Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 26140.
La morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite
Nel caso di morte di un prossimo congiunto (coniuge, genitore, figlio, fratello), l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere, secondo l’id quod plerumque accidit, la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è, per comune esperienza, connaturale all’essere umano. Naturalmente, trattandosi di una praesumptio hominis, sarà sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l’esistenza di circostanze concrete dimostrative dell’assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite.
Ordinanza|| n. 26140. La morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite
Data udienza 22 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Danno – Morte del congiunto – Sofferenza del familiare superstite – Prova dell’assenza di legame affettivo tra la vittima e il superstite – Ammissibilità
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29338/2020 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), rappresentati e difesi unitamente dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
e contro
(OMISSIS) Spa, in persona del legale rappresentante – procuratore speciale, rappresentata e difesa unitamente dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
nonche’ da
(OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di erede di (OMISSIS), rappresentato e difeso unitamente dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) Spa, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 764/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/06/2023 dal Consigliere Dott. Pasquale Gianniti.
La morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato in data 28 marzo 2006, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e in qualita’ di eredi di (OMISSIS), unitamente a (OMISSIS), nella sua qualita’ anche di erede universale di (OMISSIS), convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Nola (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) S.p.A. onde sentir accertare il proprio diritto al risarcimento dei danni subiti iure hereditatis e iure proprio a seguito del sinistro avvenuto in data (OMISSIS), in conseguenza del quale era deceduto (OMISSIS), con vittoria di spese e competenze di lite.
A fondamento della propria domanda, gli attori deducevano:
a) di essere nipoti ex frate del de cuius (OMISSIS), privo di figli e coniugato con (OMISSIS), e che lo zio paterno era stato per l’appunto investito, l'(OMISSIS), in (OMISSIS), da (OMISSIS), alla guida di una Opel Corsa (TG (OMISSIS)) di proprieta’ di (OMISSIS) e assicurata per la R.C.A. con la (OMISSIS) S.p.A.;
b) che tale investimento si era verificato per esclusiva colpa e responsabilita’ del conducente, il quale procedeva a velocita’ sostenuta e, per l’effetto, non si avvedeva del (OMISSIS) che si accingeva ad attraversare la strada;
c) che, in seguito all’investimento, erano intervenuti sul posto una pattuglia della Polizia Municipale del Comune di (OMISSIS) e un’ambulanza che aveva trasportato il (OMISSIS) al presidio di pronto soccorso dell’ospedale (OMISSIS);
d) che, in conseguenza dell’aggravarsi delle lesioni riportate, (OMISSIS) era deceduto alle ore 21:20 di quello stesso (OMISSIS);
e) che (OMISSIS) era stato rinviato a giudizio, in qualita’ di conducente della Opel Corsa (TG (OMISSIS)) e, riconosciuto unico responsabile dell’investimento, era stato condannato ad otto mesi di reclusione per il reato di omicidio colposo, con sospensione della pena e sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per quattro mesi;
f) che il de cuius aveva lasciato quali unici eredi legittimi, ciascuno per la propria quota, la di lui moglie, e per rappresentazione dei fratelli ad esso premorti, e per stirpi, i nipoti.
Sulla base di tali circostanze, parte attrice adiva il giudice di prime cure onde sentir accertare e dichiarare la responsabilita’ esclusiva nell’investimento per cui era causa di (OMISSIS), nonche’ la responsabilita’ di (OMISSIS), in qualita’ di proprietario dell’auto investitrice, con la conseguenza di condannare i (OMISSIS) e la (OMISSIS) S.p.A., in qualita’ di compagnia assicuratrice per la R.C.A. dell’Opel Corsa (TG (OMISSIS)), in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti e patiti per l’avvenuto decesso del (OMISSIS), oltre alla rifusione delle spese processuali.
Non si costituivano (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in qualita’ di eredi di (OMISSIS), e di (OMISSIS), in proprio e quale ulteriore erede di (OMISSIS), che venivano dichiarati contumaci.
Con atto di intervento 29 giugno 2006 si costituivano (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali rappresentavano di aver impugnato, innanzi al Tribunale di Nola, il testamento con cui (OMISSIS), loro germana e moglie del de cuius (OMISSIS), anch’essa deceduta (in data (OMISSIS)), aveva nominato quale suo unico erede universale il nipote ex marito (OMISSIS) e, per l’effetto, chiedevano la sospensione del giudizio ai sensi dell’articolo 295 c.p.c..
La morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite
In sede di prima udienza la medesima richiesta veniva avanzata dalla compagnia (OMISSIS) S.p.A..
Con ordinanza del 14 giugno 2007, il Tribunale adito sospendeva il giudizio.
Il Tribunale di Nola, con sentenza n. 881/2009, e la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 1792/2016, rigettavano l’impugnativa di testamento e, all’esito del passaggio in giudicato della sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Napoli, con ricorso depositato in data 15 dicembre 2016 e notificato agli appellati, gli attori riassumevano la causa dinanzi al Tribunale di Nola.
La causa veniva quindi istruita mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti nonche’ mediante audizione di testimoni.
Il Tribunale di Nola con sentenza n. 200/2019 accoglieva la domanda proposta dagli attori e dichiarava (OMISSIS) esclusivo responsabile del sinistro stradale verificatosi in data (OMISSIS) in conseguenza del quale era deceduto (OMISSIS), condannava solidalmente, in qualita’ di eredi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), nonche’ la (OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante, al risarcimento dei danni subiti e patiti da parte attrice, liquidando (per ciascuno) Euro 69.735,55 in favore di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e rigettava tutte le domande proposte dagli interventori principali.
Avverso la suddetta sentenza proponeva appello la (OMISSIS) S.p.A., che chiedeva:
– di escludere del tutto il diritto di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al risarcimento dei danni per la perdita dello zio (OMISSIS);
– in subordine, di ridurre l’ammontare del risarcimento liquidato in primo grado in favore di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) quali nipoti di (OMISSIS) determinandolo nella diversa e minore somma ritenuta di giustizia, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto;
– di rigettare la domanda di risarcimento danni proposta da (OMISSIS), figlio di (OMISSIS) (e non di (OMISSIS)) per la morte dello zio (OMISSIS), in quanto sfornita di prova in ordine alla sussistenza effettiva di un vincolo affettivo di particolare intensita’ con la vittima del sinistro;
– di condannare (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS) alle spese del primo grado di giudizio;
– di condannare (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alle spese del giudizio di appello.
Parte appellante, a fondamento del proposto gravame, deduceva:
a) l’erroneo riconoscimento del diritto dei nipoti ex frate al risarcimento dei danni per il decesso dello zio (OMISSIS), nonche’ la carenza di idonea prova sull’intensita’ del vincolo parentale in assenza dell’elemento della convivenza tra nipoti e zio e l’incapacita’ a testimoniare dei pronipoti;
b) l’eccessiva liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale in favore di ciascuno dei nipoti e l’ingiustificato ricorso alle tabelle di valutazione del danno redatte dal Tribunale di Roma;
c) l’erroneo riconoscimento del danno in favore di (OMISSIS), figlio di (OMISSIS) (e non di (OMISSIS));
d) l’errata pronuncia sulle spese di lite.
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Non si costituivano (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in qualita’ di eredi di (OMISSIS), e (OMISSIS), in proprio e in qualita’ di erede di (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), nella qualita’ di erede universale di (OMISSIS), di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS).
Radicatosi il contraddittorio, si costituivano (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), i quali:
– in via preliminare, eccepivano l’inammissibilita’ dell’atto di appello ai sensi dell’articolo 342 c.p.c. e articolo 348 bis c.p.c. e, – nel merito, concludevano per l’infondatezza del frapposto gravame.
Si costituivano, altresi’, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in qualita’ di congiunti di (OMISSIS), i quali contestavano tutto quanto ex adverso dedotto e prodotto e concludevano, in riforma della sentenza, per l’accoglimento della domanda avanzata in primo grado, con vittoria delle spese di lite.
La Corte territoriale, dopo aver acquisito il fascicolo del primo grado del giudizio e dopo aver sospesa la provvisoria esecutorieta’ della sentenza di primo grado, con sentenza n. 764/2020:
– accoglieva l’appello principale e, conseguentemente, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda risarcitoria che, per la perdita dello zio (OMISSIS), era stata avanzata da (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);
– dichiarava inammissibile l’appello incidentale;
– compensava tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
2. Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e quali eredi del de cuius (OMISSIS).
Ha resistito con controricorso (OMISSIS), che ha proposto ricorso incidentale.
Ha resistito con controricorso la compagnia (OMISSIS) s.p.a..
Il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni.
