Rinunzia all’eredità

Articolo aggiornato al 12 settembre 2020

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La rinunzia all’eredità

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A) Nozione e natura

Secondo autorevole dottrina[2], dal punto di vista terminologico sembra più corretto parlare, anziché di rinunzia, di rifiuto impeditivo, perché si rinunzia ad un diritto già acquisito mentre nella fattispecie con la c.d. rinunzia s’impedisce un acquisto.

Si rifiuta in sostanza la delazione cioè l’offerta di eredità e non già si rinunzia al diritto di accettarla.

Sembra preferibile, la tesi di chi afferma[3] che si tratti di un autentico negozio giuridico, con un preciso oggetto, quello di rinunziare all’accettazione dell’eredità, definito diritto dallo stesso legislatore all’art. 479 c.c.

Per la Cassazione[4] la rinunzia é un negozio abdicativo che richiede la forma solenne (dichiarazione ricevuta dal notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si e aperta la successione), la quale costituisce l’unico requisito per la validità dell’atto, ai sensi dell’articolo 519 c.c.

Poi, è necessario anche precisare che, in ragione del principio semel heres semper heres, chi abbia accettato l’eredità[5] non può più legittimamente rinunciarvi, essendo l’accettazione, a differenza della rinuncia, un atto puro ed irrevocabile, secondo quanto giusto prevede l’articolo 475 c.c.

 

La natura giuridica in sintesi

1)           È un negozio giuridico unilaterale

per l’evidente ragione che il titolare del diritto lo dismette senza la partecipazione di altri soggetti.

2)           È un negozio fra vivi

in quanto destinato a produrre i suoi effetti in vita del soggetto che lo compie.

3)           È un negozio formale

perché la rinunzia deve essere fatta nella forma prevista dall’art. 519 c.c. – l’atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile[6].

4)           È un negozio neutro

nel senso che non può qualificarsi né come gratuito né come oneroso

5)           È un negozio limitatamente revocabile

perché la revoca è consentita non in ogni tempo, ma solo fino a quando la quota rinunziata non sia stata da altri acquisita, né sia decorso il termine per accettarla (art. 525 c.c.).

6)           È un actus legittimus

perché non tollera l’apposizione di elementi accidentali.

7)           È un atto di straordinaria amministrazione

perché incide sul capitale e non sul reddito.

8)           Non è un negozio personalissimo

analogamente all’accettazione, la quale consente la rappresentanza legale. Nel caso di rappresentanza volontaria non è sufficiente una procura generale, ma occorre una procura generica (incarico Tizio a rinunziare per mio conto a qualunque eredità offertami, se lo riterrà opportuno) o una procura speciale.

9)           Non è un negozio recettizio

Perché la sua efficacia non è diretta a soggetti determinati.

B) I soggetti

[7]

1)    Chiamati all’eredità – legittimati a rinunziare sono i chiamati alla successione

2)    Incapaci – sono anche legittimati gli incapaci che devono essere debitamente autorizzati.

I soggetti totalmente incapaci possono rinunziare all’eredità a mezzo dei loro rappresentati legali, i quali poiché la rinunzia è un atto di straordinaria amministrazione, dovranno essere autorizzati dal giudice tutelare – i soggetti parzialmente incapaci potranno manifestare personalmente la volontà di rinunzia, ma dovranno essere assistiti dal curatore ed autorizzati dal giudice tutelare.

3)    Nascituri – essendo la delazione differita al momento della nascita, essi (concepiti o non concepiti) non potranno rinunziare all’eredità.

4)    Persone giuridiche – la rinunzia all’eredità può essere effettuata dall’organo rappresentativo della persona giuridica senza alcuna autorizzazione.

C) Il termine per rinunziare

[8]

Il legislatore, mentre, ha disciplinato espressamente la prescrizione del diritto di accettare l’eredità (art. 480 c.c.[9]), nulla dispone relativamente al tempo della rinunzia, tanto che qualche autore[10] ha affermato che, non essendo fissato alcun termine, il potere di rinunziare sarebbe imprescrittibile.

La dottrina prevalente[11], giustamente ritiene, invece, che la rinunzia possa essere validamente compiuta nello stesso termine stabilito per l’accettazione (10 anni).

Problema di scarso rilievo pratico, perché una rinunzia compiuta oltre il termine per l’accettazione sarebbe frustranea, in quanto riguarderebbe un’eredità rispetto alla quale il diritto di accettare si è ormai prescritto.

Decorrenza del termine – come per l’accettazione che coincide con l’apertura della successione.

Una rinunzia fatta precedentemente integrerebbe un patto successorio rinunziativo, nullo ai sensi dell’art. 458 c.c.

Decadenza dal diritto di rinunziare

1)     prima ipotesi, riguarda il chiamato all’eredità che è nel possesso dei beni ereditari quale, non avendo compiuto l’inventario nel termine prescritto, non può rinunziare perché considerato erede puro e semplice.

2)     la seconda ipotesi, riguarda il chiamato all’eredità che è nel possesso dei beni ereditari quale, pur avendo compiuto l’inventario nel termine prescritto, non manifesta la volontà di accettare nel termine prescritto.

3)     Terza ipotesi è prevista dall’art. 527 c.c., nel caso di sottrazione beni ereditari successiva alla rinunzia, ciò comporta un’accettazione dell’eredità.

Per la Cassazione[12] la rinunzia essendo un negozio abdicativo, come gia precisato in precedenza, richiede la forma solenne (dichiarazione ricevuta dal notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si e aperta la successione), la quale costituisce l’unico requisito per la validità dell’atto[13], ai sensi dell’articolo 519 c.c. ; la parte che invochi gli effetti dell’accettazione dell’eredità per il mancato inserimento della dichiarazione nel registro delle successioni, inserimento previsto ai soli fini dell’efficacia verso i terzi, deve non solo allegare la non opponibilita della rinunzia ma anche fornire la prova dell’eccezione dedotta, ancorata all’omissione della prescritta registrazione.

In considerazione di ciò, spetta a colui che agisca in giudizio nei confronti del preteso erede per debiti del “de cuius“, l’onere di provare, in applicazione del principio generale contenuto nell’articolo 2697 c.c., “l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede[14].

D) Dichiarazione di rinuncia ed effetti

[15]

dichiarazione unilaterale non recettizia

art. 519 c.c.   dichiarazione di rinunzia

la rinunzia all’eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere della pretura del mandamento[16] in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni (disp. di att. al c.c. 52, 53, 133).

