La occupazione usurpativa di un fondo da parte della Pa è compatibile con l’usucapione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18445.

La occupazione usurpativa di un fondo da parte della Pa è compatibile con l’usucapione

La occupazione usurpativa di un fondo da parte della Pa è compatibile con l’usucapione del fondo medesimo da parte dell’ente occupante, in quanto la totale assenza dei presupposti di esercizio del potere ablativo, che connota detta occupazione, lascia intatta la facoltà del proprietario di rivendicare il bene, salvo il limite di diritto comune dell’intervenuta usucapione, senza che assuma rilievo, in senso contrario, la facoltà di acquisizione sanante ex articolo 42-bis del Dpr n. 327 del 2001, essendo l’acquisto postumo del diritto di proprietà logicamente incompatibile con l’intervenuto acquisto retroattivo del medesimo diritto a titolo di usucapione.

Ordinanza|| n. 18445. La occupazione usurpativa di un fondo da parte della Pa è compatibile con l’usucapione

Data udienza 11 maggio 2023

Integrale

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 20195/2018) proposto da:

(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtu’ di procura rilasciata su foglio separato allegato al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), e domiciliata presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, in Roma, Piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso (contenente anche ricorso incidentale), dall’Avv. (OMISSIS), e domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, in Roma, Piazza Cavour;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e

COMUNE DI COSTERNINO, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);

– altro controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 566/2017 (pubblicata in data 24/5/2017);

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’11 maggio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

letta la memoria depositata dalla difesa della ricorrente principale.

La occupazione usurpativa di un fondo da parte della Pa è compatibile con l’usucapione

RITENUTO IN FATTO

1. L’ (OMISSIS) proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi – Sez. dist. di Fasano n. 47/2014, con la quale era stata parzialmente accolta la domanda di acquisto per usucapione ultraventennale, formulata da (OMISSIS), dell’immobile sito in (OMISSIS), facente parte della piu’ ampia particella contraddistinta in Catasto al foglio (OMISSIS), n. (OMISSIS), da cui si era poi distaccata la particella (OMISSIS) (oggetto specifico del possesso vantato dalla citata attrice) e composta da un locale di circa 30 mq realizzato in virtu’ di licenza edilizia intestata alla stessa (OMISSIS) e da un’area scoperta (“cortile”) di circa mq 70, gia’ di proprieta’ della stessa Fondazione appellante.

Con la stessa sentenza, il suddetto Tribunale aveva accolto, per quanto di ragione, anche la domanda di usucapione avanzata, sotto forma di intervento autonomo, dallo stesso Comune di Cisternino. In particolare, con la menzionata sentenza, il giudice adito riteneva fondata la domanda di usucapione della (OMISSIS) relativamente all’acquisto per usucapione della suddetta area scoperta della superficie di mq 70 e ravvisava la fondatezza della separata domanda di usucapione del Comune di Cisternino, con riferimento alla porzione di suolo di mq 30 su cui era stato edificato un ampliamento di un chiosco-bar ivi esistente, contiguo alla indicata area scoperta.

2. Decidendo sul gravame principale interposto dalla convenuta (OMISSIS), nonche’ sui distinti appelli incidentali formulati dalle parti appellate, la Corte di appello di Lecce, con sentenza n. 566/2017 (depositata il 24 maggio 2017), rigettava gli appelli dell’ (OMISSIS) e della (OMISSIS) ed accoglieva, invece, quello del Comune di Cisternino, ravvisando la fondatezza della domanda di acquisto per usucapione, dallo stesso avanzata, anche dell’area scoperta di mq 70 del suolo contraddistinto in catasto al foglio (OMISSIS), ex particella (OMISSIS), sito in (OMISSIS) dello stesso Comune.

