Corte di Cassazione, civile, Sentenza|29 aprile 2021| n. 11291.
L’ambito del sindacato del Tribunale superiore delle acque pubbliche, qualora sia chiamato a pronunciarsi in unico grado sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati, è limitato all’accertamento dei vizi possibili dello svolgimento della funzione pubblica, compresi quelli denotati dalle figure sintomatiche dell’eccesso di potere; esso attiene quindi alla verifica della ragionevolezza e proporzionalità della scelta rispetto al fine e non si estende alle ragioni di merito, dovendosi arrestare dinanzi non solo alle ipotesi di scelte equivalenti ma anche a quelle meno attendibili, purché congruenti con il fine da raggiungere e con le esigenze da governare. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza del TSAP che aveva ritenuto incensurabili, perché fondati esclusivamente sul merito tecnico delle scelte effettuate, i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni competenti che, ai fini dell’individuazione dei corsi d’acqua in zona montana idonei a formare oggetto di concessione per uso idroelettrico, si erano fondati sul principio eurounitario di precauzione, ritenuto prevalente su quello del “favor” per la produzione di energia da fonti rinnovabili, sicché la conseguente riduzione dei bacini suscettibili di apprensione per scopo idroelettrico, pur ridondando in un sacrificio dell’interesse, tutelato a livello comunitario e internazionale, alla produzione di energia cd. “pulita”, aveva trovato fondamento nel diverso interesse, anche esso protetto dalla normativa europea, del “non deterioramento” dei corsi d’acqua particolarmente fragili e al contempo preziosi perché in grado di raggiungere un livello di qualità elevato).
Sentenza|29 aprile 2021| n. 11291
Data udienza 17 novembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Acque pubbliche – Derivazioni a scopi idroelettrici – Corsi d’acqua in regione montana – Principio eurounitario di precauzione – Tutela del mantenimento della qualità delle acque – Logicità della motivazione – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Primo Presidente f.f.
Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez.
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di Sez.
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6595/2019 proposto da:
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende per procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
REGIONE VENETO, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS);
– controricorrente –
e
AUTORITA’ DI DISTRETTO DELLE ALPI ORIENTALI, nella quale sono confluite L’AUTORITA’ DI BACINO DEI FIUMI ISONZO, TAGLIAMENTO, LIVENZA, PIAVE, BRENTA-BACHIGLIONE e AUTORITA’ DI BACINO DEL FIUME ADIGE, in persona del Segretario Generale pro tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrenti –
e contro
REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 185/2018 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 12/11/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2020 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
1.- Con la sentenza n. 185 del 2018, qui impugnata, il TSAP si e’ pronunciato in unico grado in tre cause riunite:
– la prima, n. 84 del 2016, e’ stata introdotta da (OMISSIS) contro l’Autorita’ di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, nonche’ contro l’Autorita’ di Bacino del fiume Adige, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – MATM;
– la seconda, n. 85 del 2016, e’ stata introdotta da (OMISSIS) contro la Regione Veneto;
– la terza, n. 100 del 2016, e’ stata introdotta dall’Associazione italiana dei produttori dell’industria e dei servizi per le energie rinnovabili (Assorinnovabili) contro la Regione Veneto.
2. – Con Delib. Giunta 23 dicembre 2015, n. 1988, in G.U. 15.1.2016, la Regione Veneto ha disposto che, “al fine di contenere l’effetto cumulato delle derivazioni a scopo idroelettrico, si ritiene di individuare un valore soglia del rapporto tra lunghezza complessiva di sottensione idroelettrica e lunghezza del corpo idrico, cosi come individuato dai piani di gestione del distretto orografico, al di sopra del quale non sono ammesse nuove istanze di derivazione a scopo di produzione idroelettrica, individuando il valore soglia in 0,7”;
– nella stessa Delib. si stabilisce anche che “il rapporto tra lunghezza complessiva di sottensione idoelettrica e lunghezza del corpo idrico interessato dal relativo prelievo, come individuato dai piani di gestione distrettuali, non puo’ superare il valore 0,7; le opere di derivazione idroelettrica devono sottendere un bacino idrografico esteso non meno di 10 kmq, salvo eventuale specifica deroga accordata dalla Regione nei confronti di impianti compatibili con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle comunita’ locali interessate; l’ulteriore deroga per le derivazioni idroelettriche (solo se compatibili con le esigenze di tutela dell’ambiente) le quali approvvigionino i rifugi e le malghe il cui allacciamento alla RTN non sia possibile”;
– tale Delib. della Regione Veneto e’ stata impugnata dalla (OMISSIS) con ricorso n. 84/2016 e, con separato ricorso n. 100/2016, poi riunito, da Assorinnovabili dinanzi al TSAP;
– contemporaneamente, con Delib. 17 dicembre 2015, n. 2. il Comitato istituzionale che riunisce le due Autorita’ di Bacino, l’una dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, l’altra del fiume Adige, nonche’ il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha adottato il Piano di gestione delle Acque del distretto idrografico delle Alpi orientali. Anche questa Delib. e’ stata impugnata da (OMISSIS) dinanzi al TSAP, con separato ricorso n. 85 del 2016;
– con successiva Delib. 3 marzo 2016, il medesimo Comitato istituzionale ha approvato l’aggiornamento del suddetto piano di gestione per il periodo 2015/2021, contenente in particolare il “programma delle misure – misure a tutela dei corpi idrici in relazione ai prelievi per l’uso idroelettrico”;
– tale piano e’ stato definitivamente approvato con D.P.C.M. 27 ottobre 2016, pubblicato in G.U. 31 gennaio 2017, n. 25.
3. – Con le tre cause riunite sono stati rispettivamente impugnati:
– con il ricorso n. 84/2016, in primo luogo, l’ (OMISSIS) ha impugnato la Delib. 17 dicembre 2015, n. 2, con la quale il Comitato congiunto delle due Autorita’ di Bacino sopra indicate ha adottato il piano di gestione delle acque per il distretto idrografico delle Alpi orientali, contestando, in particolare, la legittimita’ della misura 6) adottata con il piano suddetto, che fissava la dimensione minima di bacino sotteso dalle opere di derivazione per uso idroelettrico;
– con il ricorso n. 85/2016, la medesima (OMISSIS) ha impugnato la Delib. 23 dicembre 2015, n. 1988, con cui la Giunta regionale della Regione Veneto ha dettato le indicazioni sull’ammissibilita’ delle istanze di derivazione a scopo idroelettrico, ai fini della tutela dei corpi idrici. Questa deliberazione stabilisce in particolare che: I) il rapporto tra lunghezza complessiva di sottensione idroelettrica e lunghezza del corpo idrico interessato dal relativo prelievo come individuato dai piani di gestione distrettuali, non puo’ superare il valore 0,7; II) le opere di derivazione idroelettrica devono sottendere un bacino idrografico esteso non meno di 10 kmq; III) il tutto, salvo una deroga per le derivazioni idroelettriche, che comunque devono essere compatibili con esigenze di tutela dell’ambiente, le quali approvvigionino rifugi o malghe, purche’ migliorino il rendimento degli impianti preesistenti grazie all’impiego di tecnologie piu’ avanzate. Con atto per motivi aggiunti (OMISSIS) ha poi impugnato la successiva Delib. 3 marzo 2016, n. 2, con la quale il Comitato congiunto di gestione delle due Autorita’ di Bacino ha approvato l’aggiornamento del piano di bacino per il periodo 2015/2021;
– con il ricorso n. 100 del 2016, anche la Assorinnovabili ha impugnato la Delib. 23 dicembre 2015, n. 1988, con cui la Giunta regionale della Regione Veneto ha dettato le indicazioni sull’ammissibilita’ delle istanze di derivazione a scopo idroelettrico, ai fini della tutela dei corpi idrici, argomentando sulla irragionevolezza e disparita’ di trattamento che affligge la Delib. gravata che, tra tutti i possibili usi della risorsa idrica, di fatto preclude e pregiudica solo quello idroelettrico, con cio’ violando anche le norme UE che incentivano, viceversa, la produzione FER (produzione di energia da Fonti di Energia Rinnovabili). Con atto per motivi aggiunti del 29 maggio 2017, Assorinnovabili ha impugnato anche il D.P.C.M. 27 ottobre 2017, che approvava il Piano di gestione per il distretto delle Alpi Orientali;
4. – Il TSAP, pronunciando in sede di giurisdizione diretta sui predetti ricorsi riuniti, li ha integralmente rigettati.
4.1. – La sentenza impugnata segnala che la direttiva quadro in materia di acque (dir. n. 2000/60/CE) ha stabilito gli indici per definire su scala Europea il livello di qualita’ delle acque, allo scopo innanzitutto di dettarne una classificazione ecologica, e quindi di fissare e far rispettare gli obiettivi di qualita’ rapportabili al principio minimo del non deterioramento di ciascun corpo idrico.
4.2. – Chiarisce quindi che la classificazione delle acque secondo gli standards Europei e’ finalizzata a preservarle e a conservarne o migliorarne la qualita’. Traccia il quadro dei provvedimenti italiani che hanno dato attuazione alla direttiva, con i quali e’ stato demandato alle Regioni di rilevare lo stato qualitativo dei corpi idrici, e precisa che il Decreto Ministeriale n. 260 del 2010, ha aggiornato i criteri tecnici di classificazione, con la conseguenza che, successivamente ad esso, i piani di gestione e classificazione delle acque regionali necessitavano di un aggiornamento.
4.3. – Ricostruisce la situazione dell’ambito territoriale di riferimento segnalando che la gran parte dei corsi d’acqua appartenenti al distretto idrografico Alpi orientali sono corsi d’acqua di montagna, i quali, prima del Decreto Ministeriale n. 260 del 2010, erano privi di criteri di classificazione appropriati e quindi non erano censiti ne’ tutelati, pur essendo corsi d’acqua che, per caratteristiche naturali, avrebbero potuto raggiungere il livello qualitativo elevato perche’ piu’ lontani dall’intervento e dallo sfruttamento dell’uomo.
4.4. – Aggiunge che, con la Delib. marzo 2016, n. 2, il Comitato istituzionale congiunto delle due autorita’ di Bacino operanti nel territorio Veneto – Friuli – Trentino Alto Adige ha adottato l’aggiornamento del piano di gestione, per il periodo 2015/2021, previo concerto procedimentale con gli altri soggetti coinvolti, Regione Veneto, Friuli, Province di Trento e Bolzano. All’interno dell’aggiornamento del piano di gestione e’ inserita la misura 6), che detta la “Dimensione minima del bacino sotteso dalle opere di derivazione per uso idroelettrico” che non ammette nuove derivazioni o varianti significative rispetto a quelle preesistenti, quando il bacino sotteso sia uguale o minore a kmq 10.
4.5.- Contro questa Delib., nonche’ contro il successivo D.M., che ne ha escluso l’assoggettabilita’ a VAS (valutazione ambientale strategica) e’ stato proposto il ricorso deciso dal TSAP con la sentenza impugnata, in cui si lamentava l’adozione di una misura troppo limitativa per gli impianti idroelettrici, che di fatto escludeva la possibilita’ di raccogliere e convogliare in impianti idroelettrici tutti i piccoli corsi d’acqua di montagna, benche’ la raccolta fosse a scopi idroelettrici e non industriali e finalizzata allo scopo di servire comunita’ isolate con la propria acqua (quindi, nell’assunto della Associazioni ricorrenti, la raccolta delle acque provenienti dai piccoli corsi d’acqua montani non avrebbe danneggiato il territorio ma al contrario avrebbe valorizzato a suo vantaggio l’utilizzo dell’acqua in esso prodotta). La misura riportata nella Delib. era criticata nel ricorso come esageratamente afflittiva, perche’ introducente una limitazione non vigente per situazioni analoghe, ed incoerente, perche’ l’eventuale prelievo idroelettrico non avrebbe impedito ai corsi d’acqua di ottenere una valutazione qualitativa quanto meno di buono.
4.6. – La decisione del Tribunale Superiore evidenzia che gli aggiornamenti del piano di gestione, per il periodo dal 2015/2021, costituiscono articolazione interna del piano di bacino distrettuale dell’area, quindi considera tutti i provvedimenti menzionati in una prospettiva unitaria.