La rinunzia fatta gratuitamente a favore di tutti coloro ai quali si sarebbe devoluta la quota del rinunziante non ha effetto finché, a cura di alcuna delle parti, non siano osservate le forme indicate nel comma precedente.

 

Ai sensi dell’art. 519 c.c. la rinunzia all’eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni.

In giurisprudenza di legittimità[17] è stato affermato che ai sensi dell’art. 519 c.c., la rinunzia all’eredità deve essere fatta in forma solenne, con dichiarazione resa davanti al notaio o al cancelliere, che non può essere sostituita dalla scrittura privata autenticata ed è a pena di nullità, in quanto l’indicazione dell’art. 519 c.c. rientra tra le previsioni legali di forma ad substantiam, di cui all’art. 1350, n. 13 c.c. La forma richiesta non consente dunque equipollenti, ed a maggior ragione non può essere sostituita da comportamento equivoco, quale quello invocato da parte appellante.

Inoltre, in ordine al valore da attribuire, nel contesto delle formalità previste dall’articolo 519 c.c., alla inserzione dell’atto di rinuncia all’eredità nel registro delle successioni, questa Corte ritiene che si tratti di una forma di pubblicità la cui mancanza non determina l’invalidità della rinuncia, ma rende quest’ultima non opponibile ai terzi[18], opinione ribadita più di recente dalla giurisprudenza della Suprema Corte[19]

 

Rinunzia presunta

Alcuni autori[20] ritengono che il nostro legislatore abbia previsto 2 ipotesi:

1)     quella dell’art. 481 c.c. (actio interrogatoria) – trascorso questo termine senza che (chi debba fare la dichiarazione di accettazione) nessuno abbia fatto la dichiarazione, perde il diritto di accettare.

2)     Quella dell’ultimo comma art. 487 c.c., che prevede la dichiarazione di accettazione, da parte del chiamato non possessore, nei successivi 40 giorni dal compimento dell’inventario; in mancanza il chiamato è considerato erede puro e semplice.

Contro questa teoria è stato osservato[21],  giustamente, che in realtà non sono 2 ipotesi di rinunzia espressa, ma solo perdita del diritto di accettare, non ricollegabile ad alcun comportamento negoziale del soggetto.

 

Rinunzia contrattuale

In Giurisprudenza[22]  è stato talvolta ritenuto che l’osservanza delle formalità previsti dall’art. 519 c.c. sarebbe obbligatoria per l’efficacia della rinunzia rispetto ai terzi, mentre fra i coeredi la rinunzia potrebbe anche manifestarsi in forma contrattuale senza il rigore formale previsto dall’art. 519, c.c.

Sul punto ultima Cassazione[23], in motivazione, ha espresso il principio secondo il quale la rinunzia all’eredità é, di norma, un negozio unilaterale non recettizio; ove, invece, la rinuncia all’eredità assuma struttura bilaterale, essendo volta, altresì, allo scopo ulteriore di fare acquistare ad un altro soggetto la quota che sarebbe spettata al rinunciante e che il beneficiario dichiara di accettare, si dà luogo ad un negozio comunque del tutto lecito.

La dottrina prevalente[24] è, però, di diversa opinione, osservando che la distinzione fra parti e terzi non può applicarsi alla rinunzia all’eredità, che è atto unilaterale e perciò in essa non vi sono più parti, come nei contratti, ma vi è soltanto il rinunziante, di fronte al quale tutti gli altri sono terzi.

Rinunzia all’eredità e simulazione[25]

La dottrina quasi unanime e la giurisprudenza della Cassazione ritengono che non sia consentita la simulazione alla rinunzia dell’eredità perché si tratta di un negozio unilaterale non recettizio, mentre il III comma dell’art. 1414, c.c. applica la normativa sulla simulazione agli atti unilaterali destinati ad una persona determinata (recettizzi).

La stessa giurisprudenza, però, afferma che è configurabile il collegamento fra rinunzia all’eredità ed una convenzione tra i chiamati per limitare, e persino escludere, l’efficacia della rinunzia soltanto nei rapporti interni; in tal caso, tuttavia, non si realizza comunque un fenomeno simulatorio, in quanto le parti realizzano una situazione complessa, che dà luogo ad un collegamento negoziale[26], nella quale il negozio di rinuncia ed i suoi effetti legali vengono deviati ed utilizzati secondo lo schema e l’intento pacifico predeterminato dalla convenzione.

Delegazione di pagamento (art. 1269 c.c.) –

Es. Sempronio deve acquistare l’immobile ereditato da Tizio (figlio) e Filana (moglie), la quale con un atto simulato dichiarò di rinunziare all’eredita di Caio.

Al fine di consentire il pagamento diretto da parte dell’acquirente ossia Sempronio, a favore di chi, in definitiva deve ricevere il prezzo nel nostro caso (Filana), può essere utilizzata la figura della:

art. 1269 c.c.   delegazione di pagamento

se il debitore per eseguire il pagamento ha delegato un terzo, questi può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore l’abbia vietato.

Il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad accettare l’incarico, ancorché sia debitore del delegante. Sono salvi. gli usi diversi.

 

In tal caso il delegante Tizio ordina al delegato Sempronio di pagare una somma pari alla metà del prezzo direttamente alla delegataria Filana, estinguendo in tal modo il debito che il delegante stesso ha nei confronti della delegataria e, nel contempo, quello che il delegato ha nei confronti del delegante.

Gli effetti della rinunzia

art. 521 c.c.    retroattività della rinunzia

chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato.

Il rinunziante può tuttavia ritenere la donazione o domandare il legato a lui fatto sino alla concorrenza della porzione disponibile (556), salve le disposizioni degli artt. 551 e 552.

La rinunzia determina immediatamente alcuni effetti, in quanto fa perdere al rinunziante i poteri previsti dagli artt. 460 e 486 c.c., determinando l’operatività piena della delazione a favore degli altri chiamati, i quali potranno esercitare questi poteri.

Per ultima Cassazione

Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Ordinanza 24 luglio 2020, n. 15871

il chiamato all’eredità, che abbia ad essa validamente rinunciato, non risponde dei debiti tributari del “de cuius”, neppure per il periodo intercorrente tra l’apertura della successione e la rinuncia, neanche se risulti tra i successibili “ex lege” o abbia presentato la dichiarazione di successione (che non costituisce accettazione), in quanto, avendo la rinuncia effetto retroattivo ex art. 521 c.c., egli è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che, anche antecedentemente alla rinuncia, Equitalia avesse titolo per l’iscrizione ipotecaria nei confronti del chiamato rinunciante all’eredità dopo l’iscrizione stessa).

