Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 novembre 2022| n. 34865.
L’accordo contenente l’obbligo di fornire ai figli i mezzi per l’acquisto di un bene a loro nome non costituisce una donazione indiretta
In tema di divorzio, l’accordo contenente l’obbligo di fornire ai figli i mezzi per l’acquisto di un bene a loro nome non costituisce una donazione indiretta ove, ancorché effettuato a titolo gratuito, non sia posto in essere per spirito di liberalità ma costituisca parte integrante della più ampia regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi.
Ordinanza|25 novembre 2022| n. 34865. L’accordo contenente l’obbligo di fornire ai figli i mezzi per l’acquisto di un bene a loro nome non costituisce una donazione indiretta
Data udienza 18 ottobre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: SUCCESSIONI E DONAZIONI – DONAZIONE – DONAZIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSTI Alberto – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20919/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentate e difese dagli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti – ricorrenti incidentali –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 545/2017 depositata il 09/02/2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
L’accordo contenente l’obbligo di fornire ai figli i mezzi per l’acquisto di un bene a loro nome non costituisce una donazione indiretta
FATTI DI CAUSA
La presente causa, definita in primo grado dal Tribunale di Milano, riguarda la successione testamentaria di (OMISSIS), deceduto lasciando le figlie (OMISSIS) e (OMISSIS), nate dal primo matrimonio con (OMISSIS), il coniuge in secondo nozze (OMISSIS) e il figlio (OMISSIS), nato dall’unione con la (OMISSIS), istituito con il testamento nella disponibile.
Il Tribunale, con sentenza non definitiva, ha rigettato la domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie proposta dalle sorelle (OMISSIS) (le quali avevano preso l’iniziativa del giudizio) e ha risolto, fra l’altro, una pluralita’ di questioni riguardanti l’esistenza di reciproche donazioni fatte in favore dei coeredi, disponendo la prosecuzione del giudizio al fine di accertare il valore dei beni oggetto di collazione e per procedere alla divisione ereditaria.
Per quanto interessa in questa sede il primo giudice ha accolto in parte le domande delle sorelle (OMISSIS) volte a fare accertare l’esistenza di donazioni fatte dal defunto in favore dei convenuti. In particolare, veniva in considerazione l’acquisto di un immobile in (OMISSIS), intestato per la nuda proprieta’ a (OMISSIS) e per l’usufrutto ai genitori.
Il primo giudice ha riconosciuto l’esistenza di una donazione solo con riferimento all’acquisto della nuda proprieta’ in nome del figlio (OMISSIS), negando che potesse riguardarsi come donazione l’acquisto dell’usufrutto in nome dei genitori, come invece sostenuto dalle due attrici.
Lo stesso giudice ha rigettato analoga domanda proposta dai convenuti contro le attrici, con riferimento all’acquisto di due appartamenti effettuato con denaro messo a disposizione del defunto. Contro tale sentenza hanno proposto appello principale (OMISSIS) e (OMISSIS) e appello incidentale (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte d’appello ha dichiarato inammissibile la censura, proposta dalle appellanti incidentali con riferimento all’acquisto immobiliare in (OMISSIS): essa ha ritenuto che le appellanti si fossero limitate a ripetere la tesi che il de cuius aveva fornito i mezzi per l’acquisto, senza confrontarsi con le argomentazioni del tribunale “in relazione alla provenienza di una parte della provvista direttamente dalla Ferra ro”.
La Corte d’appello, ancora con riferimento all’appello incidentale delle originarie attrici, ha riconosciuto che costituiva oggetto di donazione indiretta, soggetta a collazione, l’intestazione del 90% delle quote della (OMISSIS) S.r.l. in nome della (OMISSIS).
La Corte di merito, con riferimento a tale questione, ha richiamato una decisione della Corte d’appello di Milano emessa in un diverso giudizio fra le stesse parti, proposto dalle sorelle (OMISSIS) per fare accertare la natura fittizia dell’intestazione: in tale giudizio fu definitivamente accertato che l’intestazione aveva avuto carattere reale, essendo stato ritenuto non sufficiente, ai fini della prova del carattere fittizio dell’intestazione, il fatto che i mezzi per l’acquisto delle quote provenissero dal defunto.
