L’articolo 586 cod. pen. non prevede per ogni categoria di omicidio e lesioni colpose l’automatica applicazione dell’articolo 589 e 590 cod. pen.

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 10 giugno 2019, n. 25538.

La massima estrapolata:

L’articolo 586 cod. pen. non prevede per ogni categoria di omicidio e lesioni colpose l’automatica applicazione dell’articolo 589 e 590 cod. pen., ma solo che, qualora l’evento effettivamente cagionato sia sussumibile in tali disposizioni, le pene siano aumentate. Quando, invece, i fatti sono sussumibili nelle fattispecie speciali di cui agli articoli 589bis e 590bis cod. pen., l’aumento di pena previsto dall’articolo 586 non si applica, perché esso trova applicazione solo se sono configurabili i reati di cui agli articoli 589 e 590 cod. pen.

Sentenza 10 giugno 2019, n. 25538

Data udienza 14 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni Filippo – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze del 4 giugno 2018;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. GAETA Pietro, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza del 4 giugno 2018, la Corte di appello di Firenze ha parzialmente riformato la sentenza del 27 ottobre 2017 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lucca, con la quale l’imputato era stato condannato per i reati di cui agli artt.: a) articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, per avere – di concerto con altri imputati – ricevuto e detenuto a fini di spaccio e trasportato a bordo di un’auto un quantitativo di stupefacente del tipo cocaina pari a non meno di 105 grammi (quello rinvenuto e sequestrato); b) articolo 61, n. 2), e articolo 337 c.p., perche’, in occasione dell’alt intimato da personale della Polizia di Stato con segnali luminosi e sonori della sirena e con paletta segnaletica, per impedire l’atto di controllo da parte dei pubblici ufficiali e costringendoli cosi’ nell’inseguimento per diversi chilometri ad esporsi al pericolo per portare a termine il proprio dovere, intentava una fuga a velocita’ elevatissima nel traffico cittadino, ponendo in essere pericolose manovre, tentando di investire l’auto della Polizia per impedire di essere bloccato; con l’aggravante di avere commesso il fatto al fine di procurarsi la fuga e l’impunita’ del reato di cui al capo a); c) articolo 81 c.p., articolo 590 bis c.p., comma 5, articolo 61 c.p., n. 2), articolo 61 c.p., n. 3), articolo 589 bis c.p., comma 5, n. 1), e comma 8, perche’, ponendo in essere le manovre descritte nel capo precedente, perdeva per colpa graveil controllo del mezzo, che impattava su un muro di cemento e precipitava per diversi metri in un greto sottostante, cagionando la morte di uno dei passeggeri posteriori e lesioni (per uno gravi) agli altri due passeggeri; con colpa cosciente e per ottenere la fuga e l’impunita’ del reato di cui al capo a). Il Gup aveva dichiarato di non doversi procedere contro (OMISSIS) in relazione al reato di lesioni personali stradali gravi in danno di (OMISSIS) perche’, riqualificato il fatto nei termini dell’articolo 590 c.p., comma 1, l’azione penale non doveva essere iniziata per assenza di querela; non aveva riconosciuto la continuazione tra i reati dei capi a) e b), da un lato, e quelli del capo c), dall’altro. La Corte d’appello ha escluso la fattispecie di cui all’articolo 586 c.p., rideterminando la pena per i delitti di cui al capo c), in anni due, mesi due e giorni venti di reclusione e confermando nel resto la sentenza di primo grado.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha presentato, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di ricorso, la difesa censura – in relazione al capo c) dell’imputazione – la violazione dell’articolo 81, articolo 590 bis, comma 5, articolo 61, n. 2), articolo 61, n. 3), articolo 589 bis c.p., comma 5, n. 1), e comma 8, e il vizio di motivazione in relazione a quanto dedotto con il primo motivo di appello circa l’errata applicazione del disposto di cui all’articolo 586 c.p., da parte del giudice di primo grado.
Secondo la difesa, il giudice, pur condividendo in linea di principio la tesi difensiva, aveva applicato il disposto di cui all’articolo 586 c.p., non in relazione agli articoli 589 e 590 c.p. – richiamati dalla norma – ma in relazione agli articoli 589 bis e 590 bis, non richiamati dalla norma – aumentando corrispondentemente la pena. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe omesso la motivazione in relazione alla ritenuta errata qualificazione giuridica dei fatti che avrebbero dovuto trovare regolamentazione nell’ambito del combinato disposto di cui agli articoli 586, 589 e 590 c.p., concentrandosi essenzialmente sul profilo della pena, disattendendo la richiesta principale.