Hanno presentato memorie il Difensore dei ricorrenti principali, nonche’ il Difensore di (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale e’ affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ degli articoli 2697 e 2727 c.c., nella parte in cui la corte territoriale, contrariamente a quanto aveva fatto il giudice di primo grado, ha omesso il richiamo alle necessarie e doverose presunzioni (stretto vincolo familiare, di coabitazione e di frequentazione, ecc.) da cui avrebbe potuto agevolmente trarre la prova dei danni morali da essi subiti per la perdita del congiunto ed ha ritenuto che solo lo sconvolgimento delle abitudini di vita, oggetto di prova certa, puo’ dar luogo al diritto al risarcimento del danno morale per i congiunti.
Sottolinea che l’elemento censurabile nella sentenza impugnata non e’ la valutazione del thema probandum, ma l’apodittica e aprioristica limitazione del danno risarcibile dei (OMISSIS) solo allo stravolgimento della vita ed al patimento immediatamente percepibile ed il conseguente omesso ricorso alle presunzioni.
1.2. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo e controverso nella parte in cui la corte territoriale, dopo aver correttamente richiamato principi consolidati della giurisprudenza di legittimita’ in tema di danno da perdita parentale, ha inspiegabilmente affermato che: “… nel caso in esame dagli atti difensivi di primo grado manca financo l’allegazione in ordine alla sofferenza patita ed al differente e specifico cambiamento di vita in capo agli attori”, quando poi, in un successivo passaggio, ha richiamato le note ex articolo 183, nelle quali si ritrova l’allegazione precedentemente richiesta.
Sotto altro profilo osserva che la corte – dopo aver sostenuto che erano stati articolati dei capi di prova tesi ad evidenziare “l’intensita’ del rapporto parentale” – ha inspiegabilmente ritenuto non provato il legame ed il vincolo affettivo di particolare intensita’, sebbene gli stessi testi abbiano confermato le circostanze indicate nei capi.
2. Anche il ricorso in via incidentale e’ affidato a due motivi, che ripropongono le censure svolte dai ricorrenti in via principale.
Ad ulteriore prova dello stretto legame affettivo che legava il de cuius con il nipote (OMISSIS), l’odierno ricorrente in via incidentale, in tesi difensiva, evidenzia anche l’atto di cessione, divisione e donazione dell’8 aprile 1981 con il quale il de cuius aveva donato al nipote ex frate (OMISSIS) la nuda proprieta’ di alcune porzioni di suolo.
3. Il ricorso principale e il ricorso incidentale sono entrambi fondati nei termini di seguito precisati.
3.1. Allo scrutinio dei motivi appare opportuno premettere una breve ricognizione della morfologia e della funzione del danno non patrimoniale, come recentemente ed ormai concordemente ricostruite dalla giurisprudenza di questa Corte.
Sul piano del diritto positivo – come anche di recente precisato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 2788 del 2019; n. 901 e n. 7513 del 2018, n. 7766 del 2016, anche in relazione a Corte Cost. n. 325/2014) – l’ordinamento riconosce e disciplina (soltanto) le fattispecie del danno patrimoniale (nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante: articolo 1223 c.c.) e del danno non patrimoniale (articolo 2059 c.c.; articolo 185 c.p.).
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Quanto al danno non patrimoniale, ne e’ stata originariamente affermata, su di un piano generale di ricostruzione analitica della fattispecie, la natura “unitaria” e “onnicomprensiva” dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. n. 26972 del 2008). In particolare, l’unitarieta’ del danno non patrimoniale va intesa nel senso che qualsiasi pregiudizio non patrimoniale sara’ soggetto alle medesime regole ed ai medesimi criteri risarcitori (articoli 1223, 226, 2056, 2059 c.c.); mentre la onnicomprensivita’ del danno non patrimoniale va intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative “in peius” della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall’evento di danno, con il concorrente limite di evitare duplicazioni (attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici).
Orbene, il giudice di merito – in vista dell’accertamento (concreto e non astratto) e della quantificazione del danno non patrimoniale risarcibile – e’ sollecitato a procedere a compiuta istruttoria, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi, oltre alla testimonianza, il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni.
