprio nel potere di disposizione dell’indagato sui beni fittiziamente intestati (Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, Chiriaco); di conseguenza, l’interesse alla restituzione dell’indagato, sebbene non titolare formale del bene in sequestro, era fondato sul presupposto fattuale dell’imputazione contestata, ovvero la disponibilita’ di fatto dei beni in sequestro, in quanto fittiziamente intestati.
1.2. Va dunque ribadito il principio di diritto secondo il quale l’accusato (secondo l’omnicomprensiva espressione della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo) non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo e’ legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purche’ vanti un interesse concreto ed attuale, fondato su una relazione con la cosa, alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro; in tal senso, rileva anche la natura del reato contestato, la qualificazione giuridica attribuita al fatto e l’influenza immediata sul procedimento penale (si pensi all’indagato per trasferimento fraudolento di beni che, contestando la sussistenza del fumus commissi delicti, ha un concreto ed attuale interesse alla restituzione dei beni sequestrati, in caso di disconoscimento del quadro indiziario sulla finalita’ elusiva o agevolatoria).
Del resto, le norme che disciplinano i soggetti legittimati al riesame (o all’appello) non necessariamente devono ritenersi integrare ipotesi di antinomie reali, da sciogliersi mediante applicazione di una sola delle norme in conflitto: l’orientamento che sostiene la generale legittimazione dell’indagato a proporre riesame, infatti, fonda l’interpretazione sulla lettera dell’articolo 322 c.p.p., (“l’imputato…, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione…”), “rafforzata dal principio generale espresso dall’articolo 586 c.p.p., comma 3” (Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, Chiriaco); e, quanto al ricorso per cassazione, sulla lettera dell’articolo 325 c.p.p..
Tuttavia, a parere di questo Collegio, la legittimazione all’impugnazione va valutata alla luce di tutte le norme che vengono in rilievo, che, all’esito di un’operazione di interpretazione rivo(ta a determinare l’esatto significato delle varie disposizioni, nei loro rapporti reciproci e nelle connessioni con le altre norme dell’ordinamento, consentono di individuare una ipotesi di antinomia apparente, in quanto il risultato dell’interpretazione abbia reso compatibili disposizioni e norme prima facie contraddittorie.
Nel caso della legittimazione al riesame (e al ricorso per cassazione) reale, infatti, vengono in rilievo non soltanto le norme “settoriali” poste nell’ambito della disciplina delle impugnazioni dei sequestri preventivi – gli articoli 322, 322 bis e 325 c.p.p. -, ma altresi’ le norme generali in materia di impugnazione (in particolare, l’articolo 568 c.p.p., comma 4 e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera a)): ebbene, una lettura solipsistica delle disposizioni condurrebbe ad individuare un’ipotesi di antinomia reale, che dovrebbe essere risolta mediante il ricorso ai classici criteri regolativi (cronologico, gerarchico, competenza), per l’individuazione della disposizione prevalente, e dunque applicabile; viceversa, una lettura sistematica delle disposizioni consente di affermare che si tratta di antinomia apparente, non essendoci reale contraddittorieta’ tra le norme che, da un lato, individuano la legittimazione all’impugnazione nei procedimenti cautelari reali nell’accusato, sebbene non titolare del bene, ovvero, dall’altro lato, sulla base dell’interesse concreto, nell’accusato titolare del bene in sequestro.
Invero, trattandosi di disposizioni per le quali non viene in rilievo il criterio gerarchico, ne’ quello cronologico, trattandosi della medesima fonte normativa, ne’, infine, il criterio di competenza, essendo quantomeno controverso che disciplinino procedimenti diversi, deve ritenersi preferibile un’interpretazione che consenta una reductio ad unum del sistema di disposizioni: le norme sull’interesse all’impugnazione, infatti, sono generali, essendo poste nel libro IX sulle impugnazioni, e nel Titolo I sulle “disposizioni generali”; dunque, l’interesse all’impugnazione e’ requisito generale per tutte le impugnazioni, anche quelle cautelari.
Tali norme generali non possono ritenersi derogate dalle norme in tema di impugnazioni delle misure cautelari reali, che, indicando tre categorie di “legittimati” (“l’imputato…, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione…”), individua il genus di persone che avrebbero astratto interesse alla proposizione del riesame o dell’appello o del ricorso per cassazione, trattandosi di categorie alternative come indiziato dall’uso della congiunzione “e” – e non necessariamente sovrapponibili; le norme sulle impugnazioni in generale, invece, disciplinano il diverso profilo dell’ammissibilita’, postulando la necessita’ di un concreto interesse all’impugnazione, in assenza del quale l’impugnazione va dichiarata inammissibile.
