La sentenza di mero accertamento di obbligo di fare infungibile

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 10 luglio 2019, n. 18572.

La massima estrapolata:

La sentenza di mero accertamento di obbligo di fare infungibile non costituisce titolo esecutivo, potendosi procedere alla esecuzione forzata in forma specifica soltanto in base a sentenza di condanna, almeno implicita, ed in relazione ad una prestazione che possa essere attuata indifferentemente sia dall’obbligato originario, sia per mezzo dell’attività sostitutiva di un qualunque altro soggetto, con identico effetto satisfattivo per il creditore, ovvero quando non sia indispensabile alcuna attività materiale personale di cooperazione specifica del condannato. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che la sentenza di mero accertamento dell’obbligo dell’ente previdenziale di inserire in determinati elenchi il nominativo di un lavoratore agricolo sia idonea ad essere posta a base di esecuzione forzata in forma specifica, coinvolgendo una pluralità di condotte – quali l’inserimento del nominativo negli appositi elenchi e la verifica della produzione dei conseguenti effetti sia economici che normativi – aventi ciascuna carattere infungibile).

Ordinanza 10 luglio 2019, n. 18572

Data udienza 7 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 01233/2017 R.G. proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA CENTRALE dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) E (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 2017/2016 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata il 29/06/2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/03/2019 dal Consigliere Dott. DE STEFANO Franco;

RILEVATO

che:
l’INPS ricorre, affidandosi a tre motivi e con atto spedito per la notifica il 29/12/2016, per la cassazione della sentenza del Tribunale di Foggia pubblicata il 29/06/2016 col n. 2017, con cui e’ stata accolta la domanda, qualificata espressamente quale opposizione agli atti esecutivi, dispiegata da (OMISSIS) contro l’ordinanza del giudice dell’esecuzione di declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso da questi dispiegato ai sensi dell’articolo 612 c.p.c. (iscritto al n. 7134/13 r.g.e.) per conseguire dall’odierno ricorrente l’iscrizione – quale bracciante agricolo – negli elenchi di variazione Decreto Legge n. 510 del 1996, ex articolo 9, comma 4 (conv. con mod. in L. 608/96) nel Comune di residenza per le giornate e gli anni riconosciuti dal titolo definitivo – sentenza n. 1147 del 2010 di quel tribunale – posto a base dell’intrapresa esecuzione, in uno al riconoscimento delle conseguenti prestazioni contributive e previdenziali;
parte intimata non espleta attivita’ difensiva in questa sede;
e’ formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, articolo 1-bis, comma 1, lettera e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;
il ricorrente deposita, in uno alla prova del perfezionamento della notifica del ricorso, una memoria ai sensi del medesimo articolo 380-bis, comma 2, u.p..

