Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 28880.
La sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione sono inidonee ad interrompere l’usucapione
In tema di usucapione, la pronunzia della sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione, ex art. 88 del r.d. n. 267 del 1942, sono inidonee ad interrompere il tempo per l’acquisto del diritto di proprietà, conseguendo l’interruzione del possesso solo all’azione del curatore tesa al recupero del bene mediante spossessamento del soggetto usucapiente, nelle forme e nei modi prescritti dagli artt. 1165 e 1167 c.c.
Ordinanza|| n. 28880. La sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione sono inidonee ad interrompere l’usucapione
Data udienza 13 ottobre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Possesso – Effetti – Usucapione – Interruzione e sospensione – In genere sentenza dichiarativa di fallimento e sua trascrizione – Idoneità ad interrompere il possesso ad usucapionem – Esclusione – Fondamento.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. PICARO Vincenzo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12353/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)), che li rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;
-ricorrenti-
contro
FALLIMENTO (OMISSIS);
– intimato –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 1194/2022 depositata il 22.2.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13.10.2023 dal Consigliere VINCENZO PICARO.
La sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione sono inidonee ad interrompere l’usucapione
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) ed i di lei figli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con atto di citazione notificato il 13.12.2007 convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Roma il Fallimento della (OMISSIS) S.R.L. (dichiarato con sentenza del Tribunale di Roma del 24.10.1986) per sentire accertare l’intervenuta usucapione di un appezzamento di terreno sito in (OMISSIS), distinto nel catasto terreni a foglio (OMISSIS), di 1250 mq, originariamente intestato alla societa’ fallita, esponendo che con scrittura privata del 29.6.1977, registrata il 4.7.1977, (OMISSIS), marito della (OMISSIS) e padre degli altri attori, aveva acquistato il suddetto terreno per L. 1.900.000 dalla (OMISSIS) S.R.L. ed era stato immesso nel possesso del fondo, provvedendo alla sua sistemazione e recinzione, possesso uti dominus esercitato da quel momento in modo pacifico, ininterrotto e non clandestino e proseguito per successione dopo la sua morte, avvenuta il (OMISSIS), da parte degli eredi attori.
Si costituiva tardivamente nel giudizio di primo grado il Fallimento della (OMISSIS) S.R.L., che eccepiva l’improponibilita’ della domanda ex articoli 42 e 45 L.F., contestando comunque anche la fondatezza dell’avversa domanda di usucapione.
Escussi due testimoni, il Tribunale di Roma con la sentenza n. 25738/2013 accoglieva la domanda e dichiarava l’intervenuta usucapione, compensando le spese processuali.
Il Fallimento della (OMISSIS) S.R.L. proponeva appello avverso la suddetta sentenza, riproponendo l’eccezione d’improponibilita’ della domanda di usucapione ex articoli 42 e 45 L.F. e gli originari attori resistevano all’appello.
La Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 1194/2022 del 25.1/22.2.2022 accoglieva il gravame, ed in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda di usucapione, condannando gli appellati al pagamento delle spese processuali del doppio grado.
In sostanza il giudice del gravame rilevava che il fallimento dell’intestataria del terreno, la (OMISSIS) S.R.L., risaliva al 24.10.1986, mentre gli attori avevano dedotto di possedere uti domini dal 1977, per cui alla data della dichiarazione del fallimento, non essendo decorsi venti anni dall’inizio del possesso invocato, non si era ancora perfezionata la fattispecie acquisitiva del diritto di proprieta’ per usucapione, invocabile contro i fallimenti solo se il ventennio era scaduto prima del fallimento, ed a sostegno richiamava le sentenze n. 13184/1999 e n. 10895/2013 della Corte di Cassazione, che avevano limitato l’opponibilita’ al fallimento ai soli atti acquisitivi di diritti reali tipici gia’ compiuti prima della sentenza di fallimento, che ai sensi dell’articolo 42 L.F. creava un vincolo d’indisponibilita’ sui beni del fallito.
