Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 23 marzo 2018, n. 13752.

La richiesta di cancellazione dall’albo dei commercialisti non fa venire meno il rischio di reiterazione del reato e dunque l’esigenza della custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli artt. 81 c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, articolo 81 c.p., Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132 e articolo 644 c.p.

Sentenza 23 marzo 2018, n. 13752
Data udienza 27 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANDREAZZA Gastone – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 13/11/2017 della tribunale della liberta’ di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIULIO Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, il tribunale della liberta’ di Milano rigettava l’appello ex articolo 310 c.p.p., presentato nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza del g.i.p. del tribunale di Milano, che, in data 12 ottobre 2017, aveva respinto l’istanza di revoca o di sostituzione della custodia cautelare in carcere, applicata con ordinanza in data 25 giugno 2017 per i reati di cui agli artt.: articolo 81 c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, commessi dal 26 settembre 2013 al 30 settembre 2015 (capi A, B, C); articolo 81 c.p., Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132, commesso dal 2010 fino al dicembre 2016 (capo D); articolo 644 c.p., commesso dal 2006 in permanenza (capo E); articolo 81 c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, commesso dal 2 novembre 2015 al 17 ottobre 2016 (capo F); articolo 81 c.p., articolo 648 ter c.p., comma 1, commesso tra il febbraio 2015 e l’ottobre 2016. In particolare, il tribunale riteneva che gli elementi indicati dalla difesa, ossia la richiesta di cancellazione dall’albo professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nonche’ l’istanza di essere giudicato con rito abbreviato, non avessero incidenza sul permanere delle esigenze cautelari, poste a fondamento dell’ordinanza genetica.
2. Avverso l’indicata ordinanza l’imputato, tramite i difensori di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione alla disciplina dell’appello cautelare prevista dall’articolo 310 c.p.p.. Assume il ricorrente, che la Corte territoriale, dopo aver correttamente tracciato il perimetro dell’appello cautelare, tuttavia nella motivazione avrebbe erroneamente travalicato quel limite, in particolare: sottolineando la mancata resipiscenza e la permanenza del pericolo di inquinamento probatorio; richiamando i numerosi reati tributari e contro il patrimonio ascritti all’indagato; evidenziando, in maniera arbitraria, le condotte estorsive adottate con metodi mutuati dalla criminalita’ organizzata, trattandosi di elementi nemmeno indicati nell’ordinanza genetica.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in relazione alla sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera a). Lamenta il ricorrente che il tribunale avrebbe erroneamente ravvisato la sussistenza di un concreto e attuale pericolo di inquinamento probatorio, circostanza mai indicata dal g.i.p., nonche’ omesso di considerare la richiesta dell’indagato di essere giudicato con rito abbreviato non condizionato.
2.3. Con il terzo motivo si eccepisce mancata assunzione di una prova decisiva, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d) e c), con riferimento al decreto di archiviazione emesso dal g.i.p. del tribunale di Lodi per il medesimo reato di cui al capo E), nonche’ relativo vizio motivazionale. Assume il ricorrente che il tribunale del riesame avrebbe omesso di considerare l’indicato provvedimento di archiviazione, relativo al medesimo fatto di cui al capo E), trattandosi, peraltro, non di una pluralita’ di condotte usurarie, come ritenuto nell’ordinanza impugnata, bensi’ di un’unica condotta.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta mancanza e illogicita’ della motivazione sotto tre profili: a) mancata disamina del motivo di appello, relativo all’insussistenza di un piu’ ampio contesto criminale; b) omessa valutazione del parere favorevole, espresso dal p.m., alla sostituzione della misura in atto con quella degli arresti domiciliari; c) omessa valutazione delle scelte del (OMISSIS) di cancellazione dall’albo professionale e di essere giudicato con rito abbreviato, elementi sintomatici della piena accettazione delle determinazioni dell’A.G., cio’ che farebbe scemare, se non escludere, il pericolo di fuga.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato e deve, percio’, essere rigettato.
2. Va premesso che, in tema di appello cautelare, stante la natura devolutiva del giudizio, la cognizione del giudice e’ circoscritta entro il limite segnato non solo dai motivi dedotti dall’impugnante, ma anche dal decisum del provvedimento gravato, sicche’ con l’appello non possono proporsi motivi nuovi rispetto a quelli avanzati nell’istanza sottoposta al giudice di primo grado, ne’ al giudice ad quem e’ attribuito il potere di estendere d’ufficio la sua cognizione a questioni non prese in esame dal giudice a quo (Sez. 3, n. 30483 del 28/05/2015 – dep. 15/07/2015, Loffredo e altro, Rv. 2648180; Sez. 1, n. 43913 del 02/07/2012 – dep. 13/11/2012, Xu, Rv. 253786).
