La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 19214.

La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato

La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste sia quando il giudice trascuri di esaminare una domanda od una eccezione, sia quando sostituisca d’ufficio un’azione ad un’altra, a causa del travisamento dell’effettivo contenuto della domanda. (Nella specie la S.C. ha affermato la ricorrenza del suddetto vizio in relazione alla pronuncia d’appello che aveva omesso di provvedere sul motivo di gravame con cui si lamentava l’omessa pronuncia sulla domanda in via surrogatoria proposta dai danneggiati ai sensi dell’art. 2900 c.c., unitamente ad una domanda di risarcimento del danno da “mala gestio impropria” dell’assicuratore, ritenendo, erroneamente, che questi avessero svolto solo una domanda di “mala gestio” in senso proprio contro l’assicuratore, “iure proprio”, così travisando il contenuto effettivo della censura).

Sentenza|| n. 19214. La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato

Data udienza 4 maggio 2023

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 12474/22 proposto da:

-) (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrenti –

contro

-) (OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonche’

-) (OMISSIS);

– intimato –

per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione 22.2.2022 n. 5760;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 maggio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Rosa Maria Dell’Erba che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato

FATTI DI CAUSA

1. L’esposizione dei fatti di causa sara’ limitata alle sole circostanze ancora rilevanti in questa sede.

2. Nel (OMISSIS) la minore (OMISSIS) perse la vita in conseguenza di un sinistro stradale, consistito nell’urto tra la bicicletta da lei condotta e l’autoveicolo condotto da (OMISSIS), di proprieta’ di (OMISSIS) e assicurato contro i rischi della r.c.a. dalla (OMISSIS) s.p.a..

3. Nel 2001 i genitori, i fratelli ed un nipote ex fratre della vittima (in tutto dieci persone), agendo in due gruppi separati, convennero dinanzi al Tribunale di Napoli (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della morte di (OMISSIS).

Le due cause vennero riunite.

4. Tutti gli attori chiesero che la societa’ assicuratrice convenuta fosse condannata al risarcimento del danno in misura eccedente il massimale. Tale richiesta venne formulata:

a) sia utendo iuribus degli assicurati, ex articolo 2900 c.c., sul presupposto che la compagnia avrebbe malamente gestito gli interessi di essi, rifiutando una vantaggiosa transazione proposta dai danneggiati (e dunque invocando in via surrogatoria la c.d. mala gestio in senso proprio: p. 8 atto citazione in I grado);

b) sia in ogni caso sul presupposto che la compagnia era in mora verso i danneggiati (e quindi invocando la c.d. mala gestio in senso improprio).

6. Con sentenza 28.7.2008 n. 8738 il Tribunale di Napoli accolse parzialmente le domande, ma limito’ la condanna dell’assicuratore entro il massimale, senza null’altro aggiungere.

7. I congiunti della vittima impugnarono tale decisione, sostenendo (pp. 79 e ss. dell’appello):

-) che avevano formulato ex articolo 2900 c.c. una domanda di condanna dell’assicuratore al pagamento del danno causato ai due assicurati con la propria inerzia (domanda di mala gestio propria);

-) che tale domanda era giustificata dall’inerzia degli assicurati i quali, pur costituendosi in giudizio, non avevano chiesto di essere tenuti indenni dal proprio assicuratore anche oltre il massimale;

-) che su tale domanda il Tribunale non aveva provveduto.

8. Con sentenza 26.6.2017 n. 2924 la Corte d’appello di Napoli rigetto’ il suddetto motivo di gravame, affermando:

-) che i danneggianti avevano formulato soltanto una domanda di risarcimento del danno da c.d. “mala gestio impropria” dell’assicuratore;

-) che tale domanda era infondata perche’ l’assicuratore non aveva tenuto alcuna condotta rimproverabile nella gestione del sinistro.

9. La sentenza d’appello venne impugnata per cassazione dai danneggiati.

Essi dedussero (col quinto motivo di ricorso) che la Corte d’appello non si era pronunciata sulla domanda di risarcimento del danno causato dalla (OMISSIS) ai suoi due assicurati in conseguenza della propria mala gestio in senso proprio, danno il cui risarcimento era stato richiesto da essi, creditores creditorum, in via surrogatoria ai sensi dell’articolo 2900 c.c..

