Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 12094.
La rimessione in termini richiede la verifica della ricorrenza di due elementi
La rimessione in termini, di cui all’articolo 153, secondo comma, cod. proc. civ. richiede la verifica della ricorrenza di due elementi e cioè dell’esistenza di un fatto ostativo esterno alla volontà della parte, non governabile da quest’ultima, e dell’immediatezza della reazione diretta a superarlo prontamente. Per fatto ostativo esterno alla volontà della parte si intende qualsivoglia fatto che, oggettivamente, abbia impedito il compimento dell’atto processuale in relazione al quale si è verificata la decadenza e, soggettivamente, che tale fatto non sia in qualsiasi modo imputabile alla parte decaduta, per essersi lo stesso determinato per circostanze su cui l’interessato non poteva avere alcun controllo o disponibilità (Nel caso di specie, in applicazione degli enunciati principi, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la decisione gravata nella parte in cui la stessa aveva disatteso l’istanza di acquisizione di nuovi documenti formulata in appello dal ricorrente, ritenendo che il rinvenimento casuale degli stessi in luoghi che comunque rientravano nella sua disponibilità non poteva costituire causa non imputabile tale da giustificare la rimessione in termini rispetto all’avvenuta decadenza dal termine di produzione in giudizio, non sussistendo nella circostanza alcuna ipotesi di caso fortuito o forza maggiore). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 5 agosto 2021, n. 22342; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 12 ottobre 2022, n. 29889).
Ordinanza|| n. 12094. La rimessione in termini richiede la verifica della ricorrenza di due elementi
Data udienza 28 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Termini processuali – Rimessione in termini di cui all’art. 153, secondo comma, c.p.c. – Richiesta della verifica della ricorrenza di due elementi – Esistenza di un fatto ostativo esterno alla volontà della parte non governabile da quest’ultima – Immediatezza della reazione diretta a superarlo prontamente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26941/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende con l’avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente e controricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione e all’indirizzo pec (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta procura speciale del 11 novembre 2020, in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1054/2020 della Corte Di Appello di Milano, pubblicata il 04/05/2020;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 28 aprile 2023 dal Consigliere Dott. Paolo Fraulini.
La rimessione in termini richiede la verifica della ricorrenza di due elementi
RITENUTO
Che:
1. Con sentenza pubblicata in data 4 maggio 2020 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale aveva respinto la domanda proposta da (OMISSIS), avente per oggetto l’accertamento che la scultura in bronzo di sua proprieta’ denominata “(OMISSIS)”, conosciuta come “scultura (OMISSIS)”, era stata realizzata dall’autore (OMISSIS) ancora in vita, con conseguente condanna della (OMISSIS), detentrice dell’elenco delle opere originali del Maestro, al rilascio di una dichiarazione di autenticita’ della suddetta opera e all’inserimento della stessa in qualita’ di opera madre tratta dalla terracotta originale nell’archivio dell’autore tenuto dalla Fondazione, nonche’ la condanna della convenuta al risarcimento del danno subito dal (OMISSIS) in conseguenza dell’avvenuta contestazione, a opera della Fondazione, dell’autenticita’ dell’opera con relativo preannunzio di iniziative volte a limitarne la circolazione.