 

art. 522 c.c.   devoluzione nelle successioni legittime

nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante, salvo il diritto di rappresentazione (c.c.467 e segg.) e salvo il disposto dell’ultimo comma dell’art. 571. Se il rinunziante e solo, l’eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso che egli mancasse.

 

In forza del combinato disposto degli artt. 522 e 676 c.c., la quota del coerede rinunziante si accresce “ipso iure” a favore di coloro che avrebbero con lui concorso, senza che sia necessaria una specifica accettazione dei subentranti, atteso che l’acquisto per accrescimento consegue all’espansione dell’originario diritto all’eredità, già sussistente in capo ai subentranti, con l’ulteriore conseguenza che, determinatosi tale acquisto, la rinunzia all’eredità diviene irrevocabile[27].

 

art. 523 c.c.   devoluzione nelle successioni testamentarie

nelle successioni testamentarie, se il testatore non ha disposto una sostituzione (688) e se non ha luogo il diritto di rappresentazione, la parte del rinunziante si accresce ai coeredi a norma dell’art. 674, ovvero si devolve agli eredi legittimi a norma dell’art. 677.

 

Per una sentenza di merito[28] la rinuncia ha effetto retroattivo con conseguente applicabilità del disposto ex art. 523 c.c. ed accrescimento in favore dei coeredi, ed il diritto patrimoniale (e perciò disponibile) e potestativo, del legittimario di agire per la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di riserva, dopo l’apertura della successione è rinunciabile, anche tacitamente purché la rinuncia sia inequivocabile, occorrendo a tal fine un comportamento concludente, che sia incompatibile con la volontà di far valere un diritto alla reintegrazione.

Pertanto, tale rinuncia del legittimario rinunciante, irrevocabile, è preclusiva del diritto dell’erede (del legittimario) ad esercitare l’azione di riduzione[29].

Merita una menzione questa condivisibile sentenza del Tribunale Reggiano[30] secondo cui in tema di impugnazione della rinunzia all’eredità, anche se l’art. 524 c.c. non richiede espressamente che il credito del soggetto impugnante sia sorto prima della rinuncia del chiamato all’eredità, tale requisito deve comunque ritenersi indispensabile per l’ammissibilità di tale azione.

È, infatti, evidente che – affinché ci sia una rinuncia che cagioni un “danno per i creditori” – le ragioni di questi ultimi devono già sussistere nel momento in cui il chiamato rifiuta l’eredità: qualora si aderisse all’opposta tesi – e si consentisse dunque di esperire l’azione di cui all’articolo 524 del c.c. anche ai creditori successivi alla rinuncia – si dovrebbe anche spiegare come possa, tale atto, cagionare un pregiudizio a diritti di credito che non sono ancora sorti nel momento in cui il chiamato rifiuta l’eredità.

Rinunzia all’eredità e TFR

Sotto un profilo pratico, poi, nel caso, ad esempio, di decesso di lavoratore dipendente ancora in servizio, le somme maturate a titolo di Trattamento di Fine Rapporto non confluiscono e non verranno computate al patrimonio ereditario.

Questo indennizzo per legge non concorre a formare l’attivo ereditario ex art. 2122 C.c. e art. 12, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 346/1990.

In pratica, i familiari superstiti del lavoratore dipendente hanno diritto a chiedere e riscuotere l’indennizzo in discorso iure proprio, per diritto proprio e personale attribuito loro dalla legge.

Pertanto, il TFR potrà essere chiesto e riscosso indipendentemente dall’accettazione dell’eredità e quindi anche laddove vi sia stata rinuncia.

Basterà, per avere diritto a riscuotere l’indennizzo, solo essere uno degli aventi diritto indicati dalla Legge: il coniuge, i figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro deceduto, anche i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado; oppure, in mancanza di questi soggetti, il TFR potrà essere riscosso secondo le disposizioni testamentarie o le regole della successione legittima, senza altri limiti di sorta.

E) La revoca della rinunzia

[31]

O meglio Accettazione successiva

è possibile rinunziare e poi accettare, entro il periodo di prescrizione, purché non sia ancora intervenuta l’accettazione di altro degli ulteriori chiamati.

art. 525 c.c.   revoca della rinunzia

fino a che il diritto di accettare l’eredità non e prescritto (c.c.480) contro i chiamati che vi hanno rinunziato, questi possono sempre accettarla, se non è già stata acquistata da altro dei chiamati, senza pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sopra i beni dell’eredità.

1)        Natura giuridica – non si tratta di una vera e propria revoca, quanto piuttosto della mera possibilità da parte del rinunziante di effettuare ancora l’atto di accettazione, quindi vi è la possibilità di un’accettazione per così dire tardiva, che elimina gli effetti della precedente rinunzia.

Sul punto, infatti, il Tribunale Capitolino[32] ha avuto modo di affermare che siffatta revoca non è propriamente una vera e propria revoca, perché revocare significherebbe solo eliminare la rinuncia con la possibilità di ulteriore rinuncia o di accettazione, e questo non è consentito dal disposto dell’art. 525 c.c., la cui corretta interpretazione induce a concludere che la revoca pura e semplice della rinuncia non produce effetti di sorta, e che per far cadere la rinuncia occorre invece accettare (sempre che il diritto non sia prescritto o sia nel frattempo intervenuta accettazione da parte di altri chiamati[33]:), talché è agevole rilevare che una vera e propria revoca della rinuncia intesa come atto autonomo del chiamato non esiste, e questa è piuttosto l’effetto che la legge ricollega come necessaria conseguenza all’intervenuta accettazione (non importa come).

2)        Limite temporale – la facoltà di revoca della rinunzia viene meno, se è prescritto il diritto di accettare l’eredità, ossia sono decorsi 10 anni dall’apertura della successione (art. 480 c.c.).

3)        Limite dell’acquisto altrui – il secondo limite è dato dall’acquisto della quota rinunziata da parte degli altri chiamati.

4)        Inammissibilità di accordi privati – per gli orientamenti giurisprudenziali e per la dottrina prevalente non è ammesso un eventuale accordo successivo alla rinunzia, poiché con l’acquisto dei delati ulteriori è venuta meno la delazione del rinunziante e questa non può essere ripristinata per volontà delle parti, trattandosi di materia indisponibile. Un eventuale accordo nel senso descritto può solo essere interpretato come atto di altra natura e precisamente, come una donazione[34] o come una vendita di diritti successori ove sussitano i requisiti formali di questi negozi.

