Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 14 aprile 2020, n. 12050.
Massima estrapolata:
La radicale differenza del materiale conoscitivo acquisito nel procedimento penale, rispetto a quello valutato dalla commissione tributaria, consente al giudice di escludere la rilevanza delle prove rese dalla commissione.
Sentenza 14 aprile 2020, n. 12050
Data udienza 19 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Reati tributari – Materiale conoscitivo acquisito nel procedimento penale – Radicale differenza con quello valutato dalla commissione tributaria – Prove rese dalla commissione – Rilevanza – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NICOLA Vito – Presidente
Dott. RAMACCI Luca – Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 02/10/2019 del Tribunale della liberta’ di Vicenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Barberini Roberta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) del foro di Vicenza, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale della liberta’ di Vicenza rigettava l’appello cautelare proposto nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di revoca di sequestro preventivo emessa in data 12/08/2019 dal G.i.p. del Tribunale di Vicenza, fino alla concorrenza di 3.907.537,28 Euro, corrispondente all’iva non applicata alle vendite effettuate, al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 3 commessi negli anni fiscali (OMISSIS).
Secondo l’ipotesi accusatoria, la (OMISSIS), nella veste di amministratore della (OMISSIS) srl, avrebbe effettuato cessioni di beni per oltre diciotto milioni di Euro nei confronti delle societa’ (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, senza esposizione di iva, mediante la falsa attestazione dello status di esportatore abituale degli acquirenti. In particolare, la (OMISSIS) srl avrebbe indicato fraudolentemente nelle dichiarazioni IVA (OMISSIS) operazioni commerciali imponibili per importi di gran lunga inferiori al reale volume d’affari, realizzando cosi’ un’evasione di imposta dell’importo di 3.907.537,28 Euro, in quanto, avendo la societa’ gestita dall’indagata omesso di dichiarazione la reale IVA a debito risultante dalla considerazione come imponibili di fatture viceversa emesse come non imponibili, ha esposto crediti IVA inesistenti dei quali ha ottenuto il rimborso.
2. Avverso l’indicata ordinanza, l’indagata, per mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a un unico articolato motivo con cui deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 12-bis, 13 e 13-bis. Dopo aver ricapitolato i fatti oggetto di contestazione, assume la ricorrente che, il Tribunale cautelare avrebbe errato nel ravvisare la sussistenza del profitto dei contestati reati tributari, nonostante, per un verso, l’archiviazione da parte dell’Agenzia delle Entrare di Vicenza di alcune annualita’, e, per altro verso, l’intervenuto integrale annullamento della pretesa fiscale da parte della Commissione Provinciale Tributaria di Vicenza nei confronti dalla societa’ (OMISSIS), amministrata dalla (OMISSIS) con riferimento agli avvisi di accertamento per gli anni (OMISSIS); aggiunge la ricorrente che, con nota del 30 settembre 2019 l’Agenzia delle Entrate della direzione provinciale di Vicenza ha emesso provvedimento di sgravio relativo a tutti i carichi iscritti a ruolo, tra cui, ai fini che qui rilevano, le annualita’ (OMISSIS). Di conseguenza, ad avviso della ricorrente, non e’ possibile mantenere il sequestro funzionale alla confisca, in mancanza di una pretesa fiscale attuale, come affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ puntualmente indicata nel ricorso. Sarebbe percio’ violato il disposto del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis perche’ si e’ confermato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, in assenza di un profitto da sottoporre a vincolo reale a causa dell’integrale archiviazione/annullamento della pretesa tributaria.
Sotto altro profilo, si lamenta anche la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 13 e 13-bis secondo cui la riduzione della pretesa impositiva, in accordo con l’Amministrazione finanziaria, si ripercuote sulla determinazione del profitto del reato sequestrabile, cio’ che escluderebbe un’autonomina valutativa, sul punto, in sede penale. Se, quindi, l’accordo tra le parti di parziale annullamento del tributo e’ idoneo a escludere il sequestro, cio’ vale, a fortiori, nel caso in cui, come nella specie, l’archiviazione avvenga su iniziativa dell’Ente impositore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
2. Va rilevato che, con ordinanza di questa Corte di legittimita’ del 20/11/2019, dep. il 13/02/2020, e’ stato rigettato il ricorso promosso dalla (OMISSIS) contro l’ordinanza del Tribunale della liberta’ di Vicenza, che aveva respinto la richiesta di riesame proposta avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 3 commessi negli anni fiscali (OMISSIS), fino alla concorrenza di 3.907.537,28 Euro, corrispondente all’iva non applicata alle vendite effettuate.
Gia’ in quella sede, la ricorrente, con il primo motivo di ricorso, aveva dedotto la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 per l’insussistenza della pretesa tributaria, in quanto, per un verso, l’agenzia delle entrate, aveva autonomamente archiviato le ipotesi di illecito ad oggetto le vendite effettuate nei confronti della societa’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e, per altro verso, la commissione tributaria provinciale di Vicenza, aveva annullato gli avvisi di accertamento in relazione agli anni di imposta (OMISSIS).
