Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|1 marzo 2022| n. 6727.
Posto che la prescrizione presuntiva è fondata sulla presunzione di adempimento dell’obbligazione e implica, per questo, il riconoscimento dell’esistenza del credito, gli unici mezzi idonei a paralizzare l’opposta presunzione di pagamento sono l’ammissione di non avere estinto l’obbligazione, quanto alla posizione del debitore opponente e il deferimento al debitore del giuramento decisorio, quanto a quella del creditore, con l’ulteriore decisivo corollario che l’indagine sul contenuto delle dichiarazione della parte (o del suo comportamento processuale), al fine di stabilire se importino o meno ammissione della non avvenuta estinzione del debito agli effetti dell’articolo 2959 del codice civile, dà luogo ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.
Ordinanza|1 marzo 2022| n. 6727. La prescrizione presuntiva è fondata sulla presunzione di adempimento
Data udienza 14 settembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: ARTI E PROFESSIONI INTELLETTUALI – AVVOCATO – ONORARIO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2006/2017 R.G. proposto da
(OMISSIS), rappresentato e difeso da se’ medesimo ex articolo 86 c.p.c., can domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato difeso dall’Avv. (OMISSIS) del foro di Lecce, con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 1078 depositata il 9 novembre 2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 settembre 2021 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.
La prescrizione presuntiva è fondata sulla presunzione di adempimento
OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO
Ritenuto che:
– il Tribunale di Lecce – Sezione distaccata di Casarano, con sentenza n. 459/2012, rigettava l’opposizione proposta da (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo n. 210/2001 emesso su istanza dell’avv. (OMISSIS), per il pagamento della somma di Lire 5.929.895 a titolo di corrispettivo per le attivita’ stragiudiziali e giudiziali da quest’ultimo compiute in favore dell’opponente e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo opposto, ritenendo infondata l’eccezione di prescrizione ex articolo 2956 c.c. fatta valere dallo (OMISSIS) e rilevando che quest’ultimo non aveva allegato alcun documento idoneo a giustificare la propria pretesa, ne’ fornito alcuna prova testimoniale a sostegno della sua tesi circa l’avvenuto pagamento delle competenze professionali richieste; rigettava, altresi’, la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno per carenza di prove, nonche’ la domanda di responsabilita’ aggravata ex articolo 96 c.p.c., non ravvisando alcun dolo o colpa grave nel comportamento dell’opponente;
– sul gravame interposto da (OMISSIS), la Corte di appello di Lecce, nella resistenza dell’appellato, con sentenza n. 1078/2016, accoglieva integralmente l’appello e per l’effetto revocava il decreto ingiuntivo, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione del credito a norma dell’articolo 2956 c.c.
Nel dettaglio, la Corte distrettuale affermava che l’appellante aveva Ai tempestivamente eccepito tanto l’avvenuto pagamento degli onorari dell’avvocato quanto l’intervenuta prescrizione ex articolo 2956 c.c. del relativo credito, assumendo che detto credito si riferiva alla sola attivita’ professionale riguardante il procedimento di sfratto per finita locazione, terminata antecedentemente al 1991 e ritenendo al contempo che lo svolgimento di una diversa attivita’ stragiudiziale, desunta dalla raccomandata inviata in data 16.05.2000, non poteva ritenersi prova della prosecuzione dell’originario incarico conferito all’appellato. Cio’ posto, il giudice del gravame riteneva altresi’ irrilevante la deposizione testimoniale assunta in primo grado, in cui il collaboratore dell’avvocato appellato dichiarava l’avvenuto riconoscimento del debito da parte del debitore, essendo detto riconoscimento intervenuto a prescrizione gia’ maturata;
– per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Lecce, (OMISSIS) propone ricorso per cassazione fondato su cinque motivi, cui resiste con controricorso (OMISSIS).
Atteso che:
– il primo motivo il ricorrente denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza o del procedimento in relazione agli articoli 112, 115 e 116 c.p.c. per aver il giudice di appello accolto l’eccezione di prescrizione, nonostante l’intervenuta ricognizione del debito. In altri termini, ad avviso del ricorrente il riconoscimento del debito da parte dell’obbligato, dimostrato dalla prova documentale mai contestata dal debitore e dalla dichiarazione testimoniale dell’avv. (OMISSIS) articolata in primo grado, non consentirebbe al debitore di avvalersi dell’eccezione presuntiva, la quale sarebbe pertanto incompatibile con la condotta tenuta dallo (OMISSIS).
Con il terzo motivo – da trattare congiuntamente al primo data la loro stretta connessione argomentativa – il ricorrente lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza o del procedimento in relazione agli articoli 2959 e 2960 c.c., nonche’ in relazione agli articoli 184 e 233 c.p.c. per aver il giudice del gravame accolto l’appello ritenendo che l’unico mezzo per contrastare l’eccezione di prescrizione fosse il giuramento decisorio. Aggiunge il ricorrente di aver chiesto il giuramento decisorio, pertanto nulla avrebbe impedito al giudice di appello di ammetterlo, qualora lo avesse ritenuto necessario.
