Le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere la normativa fiscale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 febbraio 2023| n. 3170.

Le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere la normativa fiscale

Le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere, in tutto o in parte, la normativa fiscale, non implicano di per sé la nullità del contratto stesso, trovando nel sistema tributario le relative sanzioni. Infatti, solo l’amministrazione finanziaria, quale terzo interessato alla regolare applicazione delle imposte, è legittimata a dedurre (prima in sede di accertamento fiscale e poi in sede contenziosa) la simulazione assoluta o relativa dei contratti stipulati dal contribuente, o la loro nullità per frode alla legge, ivi compresa la legge tributaria (art. 1344 cod. civ.) e, in tal caso, la relativa prova può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche attraverso presunzioni. In altri termini, la frode fiscale, diretta ad eludere le norme tributarie sui trasferimenti dei beni, trova soltanto nel sistema delle disposizioni fiscali la sua sanzione, la quale non è sanzione di nullità o di annullabilità del negozio. Il divieto di abuso del diritto in materia tributaria pertanto si traduce in un principio generale che opera esclusivamente nei confronti del Fisco per individuare la base imponibile di una determinata operazione o il reddito di un determinato soggetto o il disconoscimento della possibilità di ottenere determinate deduzioni ma la sua affermazione non incide sulla validità del contratto nei rapporti tra le parti contraenti

Ordinanza|2 febbraio 2023| n. 3170. Le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere la normativa fiscale

Data udienza 12 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Normativa tributaria – Violazione – Configurabilità della nullità negoziale – Insufficienza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERTUZZI Mario – Presidente

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15953/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, (OMISSIS) SRL, domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1618/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 30/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/12/2022 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

Le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere la normativa fiscale

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) citava in giudizio la societa’ (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) esponendo di aver concluso con la prima un preliminare per la compravendita di un complesso immobiliare, poi modificato da successivi negozi integrativi e chiedendo che si accertasse che il collegamento negoziale tra tali negozi in vista del trasferimento in capo all’attore del complesso denominato (OMISSIS) in (OMISSIS) e che si dichiarasse la nullita’ del contratto del (OMISSIS) con cui era stata costituita la societa’ (OMISSIS) per violazione di norme imperative o in subordine per difetto di causa oppure che si dichiarasse la simulazione assoluta del medesimo contratto e che si dichiarasse l’annullabilita’ per errore o l’inefficacia della scrittura privata del (OMISSIS) in quanto conclusa in difetto dei presupposti o nell’erronea supposizione della sussistenza in capo al (OMISSIS) di un obbligo non ancora sorto di conclusione del definitivo. L’attore chiedeva, infine, ai sensi dell’articolo 2932 c.c. il trasferimento in suo favore della proprieta’ del compendio immobiliare stabilendo anche la somma dovuta per ogni giorno di ritardo nell’adempimento e, in via subordinata, la condanna di (OMISSIS) a restituire all’attore la somma di Euro 1.070.000 oltre interessi.
2. Entrambe le societa’ convenute si costituivano in giudizio contestando la fondatezza delle domande.
3. Il Tribunale di Bergamo rigettava le domande di parte attrice nonche’ quella riconvenzionale di condanna ex articolo 96 c.p.c.
Il Tribunale rilevava che i motivi di nullita’ dedotti dall’attore in relazione all’atto di costituzione della societa’ (OMISSIS) del (OMISSIS) non rientravano tra quelli previsti dall’articolo 2332 c.c. applicabile alla societa’ a responsabilita’ limitata in forza dell’articolo 2463 c.c.
Per altro verso escludeva che potesse profilarsi la nullita’ di tutti i negozi conclusi tra le parti per difetto di causa o per contrarieta’ a norme imperative in ragione del fatto che essi sarebbero stati strumentali alla cessione a favore dell’attore degli immobili, beneficiando di un’indebita riduzione dell’imposizione fiscale a carico di (OMISSIS).
Il Tribunale evidenziava che al giudice civile era precluso l’accertamento della nullita’ per violazione tributaria data l’irrilevanza delle violazioni tributarie sul piano civilistico. Inoltre, escludeva che l’operazione negoziale voluta dalle parti potesse ritenersi priva di causa poiche’ dal tenore delle clausole emergeva che l’attore e (OMISSIS) perseguivano una comune intenzione di scambio di un bene contro un prezzo consentendo all’attore, quale promissario acquirente, di esprimere la volonta’ in un termine differito rispetto all’offerta secondo lo schema del patto di opzione e che, nella scrittura del (OMISSIS), le parti avevano pattuito un’ultima definitiva proroga non ulteriormente differibile del termine per accettare l’offerta, prevedendo che, nell’ipotesi in cui il contratto non fosse andato a buon fine entro il 30 novembre 2008, lo stesso avrebbe perso efficacia e si sarebbe considerato risolto per inadempimento del (OMISSIS) essendo scaduto il termine convenuto come essenziale.
4. (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
5. (OMISSIS) e societa’ (OMISSIS) si costituivano in appello chiedendone il rigetto.
6. La Corte d’Appello di Brescia rigettava l’appello. Preliminarmente, il giudice del gravame sottolineava che, in difetto di specifico gravame, si era formato il giudicato sul rigetto della domanda per difetto di causa come anche sulla statuizione con la quale il Tribunale aveva respinto la domanda di nullita’ dell’atto costitutivo della societa’ in quanto dedotta per motivi che non trovavano riscontro nell’elenco di cui all’articolo 2332 c.c. ritenuto tassativo. Doveva, pertanto, ritenersi inammissibile la richiesta di dichiarazione di nullita’ per carenza di causa da intendersi quale funzione economico sociale del negozio che il (OMISSIS) aveva formulato nella comparsa conclusionale.
La Corte d’Appello, nel merito, evidenziava che la sentenza di primo grado doveva trovare conferma quanto alla ritenuta impossibilita’ di accogliere la domanda di nullita’ ex articolo 1418 c.c. per violazione di norma imperativa costituita dalla violazione della normativa tributaria. La giurisprudenza richiamata dall’appellante si riferiva ad ipotesi in cui la nullita’ per violazione delle norme tributarie era espressamente prevista dal legislatore e, dunque, tali principi non potevano essere estesi alla fattispecie in esame, trattandosi peraltro di una presunta elusione. Per mera completezza di motivazione, la Corte d’Appello evidenziava che non vi era alcuna prova della finalita’ elusiva della complessiva operazione commerciale attraverso la costituzione della societa’ (OMISSIS) Srl ed era onere dell’attore fornire tale prova rigorosa mentre sul punto si era limitato a dedurre argomentazioni prive di riscontri documentali di natura contabile e da considerarsi quali mere illazioni. Anche in relazione alle istanze istruttorie, a prescindere dalla loro inammissibilita’ per la mancata illustrazione dei motivi di rilevanza, non erano ammissibili perche’ non idonee a provare la dedotta elusione.
7. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.
8. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.