CONSIDERATO

che:
e’ infine agli atti rituale prova del perfezionamento della notifica del ricorso, sicche’ questo, sotto tale profilo, e’ ammissibile;
ora, il ricorrente si duole: col primo motivo, di “violazione e falsa applicazione dell’articolo 474 c.p.c. in relazione all’efficacia esecutiva del titolo giudiziario azionato in relazione all’articolo 612 c.p.c.”; col secondo motivo, di “violazione e falsa applicazione dell’articolo 612 c.p.c., in relazione all’esecuzione in forma specifica di sentenza meramente dichiarativa”; col terzo motivo, di “violazione e falsa applicazione dell’articolo 617 c.p.c., comma 2 ritenuto rimedio impugnatorio esperibile ed ammissibile avverso l’ordinanza di inammissibilita’ della procedura esecutiva intrapresa ex articolo 612 c.p.c.”;
i primi due motivi, da trattare congiuntamente per la loro intima connessione, contestano, sia pure con diversita’ di argomenti, il fatto che sia stata attivata la procedura esecutiva di cui all’articolo 612 c.p.c. in presenza di una sentenza dichiarativa la quale, comunque, implicava un obbligo di facere infungibile a carico dell’INPS, obbligo la cui esecuzione non potrebbe prescindere da un’insostituibile attivita’ materiale dell’ente previdenziale;
tali motivi sono fondati;
e’ sostanzialmente pacifico in causa che la sentenza alla quale si e’ cercato di dare esecuzione con la procedura di cui all’articolo 612 c.p.c. aveva ad oggetto l’obbligo di iscrizione del lavoratore, in qualita’ di bracciante agricolo, negli elenchi di variazione di cui al Decreto Legge 1 ottobre 1996, n. 510, articolo 9-quinquies, comma 4, convertito, con modifiche, nella L. 28 novembre 1996, n. 608: cio’ puo’ ricavarsi da quanto indicato, benche’ invero sommariamente, sia dall’incipit della sentenza impugnata che dalla ricostruzione riportata nella premessa nel ricorso;
tanto consente di ricostruire, sia pure all’esito di un’attivita’ di complessiva interpretazione degli atti la cui lettura sia ammessa in questa sede, che a base dell’esecuzione forzata di cui all’articolo 612 c.p.c. l’odierna parte intimata ha a suo tempo posto una sentenza dichiarativa di un obbligo di fare;
ora, da un lato, e’ principio a dir poco consolidato che, per potere assurgere a titolo esecutivo, un provvedimento giudiziale deve contenere una condanna, quanto meno implicita, non potendo quindi giammai integrare gli estremi della fattispecie di cui all’articolo 474 c.p.c. una sentenza dichiarativa, ovvero di mero accertamento, quale quella pronunciata in un giudizio che abbia ad oggetto l’accertamento e la dichiarazione di un determinato diritto (per antico insegnamento: Cass. 12/05/1973, n. 1289; ma, in precedenza, gia’ Cass. 3360/55 o Cass. 3637/54): e tanto perche’ al concetto stesso di esecuzione forzata e’ connaturata la sostituzione da parte dell’ordinamento, attraverso i suoi organi e cioe’ il complesso degli agenti dell’esecuzione (ufficiali giudiziari ed altri ausiliari del giudice dell’esecuzione, oltre – beninteso – quest’ultimo ed il suo ufficio), nella condotta che l’obbligato originario e’ – espressamente o almeno implicitamente – condannato a tenere in forza di un titolo in tali sensi, solo in tal modo potendo questo qualificarsi appunto esecutivo;
dall’altro lato, e’ principio altrettanto consolidato che l’esecuzione forzata di cui all’articolo 612 c.p.c. in tanto puo’ essere promossa in quanto abbia ad oggetto un facere fungibile (Cass. Sez. U. 09/01/1978, n. 50), posto che la procedura implica la designazione dell’ufficiale giudiziario che dovra’ provvedere a vigilare affinche’ venga (da altri) compiuta l’opera non eseguita o, viceversa, venga distrutta quella compiuta;
infatti, ricordato che l’esecuzione in forma specifica si articola nella sostituzione, da parte dell’ordinamento, al debitore condannato nella prestazione inadempiuta oggetto della relativa condanna, una tale sostituzione e’ possibile esclusivamente a due condizioni: in primo luogo, che la prestazione oggetto dell’obbligo che si pretende di eseguire coattivamente in forma specifica sia, per sua natura, tale da potere essere attuata indifferentemente sia dall’obbligato originario che per mezzo dell’attivita’ sostitutiva di un qualunque altro soggetto, con identico effetto satisfattivo per il creditore; in secondo luogo, che nessuna attivita’ materiale che implichi la cooperazione specifica dell’obbligato originario puo’ essere oggetto di coercizione sulla sua persona;