2. La Corte di appello, per quanto in questa sede ancora rileva, ha ritenuto: a) sussistente l’interesse ad agire del (OMISSIS), identificabile nella rimozione dello stato di incertezza dell’effettiva portata del suo diritto di proprieta’ sulla scultura, determinato dal preannuncio di possibili iniziative legali da parte della Fondazione connesse alla contestazione dell’autenticita’ della c.d. “Scultura (OMISSIS)”; b) inaccoglibile l’istanza di acquisizione di nuovi documenti in appello formulata dal (OMISSIS), atteso che il rinvenimento casuale dei predetti atti in luoghi che comunque rientravano nella sua disponibilita’ non poteva costituire causa non imputabile che giustificasse la rimessione in termini rispetto all’avvenuta decadenza dal termine di produzione in giudizio, non sussistendo alcuna ipotesi di caso fortuito o forza maggiore; c) infondato il motivo di appello con cui il (OMISSIS) lamentava l’erroneita’ della sentenza di primo grado per non aver attribuito rilevanza decisiva all’accertamento dell’autenticita’ della firma apposta sulla scultura, atteso che del tutto condivisibile dovevano ritenersi le conclusioni del consulente tecnico di ufficio secondo cui non potevano essere esperiti confronti tecnici attendibili sulle sottoscrizioni riferibili all’autore sulla statua in assenza di altre firme autentiche dell’autore medesimo che fossero state apposte con le medesime modalita’ di esecuzione su materiale ed in epoca affini; d) infondato il motivo di appello con cui il (OMISSIS) lamentava l’erroneita’ della sentenza di primo grado per non aver ripartito l’onere probatorio ai sensi dell’articolo 8 della Legge sul diritto d’autore e per non aver correttamente valutato gli elementi probatori prodotti dal (OMISSIS) al fine di dimostrare l’autenticita’ dell’opera, atteso che la presunzione di cui all’articolo 8 della Legge sul diritto d’autore puo’ operare solo in assenza di contestazioni sull’attribuzione della firma, ovvero laddove sia possibile verificarne con certezza l’autenticita’, circostanza esclusa nel caso di specie, con conseguente applicabilita’ del principio generale di cui all’articolo 2697 c.c.; laddove, sotto diverso profilo, irrilevanti dovevano ritenersi le prove prodotte dal (OMISSIS) al fine di dimostrare la datazione del metallo e della fusione della scultura in oggetto, atteso che il complessivo materiale probatorio prodotto era inidoneo a dimostrare univocamente l’attribuzione della paternita’ dell’opera al maestro (OMISSIS), non potendo tacersi che proprio dalle radiografie sarebbe emersa un’ulteriore differenza tra la “Scultura (OMISSIS)” e l’esemplare originale con il quale era stata raffrontata, rispetto al quale avrebbe palesato divergenze tecniche di fusione; e) infondato il motivo di appello con cui il (OMISSIS) contestava il giudizio del Tribunale che, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica, aveva escluso l’autenticita’ della “Scultura (OMISSIS)”, in relazione alla sua attribuibilita’ all’opera del maestro (OMISSIS).
3. Avverso detta sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
4. La (OMISSIS) ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a un motivo, a sua volta resistito dal (OMISSIS) con controricorso.
5. La ricorrente incidentale ha depositato memoria.
La rimessione in termini richiede la verifica della ricorrenza di due elementi
CONSIDERATO
Che:
1. Il ricorso principale lamenta:
a. “1 – Con il primo motivo si lamenta – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, con riferimento all’articolo 345 c.p.c., comma 3 e articolo 153 c.p.c., comma 2, nonche’ con riferimento all’articolo 2476 c.c., comma 2, e, sotto ulteriore profilo, agli articoli 2727 e 2729 c.c., in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c. – la ritenuta erroneita’ della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto l’istanza dell’appellante di rimessione in termini al fine di integrare la produzione documentale”, deducendo che la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato l’articolo 2476 c.c., comma 2, ritenendo che il socio di una societa’ a responsabilita’ limitata abbia libera disponibilita’ di tutta la documentazione e accesso indiscriminato all’interno dei locali aziendali, peraltro omettendo di qualificare come caso del tutto fortuito il rinvenimento di documenti personali del (OMISSIS) all’interno dei locali della societa’ (OMISSIS) s.r.l., con conseguente violazione del diritto del ricorrente a produrre documenti decisivi ai fini della dimostrazione della paternita’ dell’opera.