Avverso tale sentenza, notificata loro il 2.3.2022, hanno proposto ricorso alla Suprema Corte, notificato al Fallimento della (OMISSIS) S.R.L. il 2.5.2022, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), deceduta il 22.9.2021, affidandosi ad un unico motivo, mentre il Fallimento della (OMISSIS) S.R.L. e’ rimasto intimato.
Autorizzata dalla Presidente della Suprema Corte l’astensione facoltativa del Consigliere Luca Varrone, ed assegnato il procedimento al Consigliere meno anziano dell’udienza camerale del 13.10.2023, Vincenzo Picaro, la causa, previa sostituzione nel collegio del Consigliere Milena Falaschi al Consigliere Luca Varrone, veniva trattenuta in decisione in tale udienza.
La sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione sono inidonee ad interrompere l’usucapione
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo fatto valere i ricorrenti lamentano, in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1140, 1141, 1158 c.c., 42 e 45 L.F. e 132 c.p.c..
Deducono i ricorrenti che l’impugnata sentenza abbia erroneamente accolto l’eccezione d’improponibilita’ della domanda di usucapione ex articoli 42 e 45 L.F. riproposta dal Fallimento, in quanto ha ritenuto che la fattispecie dell’acquisto a titolo originario dell’usucapione sia opponibile nei confronti di una societa’ fallita solo quando il possesso ad usucapionem si sia protratto per almeno venti anni prima della dichiarazione di fallimento, mentre nella specie il fallimento dell’intestataria catastale era intervenuto nel corso del ventennio, in tal modo attribuendo alla sentenza di fallimento un’efficacia interruttiva del possesso ad usucapionem non prevista da alcuna norma (in tal senso Cass. n. 13184/1999 e piu’ recentemente Cass. 31.5.2021 n. 15137) e violando il principio che attribuisce effetto interruttivo dello stesso solo a condotte ed atti tassativamente indicati dalla legge (in tal senso Cass. n. 30079/2019), tra i quali non rientrano la dichiarazione di fallimento, ne’ la trascrizione nei Registri Immobiliari della relativa sentenza, e non considerando che l’interruzione del possesso dei terzi consegue solo all’azione del curatore tesa al recupero del bene mediante spossessamento del soggetto usucapiente nelle forme e nei modi prescritti dagli articoli 1165 e 1167 c.c. (in tal senso Cass. 31.5.2021 n. 15137).
Aggiungono poi i ricorrenti che la motivazione addotta dalla Corte d’Appello a sostegno dell’improponibilita’ della domanda di usucapione e’ meramente apparente, in quanto le sentenze della Suprema Corte da essa richiamate (Cass. n. 13184/1999 e Cass. n. 10895/2013), se esaminate nella loro motivazione, non esprimono affatto il principio che il fallimento dell’impresa intestataria dell’immobile che si intenda usucapire determini di per se’ l’interruzione dell’usucapione.
Il motivo e’ fondato.
Anzitutto la trascrizione della sentenza di fallimento nei registri immobiliari puo’ essere invocata per valutare l’opponibilita’ al fallimento di atti di acquisto della proprieta’ immobiliare a titolo derivativo, ma non di atti di acquisto della proprieta’ a titolo originario, come nel caso dell’usucapione, posto che il fallimento determina ai sensi dell’articolo 42 L.F. il passaggio dell’amministrazione e della disponibilita’ dei beni dell’impresa fallita dal legale rappresentante della stessa al curatore, e comporta ai sensi dell’articolo 43 L.F. il passaggio della capacita’ di stare in giudizio nelle controversie inerenti a rapporti patrimoniali dal legale rappresentante dell’impresa fallita al curatore, ma di per se’ non incide sulla condizione di fatto dei beni della fallita, che e’ quella che rileva ai fini dell’usucapione.
Il Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 25, nella formulazione vigente all’epoca della dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) S.R.L. ((OMISSIS)), attribuiva al Giudice delegato al fallimento il potere di emettere provvedimenti tesi alla conservazione del patrimonio dell’impresa fallita (tale disposizione e’ stata peraltro eliminata in sede di riforma nei casi di diritti rivendicati da terzi incompatibili con l’acquisizione del bene alla massa fallimentare), a dimostrazione che per incidere sulla condizione di fatto di un bene posseduto da terzi non era sufficiente la dichiarazione di fallimento, occorrendo l’adozione di un provvedimento conservativo del Giudice delegato, che nella specie non si e’ mai allegato che sia intervenuto.