Le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere la normativa fiscale

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione degli articoli 342, 345 e 346 c.p.c. per avere la sentenza impugnata dichiarato inammissibile, in quanto coperta dal giudicato, la domanda tesa a far dichiarare la nullita’ dei contratti in oggetto per mancanza di causa.
Il ricorrente afferma di aver impugnato il capo relativo alla nullita’ per difetto di causa dei negozi e, in tal senso, richiama l’atto di appello evidenziando come la Corte sia incorsa in errore nell’aver ritenuto coperto dal giudicato interno un capo della sentenza invece oggetto di specifica censura in appello.
1.1 Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile.
La Corte d’Appello di Brescia ha ritenuto inammissibile la richiesta di dichiarazione di nullita’ per carenza di causa da intendersi quale funzione economico sociale che il negozio persegue e che il diritto riconosce rilevante ai fini della tutela apprestata come formulata nella comparsa conclusionale.
Il ricorrente riporta una parte del motivo di appello dal quale si evince che la doglianza proposta riguardava la mancanza di causa in concreto e l’abuso del diritto per la violazione delle norme tributarie e per la finalita’ elusiva dell’atto di costituzione della societa’ (OMISSIS) e dei contratti ad esso collegati e, anche con il motivo in esame, non indica alcuna altra ragione di nullita’ per mancanza di causa dei suddetti contratti diversa da quella derivante dall’abuso del diritto e dalla presunta elusione delle norme tributarie sulla quale la Corte d’Appello si e’ pronunciata.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione della Costituzione, articoli 53, 1344 e 1418, comma 1, c.c. per avere la Corte territoriale escluso la nullita’ fra le parti di negozi giuridici elusivi della normativa tributaria in assenza di specifica previsione normativa.
Secondo il ricorrente le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza numero 23.601 del 2017, hanno smentito quanto affermato dalla Corte d’Appello circa la non rilevanza in sede civile della violazione delle norme tributarie mediante elusione.
2.1 Il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Come evidenziato dalla Corte d’Appello la sentenza delle Sezioni Unite richiamata dal ricorrente ha ad oggetto la diversa ipotesi della omessa registrazione dei contratti di locazione e i principi ivi affermati non sono in alcun modo estensibili all’abuso del diritto per elusione.
Costituisce orientamento consolidato, infatti, quello secondo il quale: “Le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere, in tutto o in parte, la normativa fiscale, non implicano di per se’ la nullita’ del contratto stesso, trovando nel sistema tributario le relative sanzioni” (Sez. 2, Sentenza n. 4785 del 28/02/2007 (Rv. 596267; Sez. 3, Sentenza n. 12327 del 05/11/1999 (Rv. 530914). Solo l’amministrazione finanziaria, quale terzo interessato alla regolare applicazione delle imposte, e’ legittimata a dedurre (prima in sede di accertamento fiscale e poi in sede contenziosa) la simulazione assoluta o relativa dei contratti stipulati dal contribuente, o la loro nullita’ per frode alla legge, ivi compresa la legge tributaria (articolo 1344 c.c.) e in tal caso la relativa prova puo’ essere fornita con qualsiasi mezzo, anche attraverso presunzioni (Sez. 5, Sent. n. 20816 del 2005 vedi anche tra le tante Sez. 5, Ord. n. 17743 del 2021 e Sez. 5, Ord. n. 11055 del 2021).
In altri termini la frode fiscale, diretta ad eludere le norme tributarie sui trasferimenti dei beni (nel caso in esame solo presunta e senza alcuna prova della stessa), trova soltanto nel sistema delle disposizioni fiscali la sua sanzione, la quale non e’ sanzione di nullita’ o di annullabilita’ del negozio.
Il divieto di abuso del diritto in materia tributaria si traduce in un principio generale che opera esclusivamente nei confronti del fisco per individuare la base imponibile di una determinata operazione o il reddito di un determinato soggetto o il disconoscimento della possibilita’ di ottenere determinate deduzioni ma la sua affermazione non incide sulla validita’ del contratto nei rapporti tra le parti contraenti.