Secondo tale diversa decisione, richiamata nella sentenza impugnata, la provenienza dei mezzi dal patrimonio del defunto “poteva trovare agevole spiegazione nello spirito di liberalita’, (…) volto a realizzare una donazione indiretta a favore della moglie”.
La Corte milanese, con la sentenza impugnata in questa sede, ha condiviso tale considerazione e ha disatteso l’obiezione della (OMISSIS) e del figlio di lei (convenuti e appellanti principali), i quali avevano eccepito l’inammissibilita’ della domanda, sostenendo che la questione era stata sollevata solo tardivamente nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado e poi nel giudizio d’appello.
La Corte d’appello di Milano ha accolto l’appello principale proposto dagli originari convenuti, riconoscendo che le sorelle (OMISSIS) dovevano conferire in collazione i due appartamenti, separatamente intestati in loro nome, ma acquistati con denaro del defunto e, conseguentemente, oggetto di donazione indiretta in loro favore.
La Corte d’appello non ha condiviso la tesi delle due figlie, le quali avevano sostenuto che l’acquisto non aveva carattere liberale, ma era stato realizzato in esecuzione degli accordi raggiunti dai coniugi in vista del divorzio e recepiti nella relativa sentenza.
Essa ha compensato le spese, in ragione del parziale accoglimento dei rispettivi appelli e per la complessita’ delle questioni decise.
Per la cassazione della decisione (OMISSIS) ed (OMISSIS) hanno proposto ricorso sulla base di due motivi.
Hanno proposto separato ricorso, affidato e due motivi, (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno resistito con controricorso al ricorso proposto da (OMISSIS) ed (OMISSIS).
Hanno resistito con controricorso anche (OMISSIS) ed (OMISSIS).
Le ricorrenti hanno depositato memoria.
L’accordo contenente l’obbligo di fornire ai figli i mezzi per l’acquisto di un bene a loro nome non costituisce una donazione indiretta
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), in quanto notificato dopo la notificazione del ricorso delle sorelle (OMISSIS) ed (OMISSIS), deve considerarsi ricorso incidentale rispetto a quest’ultimo (Cass. n. 26057/2021). A sua volta il controricorso proposto, in relazione a tale ricorso, da (OMISSIS) ed (OMISSIS), deve considerarsi controricorso al ricorso incidentale.
2. Con il primo motivo del ricorso principale la sentenza e’ oggetto di censura nella parte in cui la Corte d’appello ha riconosciuto la natura liberale dell’intestazione dei due appartamenti in nome delle figlie, in quanto acquistati con denaro messo a disposizione dal padre. Si sostiene che l’acquisto si collocava nell’ambito degli accordi raggiunti dai coniugi genitori in vista del divorzio di cui alla scrittura privata del (OMISSIS), accordi infine recepiti nella sentenza di divorzio. In relazione a tale circostanza, le ricorrenti sostengono che l’acquisto dei due appartamenti in nome delle figlie non costituiva liberalita’, ma adempimento dell’obbligazione assunta dal genitore nei confronti dell’altro con la scrittura di cui sopra.
