Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 10 agosto 2020, n. 4981.
La massima estrapolata:
La presentazione della domanda di condono comporta l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse delle impugnazioni proposte avverso l’ordine di demolizione, venendo meno l’interesse a contestare i pregressi provvedimenti repressivi, in quanto il sopraggiunto provvedimento di diniego del condono comporta il dovere per il Comune di emettere una nuova ordinanza di demolizione con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi.
Sentenza 10 agosto 2020, n. 4981
Data udienza 14 luglio 2020
Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Sanzioni – Ordine di sospensione, demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Impugnazione – Rigetto – Appello – Improcedibilità dei ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse – Presentazione istanza di accertamento di conformità – Art. 36, D.P.R. n. 380/2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui seguenti ricorsi:
I) numero di registro generale 5468 del 2011, proposto da
D’E. Pi., rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Si., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via (…), presso lo studio dell’avvocato Fa. Mo.
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Se. ed An. Ca., elettivamente domiciliato in Roma, alla Piazza (…), presso lo studio dell’avvocato Le. Fi.
II) numero di registro generale 5469 del 2011, proposto da
D’E. Pi., rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Si., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via (…) presso lo studio dell’avvocato Fa. Mo.
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Se. ed An. Ca., elettivamente domiciliato in Roma, alla Piazza (…), presso lo studio dell’avvocato Le. Fi.
III) numero di registro generale 5470 del 2011, proposto da
D’E. Pi., rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Si., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via (…) presso lo studio dell’avvocato Fa. Mo.
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Se. ed An. Ca., elettivamente domiciliato in Roma, alla Piazza (…), presso lo studio dell’avvocato Le. Fi.
per la riforma
I) quanto al ricorso n. 5468 del 2011:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione staccata di Salerno n. 13089 del 3 dicembre 2010, resa tra le parti;
II) quanto al ricorso n. 5469 del 2011:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione staccata di Salerno n. 13090 del 3 dicembre 2010, resa tra le parti;
III) quanto al ricorso n. 5470 del 2011:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione staccata di Salerno n. 13091 del 3 dicembre 2010, resa tra le parti
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 luglio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27), il Cons. Roberto Politi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
1. Espone l’appellante, sig. D’E., che il Comune di (omissis), con ordinanza n. 22/97, ebbe a contestare la realizzazione di un manufatto, sito alla Via (omissis) già oggetto di richiesta di condono edilizio ex lege 724 del 1994, presentata in data 1° marzo 1995.
2. Nel soggiungere come tale ordinanza sia stata impugnata dinanzi alla Sezione staccata di Salerno del T.A.R. della Campania, con ricorso N.R.G. 958 del 1997, rappresenta la parte che l’Amministrazione appellata ha, successivamente, emanato due ulteriori ordinanze:
– la prima (n. 395 del 1997), impugnata con il ricorso N.R.G. 3137 del 1997;
– la seconda (n. 229 del 27 aprile 1998, recante ordine di sospensione dei lavori e riduzione in pristino), avversata con ricorso N.R.G. 3184 del 1998 (definito con sentenza n. 13089 del 3 dicembre 2010, oggetto del primo dei giudizi d’appello precedentemente indicati).
2. Le censure proposte avverso la pronunzia da ultimo citata (ricorso N.R.G. 5468 del 2011) sono così sintetizzabili:
2.1) Error in judicando. Erroneità, carenza e contraddittorietà della motivazione. Violazione dell’art. 111 della Costituzione. Violazione dell’art. 39 della legge 724 del 1994, anche in relazione agli artt. 38 e seguenti della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Violazione del principio dell’impossibilità di adottare provvedimenti sanzionatori in pendenza dell’istanza di condono edilizio.
Avrebbe errato il Tribunale nel non sospendere, in pendenza di domanda di sanatoria, l’esecuzione dei provvedimenti ripristinatori anteriormente adottati.
2.2) Error in judicando. Manifesta omessa valutazione degli atti di causa. Erronea motivazione su elementi decisivi della controversia. Motivazione erronea. Violazione dell’art. 111 della Costituzione. Violazione degli artt. 35, 64 e 74 c.p.a.
Nella pronunzia gravata sarebbe stata omessa ogni valutazione in ordine alla documentazione dal ricorrente di prime cure depositata in atti del giudizio (relativa alla presentazione di istanze di condono ai sensi della legge 326 del 2003, riferite alle medesime opere oggetto del provvedimento impugnato).
2.3) Error in judicando. Erroneità e carenza della motivazione. Violazione dell’art. 111 della Costituzione. Violazione degli artt. 64 e 70 c.p.a.