4.7. – Quanto alla contestazione della misura limitativa imposta per gli impianti idroelettrici, effettuata da (OMISSIS) ritenendo tale misura troppo restrittiva e tale da tagliare fuori dalla attivita’ di raccolta tutti i bacini montani e pedemontani perche’ relativi a corsi d’acqua di portata ristretta, il TSAP evidenzia preliminarmente che i provvedimenti impugnati sottendono misure tecniche adottate all’esito di una precisa scelta, effettuata tra i molteplici e contrapposti interessi pubblici in gioco (interessi ambientali, da un lato, esigenze di liberalizzazione del mercato produttivo idroelettrico, dall’altro). Segnala che le scelte, cristallizzate nei provvedimenti impugnati, possono essere sindacate dinanzi al TSAP nei limiti dei principi guida tracciati dalla giurisprudenza di legittimita’ proprio in ordine ai limiti del vaglio del TSAP sugli apprezzamenti tecnici e discrezionali, quindi sotto il profilo della sussistenza dei vizi possibili dello svolgimento della funzione pubblica (compresi quelli denotati dalle figure sintomatiche dell’eccesso di potere) ma non per ragioni di merito. Il provvedimento impugnato ulteriormente puntualizza che il sindacato del TSAP e’ sulla ragionevolezza e proporzionalita’ della scelta rispetto al fine e, quindi, si deve arrestare dinanzi non solo alle ipotesi di scelte equivalenti ma anche a quelle meno attendibili, purche’ ragionevoli e congruenti con il fine da raggiungere e con le esigenze da governare (richiama il principio espresso da Cons. Stato III, 29 gennaio 2018, n. 613).
4.8. – Esaminando il primo ricorso, n. 84/2016 (con cui si impugna il regime vincolistico e delle misure generali per la protezione dei corpi idrici naturali nel Distretto idrografico delle Alpi orientali, stabilito in attuazione della dir. n. 2000/60/CE ed improntato, ma non solo, al principio di precauzione di matrice comunitaria, volto ad assicurare un elevato livello di tutela, anche vietando azioni che possano abbassare tale livello), la sentenza impugnata precisa che la ricorrente contesta la legittimita’ della scelta amministrativa con la quale l’aggiornamento per il periodo 2015/2021 del piano di gestione e’ stato sottratto a VAS allo scopo di assicurare lo sviluppo sostenibile del territorio.
4.9. – Il ricorso viene rigettato sul punto perche’ il provvedimento adottato dalle Autorita’ di Bacino e’ ritenuto congruente con le finalita’ sottese alla norma Ue. La scelta della Commissione di non assoggettare l’aggiornamento del piano di bacino a VAS si giustifica perche’ la Commissione ha escluso che l’aggiornamento presenti significative modifiche, sotto il profilo strategico ambientale, rispetto agli obiettivi del piano originario. La rimodulazione delle misure in esso contenute non e’ altro che una conferma degli obiettivi, non raggiunti, con un aggiornamento appunto delle misure volto al miglior conseguimento degli obiettivi stessi.
4.10. – Il TSAP esclude altresi’ la fondatezza della censura di illegittimita’ del provvedimento per difetto di competenza, ovvero che l’aggiornamento determini un divieto di localizzazione di impianti FER, di competenza non delle Autorita’ di bacino ma delle Regioni, in quanto ritiene che il provvedimento sia stato adottato, in conformita’ con il regime transitorio previsto dal Decreto Legislativo n. 219 del 2010, articolo 4 comma 1, lettera a), dagli organi competenti, ovvero i Comitati delle due Autorita’ di Bacino, di rilievo nazionale.
4.11. – La sentenza impugnata respinge anche le censure con le quali si contesta la legittimita’ della misura n. 6), che fissa la dimensione minima del bacino sotteso alle opere di derivazione per uso idroelettrico in kmq 10, riducibile fino a non oltre 6 kmq dalle Regioni o Province autonome interessate, sottolineando che la misura, preceduta da un monitoraggio di ciascuno dei circa 2000 corpi idrici interessati, tende a mantenere la naturalita’ dei piccoli bacini montani e dei torrenti montani, particolarmente vulnerabili. In definitiva, riconduce al principio di precauzione la sottrazione di detti corsi d’acqua accertati come vulnerabili e pero’ ad elevata naturalita’, da usi non neutri, incongrui o inutili.
4.12. – Ritiene poi assorbiti nel rigetto del gravame introduttivo i due atti per motivi aggiunti, proposti solo in relazione all’approvazione definitiva del piano e al D.P.C.M. conclusivi del complesso procedimento che ha portato all’approvazione dell’aggiornamento del piano di gestione per il periodo 2015/2021.