5)        Forma della revoca – non prevedendo l’art. 525 c.c. una vera e propria revoca, ma un atto di accettazione, questo potrà realizzarsi sia in forma espressa che in forma tacita (art. 474 c.c.). Ma deve trattarsi comunque di accettazione, come espressamente precisa l’art. 525, non invece di acquisto senza accettazione ai sensi degli art. 485 ultimo comma e 527 c.c.[35]

Per ultima Cassazione[36], nel sistema delineato dagli artt. 519 e 525 c.c. in tema di rinunzia all’eredità – la quale determina la perdita del diritto all’eredità ove ne sopraggiunga l’acquisto da parte degli altri chiamati – l’atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni, o anche a mezzo di scrittura privata autenticata), senza possibilità di equipollenti.

La rinunzia all’eredità non fa venir meno la delazione del chiamato, stante il disposto dell’art. 525 c.c. e non è, pertanto, ostativa alla successiva accettazione, che può essere anche tacita, allorquando il comportamento del rinunciante (che, nella specie, si era costituito in giudizio, allegando la sua qualità di erede e riportandosi alle difese già svolte dal “de cuius”) sia incompatibile con la volontà di non accettare la vocazione ereditaria.

In precedenza, però in senso contrario, in maniera ancora più chiara e netta, la Cassazione[37], ha avuto modo di precisare che nel sistema delineato dagli artt. 519 e 525 c.c. in tema di rinunzia all’eredità – la quale determina la perdita del diritto all’eredità ove ne sopraggiunga l’acquisto da parte degli altri chiamati – l’atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile.

F) Rinunzia parziale, gratuita e verso corrispettivo

[38]

art. 520 c.c.   rinunzia condizionata, a termine o parziale

è nulla la rinunzia fatta sotto condizione o a termine o solo per parte (c.c.475).

 

Rinunzia parziale

Il principio è correlativo a quello previsto dall’art 475, ultimo comma, che vieta l’accettazione parziale di eredità[39].

Ipotesi di testamento parziale

Nel caso in cui il testatore abbia disposto per testamento solo una metà del suo patrimonio, e l’altra metà è devoluta allo stesso erede testamentario in quanto anche erede legittimo, potrà costui rinunziare alla successione devolutagli per testamento ed accettare quella devolutagli per legge ?

È preferibile la tesi negativa[40] la quale si basa sulla considerazione che i due concorrenti titoli successori non danno luogo a due concorrenti delazioni, ma ad un’unica delazione complessa che ha per oggetto l’intera eredità.

Rinunzia gratuita

1)    art. 519 2 coc.c.   dichiarazione di rinunzia:

La rinunzia fatta gratuitamente a favore di tutti coloro ai quali si sarebbe devoluta la quota del rinunziante non ha effetto finché, a cura di alcuna delle parti, non siano osservate le forme indicate nel comma precedente.

2)    art. 478 c.c.    rinunzia che importa accettazione: la rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso corrispettivo (ossia gratuitamente) o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa accettazione.

Rinunzia gratuita e donazione indiretta[41]

Sarà donazione se dall’atto risulti chiaramente l’animus donandi.

Es. – rinunzio all’eredità di mio padre affinché la mia quota si accresca a quella di mio fratello.

Sarà, invece, semplice rinunzia all’eredità se dall’atto non risulta la predetta volontà. Es. – mi  limito a rinunziare ad una determinata eredità ed in tal modo essa viene devoluta ad uno sconosciuto chiamato ulteriore, non vi è ragione di attribuire, sia pure in via diretta, alla mia rinuncia la natura di donazione.

Sembra preferibile[42] ritenere che la rinunzia gratuita non sia una donazione indiretta, poiché chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato: il rinunziante, infatti, essendo estraneo all’eredità, non può certo trasmettere, né in via diretta né in via indiretta, diritti successori.

Rinunzia verso corrispettivo

art. 478 c.c.    rinunzia che importa accettazione

la rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso corrispettivo (ossia gratuitamente, secondo alcuni autori) o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa accettazione.

 

Secondo un autore[43], questa non è una rinunzia in senso tecnico: la rinunzia infatti è un negozio abdicativo, mentre nel caso di specie si è in presenza di un negozio traslativo di carattere dispositivo, regolato, per la sua bilateralità o comunque per la sua struttura a rilievo bilaterale, dalle norme sul contratto e non dall’art. 526 c.c.

Lo stesso è a dirsi per le fattispecie di cui all’art. 477 c.c., che sono tutte contrattuali.

Per la S.C.[44] la rinunzia ai diritti di successione, fatta dal chiamato verso un corrispettivo o a favore di alcuni degli altri chiamati, importa, a differenza dalla rinunzia pura e semplice, l’accettazione dell’eredità con conseguente acquisto della qualità di erede.

Per l’atto di rinunzia occorre solo la qualità di chiamato all’eredità e non quella di erede, la quale può derivare al chiamato soltanto dall’accettazione.

G) Tutela dei creditori del rinunziante

[45]

Preliminarmente la rinunzia può ossere oggetto d’impugnativa per violenza o dolo

art. 526 c.c.   impugnazione per violenza o dolo

la rinunzia all’eredità si può impugnare solo se è l’effetto di violenza o di dolo (c.c.1434 e seguenti).

L’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o e stato scoperto il dolo (c.c.1442).

 

In tema di successioni ereditarie, benché l’art. 526 c.c. escluda l’impugnazione per errore della rinuncia all’eredità, ciò non impedisce che tale impugnazione sia ammessa in presenza di errore ostativo; detta fattispecie, peraltro, non ricorre quando la rinuncia sia avvenuta in base all’erronea convinzione di essere stato chiamato alla successione in qualità di erede legittimo anziché di erede testamentario, rimanendo tale ipotesi estranea a quella dell’errore sulla dichiarazione[46].

La rinunzia ad un’eredità patrimonialmente attiva comporta senza dubbio un mancato incremento per il chiamato rinunziante.

Di conseguenza essa si ripercuote negativamente nei riguardi anche del patrimonio dei creditori personali del rinunziante stesso.

art. 524 c.c.   impugnazione della rinunzia da parte dei creditori

se taluno rinunzia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità [formulazione imprecisa, perché in realtà non si tratta di vera e propria accettazione dell’eredità; infatti, a seguito di questo rimedio, il titolo di erede non viene conseguito né dal rinunziante né dai suoi creditori] in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti (c.c. 2652, 2740).

Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia (c.c.2934 e seguenti).

L’azione esercitata dal creditore ai sensi dell’articolo 524 c.c., per essere autorizzato ad accettare l’eredità in nome ed in luogo del debitore rinunziante ha una funzione strumentale per il soddisfacimento del credito, in quanto mira a rendere inopponibile al creditore la rinunzia e a consentirgli di agire sul patrimonio ereditario, rendendogli estranea la delazione del terzo chiamato per effetto della rinunzia da lui impugnata.

Ne deriva che la legittimazione passiva spetta unicamente al debitore rinunciante, mentre i successivi chiamati che hanno accettato l’eredità possono considerarsi portatori di un interesse idoneo a consentire unicamente un intervento in causa adesivo dipendente, per sostenere le ragioni del debitore rinunziante, senza poter proporre domande proprie, diverse da quella di appoggio alla domanda della parte adiuvata[47].

Per altra recente Cassazione

Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza|4 marzo 2020| n. 5994.

per l’impugnazione della rinuncia ereditaria ai sensi dell’art. 524 c.c. il presupposto oggettivo è costituito unicamente dal prevedibile danno ai creditori, che si verifica quando, al momento dell’esercizio dell’azione, i beni personali del rinunziante appaiono insufficienti a soddisfare del tutto i suoi creditori; ove dimostrata da parte del creditore impugnante l’idoneità della rinuncia a recare pregiudizio alle sue ragioni, grava sul debitore provare che, nonostante la rinuncia, il suo residuo patrimonio è in grado di soddisfare il credito dell’attore.

Mentre, è opportuno precisare, che la rinuncia del legittimario all’azione di riduzione[48] è atto revocabile mediante il rimedio generale previsto dall’art. 2901 c.c. e non mediante la previsione dell’art. 524 c.c.

La revocabilità in base a quest’ultima disposizione va, infatti, esclusa, perché l’istituto ivi previsto non è riconducibile al generale rimedio revocatorio, in considerazione della irrilevanza del requisito soggettivo della frode ed anche in considerazione del fatto che in base alla norma in questione i creditori esercitano un diritto proprio in via autonoma (quello di accettare l’eredità in nome e luogo del rinunciante), senza passare per la revoca della rinuncia del chiamato l’eredità, posto che in funzione dell’esercizio dell’azione surrogatoria è necessario che l’iniziativa del creditore vada ad incidere precipuamente sulla rinuncia, rendendola inefficace nei suoi riguardi, al fine di elidere l’ostacolo giuridico alla promuovibilità dell’azione surrogatoria[49].

 

In merito, poi, alla natura di tale azione, secondo autorevole dottrina[50] questa azione non è

SURROGATORIA

1)              innanzitutto perché i creditori esercitano un diritto proprio in via autonoma e non un diritto del debitore

2)              inoltre perché l’effetto dell’azione ex art 524, c.c. non è di carattere acquisitivo:

i beni ereditari non entrano nel patrimonio del debitore rinunziante ma restano in quello dell’erede che è subentrato in luogo del rinunziante stesso e solo possono essere aggrediti con l’espropriazione forzata i creditori fino a concorrenza del credito

e né REVOCATORIA

1)              Perché manca un atto dispositivo (trattandosi di un rifiuto e non di una rinunzia abdicativa)

2)              Perché è irrilevante il profilo soggettivo della frode

Sul punto, la già citata sentenza Romana[51], ha affermato che l’azione prevista dalla citata norma è autonoma, avendo un presupposto diverso da quello sia dell’azione surrogatoria sia dell’azione revocatoria, ove si tenga presente che non si tratta di reagire alla trascuratezza – a maggior ragione all’inerzia – del debitore nell’esercizio di un diritto proprio che comporterebbe un incremento del suo patrimonio, che è il titolo dell’azione surrogatoria, ovvero di reagire contro un atto del debitore che si sia tradotto in una diminuzione del proprio patrimonio, che invece è il titolo dell’azione revocatoria, sebbene, e diversamente, di reagire contro gli effetti di un atto di mero abbandono: inoltre, la corretta interpretazione della riportata norma, laddove di tutta evidenza l’ultima parte (… al solo scopo di potersi soddisfare sui beni ereditari…) neutralizza la prima (… possono farsi autorizzare ad accettare…) induce a concludere che l’enfatica formulazione della norma altro non significa che i creditori dell’erede rinunciante possono farsi autorizzare a procedere esecutivamente sui beni ereditari, e ciò senza che l’eredità sia devoluta né al rinunciante né ai suoi creditori, e senza impedire l’acquisto di essa da parte di eventuali successibili di grado ulteriore al rinunciante.

La Cassazione[52] ha, però, ravvisato gli effetti dell’azione revocatoria, nel senso che, in caso di rinuncia all’eredità o di inutile decorso del termine all’uopo fissato, per impugnare la rinuncia e renderla inefficace i creditori debbono esperire l’azione prevista dall’art. 524 c.c., proponendo e trascrivendo la domanda anche nei confronti di chi si affermi quale avente causa degli altri chiamati all’eredità rispetto al medesimo immobile.

Poiché tale azione produce in rapporto ai creditori del chiamato rinunciante i sostanziali effetti dell’azione revocatoria, al sequestro richiesto per assicurare gli effetti dell’accoglimento della domanda prevista dall’art. 524 c.c. è applicabile la disciplina dettata dall’art. 2905 c.c., potendosi trascrivere il sequestro tanto nei confronti del dante causa del debitore che nei confronti di quest’ultimo al solo scopo di far accertare l’esistenza del credito vantato verso di lui; non è invece idonea al medesimo fine la semplice richiesta di sequestro conservativo dei beni oggetto della delazione ereditaria, atteso che verrebbe altrimenti elusa la disciplina degli effetti della trascrizione, la quale ha riguardo a situazioni tipiche, e considerato che detti beni non appartengono a chi è chiamato all’eredità. (Fattispecie anteriore all’entrata in vigore delle norme sul procedimento cautelare uniforme).

Nessun rimedio, poi, è concesso ai creditori nell’ipotesi in cui il debitore non abbia compiuto un vero e proprio atto di rinunzia, ma abbia perduto il diritto di accettare per fatti di natura diversa:

1)              decadenza[53] (art.481 e 487 ultimo co., c.c.);

2)              prescrizione (art. 480 c.c.).