Viene, inoltre, lamentata la mancata riunione del giudizio di che trattasi con quelli relativi ai ricorsi NN.R.G. 3137 e 958 del 1997, soggettivamente ed oggettivamente connessi con il primo.
2.4) Violazione dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni ed integrazioni, in relazione all’art. 38 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Violazione degli artt. 4 e 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 in relazione all’art. 38 della stessa legge. Violazione della normativa urbanistica vigente. Violazione del procedimento. Violazione dell’art. 97 della Costituzione e degli artt. 7, 8, 10 della legge 241 del 1990. Violazione dei principi di legalità e di tipicità degli atti amministrativi. Eccesso di potere (sviamento per esercizio del potere sanzionatorio in luogo di quello autorizzatorio; difetto dei presupposti di fatto e di diritto; carenza di potere).
Nell’osservare come l’art. 38 della legge 47/1985 stabilisca che, in presenza di domanda di condono, sia sospeso l’esercizio del potere sanzionatorio, rileva parte appellante che l’Amministrazione in prime cure resistente avrebbe violato tale principio, procedendo all’irrogazione di misura ripristinatoria anche in pendenza della richiesta dal sig. D’El. come sopra presentata.
2.5) Violazione delle norme in materia di controllo urbanistico-edilizio. Eccesso di potere (difetto di istruttoria e di motivazione; perplessità ; confusione; sviamento; iniquità ).
L’Amministrazione procedente avrebbe confuso le opere di cui agli accertamenti di gennaio e maggio 1997, con quelle oggetto di accertamento nei mesi di agosto ed ottobre dello stesso anno.
2.6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 47 del 1985. Eccesso di potere (errore sui presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria e di motivazione)
Le opere oggetto di contestazione riguarderebbero un preesistente manufatto ed avrebbero natura e funzione accessoria.
L’errata valutazione degli interventi eseguiti, avrebbe condotto ad una illegittima applicazione del potere sanzionatorio di cui all’art. 7 della legge 47 del 1985.
2.7) Violazione dell’art. 7 della legge 47 del 1985. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione). Sviamento. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge 241 del 1990, in relazione all’art. 7 della legge 47 del 1985. Eccesso di potere (difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento; sproporzione; iniquità ).
Non sarebbe stata, nell’ordine ripristinatorio avversato, esattamente identificata la consistenza del bene e della relativa area di sedime; ulteriormente denunciandosi che l’acquisizione del bene sia possibile soltanto in presenza di nuovi interventi edilizi, e non a fronte di opere riguardanti preesistenti fabbricati (con riferimento, peraltro, alle opere effettivamente abusive).
2.8) Eccesso di potere (genericità ; difetto di motivazione; sviamento).
Il generico richiamo al vigente Regolamento edilizio, contenuto nell’atto, sarebbe insufficiente in mancanza della puntuale indicazione delle norme asseritamente violate.
2.9) Violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge 241 del 1990. Violazione del giusto procedimento. Eccesso di potere.
Non sarebbe stata, poi, consentita la partecipazione in ambito endoprocedimentale.
2.10) Eccesso di potere per difetto di interesse pubblico alla sanzione. Sviamento.
Sarebbe, inoltre, mancata ogni indicazione sull’interesse pubblico ai fini dell’applicazione dell’irrogata sanzione ripristinatoria.
2.11) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge 47 del 1985. Eccesso di potere (difetto dei presupposti e di motivazione; violazione del giusto procedimento, mancanza di interesse pubblico, illogicità ). Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge 241 del 1990.
Viene lamentata l’assenza di elementi giustificativi la sospensione dei lavori, attesa l’ultimazione delle opere.
2.12) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria e di motivazione.
La disposizione di cui in rubrica sarebbe stata impropriamente evocata dall’Autorità emanante, atteso che l’opera non ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico.
3. Con successivo appello, iscritto al R.G. di questo Consiglio con il n. 5469 del 2011, il sig. D’El. ha gravato la sentenza del T.A.R. Salerno n. 13090 del 2011, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso l’ordinanza n. 395 del 1997, recante ordine di sospensione, demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per le opere dall’interessato come sopra poste in essere alla Via (omissis).
Con l’appello anzidetto, la parte ha sottoposto all’attenzione del Collegio le medesime doglianze articolate con il mezzo di tutela precedentemente proposto, come sopra sintetizzate ai nn. 2.1) – 2.12).
È stato, inoltre, introdotto il seguente, ulteriore motivo di censura:
Incompetenza. Violazione dell’art. 51 della legge 142 del 1990, come modificato dall’art. 6, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Eccesso di potere per contraddittorietà interna, confusione, illogicità . Violazione degli artt. 13 e 22 della legge 47 del 1985. Sviamento;
assumendosi che la gravata ordinanza sia stata adottata da organo privo di competenza (Sindaco, in luogo del dirigente comunale).