In altri termini, gli articoli 322, 322 bis e 325 c.p.p. individuano le categorie astrattamente legittimate all’impugnazione “reale”, mentre l’articolo 568 c.p.p., comma 4 e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera a), impongono un vaglio di ammissibilita’ fondato sulla verifica della concreta legittimazione in ragione della sussistenza di un interesse concreto e attuale.
Ebbene, nel caso dell’impugnazione del sequestro preventivo e’ proprio la morfologia delle misure cautelari reali – che impongono un vincolo giuridico sul bene – a rendere indispensabile l’effetto di restituzione quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare; ed anche nelle ipotesi in cui e’ stata ammessa la legittimazione dell’indagato non titolare del bene, come si e’ evidenziato, non e’ stato l’astratto interesse connesso alla categoria soggettiva ad avere fondato l’ammissibilita’ dell’impugnazione, bensi’ il concreto interesse alla restituzione del bene in sequestro, sulla base della relazione con la cosa ovvero della peculiare qualificazione giuridica dei fatti.
Va, pertanto, ribadito il principio secondo cui l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo e’ legittimato a presentare richiesta di riesame (o, come nel caso di specie, ricorso per cassazione) del titolo cautelare purche’ vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, Piances, Rv. 266713, che ha precisato che il principio trova fondamento non solo nelle norme settoriali che disciplinano le impugnazioni cautelari reali (articoli 322 e 322-bis c.p.p.) ma anche in quelle generali sull’interesse all’impugnazione (articolo 568 c.p.p., comma 4 e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera a)).
1.3. Nel caso di specie, risulta dal ricorso e dal provvedimento impugnato che i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) sono indagati per il reato di infedelta’ patrimoniale, ma non sono piu’ titolari (almeno formalmente, secondo la prospettazione accusatoria) delle quote della (OMISSIS) s.r.l. oggetto di sequestro, ne’ della (OMISSIS).
La (OMISSIS) s.r.l., infatti, risulta legalmente rappresentata dall’amministratore unico (OMISSIS), mentre la (OMISSIS) e’ in liquidazione, ed e’ legalmente rappresentata dal liquidatore (OMISSIS): a costoro, in caso di accoglimento dell’impugnazione, competerebbe la restituzione dei beni in sequestro, in tal senso connotandone l’interesse concreto ed attuale ad impugnare.
Gli stessi ricorrenti non hanno dedotto, ne’ tanto meno provato, una relazione con i beni in sequestro suscettibile di fondare un concreto interesse alla restituzione delle quote societarie e dell’immobile alberghiero, che neppure puo’ coincidere, ai fini dell’impugnazione del vincolo reale, in un interesse di rilevanza penale (in relazione alla sussistenza del fumus, che nella fattispecie non e’ oggetto di contestazione, o alla qualificazione giuridica del fatto).
1.4. Alla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e alla corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.
2. Anche il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile per carenza di interesse, trattandosi di mero socio della (OMISSIS) s.r.l., privo di legale rappresentanza.
Invero, nel richiamare quanto gia’ evidenziato supra § 1, il singolo socio non e’ legittimato ad impugnare i provvedimenti in materia di sequestro preventivo di beni di proprieta’ di una societa’, attesa la carenza di un interesse concreto ed attuale, non vantando egli un diritto alla restituzione della cosa o di parte della somma equivalente al valore delle quote di sua proprieta’, quale effetto immediato e diretto del dissequestro (Sez. 2, n. 29663 del 04/04/2019, Tufo, Rv. 276735).
3. Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) e’ fondato.
Invero, l’avviso di fissazione dell’udienza dinanzi al Tribunale del riesame non e’ stato notificato a (OMISSIS) e al suo difensore, ma soltanto agli indagati (OMISSIS) e (OMISSIS), benche’ l’odierno ricorrente gia’ risultasse agli atti l’amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l., le cui quote, gia’ sequestrate, e successivamente dissequestrate, sono state nuovamente sottoposte a vincolo reale con il provvedimento impugnato.
Quanto alla fonte dei poteri di rappresentanza, contestata dal Procuratore Generale, oltre a rilevare che si tratta di elemento pacifico e non contestato, evidenziato anche nell’ordinanza del Tribunale di Roma, va ribadito il principio (affermato, ad esempio, in materia di querela presentata per conto di una societa’ di capitali) secondo cui l’onere di indicare la fonte specifica dei poteri di rappresentanza e’ adempiuto con la mera indicazione della qualifica di amministratore, senza necessita’ di ulteriori allegazioni, poiche’ tale indicazione comporta l’implicito riferimento all’articolo 2384 c.c. che costituisce la fonte della legittimazione (Sez. 2, n. 35192 del 02/07/2013, Noschese, Rv. 257223).
L’ordinanza impugnata va dunque annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS), con trasmissione degli atti al Tribunale di Roma, Sezione riesame, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Roma, Sezione riesame, per l’ulteriore corso.
Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply