Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 11 dicembre 2019, n.50214
Massima estrapolata:
La nullità di un provvedimento di sequestro emesso in un procedimento penale ed il conseguente ordine di restituzione o di distruzione non determinano alcuna preclusione alla adozione di un diverso provvedimento di sequestro sui medesimi beni nell’ambito di altro procedimento penale per ipotesi di reato del tutto differenti da quelle alle quali si riferiva il procedimento in cui è stato emesso il decreto di sequestro annullato; una simile preclusione non è infatti prevista da alcuna disposizione di legge.
Sentenza 11 dicembre 2019, n.50214
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Vicenza ha confermato, ai sensi degli artt. 257 e 324 cod. proc. pen., il decreto del 8 marzo 2019 del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza che, nell’ambito del procedimento penale iscritto al n. 1502/2018 R.G.N.R. pendente nei confronti di Riccardo Sindoca, ha sottoposto a vincolo probatorio i CD disco 1 e disco 2 costituenti copia forense del materiale informativo rinvenuto sui supporti informatici sequestrati al Sindoca in altro procedimento iscritto al n. 4792/2018 R.G.N.R. in quanto contenenti dati utili a provare i rapporti tra il Sindoca ed altri soggetti coinvolti nelle indagini, la gestione delle attività riconducibili alla Safond Martini s.r.l. e le condotte truffaldine o distrattive, le false fatturazioni utilizzate da Veneto Capital Service. Nel procedimento nel cui ambito è stato emesso il decreto di sequestro probatorio impugnato in questa sede Riccardo Sindoca è sottoposto ad indagini per i reati di cui agli artt. 216 e 232 legge fall. e 640 cod. pen., in relazione a condotte distrattive e truffaldine commesse ai danni di Safond s.r.I., società in concordato preventivo negli anni 2016 e 2017, nonché per il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, per avere, quale amministratore della Veneto Capital Service s.r.I., utilizzato fatture emesse per operazioni inesistenti dalla Larca s.r.l. e dalla Pronto Service s.r.l. nel 2017. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso Riccardo Sindoca, a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., lamentando mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, nonché l’abnormità del provvedimento. 2.1. Il ricorrente premette innanzitutto che le copie forensi oggetto di sequestro riguardavano i dati presenti su supporti informatici dei quali era stato disposto il sequestro con decreto del 5 giugno 2018 nell’ambito di altro procedimento penale; avverso questo diverso decreto di sequestro probatorio era stata proposta richiesta di riesame che era stata rigettata dal Tribunale di Vicenza con provvedimento del 20 giugno 2018; avverso questa ordinanza era stato proposto ricorso per cassazione che era stato accolto con sentenza di questa Corte di cassazione n. 2528 del 14 settembre 2018, depositata in data 30 gennaio 2019. La Corte di cassazione aveva annullato l’ordinanza del Tribunale del riesame, disponendo che il giudice del rinvio avrebbe dovuto verificare l’osservanza dei principi di pertinenza e di proporzionalità e ordinare la distruzione delle copie dei dati che sarebbero risultati non pertinenti al thema probandum e non utili all’accertamento dei fatti. Con ordinanza del 1 marzo 2019 il Tribunale del riesame, decidendo in sede di rinvio dalla Cassazione, nell’ambito dell’altro procedimento penale, ha revocato il sequestro e ha ordinato la distruzione delle copie forensi, ad eccezione di taluni dati espressamente indicati nel medesimo provvedimento. 2.2. Sostiene, quindi, il ricorrente che dall’ordinanza del Tribunale del riesame impugnata in questa sede emerge, attraverso il riferimento ad una comunicazione di notizia di reato redatta dalla Guardia di Finanza già prima del decreto di sequestro probatorio del 8 marzo 2019, che in realtà il Pubblico ministero aveva acquisito al procedimento n. 1502/2018 R.G.N.R. i dati estratti dai supporti sequestrati nell’altro procedimento e tale acquisizione era avvenuta senza che essa fosse verbalizzata e prima del decreto impugnato in questa sede. Il decreto del 8 marzo 2019 era solo una «messa in scena» attuata dal Pubblico ministero per conferire legittimità ad un’attività illegittima, in quanto attuata senza alcuna formalizzazione e nonostante che il sequestro disposto nell’altro procedimento fosse stato dichiarato illegittimo. In realtà il Pubblico ministero aveva già acquisito conoscenza dei dati di cui solo dopo aveva disposto il sequestro. La motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame era contraddittoria perché in essa si affermava che il decreto di sequestro riportava sia le condotte illecite secondo la contestazione provvisoria, sia l’indicazione dettagliata degli elementi da ricercare sulla copia dei supporti informatici oggetto del vincolo reale, mentre tale circostanza confermava che la contestazione provvisoria era stata formulata utilizzando proprio quei dati dei quali il Pubblico ministero non avrebbe potuto disporre, stando alla sentenza di questa Corte di cassazione sopra indicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato. 2. Il ricorso è inammissibile laddove si lamenta la contraddittorietà della motivazione, atteso che ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen. il ricorso in cassazione avverso le ordinanze del tribunale del riesame in materia di sequestro è consentito solo per violazione di legge. 3. Il ricorso risulta, invece, infondato laddove si lamenta la totale carenza di motivazione, poiché al § 6. della motivazione dell’ordinanza impugnata in questa sede si indicano le ragioni per le quali appare necessario mantenere il sequestro probatorio sulla documentazione sequestrata. 4. Neppure è ammissibile il ricorso laddove si deduce l’abnormità del provvedimento del Tribunale del riesame, atteso che avverso quest’ultimo l’ordinamento appresta una specifica impugnazione sottoposta, però, a limitazioni, come sopra già esposto. Si è, invece, in presenza di un atto abnorme quando esso sia così avulso dagli schemi normativi da considerarsi stravagante e da non potersi eliminare se non con il ricorso per Cassazione, in quanto per la sua estromissione dal processo non si possono utilizzare gli ordinari strumenti predisposti dall’ordinamento. (Sez. 1, n. 603 del 19/03/1984, Saturnino, Rv. 164387). 5. Quanto alla circostanza che il sequestro abbia colpito beni che, secondo altro provvedimento pronunciato nell’ambito di altro procedimento, andavano distrutti, essa non determina alcuna violazione di legge, atteso che la nullità di un provvedimento di sequestro emesso in un procedimento penale ed il conseguente ordine di restituzione o di distruzione non determinano alcuna preclusione alla adozione di un diverso provvedimento di sequestro nell’ambito di altro procedimento penale per ipotesi di reato del tutto differenti da quelle alle quali si riferiva il procedimento in cui è stato emesso il decreto di sequestro annullato; una simile preclusione non è infatti prevista da alcuna disposizione di legge. 6. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 15/11/2019. Il Consigliere estensore Il Presidente Michele Romano Stefano Palla
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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