4. Il terzo degli appelli indicato in epigrafe (N.R.G. 5470 del 2011) è rivolto avverso la sentenza del T.A.R. Salerno n. 13091 del 2011, recante reiezione del ricorso dall’interessato proposto con riferimento all’ordinanza del Comune di (omissis) n. 22/97 del 20 gennaio 1997, anch’essa recante ordine di sospensione lavori, demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per le opere poste in essere alla Via (omissis).
Con tale mezzo di tutela, viene sottoposta all’attenzione del Collegio sovrapponibile articolazione di doglianze, rispetto ai motivi dedotti con il precedente ricorso n. 5469 del 2011.
5. Parte appellante ha concluso chiedendo l’accoglimento dei gravami, come sopra proposti; e, in riforma delle sentenze impugnate, dei rispettivi ricorsi di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.
6. In data 11 novembre 2014, l’Amministrazione comunale di Cava dè Tirreni si è costituita in giudizio per tutte e tre le anzidette controversie.
7. In vista della trattazione nel merito del ricorso entrambe le parti hanno svolto difese scritte.
7.1. L’appellato Comune (cfr. memorie per tutti e tre gli anzidetti ricorsi depositate il 12 giugno 2020), ha evidenziato che, ancorché in epoca successiva all’adozione degli atti in prime cure gravati, sono state presentate, a cura del sig. D’El., due nuove domande di condono ai sensi della legge 326 del 2003, “il cui riscontro già preannunciato in termini negativi, indurrà l’ufficio ad emettere una nuova ordinanza di demolizione (oggi non emessa)”: per l’effetto, insistendo per la declaratoria di improcedibilità degli appelli.
Nel merito, la stessa Amministrazione ha, peraltro, contestato la fondatezza delle doglianze articolate dall’appellante, subordinatamente insistendo per il rigetto dei proposti mezzi di tutela.
7.2. Anche parte appellante ha depositato in atti (alla data del 10 giugno 2020), conclusiva memoria per ciascuno dei gravami anzidetti, con la quale, ribadita la presentazione di successive domande di condono, ha – omogeneamente alle richieste come sopra formulate dal Comune – instato per la declaratoria di improcedibilità degli appelli per sopravvenuta carenza di interesse.
8. Questi ultimi vengono trattenuti per la decisione alla pubblica udienza telematica del 14 luglio 2020.
DIRITTO
1. Evidenti ragioni di connessione, rilevanti sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo, consentono di procedere alla riunione – ed all’unitaria trattazione, in ragione dell’omogeneità degli argomenti di doglianza dedotti – degli appelli distinti al R.G. dell’anno 2011 con i nn. 5468, 5469 e 5470.
2. Ciò premesso, si dimostrano accoglibili le richieste, omogeneamente presentate dalle parti, di declaratoria di improcedibilità dei ricorsi, come sopra riuniti, per sopravvenuta carenza di interesse.
Come da questa Sezione rilevato (cfr. sentenza 20 dicembre 2019, n. 8638), a fronte della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, va dichiarato improcedibile il proposto rimedio giurisdizionale per sopravvenuta carenza di interesse, in conformità all’orientamento consolidato di questo Consiglio per cui, una volta presentata tale istanza, “l’interesse del responsabile dell’abuso edilizio si sposta, dall’annullamento del provvedimento sanzionatorio già adottato e divenuto inefficace, all’annullamento del provvedimento di reiezione della domanda di sanatoria e degli eventuali ulteriori provvedimenti sanzionatorii, che il Comune è tenuto ad emanare (con atto che ha natura vincolata, una volta che siasi verificato che non sussistono le condizioni per la sanatoria delle opere abusive) all’esito della attivazione di un nuovo procedimento ripristinatorio, il cui provvedimento conclusivo dovrà tra l’altro assegnare agli interessati un nuovo termine per adempiere”.
Con più recente pronunzia (19 febbraio 2020, n. 1260), la Sezione ha aderito all’orientamento, secondo il quale “la validità ovvero l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultano pregiudicate dalla successiva presentazione di un’istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, posto che nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto”.
Se, quindi:
– “la presentazione della domanda di sanatoria attraverso l’istituto dell’accertamento di conformità determina inevitabilmente un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera astrattamente suscettibile di legittimazione”;
– deve, tuttavia, ritenersi che “l’efficacia dell’atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l’atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza”;
e, all’esito del procedimento di sanatoria:
– “in caso di accoglimento dell’istanza, l’ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione del sopravvenuto venir meno dell’originario carattere abusivo dell’opera realizzata”;
– mentre, “di contro, in caso di suo rigetto, l’ordine di demolizione riacquisterà la sua efficacia”.