3. Il motivo e’ fondato. La Corte milanese, nel richiamare la scrittura privata fra i coniugi poi recepita nella sentenza di divorzio su ricorso congiunto, ravvisa in tale scrittura una regolamentazione complessiva dei rapporti patrimoniale fra coniugi: (OMISSIS) avrebbe versato al coniuge la somma di Lire 500.000.000 una tantum; la casa familiare, in comproprieta’, sarebbe stata trasferita al (OMISSIS), che avrebbe versato un contributo mensile per il mantenimento delle figlie, conviventi con la madre; (OMISSIS) avrebbe poi venduto la casa familiare, avrebbe trattenuto per se’ un terzo del ricavato e le spese sostenute nel tempo, impegnandosi ad acquistare con il residuo un appartamento per ciascuna delle due figlie. Le parti della scrittura, considerate dalla Corte d’appello, sono riportate a pag. 12 del ricorso: “(…) ottenuta la liberazione dell’immobile di (OMISSIS) da parte della signora (OMISSIS) e delle figlie, l’avv. (OMISSIS) provvedera’ alla vendita dell’appartamento stesso. Dal relativo ricavato l’avv. (OMISSIS) dedurra’, innanzitutto, per se’, con valutazione aggiornata all’epoca del rimborso, somma pari a quanto erogato alla signora (OMISSIS) per i motivi e i titoli di cui alla presente scrittura, nonche’ tutte le spese e i costi sostenuti nel tempo relativamente a quell’immobile. Quindi, dividera’ il residuo in tre parti uguali (una per l’avv. (OMISSIS) stesso ed una per ciascuna delle figlie). Con la parte di pertinenza delle figlie, acquistera’ subito due appartamenti, da intestare uno per ciascuna di loro”.
Secondo la Corte d’appello, in forza di tali accordi, la casa, appartenente al solo (OMISSIS), non costituiva oggetto di un diritto di credito della moglie, ne’ poteva riguardarsi quale oggetto di donazione dalla madre alle figlie, “rientrando l’attribuzione della piena proprieta’ della casa familiare al marito in un accordo complessivo fra le due parti dal quale non emerge in alcun modo la rinunzia di (OMISSIS) ai propri diritti in favore delle figlie”. Conseguentemente, prosegue la Corte d’appello, “la successiva messa a disposizione da parte di (OMISSIS) del denaro per l’unico scopo per il quale era stato accantonato, costituisce un tipico caso di donazione indiretta del bene”.
4. La ricostruzione proposta con la sentenza impugnata non tiene conto che il dato caratterizzante la donazione e’ generalmente ravvisato nello spirito di liberalita’, che la norma richiede perche’ il contratto abbia natura di donazione e che deve ricorrere anche nelle donazioni indirette, in cui la liberalita’ e’ raggiunta attraverso l’utilizzazione strumentale di negozi diversi (Cass. n. 3526/1976; Cass. n. 3147/1980). Le donazioni indirette sono soggette per un verso a talune norme dettate per la donazione, ai sensi dell’articolo 809 c.c., per altro verso alle norme in tema di collazione (v. articolo 737 c.c., il quale estende l’istituto anche alle donazioni definite indirette dalla stessa norma).
Affinche’ un atto dispositivo possa qualificarsi come donazione non e’ sufficiente che il medesimo sia compiuto a titolo gratuito, ma occorre anche che la disposizione patrimoniale sia animata da spirito di liberalita’, ossia effettuata a titolo di mera e spontanea elargizione, fine a se’ stessa (Cass. n. 21781/2008). In breve, lo spirito di liberalita’ e’ da intendere come “consapevole determinazione dell’arricchimento del beneficiario mediante attribuzioni od erogazioni patrimoniali operate nullo iure cogente” (Cass. n. 3147/1980).
5. La natura di liberalita’ e’ generalmente negata ai negozi con il quale uno dei genitori si obblighi nei confronti dell’altro ad attribuire la proprieta’ di beni immobili ai figli, estranei all’accordo (Cass. n. 12110/1992; n. 11342/2004; n. 5473/2006). Il principio e’ di solito riconosciuto con riferimento all’assunzione dell’obbligo di trasferimento di un bene proprio del genitore. In presenza dei medesimi presupposti che inducono a negare la natura liberale dell’atto, la soluzione non puo’ essere diversa per il caso in cui il genitore, invece dell’obbligo di trasferire, abbia assunto nei confronti dell’altro genitore l’obbligo di fornire ai figli i mezzi per l’acquisto di un bene in loro nome. Il rilievo che l’intestazione di beni in nome altrui sia strumento idoneo a realizzare una liberalita’, proposto dalla Corte d’appello, e’ argomento neutro sotto questo profilo. Esso vale a patto che mezzi siano stati forniti dal disponente per spirito di liberalita’, che non e’ necessariamente implicito nella fattispecie. E’ intuitivo che, in questo caso, non sara’ utilizzabile il rimedio ex articolo 2932 c.c., ammesso dalla giurisprudenza per l’ipotesi di assunzione dell’obbligo di trasferimento diretto.