A mente di un recente provveidmento della S.C.[54] per l’impugnazione della rinunzia ereditaria ai sensi dell’art. 524 c.c., è richiesto il solo presupposto oggettivo del prevedibile danno ai creditori, che si verifica quando, al momento dell’esercizio dell’azione, fondate ragioni (nella specie, l’intervenuta dichiarazione di fallimento) facciano apparire i beni personali del rinunziante insufficienti a soddisfare del tutto i suoi creditori.

In altri termini, il creditore può contestare che il suo debitore abbia rinunciato a un’eredità la cui accettazione avrebbe incrementato il suo patrimonio, qualora la rinuncia comporti un «danno sicuramente prevedibile» per il creditore «nel senso che ricorrano fondate ragioni per ritenere che i beni personali del debitore possano non risultare sufficienti per soddisfare del tutto i suoi creditori».

Inoltre[55], la rinuncia all’azione di riduzione da parte del legittimario totalmente pretermesso diverge, sul piano funzionale e strutturale, dalla rinuncia all’eredità, non potendo il riservatario essere qualificato chiamato all’eredità prima dell’accoglimento dell’azione di riduzione volta a rimuovere l’efficacia delle disposizioni testamentarie lesive dei suoi diritti, sicché il creditore del legittimario totalmente pretermesso che intenda esperire l’azione ex art. 524 c.c., deve previamente impugnare la rinunzia di costui all’azione di riduzione.

Ancora, par altra  Cassazione[56] l’azione ex art. 524 c.c., mediante la quale i creditori del rinunciante all’eredità chiedono di essere autorizzati all’accettazione con beneficio d’inventario, in nome e luogo del rinunciante stesso, non può essere esperita quando la rinuncia provenga dal legittimario pretermesso, non potendo quest’ultimo essere qualificato chiamato all’eredità, prima dell’accoglimento dell’azione di riduzione che abbia rimosso l’efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie.

Per il Tribunale Romano[57], con la sentenza già citata, l’acquiescenza al testamento, lesivo del diritto di erede legittimario, non può essere qualificabile come rinuncia all’eredità, in quanto questa può validamente essere posta in essere solo ed esclusivamente da chi, per legge o per testamento, è da considerarsi come chiamato e tali certamente non sono i due fratelli che non hanno intrapreso l’azione di riduzione loro spettante. Ciononostante, per evitare un vuoto di tutela è consentito ai loro creditori, formalmente privi della legittimazione, di proporre l’azione di riduzione.

Applicato il combinato disposto degli articoli 524 e 557 c.c., entrambi volti alla tutela dei creditori ed è stato ritenuto il creditore legittimato alla proposizione dell’azione di riduzione. Per i giudici, infatti «l’identica funzione perseguita dall’una norma e dall’altra è in sostanza quella di consentire al creditore di soddisfarsi in via esecutiva sui beni del proprio debitore, chiamato ad un’eredità – non importa se per testamento o per legge – ove questi abbia rinunciato alla vocazione ereditaria ovvero, ove appartenente alla categoria dei legittimari, alla proposizione dell’azione di riduzione».

In ordine, infine, ai profili processuali, secondo il Tribunale Felsineo[58] la legittimazione passiva spetta, nell’ambito dell’azione promossa ai sensi dell’art. 524 c.c., al debitore rinunziante mentre i successivi chiamati che abbiano accettato l’eredità possono considerarsi portatori di un interesse idoneo a consentire unicamente un intervento in causa adesivo dipendente, per sostenere le ragioni del rinunziante all’eredità. Non ricorre in tal caso un’ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti dei successivi chiamati all’eredità con la conseguenza che la sentenza emessa nell’ambito del giudizio promosso ai sensi dell’art. 524 c.c., è da ritenersi utiliter data nei confronti del solo debitore autore della rinuncia ed il creditore potrà agire sul patrimonio ereditario essendo a lui inopponibile l’atto impeditivo dell’acquisto all’eredità. Pertanto, non ricorrendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario, la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del chiamato all’eredità non rientra nell’ipotesi di cancellazione della causa dal ruolo ai sensi dell’art. 270 c.p.c.

La stessa Cassazione[59], in precedenza, aveva così stabilito sulla legittimazione passiva: il debitore rinunciante all’eredità è il solo soggetto passivamente legittimato all’azione intentata dai creditori ex art. 524 c.c., con la conseguenza che, al suo decesso, legittimato passivo risulta il suo erede quale persona che gli succede “in universum ius“, e, quindi, nella situazione di debitore rinunciante all’eredità, da cui scaturisce la legittimazione passiva “de qua“.

H) La (non) trascrizione della rinunzia

[60]

La dottrina quasi unanime esclude che la rinunzia all’eredità debba essere trascritta.

Anche perché ai fini dell’opponibilità o della conoscenza da parte dei terzi basta l’adempimento di cui all’art. 519 c.c.[61], ovvero che venga “inserita nel registro delle successioni (disp. di att. al c.c. 52, 53, 133)”.

L’unica norma da considerare, dato il carattere tassativo degli atti da trascrivere, è quella contenuta al n. 5 dell’art. 2643 c.c.

art. 2643 c.c.   atti soggetti a trascrizione: si devono rendere pubblici (disp.di att. al c.c. 26 c.c.1403 ) col mezzo della trascrizione (c.c. 2652, 2915):

………………………..

5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti;

NOTE

[1] Con collegamento testuale, per aprire il collegamento cliccare sul paragrafo o sul numero della pagina di riferimento

[2] Gazzoni

[3] Santoro – Passarelli – D’Avanzo – Cariota – Ferrara – Coviello – Capozzi

[4] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 13 febbraio 2014, n. 3346

[5] Per un maggior approfondimento sull’accettazione dell’eredità, aprire il seguente collegamento on-line

http://3.70.129.172/2015/01/22/acquisto-delleredita-accettazione-espressa-o-tacita-accettazione-con-beneficio-dinventario/

[6] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 12 ottobre 2011, n. 21014

[7] Per tornare all’indice cliccare qui di seguito sul numero di pagina – “pag. 1

[8] Per tornare all’indice cliccare qui di seguito sul numero di pagina – “pag. 1

[9] Per un maggior approfondimento sull’accettazione dell’eredità, aprire il seguente collegamento on-line

http://3.70.129.172/2015/01/22/acquisto-delleredita-accettazione-espressa-o-tacita-accettazione-con-beneficio-dinventario/

