Consiglio di Stato, Sentenza|15 aprile 2021| n. 3120.
La regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici – tra cui la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione – e tale ponderazione spetta in via primaria al Legislatore ordinario, il quale possiede in materia un’ampia discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli. Il rifiuto del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, previsto quale conseguenza automatico dell’aver riportato determinate condanne penali, non costituisce esso stesso sanzione penale.
Sentenza|15 aprile 2021| n. 3120
Data udienza 18 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Immigrazione – Permesso di soggiorno – Reati ostativi – Diniego – Bilanciamento dei valori costituzionali – Indici di pericolosità tale da imporre il rifiuto del permesso di soggiornare sul territorio nazionale – Dlgs 25 luglio 1998, n. 286, articolo 4
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6092 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avvocato Cl. Fa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Questura di Verona, in persona del Questore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente un diniego del rinnovo del permesso di soggiorno;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Verona;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 marzo 2021, svoltasi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 1, d.l. 28 ottobre 2020, n. 37, il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli Avvocati come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso al TAR per il Veneto n.r.g. -OMISSIS-, l’odierno appellante ha impugnato il decreto del Questore di Verona del 4 marzo 2020 di diniego del permesso di soggiorno.
2.- Il provvedimento era fondato sull’esistenza di condanna emessa dal Tribunale di Verona in data 10.6.2019 n. -OMISSIS- alla pena di -OMISSIS- per reato contro la libertà sessuale ex 609 bis c.p..
3.-Con la sentenza in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso rilevando la natura ostativa del reato commesso ai sensi dell’art. 4, comma 3, D.lgs. n. 286/1998 ( T.U.I.), a prescindere dalla non definitività della sentenza, e valutata l’assenza di legami familiari sul territorio nazionale; ha, quindi, condannato il ricorrente alle spese di giudizio.
4.- Con l’appello in esame, l’appellante deduce l’erroneità e ingiustizia della sentenza, di cui chiede la riforma.
5.- Resistono in giudizio le Amministrazioni intimate.
6.- Alla pubblica udienza del 18 marzo 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- L’appello è infondato.
2.- Preliminarmente, va respinta l’istanza di rinvio, avanzata dall’appellante in data 23.2.2021, in attesa della definizione del giudizio di appello avverso la sentenza del giudice penale, stante l’irrilevanza del carattere definitivo della condanna penale ai fini del presente giudizio.
3.- L’appellante lamenta, col primo motivo, l’omesso esame specifico della sua concreta pericolosità attuale.
Il rifiuto basato su un’unica condanna sarebbe da giudicarsi insufficientemente motivato sulla base di una indimostrata prognosi negativa e come tale illegittimo, dovendosi affermare che la disposizione ex art. 5 c.5 T.U. 286/98 “escludendo qualunque presunzione assoluta di pericolosità sociale del singolo”, rivesta funzione di garanzia.
Il ricorrente deduce di abitare in Italia da moltissimi anni, che negli anni successivi al reato ha svolto continuativamente regolare attività lavorativa, cercando di migliorare la propria condizione sul territorio italiano, che lavora regolarmente ed il reddito percepito è più che adeguato.
Rappresenta come non abbia ormai più legami significativi con il proprio paese di origine.
Afferma che l’unico precedente penale posto in essere, visto anche il capo di imputazione, (risalente all’-OMISSIS-, episodico e legato ad un mero tentativo di approccio non particolarmente invasivo, tanto da aver beneficiato di una pena esigua, della sospensione condizionale della pena e della diminuente speciale ex art. 609 – bis cpv. c.p.) può essere dipeso anche ad un possibile fraintendimento delle parti coinvolte.
3.1.- Col secondo motivo, l’appellante deduce l’illogicità e assenza della motivazione, il travisamento dei fatti, lo sviamento dalla causa tipica.
La sentenza applicherebbe immotivatamente l’automatismo espulsivo, senza dare alcun tipo di rilevanza alla circostanza che il ricorrente non si è più reso responsabile di ulteriori illeciti, è presente sul territorio italiano da moltissimo tempo e risulta essersi pienamente integrato.
4.-Ritiene il Collegio che sia legittimo il diniego del permesso di soggiorno fondato sulla causa ostativa della intervenuta condanna anche non definitiva per reati attinenti alla libertà sessuale, che ai sensi dell’art. 4, comma 3, del T.U.I. determina automaticamente il diniego, a prescindere da ogni altra circostanza e valutazione circa la pericolosità sociale del soggetto richiedente.
A fronte del chiaro dettato normativo, neppure rileva il carattere episodico del fatto commesso, il tempo della commissione del reato, la maggiore o minore gravità del comportamento, l’intervenuta sospensione condizionale della pena e la stabile situazione lavorativa del richiedente.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Sezione, la condanna per reato nelle materie espressamente indicate dal legislatore (per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite) tra cui è ricompreso dunque il reato ex art. 609 bis c.p., è, in mancanza (come nel caso in esame) di legami familiari che impongano la valutazione discrezionale comparativa di cui all’art. 5, comma 5, ultimo periodo, del d.lgs. 286/1998, ostativa al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno ordinario (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, sez. III, 04/05/2018, n. 2664; n. 5503/2017; n. 3869/2017), secondo un automatismo preclusivo indenne da rilievi di costituzionalità (cfr. Cons. Stato, III, n. 3760/2017; n. 2592/2017; n. 1709/2016 – che richiamano Corte Cost., n. 172/2012 e n. 227/2014, nonché n. 45/2017-ord.).
La gravità dei reati cd. ostativi e il grave disvalore che il legislatore attribuisce agli stessi “a monte”, ai fini della tutela della sicurezza pubblica, implica che le relative condanne dell’extracomunitario siano ostative all’accoglimento dell’istanza di rilascio del permesso di soggiorno, senza che rilevi la concessione della sospensione condizionale della pena, che non fa venire meno la commissione del reato, così come l’estinzione del reato o della pena (Consiglio di Stato sez. III, 06/12/2019, n.8343).
L’Amministrazione, pertanto, nel caso concreto, non era tenuta ad effettuare alcuna valutazione attuale della pericolosità dell’istante, né a tenere conto della durata della permanenza in Italia e del suo inserimento lavorativo, né ad effettuare alcun bilanciamento di interessi, in assenza della dichiarazione di legami familiari nel territorio italiano.
5.- In conclusione, l’appello va respinto.
6.- Le spese di entrambi i gradi di giudizio si compensano tra le parti, considerata la peculiarità della vicenda.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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