6. Orbene, la Corte d’appello ha negato che nella vicenda potesse ravvisarsi una donazione della madre in favore dei figli, avvenuta tramite la rinuncia alla quota di comproprieta’ dell’alloggio. L’argomento, ripreso dai controricorrenti, e’ esatto, ma nient’affatto decisivo al fine riconoscere o negare la natura liberale del successivo acquisto. Invero l’indagine indispensabile alla qualificazione della pattuizione avrebbe dovuto passare attraverso lo scrutinio della sussistenza dell’elemento non solo oggettivo, ma anche soggettivo della donazione, cioe’ dello spirito di liberalita’, si’ da verificare se la messa a disposizione dei mezzi per l’acquisto da parte del genitore potesse dirsi effettivamente avvenuto nullo iure cogente. A questi effetti la circostanza di fatto che la madre aveva trasferito la propria quota al padre senza corrispettivo, come ancora si evidenzia nel controricorso, e’ tutt’altro che dirimente, cosi’ come non lo e’ il fatto che la casa familiare sarebbe stata a suo tempo acquistata con denaro solo del padre o che avesse un valore inferiore a quanto da lui erogato alle figlie per l’acquisto dei due immobili. Tali obiezioni lasciano comunque fermo il dato oggettivo, quale emerge dalla stessa sentenza impugnata, che la pattuizione si inseriva nel quadro della complessiva regolazione degli interessi patrimoniali connessi al divorzio, avuto riguardo in particolare alle previsioni riferite alla casa familiare gia’ in comproprieta’, divenuta di proprieta’ esclusiva del padre in base agli accordi, e alla destinazione del ricavato della vendita programmata con la stessa scrittura.
7. Il secondo motivo del ricorso principale investe la decisione nella parte in cui, con riferimento alla vicenda dell’acquisto immobiliare in (OMISSIS), si conferma la sentenza del primo giudice, il quale aveva negato costituisse donazione indiretta l’acquisto dell’usufrutto in nome del coniuge.
Il motivo e’ inammissibile. Con esso si propongono considerazioni di merito, volte a fare emergere che una parte consistente della provvista, utilizzata per l’acquisto, fu messa a disposizione dal defunto. Si trascura cosi’ che la decisione non ha minimamente affrontato il merito della vicenda. La decisione, su questo punto, si esaurisce nella dichiarazione di inammissibilita’ del motivo di appello, “in quanto del tutto generico, limitandosi alla affermazione della provenienza da (OMISSIS) dei mezzi di pagamento, senza in alcun modo confutare (…) le argomentazioni del Tribunale (…) in ordine alla provenienza di una parte della provvista direttamente dalla (OMISSIS)”. Tale statuizione, che esaurisce, appunto, la ratio decidendi, non ha minimamente costituito oggetto di censura, se e’ vero che con il ricorso neanche si propone il raffronto fra la decisione di primo grado e l’atto di appello. Le ricorrenti di diffondono solo sulla illustrazione dei documenti che, secondo il loro assunto, fornivano la prova del maggiore apporto da parte del padre e, conseguentemente, la prova della fondatezza nel merito della loro pretesa, laddove il problema che primariamente si poneva in questa sede era quello di superare, tramite la denunzia dell’error in procedendo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la statuizione di inammissibilita’ del relativo motivo di appello.