4.13. – Con identiche considerazioni rigetta il secondo ricorso riunito, n. 85 del 2016, proposto contro la Regione Veneto, affermando che le esigenze di salvaguardia ambientale di corpi idrici minori, ad elevata naturalita’ o in contesti montani poco adatti ad uno sfruttamento idroelettrico, fa comunque aggio sulla volonta’ di dotarsi di ulteriori centrali idroelettriche in area alpina, specie se microimpianti. Segnala che l’impugnata DGR (Delib. Giunta regionale) ha adottato misure necessarie al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualita’ ambientale relativi ai corsi d’acqua piu’ sensibili tenendo conto del carico massimo tollerabile, per cui esclude ogni violazione di legge.
4.14. – Rigetta infine anche il terzo ricorso riunito, n. 100 del 2016, proposto da Assorinnovabili, per identiche ragioni, precisando che non puo’ essere propugnata una prevalenza della produzione FER sol perche’ esiste una normativa incentivante a favore dei piccoli impianti idroelettrici perche’ quest’ultima comunque non puo’ prevalere sulle misure di salvaguardia dei corpi idrici piu’ fragili, come avverrebbe se fosse applicata in modo svincolato da ogni forma di compatibilizzazione con gli altri e non meno rilevanti interessi ambientali.
5. (OMISSIS), assumendo di porsi in linea di continuita’ con Assorinnovabili, fusa per incorporazione in (OMISSIS), la quale avrebbe poi mutato denominazione appunto in (OMISSIS), propone un motivo di ricorso per cassazione notificato il 21.2.2019, illustrato da memoria, contro la Regione Veneto, nonche’ contro l’Autorita’ di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, l’Autorita’ di Bacino del fiume Adige, l’Autorita’ di Bacino distrettuale del distretto orografico delle Alpi orientali e per esse i comitati istituzionali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonche’ nei confronti della Regione Friuli Venezia Giulia e della (OMISSIS), per la cassazione della sentenza 12 novembre 2018 n. 185 del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche, notificata per estratto il giorno 8 gennaio 2019.
6. – Resistono con controricorso congiunto l’Autorita’ di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, l’Autorita’ di Bacino del fiume Adige e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
7. – Resiste con separato controricorso la Regione Veneto.
8. – Le altre intimate, ovvero la Regione Friuli Venezia Giulia e l’autorita’ di Bacino Distrettuale del Distretto orografico delle Alpi Orientali, regolarmente intimate, non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
9. – La Procura Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
10. – Preliminarmente va detto che sia nel controricorso delle due Autorita’ di Bacino, alle pagg. 20-21, sia nel controricorso della Regione Veneto viene sollevata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva della ricorrente (OMISSIS). Le controricorrenti segnalano che (OMISSIS) e’ una nuova associazione di categoria, nata nel maggio 2017, successivamente all’introduzione del giudizio dinanzi al TSAP. Segnalano che non si puo’ utilizzare in riferimento ad essa la nozione di fusione per incorporazione, trattandosi di terminologia tratta dalla disciplina delle societa’ di capitali non riferibile alle associazioni non riconosciute, e inoltre che, da quanto appreso dal web, la nuova associazione (OMISSIS) non avrebbe assorbito le precedenti Assorinnovabili e (OMISSIS), che hanno promosso il giudizio dinanzi al TSAP nel 2016 e permarrebbero come soggetti giuridici autonomi e distinti (tant’e’ che il ricorso e’ proposto da (OMISSIS) anche nei confronti di (OMISSIS)).
Ne conseguirebbe l’inammissibilita’ del ricorso di (OMISSIS) in quanto la stessa non era parte del giudizio dinanzi al TSAP, e il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
10.1. Va preliminarmente esaminata la questione della legittimazione attiva della ricorrente (OMISSIS), messa in discussione dalle controricorrenti.
10.2. Verificati gli atti, ne risulta che il ricorso e’ proposto da (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), associazione non riconosciuta che dall’atto notarile prodotto (denominato atto di fusione rep. n. (OMISSIS) notaio (OMISSIS) in (OMISSIS), in data 27 aprile 2017), deriverebbe dalla “fusione per incorporazione” della associazione non riconosciuta Assorinnovabili nella associazione non riconosciuta (OMISSIS), che e’ soggetto diverso da quello – (OMISSIS), con sede in (OMISSIS) – che ha proposto il giudizio dinanzi al TSAP. Quest’ultima associazione risulta tuttora esistente, tanto che il ricorso introduttivo del giudizio di legittimita’ e’ notificato anche ad (OMISSIS), che ha diversa sede e diverso rappresentante legale, coincidenti con quelli indicati nella sentenza impugnata ed e’ rimasta meramente intimata in questa sede.
