Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 febbraio 2021| n. 2492.
La regolazione delle spese di lite può avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (art.icolo 91 cod. proc. civ.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (articolo 92, comma 2, cod. proc. civ.); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorché quest’ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni – che è appunto il caso che viene in rilievo nel caso in esame – quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento.
Ordinanza|3 febbraio 2021| n. 2492
Data udienza 23 giugno 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Spese processuali – Regolazione – Soccombenza integrale – Condanna dell’unica parte soccombente al pagamento – Art. 91 c.p.c. – Reciproca parziale soccombenza – Principio di causalità degli oneri processuali – Compensazione totale o parziale – Art. 92 comma 2, c.p.c. – Pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5885-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio del Dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 897/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 13/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/06/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO.
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 897/17, del 13 luglio 2017, della Corte di Appello di Bari, che – all’esito del giudizio di rinvio, conseguito alla sentenza di questa Corte n. 12114/13, del 17 maggio 2013, che aveva annullato sentenza non definitiva, n. 1265/06, resa dalla stessa Corte barese – ha rigettato, in accoglimento del gravame esperito dalla societa’ (OMISSIS) S.p.a., la domanda di risarcimento danni proposta dall’odierna ricorrente nei confronti della predetta societa’, ponendo a carico della (OMISSIS) le spese della fase di appello, compensando interamente quelle del primo grado e del giudizio di legittimita’.
2. Riferisce, in punto di fatto, la ricorrente di aver convenuto in giudizio la societa’ (OMISSIS), affinche’ fosse dichiarato risolto, per grave inadempimento della stessa, il contratto con il quale le era stato trasferito un terreno sito in (OMISSIS), con condanna della convenuta a restituire il bene alla (OMISSIS) e a risarcirle il danno cagionato.
Accolta in via equitativa dal primo giudice, per quanto qui ancora di interesse, la domanda risarcitoria, essendo stato stimato il danno nella modesta misura di Lire 4.000.000. (pari all’acconto ricevuto dalla (OMISSIS) per la vendita del bene), la decisione veniva gravata da ambo le parti, ed esattamente, in via di principalita’, dalla societa’ (OMISSIS), per essere mandata assolta da ogni domanda, nonche’, incidentalmente, dall’odierna ricorrente, per conseguire il risarcimento nella maggiore misura di Euro 2.496.500,00.
La Corte territoriale, con la gia’ ricordata sentenza non definitiva, rigettati i motivi di appello della societa’ (OMISSIS), riteneva, invece, ammissibile la pretesa della (OMISSIS) di determinare attraverso uno specifico accertamento tecnico l’ammontare del danno subito, disponendo apposita CTU che quantificasse l’utilita’ ritraibile dal fondo, dall’odierna ricorrente, durante l’intero periodo nel quale esso era stato nella disponibilita’ della predetta societa’.
Proposto ricorso per cassazione dalla societa’ (OMISSIS) avverso la suddetta sentenza non definitiva, questa Corte, dichiarati inammissibili tutti i motivi di impugnazione con i quali erano state contestate la risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita, nonche’ la disposta restituzione dell’immobile alla (OMISSIS) e la reiezione della domanda riconvenzionale proposta dalla predetta societa’, accoglieva, invece, la censura tesa a far accertare che il giudice di appello aveva omesso di pronunciarsi sulla tardivita’ della domanda risarcitoria.
In particolare, questa Corte – nel rilevare come il giudice di merito avesse accertato “che la (OMISSIS) non aveva provato l’esistenza del danno”, cio’ che “avrebbe dovuto indurlo a rigettare la domanda stessa invece di disporre un supplemento di consulenza, come se la (OMISSIS) avesse tempestivamente dedotto l’impossibilita’ di provare l’ammontare del danno” osservava che “se e’ vero che il potere di liquidazione equitativa non e’ finalizzato a sopperire al deficit di prova circa l’esistenza del danno”, nemmeno “puo’ ritenersi finalizzata a sopperire al menzionato deficit la consulenza tecnica, salvo che la parte assuma di non poter quantificare il danno senza l’ausilio di un consulente”.
Su tali basi, dunque, questa Corte cassava, con rinvio alla stessa Corte barese, la sentenza allora impugnata, demandale il compito di decidere in applicazione del principio di diritto di cui sopra.