8. Il primo motivo del ricorso incidentale censura la decisione nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto che non costituisse domanda nuova, nonostante fosse stata proposta solo nel grado, quella volta a fare accertare la natura di donazione indiretta della intestazione del 90% delle quote della (OMISSIS) S.r.l. in nome della (OMISSIS). Si sostiene che in primo grado aveva costituito tema del dibattito le natura fittizia dell’intestazione e non la esistenza, in quella stessa intestazione, di una donazione indiretta in rapporto ai mezzi impiegato per l’acquisto.
9. Il motivo e’ infondato. Nella sentenza impugnata e’ richiamata una diversa decisione della Corte d’appello di Milano resa inter partes (non ulteriormente impugnata), la quale, seppure avesse negato il carattere fittizio dell’intestazione delle quote, aveva accertato la provenienza della provvista utilizzata per l’acquisto dal patrimonio del defunto. In quella stessa decisione si aggiunge che l’offerta della provvista potesse trovare “agevole spiegazione nello spirito di liberalita’, volto a realizzare una donazione indiretta a favore della moglie”.
La Corte d’appello ha condiviso tale valutazione, accertando percio’ l’esistenza della donazione. Essa ha superato l’obiezione sulla novita’ della domanda, proposta dalle controparti, tramite il rilievo che il tema dell’intestazione delle quote era stato comunque introdotto dalle sorelle (OMISSIS) sin dall’inizio del giudizio, in pendenza del diverso processo volto a fare accertare il carattere fittizio dell’intestazione, avendo costituito oggetto di contraddittorio.
10. L’assunto della Corte d’appello merita di essere condiviso. In una causa, intesa a ricostruire l’asse ereditario rilevante ai fini della definizione dei diritti degli eredi in concorso, la deduzione con cui si deduce la natura fittizia dell’intestazione di un bene, fondata sulla provenienza dei mezzi impiegati per l’acquisto dal defunto e non dall’apparente intestatario coerede, si propone l’evidente finalita’ dell’ampliamento della massa. Qualora, come nel caso in esame, la questione si ponga ai fini della collazione nei rapporti fra coniuge e discendenti del donante (articolo 737 c.c.), analoga finalita’ e’ insita nella deduzione di una donazione, diretta o indiretta, fatta dal de cuius. Certamente, tramite l’invocazione della intestazione fittizia, si pretende che l’ampliamento avvenga mediante l’inserimento del bene nel relictum, mentre, tramite l’invocazione della donazione, si vuole il che bene (o il controvalore) sia compreso nel donatum, soggetto a collazione. Il richiamo all’uno o all’altro istituto condividono, pertanto, un’analoga finalita’ e, di regola, per chi li deduce conta il risultato dell’ampiamento della massa, piuttosto che il mezzo tecnico attraverso il quale si realizza. Con questo non si intende sostenere che il mezzo tecnico sia in assoluto indifferente, ma evidenziare che, qualora non ci siano deduzioni specifiche della parte, intese a porre la questione della provenienza dei mezzi dal patrimonio del defunto esclusivamente nella prospettiva della simulazione, con univoca esclusione di altri possibili profili rilevanti ai fini successori, la successiva deduzione, operata in appello, sulla natura liberale dell’intestazione, non costituisce domanda nuova, in quanto il fatto costitutivo rimane pur sempre primariamente fondato sulla provenienza dei mezzi per l’acquisto dal patrimonio del defunto. Una tale successiva deduzione, pertanto, si atteggia piuttosto a mera precisazione della domanda, consentita anche in appello (cfr. Cass. n. 1861/2013).
11. Il secondo motivo del ricorso incidentale, sulla regolamentazione delle spese di lite, e’ assorbito.
12. In conclusione, accolto il primo motivo del ricorso principale, rigettati il secondo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo dello stesso ricorso incidentale, la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo del ricorso principale accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Milano per nuovo esame della natura dell’acquisto dei due immobili in nome delle due figlie del defunto.
La Corte di rinvio provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il primo del ricorso principale; dichiara inammissibile il secondo motivo del ricorso principale; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale; dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione al motivo del ricorso principale accolto; rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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