Infine, con il quinto motivo – che costituisce sostanziale sintesi del primo e del terzo mezzo – il ricorrente denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o la falsa applicazione degli articoli 2956, 2957 e 1988 c.c.
La prescrizione presuntiva è fondata sulla presunzione di adempimento
Il tre motivi nel loro complesso sono manifestamente infondati.
In primo luogo, va osservato che, secondo pacifica giurisprudenza di questa Corte, l’eccezione di prescrizione presuntiva, a norma dell’articolo 2959 c.c., e’ incompatibile con qualsiasi comportamento del debitore che importi, anche implicitamente, l’ammissione in giudizio che l’obbligazione non e’ stata estinta, ricorrendo quest’ultima situazione anche nel caso in cui il debitore neghi l’esistenza del credito oggetto della domanda ovvero eccepisca che il credito non sia sorto (Cass. n. 2977 del 2016; (Cass. n. 23751 del 2018).
Posto quindi che la prescrizione presuntiva e’ fondata sulla presunzione di adempimento dell’obbligazione e implica, per questo, il riconoscimento dell’esistenza del credito, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, gli unici mezzi idonei a paralizzare l’opposta presunzione di pagamento sono l’ammissione di non avere estinto l’obbligazione, quanto alla posizione del debitore opponente e il deferimento al debitore del giuramento decisorio, quanto a quella del creditore, con l’ulteriore decisivo corollario che l’indagine sul contenuto delle dichiarazione della parte (o del suo comportamento processuale), al fine di stabilire se importino o meno ammissione della non avvenuta estinzione del debito agli effetti dell’articolo 2959 c.c., da’ luogo ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimita’, se congruamente motivato (Cass. n. 7800 del 2010; Cass. n. 22118 del 2006; Cass. n. 18631 del 2021).
In altri termini, secondo la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, in tema di prescrizioni presuntive, mentre il debitore eccipiente e’ tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito e puo’ fornire tale prova solo deferendo il giuramento decisorio o avvalendosi dell’ammissione fatta in giudizio dal debitore che l’obbligazione non e’ stata estinta (Cass. n. 17071 del 2021).
Tanto premesso, la Corte distrettuale, nell’ambito dei suoi poteri di apprezzamento dell’effettiva portata della linea difensiva delle parti, ha motivato la scelta operata, rilevando che il debitore non aveva tenuto un comportamento contrastante con la deduzione della prescrizione presuntiva, avendo quest’ultimo eccepito l’avvenuto pagamento delle competenze dell’avvocato per l’attivita’ giudiziale dallo stesso espletata in un procedimento di convalida per finita locazione, non potendo assumere alcun rilievo al riguardo la raccomandata del 16.05.2000 fatta valere dal professionista attestante attivita’ di indagine sulle condizioni economiche della debitrice dello (OMISSIS) – posto che dai documenti prodotti nella fase monitoria, risultava solo l’attivita’ relativa al procedimento di sfratto, terminata antecedentemente all’anno 1991.
D’altra parte, il creditore non ha nemmeno deferito alla controparte giuramento decisorio, unico strumento processuale a sua disposizione per dimostrare, in tale contesto, il buon fondamento del diritto azionato, e non essendo rilevante in tal senso la dichiarazione testimoniale del collaboratore dell’avv. (OMISSIS), articolata in primo grado.
Orbene, la doglianza del ricorrente, nella parte in cui lamenta la mancata ammissione da parte del giudice del giuramento decisorio da lui richiesto, oltre ad essere del tutto generica, non chiarendo nemmeno quando lo stesso avrebbe richiesto siffatto strumento processuale, introduce per la prima volta in sede di legittimita’ una questione nuova, come tale inammissibile. A tal proposito, va ribadito che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratta di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. n. 19164 del 2007; Cass. n. 25319 del 2017; Cass. n. 20712 del 2018);
– con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza o del procedimento in relazione agli articoli 112, 99 e 329 c.p.c. nonche’ agli articoli 1965 e 1976 c.c., per non aver il giudice del gravame dichiarato la cessazione della materia del contendere o quantomeno sospeso la decisione sino alla declaratoria giudiziale di risoluzione dell’accordo transattivo. Difatti, secondo il ricorrente le parti avrebbero espresso la volonta’ di rinunciare al gravame e alle conseguenze dello stesso, manifestando acquiescenza alla sentenza risultante da accettazione espressa.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti in relazione agli articoli 1965 e 1355 c.c. per non aver la Corte di appello ritenuto valida ed efficace la transazione anche alla luce della volonta’ espressa delle parti.
Il secondo e il quarto motivo, che devono essere esaminati congiuntamente data la loro intrinseca connessione, sono inammissibili per genericita’.
Il ricorrente si e’ limitato ad accennare, in modo del tutto generico, all’esistenza e validita’ di tale accordo, riproducendo in modo confuso brevi frammenti dello stesso, senza aver cura di specificare quando e come si sarebbe perfezionato l’accordo, dal momento che il giudice del gravame ha dato atto esclusivamente di un tentativo di accordo non andato a buon fine (v. pag. 3 della sentenza gravata).
Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ stato dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in favore di ciascuna parte controricorrente in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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