3. Questa stessa Sezione, con sentenza 20 dicembre 2019, n. 8637, ha approfondito e sistematizzato la problematica che qui ne occupa.
È stato, in primo luogo, rilevato che, sotto la vigenza dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985, costante giurisprudenza riteneva che la presentazione della domanda di accertamento di conformità, impedisse l’esecuzione dell’ingiunzione, imponendo al Comune il previo esame della domanda di sanatoria, con la necessità, in caso di rigetto della stessa, dell’adozione di una nuova misura demolitoria, con conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso proposto avverso la ordinanza di demolizione o della sua inammissibilità in caso di ricorso proposto dopo la presentazione della domanda di sanatoria (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 12 novembre 2008, n. 5646 e Sez. IV, 12 maggio 2010, n. 2844).
Anche attualmente, l’interpretazione giurisprudenziale è, peraltro, costante nel ritenere che la presentazione della domanda di condono, ai sensi delle leggi speciali di sanatoria (nn. 47 del 1985, 724 del 1994 e 326 del 2003), comporti l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse delle impugnazioni proposte avverso l’ordine di demolizione, venendo meno l’interesse a contestare i pregressi provvedimenti repressivi, in quanto il sopraggiunto provvedimento di diniego del condono comporta il dovere per il Comune di emettere una nuova ordinanza di demolizione con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi (cfr. Cons. Stato: Sez. II, 27 settembre 2019, n. 6464; Sez. IV, 21 ottobre 2013, n. 5090 e 16 settembre 2011, n. 5228; Sez. V, 28 luglio 2014, n. 3990 e 23 giugno 2014, n. 3143).
4. All’applicazione di tali consolidati orientamenti al caso di specie, consegue l’inevitabile rilievo della insussistenza di interesse alcuno alla contestazione dei provvedimenti:
– ordinanza n. 229 del 27 aprile 1998, recante ordine di sospensione dei lavori e riduzione in pristino, impugnata dinanzi al T.A.R. Salerno con ricorso N.R.G. 3184 del 1998 e da questo definito con sentenza n. 13089 del 3 dicembre 2010 (gravata con il primo dei giudizi d’appello precedentemente indicati);
– ordinanza n. 395 del 1997, recante ordine di sospensione, demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per le opere dall’interessato come sopra poste in essere alla Via P. Santoriello, la cui impugnazione è stata definita con sentenza dello stesso giudice, n. 13090 del 2011, avversata con ricorso N.R.G. 5469/2011;
– ordinanza n. 22/97 del 20 gennaio 1997, anch’essa recante ordine di sospensione lavori, demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per le opere poste in essere dal sig. D’El., gravata dinanzi al Tribunale campano e da questo definito con sentenza n. 13091 del 2011, oggetto del terzo degli appelli indicato in epigrafe (N.R.G. 5470 del 2011);
avendo essi perduto efficacia, al momento della presentazione della istanza di accertamento di conformità, o, comunque delle domande di condono ex lege 326 del 2003.
Il procedimento di condono, infatti, anche nella forma limitata consentita dalla legge n. 326 del 2003, ha, comunque, un ambito più ampio di quello previsto per l’accertamento di conformità, che richiede, appunto, la doppia conformità urbanistica dell’opera da sanare, il cui vizio deve essere dunque costituito solo dalla avvenuta realizzazione in mancanza del titolo edilizio.
I presupposti dei due procedimenti di sanatoria – quello di condono edilizio e quello di accertamento di conformità urbanistica – sono non solo diversi ma anche antitetici, atteso che:
– se il condono edilizio comporta il superamento della violazione “sostanziale” costituita dalla realizzazione senza titolo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche;
– l’accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 (e, attualmente, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), comporta solo la sanatoria della violazione “formale” dovuta alla realizzazione dell’opera senza preventivo titolo abilitativo, ma in conformità agli strumenti urbanistici (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2017, n. 2955; Sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6035).
5. Alla accoglibilità, alla stregua delle considerazioni come sopra esposte, della richiesta di parte appellante (omogeneamente formulata anche dalla appellata Amministrazione comunale di Cava dè Tirreni), quanto alla improcedibilità dei ricorsi di prime cure, consegue la riforma delle gravate pronunzie.
Rileva conclusivamente il Collegio la presenza di giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, preliminarmente riuniti i ricorsi in appello NN.R.G. 5468, 5469 e 5470 del 2011, proposti tutti da D’E. Pi. contro il Comune di (omissis), li accoglie e, per l’effetto, dichiara, in riforma della sentenza impugnata, improcedibili i gravami proposti in prime cure dinanzi al T.A.R. della Campania – Sezione staccata di Salerno.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato, con Sede in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 14 luglio 2020, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Roberto Politi – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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