In proposito deve richiamarsi l’articolo 10 bis dello Statuto del contribuente (l. n. 212 del 2000) recante “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale” che stabilisce il generale principio secondo cui dall’abuso del diritto per violazione della norma tributaria non consegue alcuna nullita’ ma solo l’inefficacia relativa del negozio, ovvero la sua inopponibilita’ all’amministrazione finanziaria che puo’ disconoscerne i vantaggi, determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
In altri termini, gli atti negoziali compiuti dal contribuente a fini antielusivi per beneficiare di un trattamento fiscale piu’ vantaggioso non sono nulli (salvo diversa previsione di legge) ma l’amministrazione finanziaria ha il potere di riqualificarli prescindendo dalla volonta’ concretamente manifestata dalle stesse per assoggettarli ad un trattamento fiscale meno favorevole di quello altrimenti applicabile.
Il ricorrente confonde l’abuso del diritto in campo tributario da quello che si e’ progressivamente affermato nei rapporti tra privati mentre i due piani non sono sovrapponibili e l’elusione della normativa tributaria non ha alcuna incidenza sul piano dell’efficacia negoziale, salvo che la legge disponga altrimenti. Resta fermo, pertanto, il generale principio della non configurabilita’ della nullita’ negoziale per le violazioni della normativa tributaria, principio sancito in via generale dal citato articolo 10 bis dello Statuto del Contribuente oltre che da altre disposizioni quale a titolo esemplificativo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 37 bis. Diversamente, nella materia contrattuale, l’abuso del diritto e’ configurabile allorche’ il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalita’ che contrastino con gli obblighi di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facolta’ sono attribuiti (Sez. L, Sentenza n. 10568 del 07/05/2013 (Rv. 626199). In altri termini nella materia contrattuale l’abuso del diritto verte sui rapporti tra le parti e non trova applicazione a tutela di interessi terzi estranei alle parti, venendo in rilievo solo l’uso distorto di un potere connesso alla titolarita’ di un diritto e non, come nel campo tributario, la tutela di un interesse pubblico proprio dell’amministrazione finanziaria.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione degli articoli 2697 e 2729 c.c. per avere la corte territoriale escluso la prova del carattere elusivo dell’operazione.
Il ricorrente aveva provato che la societa’ (OMISSIS) era un soggetto privo di autonomia patrimoniale e capacita’ operativa e imprenditoriale, creato consapevolmente con finalita’ elusive. In tal senso il ricorrente richiama gli atti di causa i documenti e le prove a supporto di tale assunto a fronte del quale la corte territoriale si sarebbe limitata a rilevare l’assenza di riscontri documentali di natura contabile e riducendo le prove a mere illazioni. Tale ultima affermazione non sarebbe supportata da alcuna argomentazione incorrendo nella violazione delle norme indicate in rubrica.
3.1 Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile.
L’argomentazione circa la mancanza di prova dell’elusione posta in essere dalla parte controricorrente e’ svolta dalla Corte d’Appello solo ad abundantiam e per mera completezza di motivazione (pag. 17 della sentenza impugnata).
Ne consegue che il rigetto del secondo motivo rende inammissibile la presente censura dovendosi fare applicazione del consolidato principio di diritto secondo cui: E’ inammissibile, in sede di giudizio di legittimita’, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta “ad abundantiam”, e pertanto non costituente una “ratio decidendi” della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici non puo’ essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse (Sez. 1, Ord. n. 8755 del 2018).
4. Il ricorso e’ rigettato.
5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
6. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti della parte controricorrente che liquida in Euro 7655, piu’ 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

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