Orbene, all’esito del procedimento ex articolo 394 c.p.c., il giudice del rinvio affermava essere “fuor di dubbio” che questa Corte avesse imposto il rigetto della domanda risarcitoria, precludendo “in modo assoluto ogni diversa conclusione” e, quindi, rendendo “impossibile qualunque seguito processuale tendente alla sua quantificazione tramite una consulenza tecnica disposta officiosamente”.
3. Avverso pronuncia del giudice del rinvio ricorre per cassazione la (OMISSIS), sulla base – come detto – di due motivi.
3.1. Con il primo motivo si deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4) e 5), – violazione dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, e “conseguente nullita’ della sentenza”, nonche’ “omesso esame di atti decisivi del giudizio”.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma essere stato “accertato che la (OMISSIS) non aveva provato l’esistenza del danno”, cio’ che, dunque, avrebbe imposto gia’ al giudice di appello il rigetto della domanda risarcitoria.
Rileva, al riguardo, la ricorrente che, se cosi’ fosse stato, questa Corte “non avrebbe disposto il rinvio, ma avrebbe deciso nel merito la causa, in quanto l’accertamento della mancata prova del danno sarebbe stato piu’ che sufficiente perche’ la Suprema Corte pronunciasse, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., il rigetto della domanda senza un inutile rinvio alla Corte di Bari”.
In realta’, se il giudice del rinvio avesse ricostruito il motivo di ricorso per cassazione della societa’ (OMISSIS), come emergente dalla parte dedicata allo “svolgimento del processo” contenuta nella sentenza rescindente pronunciata da questa Corte, avrebbe constatato che le sentenze di merito non furono mai dalla predetta societa’ censurate perche’ “avevano ritenuto provata l’esistenza del danno”, bensi’ solo per avere la (OMISSIS) “tardivamente quantificato il danno”, ed inoltre per non aver richiesto “alcuna prova in ordine alla sua entita’”, cio’ che “precludeva la sua liquidazione in via equitativa”.
Posto, dunque, che l’esistenza del danno non sarebbe mai stata contestata dalla societa’ (OMISSIS), nonche’ considerato, altresi’, che questa Corte – nel rigettare il motivo di ricorso relativo alla mancata decisione in ordine al capo di appello con il quale era stato lamentato il ricorso alla valutazione equitativa del danno – avrebbe rimandato all’affermazione della Corte territoriale secondo cui un danno siffatto deve ritenersi “in re ipsa”, si dovrebbe trarre come conclusione che la questione demandata al giudice del rinvio consisteva nello stabilire se un danno siffatto (di cui e’, appunto, pacifica l’esistenza “in re ipsa”), fosse quantificabile “senza l’ausilio di un consulente”.
Di qui, dunque, l’ipotizzato travisamento del principio di diritto enunciato da questa Corte.
3.2. Con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c.
Si censura, in questo caso, la decisione di porre le spese del grado di appello a carico di essa (OMISSIS), quantunque l’oggetto principale del giudizio – la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto con annessa richiesta di restituzione dell’immobile alla venditrice, nonche’ la domanda riconvenzionale di accertamento del gia’ avvenuto trasferimento della proprieta’ del bene alla societa’ acquirente e di risarcimento del danno dalla medesima subito – abbia visto la totale definitiva soccombenza della societa’ (OMISSIS), come dimostrano i ben quattordici motivi di ricorso per cassazione ritenuti da questa Corte inammissibili.
4. La societa’ (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’ ovvero, in subordine, di infondatezza.
In via preliminare, peraltro, la controricorrente rileva come, nelle more della pubblicazione della sentenza oggi impugnata, questa Corte abbia pronunciato sentenza – la n. 6581 del 14 marzo 2017 – con cui ha dichiarato inammissibile i ricorsi (principale e incidentali) proposti dalle medesime parti avverso la sentenza, definitiva, relativa al “quantum” della pretesa risarcitoria azionata dalla (OMISSIS), e cio’ in ragione proprio dell’intervenuta cassazione della sentenza non definitiva sull'”an”, ad opera della gia’ citata pronuncia rescindente di questa Corte n. 12114 del 17 maggio 2013.
Su tali basi, dunque, e’ ipotizzata l’inammissibilita’ del presente ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.