[10] Messineo

[11] Ferri – Trabucchi – Cariota  – Ferrara – Grosso e Burdesse – Barbero

[12] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 13 febbraio 2014, n. 3346, cfr. Corte di Cassazione, sentenza dell’11 febbraio 2005 n. 2820

[13] Cfr par.fo H) La (non) trascrizione della rinunzia, da pag.36

[14] Corte di Cassazione sentenze n. 6479/2002; n. 2849/1992; n. 1885/1988; n. 2489/1987; n. 5105/1985; n. 4520/1984; n. 125/1983

[15] Per tornare all’indice cliccare qui di seguito sul numero di pagina – “pag. 1

[16] La rinuncia all’eredità può farsi con dichiarazione ricevuta dal dal cancelliere del Tribunale competente (cioè il Tribunale dell’ultimo domicilio del defunto), entro tre mesi dalla morte se si è nel possesso dei beni o entro dieci anni se non si è nel possesso dei beni e non ha effetto se non è osservata la forma prescritta (art. 519 c.c.).

Per poter fissare l’appuntamento occorrono:

o    certificato di morte in carta semplice (il coniuge, gli ascendenti e i discendenti possono anche avvalersi della dichiarazione sostitutiva di certificazione)

o    certificato ultima residenza del defunto

o    copia del codice fiscale del rinunciante e del defunto

o    copia del documento d’identità del rinunciante e del defunto

o    autorizzazione del Giudice Tutelare (per gli eredi minorenni, interdetti e inabilitati)

Il giorno dell’atto occorre

o    presentare una marca da bollo da € 16,00 da applicare all’originale dell’atto

o    effettuare un versamento di € 168,00 per ogni rinunziante da eseguire in esattoria, in banca o in posta a favore dell’ufficio delle entrate (il cancelliere rilascerà dopo la firma dell’atto un fac-simile per il versamento munito del numero di iscrizione a ruolo)

o    la ricevuta del versamento dovrà essere consegnata in cancelleria subito dopo il pagamento che dovrà inderogabilmente avvenire il giorno dell’atto

Dopo circa dieci giorni dalla firma dell’atto si potrà ritirare copia conforme all’originale della rinunzia presentando allo sportello della cancelleria:

o    una marca da bollo da € 16,00

o    una marca da bollo da € 6,20

La documentazione può essere presentata anche solo da un erede. Per la formalizzazione e firma dell’atto è invece necessaria la presenza di tutti gli eredi che devono rinunciare

[17] Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza n. 4274 del 20 febbraio 2013. Ai sensi dell’art. 519 c.c., la rinunzia all’eredità deve essere fatta in forma solenne, con dichiarazione resa davanti al notaio o al cancelliere, che non può essere sostituita dalla scrittura privata autenticata ed è a pena di nullità, in quanto l’indicazione dell’art. 519 c.c. rientra tra le previsioni legali di forma “ad substantiam“, di cui all’art. 1350, n. 13, c.c..

Cfr Corte d’Appello Milano, Sezione II civile, sentenza 6 maggio 2014, n. 1611.

Inoltre, per la Corte Palermitana, Corte d’Appello Palermo, Sezione III civile, sentenza 20 gennaio 2014, n. 48, la rinunzia all’eredità deve essere effettuata in forma solenne a mezzo dichiarazione ricevuta da un notaio o da un cancelliere del Tribunale nel cui circondario si è aperta la successione e deve essere iscritta nel registro delle successioni. Trattasi di formalità necessarie ed indispensabili per la validità ed efficacia della rinunzia, tale che in mancanza della dichirazione solenne la rinunzia è nulla, mentre è inefficace nei confronti dei terzi nell’ipotesi in cui manca l’iscrizione nel registro menzionato. All’uopo deve, tuttavia, rilevarsi che il notaio ricevente la formale dichiarazione di rinunzia all’eredità è tenuto a presentare la stessa per l’iscrizione nel registro delle successioni entro dieci giorni, tale che la ritardata iscrizione, e le conseguenze che da essa derivano, integra un comportamento negligente del notaio, in quanto inosservante gli obblighi connessi alla propria professione e, dunque, un inadempimento dal quale deriva una responsabilità professionale. Nel caso concreto, l’accertata ritardata iscrizione della rinunzia all’eredità nel registro delle successioni, avvenuta solo a seguito dell’emissione del provvedimento ingiuntivo (avente ad oggetto crediti vantati dalla banca nei confronti del de cuius), imputabile ad esclusiva responsabilità del notaio, determina l’obbligo del medesimo di tendere indenni gli appellati, rinunciatari all’eredità, dalle somme portate all’opposto provvedimento monitorio.

[18] in questo senso, Corte di Cassazione sentenza, 2 marzo 1950.

Cfr par.fo H) La (non) trascrizione della rinunzia, da pag.36

[19] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 13 febbraio 2014, n. 3346 e sentenze n. 11634 del 1991 e n. 2820 del 2005

[20] Brunelli e Zappulli

[21] Ferri

[22] per tutte Corte di Cassazione, sentenza del 26 settembre 1960, n.2008

[23] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 4 maggio 2016, n. 8919, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line

http://3.70.129.172/2016/05/10/agli-effetti-del-limite-imposto-dallart-1966-c-c-che-sancisce-la-nullita-della-transazione-avente-ad-oggetto-diritti-non-lasciati-alla-disponibilita-delle-parti-sono-certamente-sottratti/

[24] per tutti Ferri

[25] Per un maggior approfondimento sulla simulazione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/04/04/la-simulazione/

[26] Per un maggior approfondimento sul collegamento negoziale aprire il seguente collegamento on-line

http://3.70.129.172/2011/10/27/il-collegamento-negoziale/

[27] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 21 maggio 2012, n. 8021

[28] Tribunale Latina, civile, sentenza 2 settembre 2011, n. 2236. Nella fattispecie il legittimario con atto notarile aveva in precedenza rinunciato puramente e semplicemente senza restrizione o condizione alcuna, a tutti gli effetti di legge, alla eredità del proprio coniuge deceduto, eredità devoluta in forza di testamento olografo e nel successivo proprio testamento aveva precisato di aver regolato in passato qualsiasi rapporto giuridico intercorso facendo espresso riferimento alla anteriore rinuncia a qualsiasi diritto -testamentario e di legittima- sull’eredità del marito.