A sostegno dell’adottata decisione, la Corte salentina rilevava, innanzitutto, l’infondatezza del motivo dell’appellante principale relativo all’erronea instaurazione del contraddittorio nei suoi confronti, dal momento che era stato evocata in giudizio la stessa (OMISSIS) (e non direttamente il suo legale rappresentante), la quale, peraltro, a seguito della successiva notificazione dell’atto di citazione ordinata ai sensi dell’articolo 292 c.p.c., si era costituita regolarmente senza lamentare alcuna violazione del diritto di difesa. La Corte di appello esaminava, poi, congiuntamente, il secondo motivo dello stesso appello principale e i primi due motivi dell’appello incidentale della (OMISSIS), siccome connessi ed attinenti alla medesima questione, dichiarandone l’infondatezza, siccome gli stessi postulavano una incompatibilita’ tra usucapione a favore della P.A. (nel caso in questione, del Comune di Cisternino) e l’occupazione usurpativa, invece da escludersi alla stregua della prevalente e condivisa giurisprudenza, la quale ammette, per l’appunto, la compatibilita’ tra usucapione a favore dell’ente pubblico e l’occupazione illecita (ovvero conseguente ad un incompiuto procedimento di espropriazione per pubblica utilita’), dovendo, anzi considerarsi l’usucapione una delle possibili cause che pone fine all’illecito permanente dell’occupazione da parte della P.A., la quale puo’ essere avversata da terzi che abbiano un diverso titolo da accampare sul medesimo bene, potendo anche far valere la pretesa di aver usucapito lo stesso nella ricorrenza delle condizioni di cui all’articolo 1158 c.c..

Per il resto, la Corte territoriale rilevata che il citato Comune aveva idoneamente provato di aver posseduto, con i requisiti utili “ad usucapionem”, anche la parte del bene (ovvero l’area scoperta della superficie di mq 70) di cui il giudice di primo grado aveva, invece, dichiarato l’acquisto per usucapione in favore della (OMISSIS).

3. Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, l’ (OMISSIS). Hanno resistito, con distinti controricorsi, (OMISSIS) (che ha formulato anche ricorso incidentale sulla base di un motivo) e il Comune di Cisternino.

La difesa della ricorrente principale ha anche depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

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CONSIDERATO IN DIRITTO

RICORSO PRINCIPALE DELL’ (OMISSIS).

1. Con il primo motivo, detta ricorrente ha denunciato la violazione degli articoli 1158 e 2697 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo che aveva costituito oggetto di discussione tra le parti, avuto riguardo alla prospettata mancata rilevazione, nella fattispecie, del difetto di prova circa la reale sussistenza dei requisiti del possesso utile ad usucapire il bene controverso in capo al Comune di Cisternino.

2. Con la seconda censura, la stessa ricorrente ha dedotto la violazione dell’articolo 1 del protocollo addizionale della Convenzione EDU, nonche’ la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1158 c.c., in relazione all’assunto, fatto proprio con l’impugnata sentenza, della ritenuta compatibilita’ dell’azione amministrativa riconducibile ad un’occupazione usurpativa con la possibilita’ di usucapire un bene (nel caso in esame, specificamente l’area scoperta dedotta in giudizio), traducendosi, invece, tale evenienza in una forma di espropriazione indiretta o larvata.

3. Con la terza doglianza, la ricorrente principale ha prospettato la violazione dell’articolo 97 Cost., con riferimento alla medesima questione dedotta con il precedente motivo.

RICORSO INCIDENTALE di (OMISSIS).

1. Con il suo unico motivo, la citata ricorrente incidentale ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il vizio di motivazione e di valutazione su un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione fra le parti.

In particolare, la (OMISSIS) contesta che la Corte di appello, con la sentenza impugnata, avrebbe fondato la sua decisione, avuto riguardo all’accoglimento dell’appello del Comune di Cisternino, sul presupposto che esisteva (e continuava ad esistere) agli atti un rapporto concessorio, con il quale detto Ente aveva, per l’appunto, concesso in uso ad essa (OMISSIS) una porzione di suolo della c.d. pineta comunale per costruirvi un chiosco-bar, pretermettendo di valutare fatti storici, da considerarsi decisivi, con riferimento al suo addotto possesso riguardante l’annessa area scoperta di circa mq 70 (gia’ di proprieta’ della suddetta (OMISSIS)), non oggetto di concessione da parte del citato Comune, in relazione alla quale la Corte leccese aveva omesso di apprezzare tutte le risultanze probatorie che sarebbero state idonee a comprovare, in capo ad essa (OMISSIS), la sussistenza di un possesso idoneo all’acquisto per usucapione di detta area.

ESAME MOTIVI DEL RICORSO PRINCIPALE.

1. Rileva il collegio che i motivi secondo e terzo di detto ricorso debbano essere esaminati, sul piano della preliminarita’ logico-giuridica, prioritariamente, poiche’ riguardano una comune questione giuridica generale, la cui risoluzione nel senso della possibile fondatezza sarebbe assorbente di qualsiasi altra doglianza.