10.3. Quindi, la attuale ricorrente (OMISSIS) e’ legittimata a proporre ricorso in relazione alla domande originariamente proposte da Assorinnovabili, e non anche a quelle proposte da (OMISSIS) ove non coincidenti con le sue, rispetto alle quali e’ carente di legittimazione.
10.4. A questo proposito, le controricorrenti evidenziano che il ricorso non si indirizza contro la parte della sentenza impugnata con la quale sono stati rigettati tutti i motivi dedotti da (OMISSIS) col ricorso n. 85 del 2016, ne’ quelli dedotti da Assorinnovabili col ricorso n. 100/2016 volti all’annullamento della DRG n. 1988 del 2015. Segnalano che sarebbe contestata la decisione del TSAP soltanto laddove non ha accolto le domande di annullamento delle disposizioni contenute nel piano di gestione delle acque per il periodo 2015/2021, rispetto alle quali le controricorrenti segnalano che Assorinnovabili non avrebbe proposto domanda.
10.5. Con le precisazioni sopra effettuate – in base alle quali l’attuale ricorrente, (OMISSIS), si pone in linea di continuita’ con la precedente associazione Assorinnovabili – deve ritenersi ammissibile il ricorso, in quanto le violazioni di legge in cui e’ incorsa la sentenza impugnata, segnalate nel ricorso, si pongono in linea di continuita’ con le contestazioni gia’ mosse da Assorinnovabili con l’impugnazione proposta dinanzi al TSAP, con la quale si lamentava l’ingiustificata esclusione o l’eccessiva limitazione delle installazioni idroelettriche nelle aree interessate, benche’ si trattasse di forme di energie rinnovabili il cui incremento era promosso a livello Europeo.
11. – Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione del Protocollo di Kyoto e delle sue integrazioni, la violazione della direttiva 2009/28/CE nonche’ la violazione dei principi di ragionevolezza, di uguaglianza, di buon andamento dell’azione amministrativa e di cui agli articoli 3 e 97 Cost., nonche’ la violazione del principio di generalita’ e astrattezza delle norme.
Contesta alla decisione impugnata una palese irragionevolezza, nella parte in cui non ha sanzionato l’obiettivo, perseguito dai provvedimenti impugnati, di limitare decisamente la possibilita’ di rilascio di nuove concessioni idroelettriche nel proprio distretto idrografico, sulla base di motivazioni pretestuose e illegittime.
Addebita ai provvedimenti amministrativi impugnati di aver penalizzato il solo utilizzo idroelettrico dell’apprensione delle acque, e non anche quello industriale, ben piu’ danneggiante, e alla sentenza impugnata di non averne colto l’illegittimita’.
Inoltre, afferma che la sentenza impugnata omette totalmente di tener conto delle disposizioni in materia di tutela dell’ambiente per il contenimento del cambiamento climatico in atto, segnalando che i provvedimenti a livello interno e comunitario che incentivano la produzione di energia da fonti rinnovabili hanno come presupposto proprio la tutela ambientale, come evidenziato dalla direttiva 2009/28/CE, successiva a quella di cui si discute e alla quale hanno inteso dare attuazione i provvedimenti impugnati, che impone in materia dei precisi obblighi agli Stati membri. Il TSAP avrebbe invece erroneamente sussunto, nella ricostruzione della ricorrente, la materia delle energie rinnovabili all’interno della tutela della concorrenza, e non ne avrebbe tenuto in conto la valenza ambientale. L’Associazione ricorrente sostiene che l’amministrazione, con provvedimenti ritenuti non illegittimi dal TSAP, avrebbe adeguato le norme di pianificazione del territorio andando in palese contrasto con la normativa Europea, adottando provvedimenti convergenti verso la finalita’ di ostacolare la realizzazione degli impianti idroelettrici nei territori considerati, discriminandoli rispetto a qualsiasi altra attivita’ industriale, in contrasto con la richiamata direttiva ad anche con il principio di ragionevolezza.