su questa premessa, l’obbligo di iscrivere un lavoratore agricolo in particolari elenchi non si esaurisce nell’attivita’ materiale di inserire il suo nominativo in un registro, sia esso su supporto tradizionale ovvero invece telematico, ma coinvolge un’attivita’ dinamica e complessa di attivazione, in favore di quello, della serie di benefici connessi allo status derivante dalla detta iscrizione, vale a dire articolata su diversi adempimenti, la quale, nonostante il carattere meramente materiale di questi, implica un’interazione complessa di piu’ condotte, ciascuna a vario titolo infungibile almeno nel secondo dei sensi suddetti, di competenza dei dipendenti di diversi uffici del debitore, da incaricarsi di svolgere le loro specifiche mansioni nel senso coinvolto dal titolo esecutivo e quindi dovendo essi accedere ai detti elenchi e modificarli per inserirvi i nominativi degli aventi diritto, ma soprattutto di verificare la produzione dei conseguenti effetti, sia economici (che darebbero luogo a separate obbligazioni di pagamento di somme di denaro determinate o determinabili) che normativi (come la ricostruzione di posizioni assicurative e previdenziali complessive, quali presupposti di altre prestazioni da erogarsi anche da terzi);
cosi’, non potendo l’attivita’ oggetto dell’obbligazione essere utilmente sostituita da parte di estranei al debitore ed alla sua organizzazione e quindi da nessuno dei potenziali agenti dell’esecuzione, l’esecuzione in forma specifica, quand’anche fosse oggetto di una condanna almeno implicita (cosa che, nella specie, neppure si puo’ sostenere), non potrebbe mai avere ad oggetto l’obbligo dell’INPS di iscrivere un bracciante agricolo in un determinato elenco;
i due motivi in esame sono quindi fondati e la gravata sentenza va cassata, in applicazione del seguente principio di diritto: “la sentenza di mero accertamento dell’obbligo di un ente previdenziale di inserire il nominativo di un lavoratore agricolo in un determinato elenco non e’ suscettibile di essere posta a base di esecuzione forzata in forma specifica; infatti, da un lato nessuna sentenza, che non sia articolata su di una condanna, nemmeno implicita, puo’ integrare valido titolo esecutivo e, dall’altro, detta esecuzione (consistendo nella sostituzione dell’ordinamento, attraverso suoi organi e cioe’ il complesso degli agenti dell’esecuzione, ufficiali giudiziari ed altri ausiliari del giudice dell’esecuzione, oltre quest’ultimo ed il suo ufficio, nell’attivita’ che l’obbligato originario e’ condannato, in forza del titolo esecutivo, a prestare) e’ ammessa solo se e quando ha ad oggetto un obbligo di fare fungibile, vale a dire quando la prestazione da eseguire coattivamente in forma specifica sia, per sua natura, tale da potere essere attuata indifferentemente sia dall’obbligato originario che per mezzo dell’attivita’ sostitutiva di un qualunque altro soggetto, con identico effetto satisfattivo per il creditore, ovvero quando non sia indispensabile alcuna attivita’ materiale personale di cooperazione specifica del condannato”;
tanto corrisponde alla giurisprudenza di questa Corte in numerosi casi analoghi, tra cui quelli decisi con ordinanze del 2018 nn. 1211, 2184, 2610, 2611, 3630, 5811, 6637, 8988, 8989, 8990, 8991, 8992, 8993, 11026, 11027, 11379: alle cui motivazioni, per quanto qui interessa, puo’ comunque farsi integrale riferimento;
l’accoglimento dei primi due motivi comporta l’assorbimento del terzo: il ricorso, cosi’, e’ accolto e la sentenza impugnata e’ cassata;
non essendo necessari altri accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, con rigetto dell’opposizione agli atti esecutivi proposta dall’odierna parte intimata e sua condanna alla rifusione delle spese del giudizio di merito e di quello di legittimita’, liquidate come in dispositivo ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.

P.Q.M.

accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione agli atti esecutivi proposta dall’odierno intimato; condanna quest’ultimo alla rifusione, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di merito, che liquida in complessivi Euro 630,00, ed al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella complessiva somma di Euro 2.500,00, oltre rimborso del contributo unificato ed Euro 200,00 per esborsi, nonche’ spese generali ed accessori come per legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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