3. Cio’ posto, la prospettazione difensiva, secondo cui non sarebbe ipotizzabile il profitto dei reati in relazione ai quali e’ indagata la (OMISSIS), stante l’archiviazione e l’annullamento della pretesa tributaria per le annualita’ di imposta che qui rilevano da parte dell’amministrazione finanziaria in un caso, della commissione provinciale tributaria nell’altro, e’ stata rigettata dal Tribunale cautelare con motivazione giuridicamente corretta.
4. In primo luogo si osserva che non e’ pertinente il richiamo al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis evocato dalla ricorrente, il quale dispone che “la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”.
Invero, nel caso di specie la societa’ amministrata dalla ricorrente non si e’ impegnata a versare alcunche’, perche’ evidentemente vuole giovarsi degli esiti, per lei favorevoli, ottenuti in sede tributaria.
5. La questione, allora, risiede in cio’: se e in che modo il giudice penale sia vincolato, rispetto all’an dell’imposta che si assume evasa, dagli accertamenti compiuti dall’Amministrazione finanziaria e dal giudice tributario.
Va, a tal proposito, ricordato che in materia di reati tributari, spetta esclusivamente al giudice penale il compito di determinare l’ammontare dell’imposta evasa, da intendersi come l’intera imposta dovuta e non versata, suscettibile dapprima di sequestro e, poi, di confisca, in base a una verifica che puo’ venire a sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dal giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria (Sez. 3, n. 50157 del 27/09/2018 – dep. 07/11/2018, Fiusco, Rv. 275439; Sez. 3, n. 36396 del 18/05/2011 – dep. 07/10/2011, Mariutti, Rv. 251280).
6. Coerentemente con quest’impostazione, si e’ percio’ affermato, ad esempio, che ai fini della configurabilita’ del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva, e’ rimesso al giudice penale il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d’esercizio detraibili, mediante una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento fiscale, puo’ sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario (Sez. 3, n. 38684 del 04/06/2014 – dep. 23/09/2014, Agresti, Rv. 260389).
7. In altri termini, proprio perche’ il procedimento penale e l’ordinamento fiscale sono regolati da una disciplina autonoma e differente, specie in relazione alla raccolta e alla valutazione degli elementi di prova (si pensi, ad esempio, alle presunzioni tributarie), cio’ che rispecchia la diversa finalita’ dai medesimi perseguiti, il giudice penale non e’ vincolato, nell’accertamento dell’imposta che si assume evasa, dalle determinazioni assunte dall’amministrazione finanziaria e dal giudice tributario.
Cio’ vale, in particolare, quando la piattaforma probatoria acquisita nel procedimento penale sia diversa dagli elementi valutati in sede tributaria.
8. Nel caso di specie, il g.i.p. prima, il Tribunale cautelare poi hanno fatto corretta applicazione dei principi ora evocati, avendo adeguatamente spiegato l’irrilevanza degli esiti dei procedimenti in sede di giustizia amministrativa nel presente procedimento penale valorizzando proprio la diversita’ del materiale probatorio assunto in sede penale.
In particolare, i rilievi mossi in sede penale alla (OMISSIS) si fondano sugli esiti della codice navale r. datata 17 dicembre 2018, la quale non era affatto conosciuta ne’ dall’Agenzia della entrate, ne’ dalla Commissione tributaria, che ha disposto l’annullamento degli avvisi di accertamento su un appartato conoscitivo risalente nel tempo, essendo ancorato al processo verbale di contestazione del novembre 2016 risultato essere lacunoso.
Invero, a seguito della codice navale r. redatta dall’agenzia delle dogane il 29 novembre 2016 fu aperto a carico dell’indagata il procedimento penale n. 833/88/16 ipotizzando il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 e solo tale materiale e’ stato oggetto di valutazione in sede tributaria.
Viceversa, a seguito di richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero in data 12 giugno 2017, il G.i.p. del Tribunale di Vicenza, con ordinanza del 07/12/2017 emessa ai sensi dell’articolo 409 c.p.p., comma 5, ordino’ lo svolgimento di indagine coatte, affidate alla G.d.F. di Vicenza e compendiate nella codice navale r. del 17 dicembre 2018, il cui esito porto’ all’apertura del presente procedimento in relazione alla violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 3.
9. Orbene, proprio la radicale differenza del materiale conoscitivo acquisito nel presente procedimento, rispetto a quello valutato in sede tributaria, e’ stata correttamente valorizzata dal Tribunale cautelare per escludere, in questa sede, la rilevanza delle pronunce rese dalla Commissione Tributaria.
10. Di fronte a tale ratio decidendi, il ricorso risulta generico, perche’ non spiega in che modo la motivazione dei provvedimenti favorevoli ottenuti nelle competenti sedi tributarie sia in grado di contrastare, disarticolandolo, il ragionamento probatorio posto alla base del provvedimento cautelare reale.
11. Per i motivi indicati, il ricorso deve percio’ essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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