In ogni caso, si assume l’inammissibilita’ – e, comunque, la non fondatezza – del primo motivo di ricorso, avendo il giudice del rinvio correttamente applicato il principio di diritto enunciato dalla sentenza n. 12114 del 2013 di questa Corte.
Del pari, inammissibile – o infondato – sarebbe pure il secondo motivo di ricorso, giacche’ la (OMISSIS) avrebbe preteso di coltivare con riassunzione la sua temeraria domanda risarcitoria, nonostante la pacifica inesistenza di prove sul danno e a dispetto della rilevata tardivita’ delle istanze istruttorie formulate, per lo spirare dei termini decadenziali di legge.
Al riguardo, il Collegio inoltre rileva che la trattazione del presente ricorso era stata fissata per l’udienza pubblica dell’11 marzo 2020, la quale e’ stata, pero’, rinviata d’ufficio, in forza della legislazione emergenziale di contrasto dell’epidemia da “Covid-19”.
Osserva, altresi’, che, secondo il decreto del Primo Presidente n. 76 del 2020 (che richiama il precedente decreto n. 55 del 2020) una nuova trattazione in pubblica udienza non avrebbe potuto fissarsi se non dopo il 31 luglio 2020. Rileva, pertanto, che la trattazione e’ stata fissata nell’odierna adunanza camerale al fine di assicurare una sollecita trattazione dopo la stasi determinata dalla suddetta emergenza e considera, infine, che in assenza di rilievi formulati dalle parti e dal Pubblico Ministero, sia adducendo l’esistenza del provvedimento del Primo Presidente come giustificativa della rinnovazione della trattazione solo in pubblica udienza, sia adducendo la rimessione da parte della Sesta Sezione – nulla osti alla presente trattazione camerale.
6. E’ intervenuto in giudizio il Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, per chiedere l’accoglimento del primo motivo di ricorso e l’assorbimento del secondo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso sollevata dalla societa’ controricorrente, sul rilievo dell’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza sul “quantum debeatur”, in ragione della reiezione dell’autonomo ricorso per cassazione che ha investito la sentenza definitiva pronunciata dalla Corte di Appello di Bari nello stesso giudizio che vede contrapposte la (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS).
Invero, la sentenza di questa Corte n. 6581 del 14 marzo 2017 si e’ limitata a dichiarare inammissibili i ricorsi allora proposti avverso la sentenza definitiva che quantificava il danno, e cio’ sul rilievo che “la cassazione della sentenza non definitiva sull’an, intervenuta nelle more del giudizio di legittimita’ instaurato sul quantum”, determina, a sensi dell’articolo 336 c.p.c., comma 2, l’automatica caducazione del provvedimento definitivo, alla quale consegue non la cessazione della materia del contendere, ma l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione proposto contro la decisione sul quantum”. Orbene, siffatta “ratio”, esclusivamente processuale, conferma che per effetto di tale pronuncia – che ha preso atto dell’avvenuta cassazione solo “in parte qua” della pronuncia relativa all’an debeatur” – non risulta essersi formato al riguardo alcun giudicato che precluda l’esame dell’odierno ricorso.
9. Cio’ detto, il ricorso va accolto solo in relazione al suo secondo motivo.
9.1. Il primo motivo, infatti, non e’ fondato.
9.1.1. La sentenza rescindente di questa Corte, dalla quale ha tratto origine il giudizio di rinvio all’esito del quale e’ stata pronunciata la sentenza rescissoria oggi impugnata, ha affermato che il giudice di merito aveva “accertato che la (OMISSIS) non aveva provato l’esistenza del danno”, evenienza che “avrebbe dovuto indurlo a rigettare la domanda stessa invece di disporre un supplemento di consulenza”, soggiungendo che come “il potere di liquidazione equitativa non e’ finalizzato a sopperire al deficit di prova circa l’esistenza del danno, come esattamente afferma la Corte di Appello, nemmeno puo’ ritenersi finalizzata a sopperire al menzionato deficit la consulenza tecnica”.
In altri termini, l’esclusione della possibilita’ di ricorso alla consulenza e’ stata motivata sul rilievo che, cosi’ come la liquidazione equitativa e’ preclusa in assenza di preventiva prova del danno, tale situazione di “deficit” probatorio non puo’ essere “supplita” neppure attraverso le attivita’ di cui all’articolo 194 c.p.c.