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La questione giuridica che queste due censure pongono consiste nel seguente quesito:

puo’ considerarsi quale idoneo possesso “ad usucapionem” (di cui la Corte di appello ha, nel caso di specie, constatato – in virtu’ dell’idoneo apprezzamento delle acquisite risultanze probatorie – la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 1158 c.c., in capo al Comune di Cisternino) quello conseguito ed esercitato dalla P.A. per effetto di un’occupazione usurpativa, cioe’ non assistista “a monte” dall’instaurazione di una legittima procedura espropriativa dell’immobile per pubblica utilita’-

La Corte di appello ha, con l’impugnata sentenza, risposto positivamente, aderendo – in base alla valorizzazione delle ragioni addotte a sostegno dell’indirizzo ritenuto preferibile e piu’ convincente – all’orientamento maggioritario della giurisprudenza (amministrativa e di legittimita’), sul presupposto della ravvisata compatibilita’ tra usucapione a favore della P.A. e occupazione usurpativa, ovvero disancorata dall’esercizio dei poteri ablatori o in carenza dei presupposti per esercitarli in funzione della realizzazione di una procedura espropriativa per pubblica utilita’, e cio’ sul presupposto che, verificandosi tale situazione, la P.A. viene a trovarsi in una posizione paritetica con il privato proprietario dell’immobile, il quale – a fronte di un possesso di tal fatta da parte della stessa P.A. – rimane legittimato ad esercitare le azioni di “restitutio in integrum” o di risarcimento danni, contestando la sussistenza delle necessarie condizioni imposte dall’articolo 1158 c.c., per l’acquisto a titolo originario del bene controverso da parte della P.A..

Ritiene il collegio che la sentenza di appello merita di essere confermata, con il conseguente rigetto dei due motivi in discorso.

Infatti, alla stregua del chiaro principio enunciato con la sentenza n. 11147/2012 della I Sez. civ. (peraltro costituente l’unico precedente in termini sulla specifica questione, richiamato anche nella stessa decisione della Corte di appello), si e’, condivisibilmente, ritenuto che l’occupazione usurpativa di un fondo da parte della P.A. e’ compatibile con l’usucapione del fondo medesimo da parte dell’ente occupante, in quanto la totale assenza dei presupposti di esercizio del potere ablativo, che connota detta occupazione, lascia intatta la facolta’ del proprietario di rivendicare il bene, salvo il limite di diritto comune dell’intervenuta usucapione, senza che assuma rilievo, in senso contrario, la facolta’ di acquisizione sanante del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ex articolo 42-bis, essendo l’acquisto postumo del diritto di proprieta’ logicamente incompatibile con l’intervenuto acquisto retroattivo del medesimo diritto a titolo di usucapione.

Si e’, inoltre, aggiunto che, a fronte di una mera condotta della P.A., illecita proprio perche’ avulsa dall’esercizio di poteri espropriativi, l’evocazione dell’articolo 97 Cost. (a cui pone riferimento il terzo motivo) non puo’ considerarsi pertinente, dovendo, nella situazione data, trovare applicazione la disciplina di diritto comune.

L’impianto argomentativo e l’approdo raggiunto dalla richiamata pronuncia risultano giustificati anche in conseguenza dei principi espressi dalle Sezioni unite con la precedente sentenza n. 21575/2011, con cui si e’ riconosciuto, in presenza di un’occupazione usurpativa della P.A. (comunque idonea a fondare un possesso utile “ad usucapionem”), il diritto del proprietario dell’immobile illegittimamente occupato di esercitare l’azione recuperatoria o risarcitoria e, in difetto dell’instaurazione della prima ed in conseguenza del possesso ultraventennale da parte della P.A., legittima, in favore di quest’ultima, la dichiarazione di acquisto per usucapione.

L’appena citata sentenza delle Sezioni unite ha, in particolare, precisato, da un lato, che “non e’ vero che la realizzazione abusiva (al di fuori di una valida procedura ablativa o di imposizione coattiva di una servitu’) di un’opera privata di pubblica utilita’ privi il proprietario del fondo del diritto alla “restituito in integrum” (in piena conformita’, del resto, ai principi affermati dalla CEDU), e, dall’altro, che “l’usucapione fa venir meno l’elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria, consistente nell’illiceita’ della condotta lesiva della situazione giuridica soggettiva dedotta, non solo per il periodo successivo al decorso del termine, ma anche per quello anteriore, in virtu’ della retroattivita’ degli effetti dell’acquisto, stabilita per garantire, alla scadenza del termine necessario, la piena realizzazione dell’interesse all’adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto”.

