Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 5 settembre 2018, n. 39941.
La massima estrapolata:
La persistenza della pericolosità comporta prolungamento della misura di sicurezza, ma non giustifica la conversione in una più grave a meno di condanna per reati commessi durante l’applicazione della prima misura
Sentenza 5 settembre 2018, n. 39941
Data udienza 10 luglio 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARCANO Domenico – Presidente
Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere
Dott. TARDIO Angela – rel. Consigliere
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 29/03/2016 del Tribunale di sorveglianza di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. MURA Antonio, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con ordinanza del 29 marzo 2016, ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) avverso l’ordinanza del 18 gennaio 2016 del Magistrato di sorveglianza di Roma, che aveva aggravato la misura di sicurezza della liberta’ vigilata con la misura della casa di lavoro per la durata di anni tre, ritenendo che la sottoposizione dell’appellante, con ordinanza del 21 maggio 2015 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, a una misura cautelare coercitiva per il reato di omicidio pluriaggravato, commesso il (OMISSIS) in danno di (OMISSIS), fosse dimostrativa di una sua concreta e attuale pericolosita’ sociale, non contenibile con la misura piu’ attenuata gia’ applicata, e non fosse incisa dalle condizioni di salute compromesse del medesimo, ne’ dalla sua eta’, nella cui costanza comunque la condotta delittuosa era stata tenuta.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore avv. (OMISSIS), l’interessato (OMISSIS), denunciando, con unico motivo, la incorsa violazione dell’articolo 680 c.p.p., comma 1, della L. n. 663 del 1986, articolo 31 e degli articoli 216 e 218 c.p. e la contraddittorieta’ della motivazione con riguardo alla sua ritenuta maggiore pericolosita’ in ragione della sua sottoposizione alla custodia cautelare in carcere, che avrebbe dovuto imporre solo la sospensione della misura di sicurezza, peraltro neppure in concreta esecuzione.
3. Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, stante la sua manifesta infondatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento.
2. Questa Corte ha piu’ volte affermato che, in sede di riesame della pericolosita’ sociale, la sostituzione della liberta’ vigilata con la piu’ grave misura dell’assegnazione a una casa di lavoro, puo’ essere disposta -in quanto riconducibile a un’ipotesi di trasgressione di obblighi imposti- a seguito di intervenuta condanna, anche non definitiva, del soggetto, a condizione che tale condanna si riferisca a reati commessi durante la effettiva sottoposizione dello stesso alla liberta’ vigilata (Sez. 1, n. 4117 del 08/11/2013, dep. 2014, Buonocore, Rv. 259022), mentre, in assenza di trasgressione agli obblighi imposti, la persistenza della pericolosita’ accertata in sede di riesame comporta soltanto il prolungamento della misura di sicurezza (Sez. 1, n. 39763 del 13/10/2005, Panico, Rv. 232513), senza che possa qualificarsi trasgressione agli obblighi imposti ne’ lo stato di latitanza, in se’ e per se’ considerato -a meno che non abbia influito direttamente sulla regolare esecuzione della misura-, ne’ l’applicazione di una misura di prevenzione, ne’ un’eventuale condanna sopravvenuta, ove essa si riferisca a reati commessi prima della esecuzione della liberta’ vigilata (Sez. 1, n. 4600 del 16/01/2003, Fontana, Rv. 223313).
A detti principi deve darsi continuita’, poiche’ gli elementi utilizzabili per formulare un giudizio di accresciuta pericolosita’, ai fini della sottoposizione a una misura di sicurezza piu’ grave della liberta’ vigilata, non possono che essere, ai sensi dell’articolo 199 c.p., quelli espressamente previsti dalla legge e, in particolare, quelli di cui all’articolo 231 c.p., equiparandosi la commissione di reati durante l’espiazione della misura alla trasgressione degli obblighi imposti, mentre l’articolo 208 c.p., che regola il riesame della pericolosita’ alla scadenza del termine della misura di sicurezza applicata, non prevede che il giudice possa applicare, in sede di riesame della pericolosita’, una misura piu’ grave di quella gia’ applicata, potendo soltanto disporne un prolungamento qualora risulti che il soggetto, dopo la scadenza del periodo, sia ancora socialmente pericoloso.
3. Di tali principi non si e’ fatta nella specie corretta applicazione.
L’aggravamento della misura di sicurezza della liberta’ vigilata e’ stato, invero, disposto sulla base dell’avvenuta sottoposizione di (OMISSIS) a misura cautelare coercitiva per il delitto di omicidio pluriaggravato, commesso il (OMISSIS), e in ragione della gravita’ del reato, del pericolo di recidiva e della inidoneita’ contenitiva della misura gia’ applicata, senza farsi alcun riferimento all’eventuale trasgressione, da parte del sottoposto, degli obblighi inerenti alla liberta’ vigilata e alla successione del comportamento illecito tenuto alla sua intrapresa concreta esecuzione, che, peraltro esclusa dal ricorrente, non risulta dagli acquisiti certificato penale e posizione giuridica dello stesso.
4. L’ordinanza impugnata, che ha disposto un aggravamento illegittimo, deve essere, pertanto, annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
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