Il motivo e’ infondato. La rimessione in termini, di cui all’articolo 153 c.p.c., comma 2, come di recente ha condivisibilmente ribadito questa Corte (Cass. sez. 6-1, Ordinanza n. 22342 del 05/08/2021) richiede la verifica della ricorrenza di due elementi e cioe’ dell’esistenza di un fatto ostativo esterno alla volonta’ della parte, non governabile da quest’ultima, e dell’immediatezza della reazione diretta a superarlo prontamente. Per fatto ostativo esterno alla volonta’ della parte si intende qualsivoglia fatto che, oggettivamente, abbia impedito il compimento dell’atto processuale in relazione al quale si e’ verificata la decadenza e, soggettivamente, che tale fatto non sia in qualsiasi modo imputabile alla parte decaduta (ancor piu’ di recente, conformemente ai precedenti citati, Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 29889 del 12/10/2022), per essersi lo stesso determinato per circostanze su cui l’interessato non poteva avere alcun controllo o disponibilita’. L’applicazione di tali principi al caso di specie conduce a ritenere corretta sul punto la decisione impugnata. Invero, la Corte di appello ha evidenziato come il rinvenimento della documentazione (vecchie lettere datate 1970), casualmente rinvenute in un locale della societa’ (OMISSIS) s.r.l. – di cui il ricorrente era socio – a opera di un avvocato incaricato di procedere a una divisione, non potesse in alcun modo qualificarsi come fatto estraneo alla disponibilita’ del (OMISSIS), non essendo tale evento qualificabile come sottratto al controllo della parte richiedente. Tale valutazione, in fatto insindacabile in questa sede, appare corretta anche in diritto, giacche’, del tutto a prescindere dalla questione sollevata in ricorso dei poteri di ispezione e controllo del socio di s.r.l. rispetto ai documenti sociali, nella specie non si tratta di beni di proprieta’ della societa’, bensi’ di beni (le lettere) personali del (OMISSIS). La circostanza che tali beni si trovassero in un locale di cui il (OMISSIS) aveva la disponibilita’ dimostra, inoltre, che l’evento del casuale ritrovamento a opera di un terzo non puo’ qualificarsi come non imputabile alla responsabilita’ del ricorrente e, come tale, non legittima la rimessione in termini.
La rimessione in termini richiede la verifica della ricorrenza di due elementi
b. “2 – Con il secondo motivo si evidenzia in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla L. n. 633 del 1941, articolo 8 e agli articoli 2697 e 2728 c.c., e con ulteriore riferimento agli articoli 61, 113 e 116 c.p.c. – il ritenuto vizio di diritto per l’omessa considerazione del rilievo giuridico della firma apposta dall’autore sull’opera anche in considerazione del mancato espletamento di un’indagine grafologica”, deducendo l’erroneita’ della sentenza impugnata per avere ritenuto inapplicabile la presunzione di paternita’ dell’opera di cui all’articolo 8 della Legge sul diritto di autore e, in suo luogo, l’applicabilita’ del canone generale dell’onere probatorio di cui all’articolo 2697 c.c., avendo sostanzialmente pretermesso la circostanza decisiva della sottoscrizione dell’opera da parte del suo autore, che aveva apposto una firma sulla relativa fusione, con conseguente illegittimita’ della pronuncia per aver omesso di disporre una specifica indagine grafologica della medesima sottoscrizione, essendosi la Corte territoriale adagiata su una pedissequa adesione alle valutazioni del consulente tecnico di ufficio, senza dar conto delle diverse conclusioni provenienti dalla perizia di parte.
Il motivo e’ infondato laddove lamenta l’omessa considerazione della firma apposta sull’opera dal suo presunto autore, posto che (a pagina 9) la Corte territoriale prende espressamente in considerazione la circostanza in questione, affermando di condividere le conclusioni del consulente tecnico di ufficio che, in assenza di firme di comparazione autenticamente attribuite al Maestro (OMISSIS) e utilizzabili pertanto come elementi di comparazione, ha concluso per l’impossibilita’ di esperire la perizia grafologica. Per altro verso, il motivo e’ inammissibile, poiche’ tenta di indurre questa Corte a una non consentita riedizione del giudizio in fatto sul punto, segnatamente sulle conclusioni di merito della consulenza di ufficio.