Il ricorso denuncia poi l’illegittimita’ del provvedimento amministrativo (la Delib. Giunta Regione Veneto), e della sentenza in unico grado che tale illegittimita’ non ha rilevato, anche laddove stabilisce un valore soglia di 0,7 del rapporto tra lunghezza complessiva di sottensione idroelettrica e lunghezza del corpo idrico, sostenendo che e’ irragionevole la sottrazione che ne deriva di risorse proficuamente utilizzabili.
12. – Il motivo e’ infondato, ai limiti dell’inammissibilita’.
I punti sui quali si concentra la contestazione in effetti sono due, e attengono alla legittimita’ delle scelte amministrative adottate: il punto 6) del piano di gestione delle acque con il quale si fissava in 10 kmq la dimensione minima di bacino sotteso dalle opere di derivazione per uso idroelettrico (riducibile a 6 dalle autonomie regionali e speciali), e il punto con il quale si stabiliva un rapporto e un valore di soglia tra lunghezza del corso d’acqua e lunghezza interessata dalla sottensione idroelettrica.
La sentenza afferma che le scelte adottate sono volte a tutelare la qualita’ delle acque tutelando in particolare i piccoli corsi d’acqua montani, e vietando l’apprensione delle acque per finalita’ idroelettriche quando il bacino sia troppo poco esteso ed anche quando la lunghezza complessiva del corso d’acqua sia troppo breve, salvaguardando in questo modo dall’apprensione per scopi idroelettrici le acque dei territori rientranti nell’ambito della due Autorita’ di Bacino, che hanno le caratteristiche dei territori di montagna, dotati di un ecosistema particolarmente fragile, e caratterizzati da brevi corsi di acque, le cui forze non vanno disperse. Preliminarmente va detto che l’ambito del sindacato del TSAP qualora sia chiamato a decidere in unico grado sulla legittimita’ dei provvedimenti amministrativi impugnati e’, come la stessa sentenza impugnata correttamente ricorda, limitato alla verifica della sussistenza dei vizi possibili dello svolgimento della funzione pubblica (compresi quelli denotati dalle figure sintomatiche dell’eccesso di potere), come fissati anche dalla interpretazione di questa Corte di legittimita’; esso attiene quindi alla ragionevolezza e proporzionalita’ della scelta rispetto al fine e non si estende alle ragioni di merito.
Si deve arrestare quindi dinanzi non solo alle ipotesi di scelte equivalenti ma anche a quelle meno attendibili, purche’ ragionevoli e congruenti con il fine da raggiungere e con le esigenze da governare (secondo un principio gia’ espresso da Cons. Stato III, 29 gennaio 2018, n. 613).
La sentenza impugnata si e’ mantenuta nell’ambito indicato e, al suo interno, e’ indenne dalle lamentate violazioni di legge in quanto adottata all’esito della considerazione, del bilanciamento ed anche di un giudizio di graduazione dei principi e degli interessi concorrentemente in gioco dei quali compone il quadro nel rispetto della normativa nazionale ed Europea di riferimento.
E’ noto che, come ribadito da ultimo da Corte Cost. n. 148 del 2019, la disciplina delle fonti rinnovabili, essenzialmente di matrice Europea, tende a favorire la produzione di energia “pulita”, si’ da meglio salvaguardare l’ambiente. E’ la strategia nazionale di green economy per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista energetico (L. 28 dicembre 2015, n. 221, articolo 72, recante “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”).
La normativa internazionale (Protocollo di Kyoto addizionale alla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l’11 dicembre 1997, ratificato e reso esecutivo con L. 1 giugno 2002, n. 120; Statuto dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (OMISSIS), fatto a Bonn il 26 gennaio 2009, ratificato e reso esecutivo con L. 5 aprile 2012, n. 48) e quella comunitaria (direttiva 2001/77/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricita’, e direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili) manifestano un deciso favor per le fonti energetiche rinnovabili al fine di eliminare la dipendenza dai carburanti fossili.
In particolare, in ambito Europeo una disciplina cosi’ orientata e’ rinvenibile nelle citate direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE e in quella piu’ recente (di rifusione) 2018/2001/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’li dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.