La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato

Aggiunsero (col sesto e col settimo motivo di ricorso) che comunque la Corte d’appello aveva erroneamente escluso la sussistenza di una mala gestio in senso proprio a carico della (OMISSIS), e trascurato di esaminare la circostanza decisiva del rifiuto, da parte della compagnia, di una vantaggiosa offerta transattiva.

10. Con sentenza 22.2.2022 n. 5760 questa Corte ha rigettato i suddetti motivi di ricorso.

La suddetta sentenza ha rigettato il quinto motivo di ricorso osservando che “la mala gestio propria concerne esclusivamente i rapporti fra assicurazione e assicurato”, e che di conseguenza “se la Corte d’appello avesse esaminato la domanda proposta anche sotto questo aspetto non avrebbe potuto che dichiararla inammissibile, atteso che nulla puo’ pretendere il terzo danneggiato dalla compagnia di assicurazioni del danneggiante sotto il profilo della mala gestio propria”.

11. Avverso la suddetta sentenza i congiunti di (OMISSIS) hanno proposto ricorso per revocazione, ai sensi dell’articolo 391 bis c.p.c., fondato su un motivo ed illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso la sola (OMISSIS), la quale ha altresi’ depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di revocazione i ricorrenti deducono in sostanza che la sentenza 5760/22 non avrebbe “compiutamente esaminato” i motivi di ricorso quinto, sesto e settimo.

Deducono che la domanda di condanna della (OMISSIS) al risarcimento del danno per mala gestio in senso proprio fu da essi formulata non in nome proprio, ma utendo iuribus dei due assicurati, ai sensi dell’articolo 2900 c.c.; che tale peculiarita’ non e’ stata co’lta dalla sentenza revocanda; che questa infatti ha mostrato di ritenere che, col quinto motivo di ricorso, i ricorrenti avessero inteso dolersi dell’omessa pronuncia da parte della Corte d’appello su una domanda di mala gestio da essi formulata in nome proprio, e non in via surrogatoria.

1.1. Il motivo e’ fondato.

Una sentenza della Corte di cassazione e’ revocabile, ex articoli 391 bis e 395, n. 4, c.p.c., quando la Corte incorra in un errore percettivo nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimita’: la sentenza, il ricorso ed il controricorso.

Questo errore deve consistere in una oggettiva divergenza tra quanto emerge dalla sentenza revocanda, e quanto emerge dagli atti di causa (Sez. U -, Ordinanza n. 31032 del 27/11/2019, Rv. 656234 – 01; Sez. 1 -, Sentenza n. 26301 del 18/10/2018, Rv. 651304 – 01).

La suddetta divergenza puo’ consistere sia nel mancato esame di un motivo di ricorso, scaturente dall’erronea supposizione dell’inesistenza del motivo stesso (Sez. 3 -, Sentenza n. 19510 del 04/08/2017, Rv. 645388 – 01); sia nell’errore sul fatto processuale, quando di questo fatto la Corte di cassazione sia giudice (Sez. 6 5, Ordinanza n. 11202 del 08/05/2017).

Ricorre questo errore “sul fatto processuale”, in particolare, quando la Corte di cassazione non percepisca, e percio’ non si pronunci, su un motivo di impugnazione; oppure allorche’ supponga proposta una domanda inesistente negli atti, ovvero supponga non proposta una domanda indiscutibilmente presente negli atti (Sez. 5 -, Sentenza n. 25752 del 01/09/2022, Rv. 665868 – 01).

1.2. Nel caso di specie risulta dagli atti che con i motivi quinto, sesto e settimo del ricorso originario i congiunti della vittima dedussero sotto vari profili una censura il cui “cuore” era comunque il seguente:

-) avevano proposto un motivo di appello (il quinto) inteso a denunciare l’omessa pronuncia del Tribunale sulla domanda surrogatoria da essi formulata ex articolo 2900 c.c., ed avente ad oggetto il diritto degli assicurati ad essere risarciti per essere rimasti esposti ultramassimale a causa della negligenza del proprio assicuratore nel gestire la lite (c.f. mala gestio propria);

-) la Corte d’appello non si era pronunciata su tale domanda surrogatoria.

