Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 dicembre 2020| n. 27613.
La sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore della società ed una società di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, in quanto dall’esistenza dell’obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilità del socio e, quindi, ricorre una situazione non diversa da quella che, secondo l’art. 477 cod. proc. civ. consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato
Ordinanza|3 dicembre 2020| n. 27613
Data udienza 29 ottobre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Opposizione all’esecuzione – Pignoramento immobiliare – Operatività dell’art. 477 c.p.c. – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di Sez.
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 33977 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS) S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del rappresentante per procura (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Firenze n. 2426/2018, pubblicata in data 19 ottobre 2018 (e notificata in data 22 ottobre 2018);
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 29 ottobre 2020 dal consigliere Augusto Tatangelo.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) S.p.A., sulla base di titolo esecutivo costituito da sentenza di condanna pronunciata nei confronti della (OMISSIS) S.n.c., ha proceduto al pignoramento di due immobili di proprieta’ di (OMISSIS), quale socia illimitatamente responsabile della suddetta societa’.
La debitrice esecutata ha proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’articolo 615 c.p.c.. La banca creditrice procedente, nel contestare il fondamento della suddetta opposizione, ha proposto, in via riconvenzionale subordinata, domanda di condanna della stessa opponente al pagamento del credito gravante sulla societa’.
L’opposizione e’ stata accolta dal Tribunale di Firenze, che ha altresi’ rigettato la domanda riconvenzionale dell’opposta, ritenendo prescritto il relativo diritto.
La Corte di Appello di Firenze, in riforma della decisione di primo grado, ha invece rigettato l’opposizione, condannando l’opponente alla restituzione degli importi incassati in virtu’ della sentenza di primo grado.
Ricorre la (OMISSIS), sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.A. (frattanto subentrata nelle posizioni giuridiche soggettive della (OMISSIS) S.p.A.).
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile e/o manifestamente infondato.
E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto e’ stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Art. 360 c.p.c., n. 3 in riferimento all’articolo 234 c.p.c.”.
Secondo la ricorrente (che ribadisce il suo assunto nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2), poiche’ nel giudizio all’esito del quale e’ stata pronunciata la sentenza di condanna nei confronti della societa’ (OMISSIS) S.n.c., erano state ritenute inammissibili (in quanto tardivamente formulate) le domande della (OMISSIS) S.p.A., di condanna di alcuni dei soci illimitatamente responsabili della societa’, in solido con la societa’ stessa, si sarebbe formato un giudicato implicito negativo di rigetto dell’analoga pretesa, anche in relazione alla posizione degli altri soci illimitatamente responsabili – tra cui essa ricorrente, benche’ mai evocata in quel giudizio – il che impedirebbe alla creditrice di utilizzare il titolo formatosi contro la societa’ ai fini dell’esecuzione nei suoi confronti.
Il motivo e’ per un verso inammissibile e per altro verso manifestamente infondato.
La corte di appello ha deciso la controversia sulla base della corretta applicazione dei principi di diritto costantemente affermati da questa Corte secondo i quali “la sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore della societa’ ed una societa’ di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, in quanto dall’esistenza dell’obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilita’ del socio e, quindi, ricorre una situazione non diversa da quella che, secondo l’articolo 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui e’ stato formato” (C:ass., Sez. L, Sentenza n. 30441 del 19/12/2017, Rv. 646510 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 1040 del 16/01/2009, Rv. 606369 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6734 del 24/03/2011, Rv. 617488 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11311 del 23/05/2011, Rv. 618154 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 15877 del 13/06/2019, Rv. 654296 – 01).
Le censure della ricorrente non colgono adeguatamente l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.
Esse si fondano sull’assunto per cui nel giudizio di merito (all’esito del quale si e’ formato il titolo esecutivo) sarebbero state rigettate le domande di condanna, in solido con la societa’, di alcuni dei soci illimitatamente responsabili della societa’ stessa e si sarebbe in tal modo formato in proposito un giudicato negativo sul rapporto obbligatorio con riguardo a tutti i soci (anche quelli che non avevano partecipato al giudizio).
Orbene, in primo luogo, le predette domande nei confronti di alcuni dei soci non sono affatto state rigettate nel merito, essendone stata invece semplicemente dichiarata l’inammissibilita’ in quel giudizio (in quanto proposte tardivamente, nel corso del giudizio stesso e non con l’atto di citazione originario), il che, come correttamente ritenuto dalla corte di appello, non puo’ dar luogo ad alcun giudicato negativo sul rapporto sostanziale e non puo’ impedire, dunque, l’operativita’ del titolo esecutivo formatosi nei confronti della societa’ anche contro i soci illimitatamente responsabili, secondo le regole ordinarie sopra richiamate (questo e’ da ritenersi il senso della decisione impugnata sul punto in esame” espresso in particolare a pag. 8, nei righi 17/20).
D’altra parte, nessuna pronuncia venne emessa e nessun giudicato – tanto meno implicito – potrebbe mai ritenersi formato nei confronti della ricorrente, nel giudizio di merito, dal momento che quest’ultima a tale giudizio non ebbe neanche a partecipare personalmente, in nessuna delle sue fasi.
2. Con il secondo motivo si denunzia “Art. 360 c.p.c., n. 3 in riferimento agli articoli 1936, 138 e 1945 c.c., articolo 2947 c.c., comma 2 e articolo 2946 c.c.”.
Detto motivo riguarda la questione della prescrizione del diritto della banca creditrice nei confronti della ricorrente.
Esso e’ inammissibile.
Ogni censura sul punto deve ritenersi assorbita, in quanto (come viene in sostanza espressamente riconosciuto anche nel ricorso) l’eccezione di prescrizione era stata sollevata dalla (OMISSIS) in relazione alla domanda riconvenzionale subordinata avanzata direttamente nei suoi confronti dalla creditrice opposta, per il caso di accoglimento dell’opposizione da lei proposta.
Essendo stata confermata la statuizione di rigetto dell’opposizione, per quanto osservato in relazione al primo motivo del ricorso, deve ritenersi in radice assorbita la domanda riconvenzionale subordinata e cosi’ ogni questione ad essa relativa.
Anche a scopo di completezza espositiva, si osserva peraltro che le censure in esame non risultano sufficientemente specifiche, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dal momento che con esse vengono introdotte questioni non esaminate nella decisione impugnata e che richiedono accertamenti di fatto, senza che sia adeguatamente chiarito nel ricorso in quale fase ed in quali atti del giudizio di merito le stesse erano state eventualmente gia’ avanzate e senza che sia, tanto meno, richiamato specificamente il contenuto dei suddetti atti.
E’ in ogni caso sul punto altresi’ opportuno rilevare che, diversamente da quanto assume la ricorrente (anche nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2), il giudizio promosso nei confronti della societa’ ha certamente impedito il corso della prescrizione anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, quali debitori solidali, ai sensi degli articoli 2943, 2945 e 1310 c.c., e solo a seguito del passaggio in giudicato della relativa sentenza di condanna ha cominciato a decorrere un nuovo termine di prescrizione decennale, ai sensi dell’articolo 2953 c.c., onde va radicalmente esclusa la possibilita’ che detta prescrizione sia in concreto maturata.
3. Il ricorso e’ rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimita’ in favore della societa’ controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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