[29] Per un maggior approfondimento sull’azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line

http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[30] Tribunale REGGIO EMILIA, civile, sentenza 3 maggio 2000

[31] Per tornare all’indice cliccare qui di seguito sul numero di pagina – “pag. 1

[32] Tribunale Roma, Sezione VIII civile, sentenza 22 gennaio 2014, n. 1564

[33] cfr. Corte di Cassazione, sentenza del 2 agosto 2011 n. 16913; Corte di Cassazione, sentenza del 18 aprile 2012 n. 6070

[34] Per un maggior approfondimento sulla donazione indiretta aprire il seguente collegamento on-line

 http://3.70.129.172/2016/10/17/le-donazioni/

[35]Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 6 dicembre 1984, n. 6412.  L’art. 527 c.c., secondo cui i chiamati all’eredità che hanno sottratto o nascosto i beni a questa spettanti, decadono dalla facoltà di rinunziarvi e si considerano eredi puri e semplici, nonostante la loro rinunzia, è applicabile non soltanto nei confronti del chiamato, il quale abbia commesso gli atti di sottrazione o di nascondimento prima della rinunzia all’eredità, ma anche nei confronti del chiamato il quale abbia posto in essere tali atti in un momento successivo, purché il diritto di accettare l’eredità non sia prescritto e questa non sia stata accettata da altri chiamati.

[36] Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 4 luglio 2016, n.13599, per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line

http://3.70.129.172/2016/07/06/corte-di-cassazione-sezione-vi-sentenza-4-luglio-2016-n-13599/

Cfr Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 18 aprile 2012, n. 6070. La rinunzia all’eredità non fa venir meno la delazione del chiamato, stante il disposto dell’art. 525 c.c. e non è, pertanto, ostativa alla successiva accettazione, che può essere anche tacita, allorquando il comportamento del rinunciante (che, nella specie, si era costituito in giudizio, allegando la sua qualità di erede e riportandosi alle difese già svolte dal “de cuius“) sia incompatibile con la volontà di non accettare la vocazione ereditaria.

Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 2 agosto 2011, n. 16913. La revoca della rinuncia all’eredità, di cui all’art. 525 c.c., non costituisce, anche sotto il profilo formale, un atto o negozio giuridico autonomo, bensì l’effetto della sopravvenuta accettazione dell’eredità medesima da parte del rinunciante, il cui verificarsi, pertanto, va dedotto dal mero riscontro della validità ed operatività di tale successiva accettazione, sia essa espressa o tacita.

Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 8 giugno 1984, n. 3457. La revoca della rinuncia all’eredità, di cui all’art. 525 c.c., non costituisce, anche sotto il profilo formale, un atto o negozio giuridico autonomo, bensì l’effetto della sopravvenuta accettazione dell’eredità medesima da parte del rinunciante, il cui verificarsi, pertanto, va dedotto dal mero riscontro della validità ed operatività di tale successiva accettazione, sia essa espressa o tacita (artt. 474 e segg. c.c.).

[37] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 12 ottobre 2011, n. 21014, cfr. Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 29 marzo 2003, n. 4846. Nel sistema delineato dagli articoli 519 e 525 c.c. in tema di rinunzia all’eredità, la quale determina la perdita del diritto all’eredità ove ne sopraggiunga l’acquisto da parte degli altri chiamati, l’atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni). Pertanto, non è ammissibile una revoca tacita della rinunzia.

[38] Per tornare all’indice cliccare qui di seguito sul numero di pagina – “pag. 1

[39] Per un maggior approfondimento sull’accettazione parziale dell’eredità, aprire il seguente collegamento on-line

http://3.70.129.172/2015/01/22/acquisto-delleredita-accettazione-espressa-o-tacita-accettazione-con-beneficio-dinventario/

[40] Ferri – Grosso e Burdesse

[41] Per un maggior approfondimento sulla donazione indiretta aprire il seguente collegamento on-line

 http://3.70.129.172/2016/10/17/le-donazioni/

[42] Capozzi

[43] Ferri

[44] Corte di Cassazione, sentenza del 23 novembre 1967, n. 2815

[45] Per tornare all’indice cliccare qui di seguito sul numero di pagina – “pag. 1

[46] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 12 giugno 2009, n. 13735

[47] Corte di Cassazione, Sezione VI civile, ordinanza 6 novembre 2013, n. 24883

[48] Per un maggior approfondimento sull’azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line

http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[49] Tribunale Novara, civile, sentenza 18 marzo 2013

[50] Balzaretti

[51] Tribunale Roma, Sezione VIII civile, sentenza 22 gennaio 2014, n. 1564, cfr Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 18 gennaio 1982, n. 310. La legittimazione passiva nell’azione promossa ai sensi dello art. 524 c.c. – che ha caratteri propri rispetto all’azione surrogatoria ed a quella revocatoria, poiché con essa il creditore mira ad essere autorizzato ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, suo debitore, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza del suo credito – spetta esclusivamente a detto debitore, senza che ricorra un’ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti dei successivi chiamati che abbiano accettato l’eredità, portatori di un interesse idoneo a consentire unicamente un intervento in causa adesivo dipendente, per sostenere le ragioni del debitore rinunziante. Con la conseguenza che mentre la sentenza è “utiliter data” nei confronti del solo debitore, autore della rinuncia, il creditore potrà agire sul patrimonio ereditario, essendo a lui inopponibile l’atto impeditivo dell’acquisto dell’eredità, e rimanendogli estranea la delazione a favore del terzo chiamato, per effetto della rinuncia da lui impugnata nei rapporti diretti col debitore.

[52] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 29 marzo 2007, n. 7735

[53] Cfr par.fo C) Il termine per rinunziare , pag. 7

[54] Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 29 aprile 2016, n. 8519, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line

http://3.70.129.172/2016/05/17/il-creditore-puo-contestare-che-il-suo-debitore-abbia-rinunciato-a-uneredita-la-cui-accettazione-avrebbe-incrementato-il-suo-patrimonio-qualora-la-rinuncia-comporti-un-danno-sicurament/

[55] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 22 febbraio 2016, n. 3389

[56] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 29 luglio 2008, n. 20562

[57] Tribunale di Roma sentenza 1564/2014

[58] Tribunale Bologna, Sezione I civile, sentenza 17 dicembre 2012, n. 3205

[59] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 24 novembre 2003, n. 17866

[60] Per tornare all’indice cliccare qui di seguito sul numero di pagina – “pag. 1

[61] Cfr. par.fo C) Il termine per rinunziare, pag. 8

Cfr. par.fo D) Dichirazione di rinuncia ed effetti, pag. 15

 

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