La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato

1.3. La sentenza revocanda ha affermato di voler esaminare congiuntamente i tre suddetti motivi di ricorso, e li ha ritenuti infondati sul presupposto che:

a) gli appellanti, terzi danneggiati e quindi estranei al rapporto assicurativo, avessero formulato una domanda di risarcimento del danno da mala gestio in senso proprio, la quale e’ una domanda di risarcimento del danno da inadempimento del contratto di assicurazione;

b) tale domanda era inammissibile, in quanto consentita solo a chi e’ parte del rapporto assicurativo, e cioe’ l’assicurato;

c) correttamente, pertanto, la Corte d’appello l’aveva rigettata.

La sentenza infatti da’ conto che i ricorrenti avevano, col sesto motivo di ricorso, lamentato la violazione dell’articolo 2900 c.c. (cosi’ a p. 15, § 18). Tuttavia nell’esaminare congiuntamente il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso, ha adottato una motivazione che non si correla alla censura per come prospettata dai ricorrenti.

Questi ultimi, infatti, col ricorso per cassazione sostennero: “ho proposto una domanda “A”, che non e’ stata esaminata”.

La sentenza revocanda ha rigettato tale censura affermando: “avete proposto una domanda “B” che giustamente e’ stata rigettata”.

Piu’ in particolare, la sentenza di cui si chiede la revocazione ha mostrato di ritenere (rectius, dato per scontato) che gli allora ricorrenti avessero formulato una domanda di condanna diretta dell’assicuratore ex articolo 2043 c.c., e non una azione surrogatoria nomine alieno ex articolo 2900 c.c..

1.5. Trattasi di un errore percettivo ai sensi dell’articolo 395, n. 4, c.p.c., del quale ricorrono tutti e tre gli elementi essenziali.

1.5.1. Sussiste, in primo luogo, l’assenza di contrasto tra le parti sulla circostanza che i danneggiati proposero ab initio una domanda surrogatoria ex articolo 2900 c.c. nei confronti dell’assicuratore del responsabile (ex permultis, Sez. 5 -, Sentenza n. 14929 del 08/06/2018, Rv. 649363 – 01).

1.5.2. Sussiste, in secondo luogo, la divergenza tra la domanda come formulata nel ricorso ordinario per cassazione, e la domanda come percepita dalla sentenza revocanda.

La prima si fondava sulla denuncia d’una omessa pronuncia da parte del giudice d’appello sulla domanda surrogatoria; la seconda si e’ fondata sull’assunto che fosse stata denunciata col ricorso per cassazione l’omessa pronuncia del giudice d’appello su una domanda risarcitoria formulata in via diretta, e non in via surrogatoria.

Ne’ tale errore puo’ ritenersi frutto di una attivita’ di qualificazione ed interpretazione degli atti di parte e dei motivi di ricorso, e dunque in un giudizio, come tale esulante dalla previsione dell’articolo 395, n. 4, c.p.c..

Nel caso di specie, infatti, il provvedimento di cui si chiede la revoca si fonda su una motivazione incoerente rispetto alla censura prospettata dai ricorrenti. Costoro chiesero di accertare un inadempimento contrattuale (mala gestio propria richiesta in via surrogatoria); la Corte rispose escludendo la sussistenza di un illecito aquiliano (mala gestio impropria). Questa palese tmesi tra domanda del ricorrente e risposta della Corte rende evidente che quest’ultima non in un errore di valutazione incorse, ma in un errore di percezione.

1.5.3. Sussiste, infine, la decisivita’ dell’errore, dal momento che le ragioni spese dalla sentenza revocanda per rigettare il quinto motivo del ricorso originario non avrebbero potuto giustificare anche il rigetto del reale motivo di impugnazione, se fosse stato rettamente percepito, e cioe’ il vizio di omessa pronuncia sul motivo di appello concernente a sua volta l’omessa pronuncia del Tribunale sull’azione surrogatoria.

