Corte di Cassazione, sezione sesta tributaria, Ordinanza 11 ottobre 2018, n. 25217.
La massima estrapolata:
La valutazione della presunta antieconomicità di una singola operazione posta in essere dall’impresa non è sufficiente a fondare l’accertamento analitico-induttivo. Questo in quanto, laddove la contabilità aziendale non sia stata preventivamente disconosciuta, la singola operazione isolata dal contesto complessivo dell’attività aziendale esercitata, costituisce presunzione semplice e ai fini accertativi deve pertanto essere accompagnata dalla preventiva disamina della situazione finanziaria.
Ordinanza 11 ottobre 2018, n. 25217
Data udienza 17 gennaio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere
Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli Avv.ti Prof. (OMISSIS) che la rappresentano e difendono per procura in calce al ricorso dall’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– resistente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n.50/01/11, depositata il 12 gennaio 2011.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2018 dal relatore Cons.Roberta Crucitti.
RILEVATO
che:
nella controversia originata dall’impugnazione da parte della (OMISSIS) s.r.l. di avviso di accertamento relativo ad iva, irpeg e irap dell’anno di imposta 2003 (con il quale erano stati disconosciuti costi non documentati e ripresi a tassazione ricavi non dichiarati), detta Societa’, in persona del legale rappresentante, propone ricorso, su cinque motivi, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, rigettandone l’appello, aveva confermato la decisione di primo grado, solo parzialmente favorevole;
in particolare, il Giudice di appello ribadiva la piena legittimita’ dell’operato dell’Amministrazione erariale, considerato che i costi relativi ad un contratto di servizi in essere con altra Societa’ dello stesso gruppo cui apparteneva la contribuente non erano stati documentati ne’ da fatture ne’ da altri documenti contabili mentre, da altro lato, sempre secondo la Commissione regionale, l’evidente antieconomicita’ dell’operazione relativa al suddetto contratto (con costi elevati a fronte di esigui ricavi dichiarati) legittimava il ricorso all’accertamento Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 39, comma 1, lettera d);
l’Agenzia delle entrate ha depositato “atto di costituzione” ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza;
il ricorso e’ stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 1, introdotti dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, articolo 1 bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo si eccepisce l’esistenza di giudicato interno relativamente al capo delle sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto della Societa’ all’utilizzo delle perdite fiscali pregresse ai fini della determinazione dell’IRPEG;
in particolare, la ricorrente – premesso che, avverso tale capo della sentenza di primo grado, l’Agenzia delle entrate, pur essendo soccombente, non aveva proposto uno specifico e tempestivo motivo di impugnazione – chiede, qualora questa Corte dovesse rigettare i motivi di ricorso e confermare, quindi, le riprese fiscali a tassazione ancora in contestazione, che si scomputi dal maggior reddito imponibile accertato l’ormai incontrovertibile diritto della Societa’ all’utilizzo delle perdite fiscali pregresse;
con il secondo motivo si deduce la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 75, comma 2, lettera b, laddove la C.T.R. aveva ritenuto necessaria, ai fini della deduzione del costo derivante dal contratto di prestazioni di servizi (avente ad oggetto l’utilizzo in via esclusiva del (OMISSIS)) che lo stesso fosse provato attraverso fatture o altri documenti contabili;
con il terzo motivo si denunzia la sentenza impugnata, ai sensi dell’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, di omesso esame di elementi decisivi laddove la C.T.R., nell’affermare che la mera stipula di un contratto di servizi non costituisce idonea prova della reale esistenza ed effettivita’ dei costi, essendo necessario, invece, aldila’ della volonta’ delle parti….che risulti anche la concreta realizzazione dell’oggetto contrattuale documentata attraverso fatture o altri documenti contabili, non aveva tenuto conto di numerosi fatti decisivi quale l’avvenuta contabilizzazione di tale costo in bilancio, l’emissione di fattura in epoca successiva, il fortissimo interesse commerciale all’uso in via esclusiva del Castello, la circostanza che la stessa societa’ proprietaria dell’immobile avesse iscritto in bilancio per la medesima annualita’ l’intero corrispettivo tra i ricavi;
le censure, esaminate congiuntamente, siccome vertenti sullo stesso capo di sentenza, sono fondate;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 75applicabile ratione temporis: “1. I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi…concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni. 2. Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza: ….b) i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate…”;