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2. A questo punto puo’ esaminarsi il primo motivo del ricorso principale.

Esso e’ inammissibile, risolvendosi, in effetti, in una critica agli apprezzamenti di merito compiuti adeguatamente con l’impugnata sentenza in ordine alla valutazione degli elementi probatori considerati idonei a riscontrare il possesso del Comune di Cisternino, secondo la durata e con i requisiti previsti dall’articolo 1158 c.c., per legittimare la dichiarazione di acquisto per usucapione delle due porzioni della controversa particella, rispettivamente della superficie di 30 mq (quella con ivi insistente il chiosco-bar) e di 70 mq (costituente un’area scoperta).

In sostanza, una volta risolta la questione di diritto posta con il secondo e terzo motivo, con la prima censura si tende a sollecitare una rivalutazione di merito dei suddetti esiti probatori, come tale – per l’appunto – inammissibile nella presente sede di legittimita’.

La giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 4035/2007, Cass. n. 11410/2010 e Cass. n. 356/2017) e’, infatti, univoca nell’affermare che, in tema di possesso “ad usucapionem”, non e’ censurabile in sede di legittimita’ – ove congruamente motivato ed immune da vizi giuridici (come verificatosi nella specie) – l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla validita’ degli eventi dedotti dalla parte al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi del possesso idoneo ad usucapire.

ESAME DEL MOTIVO DEL RICORSO INCIDENTALE.

1. Al riguardo va osservato che, poiche’ con l’impugnata sentenza, la Corte leccese ha accolto anche l’appello incidentale del Comune di Cisternino con riferimento alla sua domanda di usucapione (rigettata con la pronuncia di primo grado) relativa all’area scoperta di mq 70 (in relazione alla quale la (OMISSIS) contesta la sussistenza, in favore del citato Ente, delle condizioni stabilite dall’articolo 1158 c.c.), detto motivo rimane superato.

Occorre, infatti, considerare che la Corte di appello – nel ritenere, per l’appunto, fondato, con motivazione adeguata, anche il gravame incidentale di tale Comune – e’ giunto alla conseguente esclusione che si potesse essere configurato un possesso “ad usucapionem” in capo alla (OMISSIS) sulla suddetta area scoperta di mq 70, non omettendo la valutazione di asseriti “fatti storici” decisivi, per come comprovato dallo svolgimento motivazionale dell’impugnata sentenza alle pagg. 8-10.

Con esso, infatti, la Corte di appello ha espresso le sue valutazioni, in modo specifico, proprio sulle risultanze probatorie atte a riscontrare l’acquisto per usucapione, da parte del citato Comune, anche dell’altra controversa area scoperta di 70 mq:

– per un verso, ha rilevato la non significativita’ delle risultanze delle prove orali in ordine al dedotto possesso “ad usucapionem” della (OMISSIS) su tutta l’area scoperta, peraltro non contestato dalla proprietaria (OMISSIS), la sola che avrebbe avuto interesse a contestare il possesso vantato dal Comune di Cisternino;

– per altro verso, ha evidenziato che, in virtu’ dei complessivi rapporti intercorsi tra la (OMISSIS) e il suddetto Comune, supportati anche da prove di tipo documentale, era rimasta esclusa ogni idonea circostanza idonea ad incardinare in capo alla (OMISSIS) una vera e propria condizione di possesso, avendolo la stessa, con le numerose richieste inoltrate allo stesso Comune, riconosciuto come “proprietario” dell’intera area, ricomprendente pure quella scoperta di mq 70, anche con riferimento alla quale, pertanto, era rimasto comprovato, in favore del Comune, in dipendenza anche degli altri esiti istruttori, l’acquisto per usucapione.

Pertanto, con tale doglianza, piu’ che un vizio riconducibile al n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., la ricorrente incidentale ha inteso, in effetti, contestare la possibile insufficienza della motivazione dell’impugnata sentenza, vizio ormai da ritenersi inammissibile a seguito della novellazione di detta norma, come univocamente interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte (a cominciare dai principi espressi dalle Sezioni unite con le sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014).

Infatti, in seguito alla riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono piu’ ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorieta’ e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimita’ sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni non concilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purche’ il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

3. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, entrambi i ricorsi devono essere respinti, con la conseguente condanna delle parti ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascuna delle parti ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta entrambi i ricorsi e condanna le ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e c.p.a., nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascuna delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

 

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