1.6. Il ricorso va dunque accolto quanto al profilo rescissorio, e la sentenza 5760/22 di questa Corte va revocata nella parte in cui ha rigettato il quinto, il sesto ed il settimo motivo d’appello.

La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato

2. Giudizio rescindente.

Sul piano rescindente il quinto motivo dell’originario ricorso per cassazione e’ fondato con riferimento all’articolo 112 c.p.c..

2.1. Risulta dall’esame degli atti (debitamente allegati e localizzati dai ricorrenti), consentito dalla natura del vizio prospettato, che in grado di appello gli odierni ricorrenti si dolsero del mancato esame, da parte del Tribunale, della domanda surrogatoria da essi proposta ex articolo 2900 (cfr. l’atto d’appello, ottavo motivo, pp. 76 e ss., in particolare pp. 80-81).

Con tale domanda gli allora appellanti dedussero che l’assicuratore del responsabile, rifiutando una vantaggiosa offerta transattiva, aveva esposto il proprio assicurato all’obbligo di dover pagare un risarcimento eccedente il massimale; che tale condotta dell’assicuratore costituiva inadempimento degli obblighi scaturenti dalla polizza; che l’ssicurato aveva percio’ diritto di essere risarcito di tale danno; che l’assicurato tuttavia era rimasto inerte e non aveva azionato alcuna pretesa nei confronti dell’assicuratore; che di conseguenza sussistevano i presupposti affinche’ tale pretesa fosse azionata dal creditor creditoris, ovvero dai terzi danneggiati ai sensi dell’articolo 2900 c.c..

2.2. La Corte d’appello nell’esaminare tale motivo di gravame (p. 20 e ss., § 6 della sentenza d’appello), l’ha rigettato osservando che i danneggiati:

-) “hanno invocato la mala gestio c.d. impropria dell’assicurazione, ovvero il suo colpevole ritardo nel pagamento del richiesto indennizzo”;

-) correttamente il giudice di primo grado aveva rigettato tale domanda, in quanto il comportamento tenuto dalla compagnia “non era rimproverabile”.

Cosi’ decidendo la Corte d’appello ha travisato il contenuto effettivo della censura (travisamento cui forse non fu estranea l’eccessiva verbosita’ dell’atto d’appello), in quanto: a) ha provveduto su una domanda mai proposta (la condanna dell’assicuratore per mala gestio in senso improprio a favore dei danneggiati); b) ha trascurato la domanda effettivamente proposta (la domanda di condanna dell’assicuratore per mala gestio propria ex articolo 2900 c.c.).

2.3. La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, sussiste sia quando il giudice trascuri di esaminare una domanda od una eccezione; sia quando sostituisca d’ufficio una ad un’altra azione, a causa del travisamento dell’effettivo contenuto della domanda (ex permultis, Sez. 3, Sentenza n. 12909 del 13/07/2004, Rv. 574497 – 01; Sez. L, Sentenza n. 9644 del 16/06/2003, Rv. 564321 01).

La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato

Nel caso di specie pertanto, ricorre il suddetto vizio, avendo la Corte d’appello omesso di provvedere sul motivo di gravame con cui si lamentava l’omessa pronuncia sulla domanda surrogatoria proposta dai danneggiati ai sensi dell’articolo 2900 c.c..

2.1. Il sesto motivo di ricorso e’ infondato, in quanto impugna una statuizione (il rigetto della domanda di mala gestio in senso proprio) assente nella sentenza d’appello, la quale come detto non si e’ pronunciata su tale domanda.

2.2. Il settimo motivo di ricorso resta assorbito.

3. Le spese del presente giudizio di legittimita’ saranno liquidate dal giudice del rinvio.

Per questi motivi

la Corte di cassazione:

(-) revoca la sentenza 22.2.2022 n. 5760 della Corte di cassazione, nella parte in cui ha rigettato il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso; (-) decidendo sul ricorso originario, accoglie il quinto motivo di ricorso; rigetta il sesto; dichiara assorbito il settimo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese dei giudizi di legittimita’.

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