A fronte, dunque, di tali affermazioni, tradottesi nell’enunciazione di un vero e proprio principio di diritto, il giudice del rinvio non poteva trarre altra conseguenza che quella del rigetto della domanda risarcitoria, donde l’infondatezza dell’odierna censura che postula la violazione dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, (oltre ad omesso esame di atti decisivi del giudizio).
Ne’, d’altra parte, in senso contrario a tale esito potrebbe addursi il rilievo – svolto dalla ricorrente – secondo cui, ritenuta insussistente la prova dell’esistenza del danno, la Corte avrebbe dovuto decidere nel merito, rigettando la domanda stessa, giacche’ l’articolo 384 c.p.c., comma 2, da’ facolta’ (ma non obbliga) la stessa a decidere nel merito, subordinando tale evenienza alla condizione “che non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto”, formula che, nella sua ampiezza, deve ritenersi riferita all’intero “thema decidendum”, neppure esclusa la regolamentazione delle spese di lite, adempimento che non sempre questa Corte (anche per l’assenza del fascicolo d’ufficio) ha la possibilita’ di poter espletare. Sicche’ la scelta implicita di non decidere sul punto, fatta in allora da questa Corte, puo’ aver trovato giustificazione anche solo in questa eventualita’.
9.2. Il secondo motivo di ricorso e’, invece, fondato.
9.2.1. La conclusione del giudizio di rinvio, consistito nel rigetto della domanda di risarcimento dei danni avanzata dalla (OMISSIS), non muta di segno l’esito complessivo del giudizio di appello celebrato prima che questa Corte adottasse la gia’ ricordata sentenza rescindente n. 12114 del 2013. In sede di gravame, infatti, l’odierna ricorrente ha visto confermata respinti, sul punto sia i motivi di appello allora formulati dalla societa’ “La (OMISSIS)”, nonche’, in sede di legittimita’, quattordici dei quindici motivi di ricorso per cassazione – la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto con annessa richiesta di restituzione dell’immobile alla venditrice, nonche’ la domanda riconvenzionale di accertamento del gia’ avvenuto trasferimento della proprieta’ del bene alla societa’ acquirente.
Questo dato e’ stato obliterato dal giudice del rinvio, nel porre integralmente a carico della (OMISSIS) le spese dell’appello, disattendo il principio della cd. “causalita’ della lite”, violando cosi’ gli articoli 91 e 92 c.p.c.
Giova, infatti, rammentare, sul punto, che la “regolazione delle spese di lite puo’ avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (articolo 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalita’ degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (articolo 92 c.p.c., comma 2); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralita’ di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorche’ quest’ultima sia stata articolati in piu’ capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni” (che e’, appunto, l’ipotesi che viene in rilevo nel caso in esame), “quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialita’ abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento” (Cass. Sez. 3, sent. 22 febbraio 2016, n. 3438, Rv. 638888-01).
9.3. In accoglimento del secondo motivo di ricorso, e decidendo nel merito, non occorrendo, invero, ulteriori accertamenti, questa Corte – nel provvedere sulle spese del giudizio di appello e su quelle dello stesso giudizio di rinvio rileva, innanzitutto, che il rigetto del presente ricorso, quanto al profilo relativa al cd. “an” della pretesa risarcitoria della (OMISSIS), comporta il venir meno (per le ragioni sopra illustrate, nel vagliare l’ammissibilita’ del presente ricorso) della pronuncia relativa al “quantum”.
Nell’adottare la presente statuizione sulle spese, dunque, questa Corte non puo’ prescindere dalla constatazione che tale pronuncia si presenta come regolativa – in ordine a tale aspetto – dell’intera controversia tra le parti, controversia in relazione alle quali sussiste una condizione di reciproca soccombenza, tale da giustificare l’integrale compensazione delle spese del giudizio di appello e di quello di rinvio.
10. Quanto, invece, alle spese del presente giudizio di legittimita’, la peculiarita’ del caso sottoposto al vaglio di questa Corte costituisce giusto motivo di compensazione integrale, ex articolo 92 c.p.c., nel suo testo originario, applicabile “ratione temporis”, visto che il giudizio di primo grado risulta incardinato con citazione notificata addirittura il 26 ottobre 1990.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo motivo, cassando, per l’effetto, la sentenza impugnata, e decidendo nel merito compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di appello, nonche’ del giudizio di rinvio, oltre a quelle del presente giudizio.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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