Il principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile, derivante dalla normativa Europea e recepito dal legislatore nazionale non consente alle singole Regioni di adottare legittimamente una normativa regionale concorrente contrastante con questi principi, che ponga dei divieti assoluti di realizzazione di impianti da energie rinnovabili, ne’ di adottare provvedimenti amministrativi che precludano la realizzazione di tale finalita’ in assoluto, ma lasciano spazio alle Regioni di individuare, caso per caso, situazioni in cui l’interesse allo sfruttamento della energia da fonte rinnovabile debba essere recessivo rispetto ad altri interessi costituzionalmente protetti, che rispondano anch’essi a principi affermati a livello Europeo. Il favore che assiste la produzione dell’energia idroelettrica deve essere bilanciato, nell’ambito dei procedimenti, con le altre esigenze sottese alla competenza regionale in materia di acque.
Nel caso di specie, il TSAP ha ritenuto che la Regione abbia adottato, con la Delib. impugnata, secondo una valutazione non censurabile, perche’ fondata esclusivamente sul merito tecnico delle scelte, un criterio di individuazione dei corsi d’acqua in regione montana suscettibili di apprensione per scopi idroelettrici fondato sul principio Eurounitario di precauzione, ritenuto prevalente su quello del favor per la produzione di energie da fonti rinnovabili in ragione delle esigenze di tutela di tali corsi d’acqua particolarmente fragili e al contempo preziosi perche’ in grado di raggiungere un livello di qualita’ elevato, dando quindi attuazione anche al diverso principio anch’esso di matrice Europea, di non peggioramento del loro stato, da applicarsi qualsiasi sia l’impiego cui destinare l’acqua. L’insieme delle su citate considerazioni, conformi ai principi Eurounitari, hanno condotto il TSAP a ritenere non irragionevoli (mantenendosi in tal modo nel limite del sindacato del TSAP sulle scelte dell’amministrazione) e corrette le scelte che fondano i provvedimenti impugnati, anche se esse ridondano in un sacrificio della produzione idroelettrica, senz’altro sostenuta e promossa a livello comunitario in quanto meno inquinante di altre forme di protezione di energia, e tuttavia non incondizionatamente incentivabile, in quanto l’apprensione delle acque non puo’ prescindere dal contesto di attingimento.
La valutazione e’ corretta, in quanto l’articolo 4, comma 1, lettera i), della direttiva 2000/60/CE stabilisce che “gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali”) e tale principio – cd. “no deterioration” (recepito dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 76, comma 4, lettera b), nonche’ fatto proprio anche dal Regio Decreto 1775 del 1933, articolo 12-bis, come sostituito dal citato Decreto Legislativo n. 152, articolo 96, comma 3, ai fini del rilascio del provvedimento di concessone ad uso idroelettrico, che non deve “pregiudica(re) il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualita’ definiti per il corso d’acqua interessato, e’ precipitato del piu’ generale “principio di precauzione”, di cui (attualmente) all’articolo 191 TFUE, che rappresenta, nell’ordinamento Eurounitario, il “cardine della politica ambientale” e, come tale, e’ sovraordinato rispetto al diritto interno (in tal senso Cass. S.U. 10 aprile 2019, n. 10018; Cass., S.U., 28 dicembre 2018, n. 33663).
Sicche’, la disciplina complessiva (nazionale, di derivazione Eurounitaria) in materia di acque pubbliche, impone, nell’equo contemperamento degli interessi ad essa sottesi, una considerazione pregnante degli aspetti inerenti alla tutela e alla conservazione dell’ambiente e, in particolare, della qualita’ dei corpi idrici (cfr. in tale ottica Cass., S.U., 10 settembre 2013, n. 20699).
Per cui, nel rapporto tra il principio di precauzione e il principio del sostegno alle energie rinnovabili, nel caso di specie e’ stato ritenuto legittimamente prevalente il principio di precauzione a tutela del mantenimento della qualita’ delle acque ed anzi della creazione di un sistema che ne accresca le possibilita’ di miglioramento qualitativo.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Il ricorso per cassazione e’ stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto e’ gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, commi 1 bis e 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese di giudizio sostenute dalle parti controricorrenti, che liquida in Euro 7.000,00 in favore di ciascuna delle due parti costituite, oltre 200,00 Euro per esborsi in favore della Regione Veneto, oltre spese prenotate a debito in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministeri.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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