dette disposizioni normative sono state costantemente interpretate da questa Corte nel senso che in tema di reddito d’impresa, le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito – inderogabili, sia per il contribuente che per l’ufficio finanziario – seguono il principio di “competenza economica”, stabilito in generale dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 75 il quale implica che gli elementi reddituali (attivi e passivi) derivanti da una determinata operazione siano iscritti in bilancio, non gia’ con riferimento alla data del pagamento o dell’incasso materiale del corrispettivo, ma nel momento in cui esso perviene a completa maturazione, appunto con l’ultimazione della prestazione. Il costo, percio’, inerisce temporalmente all’esercizio in corso al momento dell’ultimazione della prestazione, indipendentemente dalla data della fatturazione e dell’effettivo pagamento del corrispettivo imputato nel conto economico” (v. Cass. n. 24474 del 17/11/2006; n. 16253 del 23/07/2007; n. 24055 del 13/11/2009 ed ancora, di recente, Cass. n.ri 3497/2011; 9096/2012; 27296/2014; 11311/2016);
alla luce di detti principi, appare evidente l’errore in diritto in cui e’ incorsa la Commissione tributaria regionale laddove, con motivazione insufficiente (non tenendo in debito conto gli ulteriori elementi fattuali prospettati dalla Societa’ contribuente) non ha riconosciuto la deducibilita’ di parte del corrispettivo del contratto di prestazioni di servizi, ritenuto inidoneo a fornire prova del costo, perche’ non provati i pagamenti, attraverso fatture o altri documenti contabili;
con il quarto motivo si deduce violazione di legge (articoli 2727 e 2729 cod. civ., Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54, comma 2) laddove la C.T.R. aveva ritenuto legittimo il ricorso all’accertamento analitico induttivo con rideterminazione di maggiori ricavi, facendo riferimento all’esistenza di una presunzione pur semplice ma significativa ovvero l’antieconomicita’ di una sola operazione (il contratto di servizi avente ad oggetto l’uso esclusivo del (OMISSIS));
con il quinto motivo si deduce un’omessa e/o insufficiente motivazione laddove il Giudice di appello non aveva tenuto conto nell’asserire l’antieconomicita’ della condotta di impresa di tutta una serie di elementi di fatto dai quali emergeva che la Societa’ aveva chiuso l’esercizio in attivo e che, pertanto, i ricavi complessivi dichiarati escludevano la presunzione di antieconomicita’;
le censure, esaminate congiuntamente siccome vertenti sulla stessa questione, sono fondate;
in materia, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimita’, “l’accertamento con metodo analitico-induttivo, con quale cui il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorche’ di rilevante importo, e’ consentito, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, comma 1, lettera d) pure in presenza di contabilita’ formalmente tenuta, giacche’ la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedelta’ della contabilita’ esaminata” (cfr. tra le molte Cass. n. 20060 del 24/09/2014);
egualmente, in materia di IVA, si e’ statuito che “l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilita’ formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicita’ del comportamento del contribuente, puo’ desumere in via induttiva, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d) e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54, commi 2 e 3, sulla base di presunzioni semplici, purche’ gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attivita’ svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni” (Cass. Ordinanza n. 26036 del 30/12/2015);
nella specie, la Commissione tributaria regionale, non solo ha erroneamente ritenuto fondato il ricorso all’accertamento analitico-induttivo sulla base di una circostanza, dalla stessa ritenuta presunzione semplice, ovvero l’antieconomicita’ di una sola operazione posta in essere dalla Societa’ isolandola dal contesto complessivo risultante dalla contabilita’ sociale (non disconosciuta), ma non ha, altresi’, tenuto conto, nella sua valutazione, di tutta una serie di elementi fattuali dai quali si evinceva la complessiva situazione finanziaria positiva della Societa’ (dal che’ la fondatezza, anche, del quinto motivo di ricorso);
l’accoglimento del ricorso esonera dall’esame del primo motivo di ricorso, proposto in via subordinata, competendo al giudice del rinvio la valutazione dell’esistenza e della rilevanza del giudicato interno dedotto dalla Societa’;
conclusivamente, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio la quale provvedera’ al riesame, adeguandosi ai superiori principi, ed al regolamento delle spese processuali di questo giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.