2.2. – Con un secondo motivo di ricorso – strettamente connesso al primo e anch’esso riferito al capo c) dell’imputazione – la difesa censura la violazione dell’articolo 81 c.p., articolo 590 bis c.p., comma 5, articolo 61 c.p., n. 2), articolo 61 c.p., n. 3), articolo 589 bis c.p., comma 5, n. 1), e comma 8, e l’errata qualificazione giuridica del fatto in relazione a quanto dedotto con il primo motivo di appello circa l’applicabilita’ nel caso di specie del combinato disposto degli articoli 586, 589 e 590 c.p.. Secondo la difesa, sebbene sia il giudice di primo grado, sia la Corte territoriale abbiano ritenuto applicabile la fattispecie di cui all’articolo 586 c.p., arrivando correttamente ad espungere, ancorche’ solo in secondo grado, il corrispondente aumento di pena, dalla lettura di entrambe le pronunce e dallo stesso capo di imputazione, emergerebbe che l’imputato ha opposto resistenza all’inseguimento degli agenti di pubblica sicurezza, ponendo in essere una serie di manovre spericolate finalizzate ad evitare l’arresto che hanno poi provocato l’uscita fuori strada della vettura e – quale evento pacificamente non voluto – la morte di uno dei passeggeri e il ferimento di un altro. A parere della difesa, le spericolate manovre di guida, che dovrebbero rappresentare la violazione alle norme del codice della strada richieste per l’applicabilita’ degli articoli 589 bis e 590 bis, sono ancor prima elemento costitutivo del reato di resistenza a pubblico ufficiale e, inoltre, le condotte previste dagli articoli 589 bis e 590 bis, prescindono dalla precedente commissione di un delitto doloso di cui non devono essere conseguenza, risultando sufficiente che il soggetto violi le norme della circolazione stradale, cagionando per colpa la morte o le lesioni di una persona.
2.3. – Con un terzo motivo di ricorso, la difesa censura il mancato riconoscimento della continuazione fra i reati ascritti ai capi a) e b) dell’imputazione (gia’ riuniti ex articolo 81 cpv. dal Giudice di primo grado), e quelli di cui al capo c). La difesa ricorda che la condotta tenuta dall’imputato alla guida ha determinato la contestata resistenza a pubblico ufficiale, che il giudice ha posto in continuazione con il reato di detenzione di sostanza stupefacente, applicando inoltre l’articolo 61 c.p., n. 2), risultando evidente che l’un reato era stato commesso per occultare l’altro o comunque per assicurarne il profitto. Il giudice di primo grado ha, invece, affermato che tali reati non costituiscono l’antecedente logico giuridico degli ulteriori reati di cui agli articoli 589 bis e 590 bis, in quanto vi sarebbe incompatibilita’ logica tra l’istituto disciplinato dall’articolo 81 c.p., ed il reato colposo. La difesa avrebbe quindi rappresentato alla Corte territoriale che tale regola subiva una deroga in applicazione della previsione di cui all’articolo 61 c.p., n. 3), e che, nel caso di specie, il riconoscimento da parte del Giudice dell’applicazione della circostanza aggravante suddetta aveva reso ingiustificata la mancata applicazione dell’istituto della continuazione, disciplinato dall’articolo 81 c.p., comma 2. Dunque, sarebbe perfettamente applicabile l’istituto della continuazione, non nel senso di un disegno criminoso precisamente programmato ab origine in tutte le sue componenti ma di un progetto criminoso concepito nelle sue linee essenziali ed arricchito, all’occorrenza, da condotte ancillari ideologicamente previste come possibili nello sviluppo logico degli eventi.
2.4. – Il ricorrente ha depositato motivi aggiunti, ai sensi dell’articolo 585 c.p.p., comma 4, in data 22 gennaio 2019.
Con riferimento ai primi due motivi di ricorso, la difesa ribadisce come l’applicazione delle fattispecie di cui agli articoli 589 bis e 590 bis, ha determinato un trattamento sanzionatorio deteriore rispetto a quello che sarebbe stato applicato qualora l’aumento ex articolo 586 c.p. fosse stato calcolato sulla pena prevista per i delitti di cui agli articoli 589 e 590, correttamente richiamati dall’articolo 586 c.p.. A parere della difesa, le fattispecie di cui agli articoli 589 bis e 590 bis, sarebbero autonome e non di certo ipotesi aggravate dei delitti di cui agli articoli 589 e 590.
Con riguardo al terzo motivo, la difesa sottolinea che il giudice di appello, pur ritenendo di non applicare la continuazione tra i delitti di cui al capo c) e gli altri contestati a (OMISSIS), avrebbe comunque dovuto riconoscere il concorso formale tra il reato di cui all’articolo 337 c.p., e quelli contestati al capo c), in quanto l’imputato, commettendo il delitto di resistenza a pubblico ufficiale per mezzo delle condotte gia’ descritte, ha contemporaneamente cagionato la morte e le lesioni di alcuni occupanti dell’auto da lui condotta, come conseguenza diretta e non voluta delle condotte costituenti il delitto di cui all’articolo 337 c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Il ricorso e’ parzialmente fondato.
3.1. – Il primo e il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa censura l’erronea qualificazione dei reati e l’erronea applicazione dell’articolo 586 c.p., sono infondati.
L’imputato lamenta la mancata applicazione degli articoli 586, 589 e 590 c.p., in luogo dell’applicazione degli articoli 589 bis e 590 bis operata dalla Corte d’appello, la quale ha escluso l’applicazione dell’articolo 586 ma ha ritenuto i fatti qualificati come 589 bis e 590 bis. Cosi’ argomentando, non considera, pero’, che le fattispecie di lesioni e omicidio stradale – ricorrenti nel caso di specie – sono disciplinate dal 589 bis e 590 bis che sono speciali rispetto agli articoli 589 e 590 c.p., in quanto si riferiscono a condotte tenute “con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale”. Di tale assetto normativo deve tenersi conto nell’interpretazione dell’articolo 586, il quale dispone che, quando da un fatto preveduto come doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590, sono aumentate; ovvero dispone che il soggetto risponda, oltre che del delitto doloso commesso, anche, a titolo di colpa, dell’evento non voluto. Deve dunque affermarsi che – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa – l’articolo 586 non prevede per ogni categoria di omicidio e lesioni colpose l’automatica applicazione dell’articolo 589 e 590, ma solo che, qualora l’evento effettivamente cagionato sia sussumibile in tali disposizioni, le relative pene siano aumentate. Quando, invece, i fatti sono sussumibili nelle fattispecie speciali di cui agli articoli 589 bis e 590 bis, l’aumento di pena previsto dall’articolo 586, non si applica, perche’ esso trova applicazione solo se sono configurabili i reati di cui agli articoli 589 e 590 c.p..
La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione di tali principi, escludendo nel caso di specie l’applicazione dell’articolo 586 in relazione agli articoli 589 bis e 590 bis c.p..
3.2. – Il terzo motivo di ricorso, con cui la difesa contesta il mancato riconoscimento della continuazione fra i reati ascritti ai capi a) e b) dell’imputazione, da un lato, e quelli di cui al capo c), dall’altro, e’, invece, fondato.
Non vi e’ dubbio che “l’unicita’ del disegno criminoso” di cui all’articolo 81 c.p., comma 2, mal si concili con i reati colposi, nei quali l’evento non e’ voluto dall’agente e la condotta non percio’ considerarsi finalizzata all’evento stesso. Deve pero’ considerarsi che a tale principio fa eccezione il caso in cui l’agente abbia posto in essere il reato colposo agendo nonostante la previsione dell’evento, nel quale, quindi, e’ contestata la circostanza aggravante della colpa con previsione di cui all’articolo 61 c.p., n. 3), (ex plurimis, Sez. 4, n. 3579/2007 del 29/11/2006, Rv. 236018 – 01; Sez. 4, n. 626 del 29/11/2006).
La Corte d’appello, nel richiamare la sola giurisprudenza di legittimita’ riferita all’ipotesi generale dell’incompatibilita’ della continuazione con i reati colposi, non ha tenuto conto delle circostanze del caso concreto, pur avendo riconosciuto e applicato l’aumento di pena ex articolo 61 c.p., n. 3), per la colpa cosciente, riscontrata nella circostanza che le manovre compiute a piu’ riprese da (OMISSIS) erano talmente dissennate da metterlo in condizione di prevedere la morte e le lesioni dei passeggeri.
4. – La sentenza impugnata deve essere, conseguentemente, annullata, limitatamente all’omesso riconoscimento dell’istituto della continuazione fra i reati ascritti ai capi a) e b) dell’imputazione e quelli di cui al capo c), con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, perche’ proceda a nuovo giudizio sul punto, facendo applicazione dei principi sopra enunciati, con liberta’ di esito. Il ricorso deve essere, nel resto, rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa applicazione dell’articolo 81 c.p., con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze. Rigetta nel resto il ricorso.

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