Va poi considerato che in tema di usucapione, in base al combinato disposto degli articoli 1165 e 1167 c.c., la prescrizione acquisitiva e’ interrotta o dalla privazione del possesso per oltre un anno, o dall’esercizio di un’azione giudiziale volta al recupero del possesso se questo e’ stato recuperato (non essendo sufficiente la messa in mora o la diffida a restituire secondo Cass. n. 30079/2019), ipotesi nelle quali palesemente non rientra la dichiarazione di fallimento dell’intestatario del bene da usucapire.
La giurisprudenza della Corte Suprema ha del resto recentemente statuito (vedi Cass. 31.5.2021 n. 15137) che “in tema di usucapione, la pronunzia della sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione, ex Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 88, sono inidonee ad interrompere il tempo per l’acquisto del diritto di proprieta’, conseguendo l’interruzione del possesso solo all’azione del curatore tesa al recupero del bene mediante spossessamento del soggetto usucapente, nelle forme e nei modi prescritti dagli articoli 1165 e 1167 c.c.”.
La sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione sono inidonee ad interrompere l’usucapione
Questa stessa sentenza ha spiegato poi che la sentenza n. 13184/1999 della Corte di Cassazione, menzionata dalla sentenza n. 10895/2013 della medesima Corte, richiamate entrambe anche nella sentenza qui impugnata a supporto della ritenuta improponibilita’ della domanda di usucapione, se esaminata nella sua motivazione, non ha affatto attribuito efficacia interruttiva del possesso ad usucapionem alla trascrizione della sentenza di fallimento nei Registri Immobiliari, perche’ al contrario ha stabilito che le disposizioni della disciplina fallimentare non incidono sulla disciplina ordinaria in tema di acquisto dei diritti reali mediante usucapione.
La sentenza n. 13184 del 26.11.1999 della Corte di Cassazione, a sua volta, pronunciatasi sulla questione solo incidentalmente per essere stato escluso per tolleranza il possesso ad usucapionem con statuizione sul punto non impugnata, ha stabilito che “e’ proponibile la domanda di acquisto della proprieta’ immobiliare per usucapione nei confronti della curatela fallimentare, atteso il carattere di acquisto a titolo originario che, con essa, si intende far verificare, ed a cio’ non risultando di ostacolo gli articoli 42 e 45 della legge fallimentare. La prima delle due disposizioni, infatti, limitandosi a porre il vincolo di indisponibilita’ sui beni del fallito – con equiparazione del fallimento al pignoramento – non puo’ essere riferita a “fatti” acquisitivi di diritti reali tipici (che si assumono) gia’ compiuti e produttivi di effetti in capo al fallito. La seconda, a sua volta, avendo riguardo espressamente – in applicazione della stessa regola posta, per l’esecuzione individuale, dall’articolo 2914 c.c. – alle condizioni di opponibilita’, al fallimento, di “atti”, si rivela del tutto estranea all’ipotesi in esame, non essendo configurabile, a carico di chi agisca per conseguire l’accertamento dell’usucapione, alcun onere di pubblicita’, posto che l’articolo 2651 c.c. si limita a disporre al riguardo una forma di “trascrizione” (della sentenza e non anche della domanda) la quale e’ priva di effetti sostanziali e limitata a rendere piu’ efficiente il sistema pubblicitario”.
All’accoglimento del ricorso segue la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che dovra’ rivalutare le risultanze istruttorie senza considerare preclusiva della proponibilita’ della domanda di usucapione il fallimento della (OMISSIS) S.R.L. e la trascrizione della sentenza relativa nei Registri Immobiliari, e provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
La sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione sono inidonee ad interrompere l’usucapione
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, sezione seconda civile, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvedera’ anche per le spese del giudizio di legittimita’.
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