3. Va premesso che l’oggetto del thema decidendum devoluto dapprima al g.i.p. ex articolo 299 c.p.p., quindi al tribunale del riesame ai sensi dell’articolo 310 c.p.p., e, per l’effetto, a questa Corte, riguarda esclusivamente la permanenza ovvero l’attenuazione delle esigenze cautelari – in particolare, quella concernente il pericolo di reiterazioni di analoghe condotte criminose – a fronte delle circostanze addotte dalla difesa, ossia la richiesta di cancellazione dell’albo professionale, avanzata dal (OMISSIS), e la richiesta di essere giudicato con rito abbreviato.
4. Cosi’ delimitato, nella vicenda in esame, il sindacato della Corte, i motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto diretti a contestare, pur sotto diverse angolature, la permanenza ovvero l’attenuazione dell’esigenza cautelare di cui all’articolo 274 lettera c) cod. proc. pen., come ribadita nell’ordinanza impugnata, la cui motivazione appare giuridicamente corretta e immune da vizi logici.
5. Invero, il tribunale ha ravvisato il permanere di un concreto ed attuale pericolo di recidiva, sulla base di circostanze di fatto puntualmente indicate e correttamente valutate.
6. Il tribunale ha dato atto della gravita’ delle contestazioni ascritte al (OMISSIS), il quale ha posto in essere una serie di delitti tributari e contro il patrimonio con modalita’ tali da creare un elevato allarme sociale, conseguendo un indebito risparmio fiscale, registrando al passivo della propria societa’ “Multimedia Service srl” fatture per operazioni inesistenti, relativamente alle annualita’ 2012-2014, per oltre 30 milioni di Euro, sfruttando diverse societa’ delle quali era stato incaricato di tenere le scritture contabili attraverso la propria societa’ (OMISSIS); inoltre, con riferimento all’altra societa’ riconducibile al (OMISSIS), la Lineadatamedia, l’indagato ha indicato elemento passivi fittizi per 19 milioni di Euro, con un’evasione di imposta di oltre 7.600.000 Euro. I prestiti, contestati al capo D), riguardano condotte perpetrate dal 2004 sino ad oggi, per importi nell’ordine delle migliaia di Euro, mentre il delitto di cui all’articolo 648 ter c.p., comma 1, si riferisce alla somma di 380 mila Euro, autoriciclata dal (OMISSIS) in beni di lusso.
Orbene, a fronte di siffatte incolpazioni, il tribunale ha ritenuto che la mera richiesta di cancellazione dall’albo professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili non incide sul pericolo di reiterazione del reato, in quanto nessuno dei reati in esame presuppone la qualifica di commercialista, ne’ sono stati commessi, in ipotesi, dal (OMISSIS) in quella veste, ma o in quanto amministratore unico o socio controllante di societa’ a lui riferibili – reati di cui ai capi A), B) e C) – ovvero in assenza della qualifica di intermediario finanziario, come richiesta dalla legge – reato di cui al capo D).
7. Il tribunale ha, poi, evidenziato come la pervicacia criminale dell’indagato emerga anche dalle condotte usurarie e dalle conseguenti azioni estorsive adottate con metodi mutuati dalla criminalita’ organizzata, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, sono indicative nell’inserimento di un contesto criminale di piu’ ampio spessore. Una conferma ulteriore della capacita’ criminale del (OMISSIS) il tribunale l’ha correttamente desunta dai precedenti penali: l’indagato e’ stato condannato per plurime ipotesi di frode informatica e per corruzione per atto contrario a doveri d’ufficio, avendo il (OMISSIS) consegnato somme di denaro a pubblici ufficiali per entrare nel sistema informatico dell’Agenzia delle Entrare ed eliminare pendenze fiscali riferibili a se’ e ad altri contribuenti. Con motivazione immune da vizi logici, il tribunale ha ritenuto che l’essere il (OMISSIS) ricaduto nel crimine evidenzia come non vi sia stata alcuna forma di resipiscenza, a conferma dell’attualita’ e della concretezza del pericolo di recidivanza.
8. Di conseguenza, alla luce di questa analisi, puntuale e approfondita, della sussistenza e del grado del quadro cautelare, ha non assume rilevanza l’espressa mancata risposta del tribunale in ordine alla scelta del (OMISSIS) di chiedere la definizione del processo con rito abbreviato non condizionato, trattandosi di una facolta’ dell’imputato, che non incide affatto sulla sussistenza delle esigenze cautelari, come, del resto, gia’ ritenuto dal g.i.p.; lo stesso dicasi, a fortiori, per il parere favorevole espresso dal p.m. agli arresti domiciliari.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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