c. “3 – Il terzo motivo e’ diretto a contestare la correttezza dell’indagine peritale con riferimento al metodo adottato dal CTU – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 – per l’omessa o travisata considerazione di un profilo oggetto di specifico dibattito processuale riguardo al consenso in effetti mai reso esplicito dalla difesa del (OMISSIS) durante l’indagine peritale al confronto dell’opera in contestazione con un’altra fusione realizzata dopo la morte dell’artista; sotto un ulteriore profilo, illustra la ritenuta nullita’ della sentenza di merito in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, in applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’articolo 111 Cost. – e comunque in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, con riferimento agli articoli 62, 112, 113, 115, 116, 195 e 196 c.p.c. – l’erroneita’ in punto di diritto della decisione impugnata in sede di legittimita’”, deducendo l’erroneita’ della sentenza impugnata per avere omesso di considerare che nessun accordo in sede di operazioni peritali vi era stato sulla possibilita’ di effettuare un confronto diretto tra l’opera per cui e’ causa e un esemplare postumo dell’opera stessa e per avere la sentenza aderito alle conclusioni del perito di ufficio, senza minimamente tenere conto delle contestazioni mosse dal consulente di parte odierna ricorrente.
La rimessione in termini richiede la verifica della ricorrenza di due elementi
Il motivo e’ infondato. La Corte di appello (pag. 11 della sentenza) afferma che il confronto effettuato in sede peritale tra l’opera per cui e’ causa e l’esemplare 2/2 del Maestro (OMISSIS) e’ stato effettuato in data 14 luglio 2015, come emerge dal relativo verbale delle operazioni peritali. La censura in esame (a pagina 19) lamenta che non vi sarebbe stato alcun consenso del ricorrente sul “metodo” di confronto tra le due opere. Osserva questa Corte, da un canto, che un consenso giuridico non puo’ qualificarsi come “fatto naturalistico” al cui omesso esame l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), attribuisce rilevanza nella giurisprudenza consolidata di questa Corte ai fini del vizio di motivazione. D’altro canto, la stessa censura non contesta che in sede di operazioni peritali non sia stata sollevata alcuna obiezione alla comparazione (tanto che a pagina 19 del ricorso e’ riprodotto il virgolettato del verbale delle operazioni che nulla dice al riguardo), si’ da escludere persino la sussistenza del fatto stesso. In relazione, poi, alla diversa contestazione inerente alla pretesa nullita’ della sentenza per avere aderito pedissequamente alla conclusione della consulenza di ufficio, ne va rilevata l’infondatezza. La sentenza impugnata da’ espressamente conto dei rilievi critici mossi alla consulenza di ufficio dal consulente di parte, il che’ esclude la nullita’ sotto tale profilo; nel merito, la sentenza argomenta in maniera del tutto intelligibile e ampiamente superiore al minimo costituzionale, le ragioni di condivisione delle conclusioni peritali e di rigetto delle tesi del consulente di parte odierna ricorrente principale, cio’ che esclude qualsivoglia nullita’ o falsa applicazione della normativa applicabile alla fattispecie.
2. Il ricorso incidentale lamenta: “articolo 360 c.p.c., n. 3: violazione dell’articolo 110 c.p.c., in relazione all’omessa declaratoria della carenza di interesse ad agire rispetto alla domanda di accertamento dell’autenticita’ dell’opera in contesa, risolvendosi tale petitum nell’accertamento di un mero fatto; anche con riferimento all’articolo 832 c.c., ed alla fallace ricognizione da parte della Corte d’appello del contenuto del diritto di proprieta’ quando esso abbia ad oggetto un’opera d’arte”. Il ricorso incidentale va dichiarato assorbito, posto che va qualificato come condizionato all’accoglimento del ricorso principale, come fatto palese dal suo letterale incipit secondo cui esso e’ stato proposto dalla parte “nel non creduto caso in cui l’eccellentissima Corte di Cassazione ravvisasse alcun profilo di fondatezza nel ricorso avversario”, e come ulteriormente la stessa parte lo qualifica nella memoria del 13 aprile 2023 ex articolo 380 bis.1 c.p.c., depositata in vista dell’udienza.
3. La soccombenza regola le spese.
4. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna (OMISSIS) a rifondere alla (OMISSIS) le spese della presente fase di legittimita’, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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