In tale prospettiva, egli deve tenere conto, oltre che di quanto statuito dalla Corte costituzionale (n. 235 del 2014, punto 10.1 e ss.), di quanto disposto dal legislatore nazionale in sede di riforma degli articoli 138 e 139 c.d.a., modificati dalla L. 4 agosto 2017, n. 124, articolo 1, comma 17, la cui nuova rubrica (“danno non patrimoniale”, sostituiva della precedente, “danno biologico”), e il cui contenuto letterale impongono al giudice di distinguere, su di un piano generale ed al di la’ della specifica sedes materiae, il danno dinamico-relazionale dal danno morale.
Conseguentemente, nella valutazione del danno alla salute, in particolare – ma non diversamente che in quella di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un valore/interesse costituzionalmente protetto, giusta l’insegnamento della Corte costituzionale di cui alla sentenza 233/2003 – il giudice di merito deve valutare la fenomenologia della lesione non patrimoniale: sia nell’aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale, che si colloca nella dimensione del rapporto del soggetto con se’ stesso), che nell’aspetto dinamico-relazionale della vita del danneggiato (c.d. danno relazionale, che si colloca nell’ambito della relazione del soggetto con la realta’ esterna, con tutto cio’ che, in altri termini, costituisce “altro da se'”).
Tale regola di giudizio, ormai costantemente affermata da questa Corte di legittimita’, si pone in una linea di assoluta continuita’ con i principi diacronicamente (ma costantemente) predicati, in passato, dalla giurisprudenza della stessa Corte costituzionale (sentenze n. 235/2014, 233/2003, 293/1996, 372/1994, 184/1986), della Corte di Giustizia Europea (sent. C-371/2012 del 23.1.2014) e delle stesse sezioni unite di questa Corte (SU. n. 6276 del 2006; quanto alla giurisprudenza di legittimita’ a sezioni semplici, per tutte, Cass. n. 8827/2003).
La morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite
Anche (ma non solo) alla luce della novella legislativa poc’anzi ricordata – novella di cristallina chiarezza anche sul piano strettamente lessicale – occorre pertanto riaffermare il principio per cui esiste (e’ sempre esistita, anche prima del ricordato intervento normativo) una ontologica differenza tra danno morale e danno dinamico-relazionale, in quanto il danno alla persona, nella sua dimensione umana ancor prima che giuridica, postula il riconoscimento, da un lato, della sofferenza interiore, dall’altro, delle mutate dinamiche relazionali di una vita che cambia a seguito dell’illecito (illuminante, in tal senso, e’ il disposto normativo di cui all’articolo 612 bis c.p., in tema di presupposti palesemente alternativi del reato cd. di stalking). Si tratta di danni diversi e percio’ entrambi autonomamente risarcibili, sempre che, e solo se, provati caso per caso, all’esito, si ribadisce, di articolata ed esaustiva istruttoria (c.d. comprovabilita’ del danno non patrimoniale), tenendo conto che il danno dinamico relazionale puo’ formare oggetto di prova rappresentativa diretta, mentre il risarcimento del danno morale puo’ rappresentare soltanto l’esito terminale di un ragionamento deduttivo, che tenga conto (oltre che delle presunzioni) del notorio e delle massime di esperienza.
Al riguardo, giova anche osservare che il c.d. danno presuntivo e’ concetto autonomo e distinto rispetto al c.d. danno in re ipsa – la cui giuridica predicabilita’ deve peraltro ritenersi del tutto esclusa in seno all’attuale sistema della responsabilita’ civile: Cass. s.u. 26972/2008, cit.
Se, infatti, per quest’ultimo non e’ richiesta alcuna allegazione da parte del danneggiato, sorgendo il diritto al risarcimento del danno per il sol fatto del ricorrere di una determinata condizione di fatto, il primo richiede un’allegazione ed una dimostrazione, seppur presuntiva, che e’ sempre suscettibile di essere superata da una eventuale prova contraria allegata da controparte.
3.2. Cio’ posto, occorre richiamare i piu’ recenti principi elaborati da questa Corte in tema di danno da perdita del rapporto parentale (cfr. Cass. n. 25541 del 2022, Cass. n. 26301 del 2021 e n. 28989 del 2019).
Come noto, a fronte della morte di un soggetto causata da un fatto illecito di un terzo, il nostro ordinamento riconosce ai parenti del danneggiato un risarcimento iure proprio, di carattere patrimoniale e non patrimoniale, per la sofferenza patita e per le modificate consuetudini di vita, in conseguenza dell’irreversibile venir meno del godimento del rapporto parentale con il congiunto. Tale forma risarcitoria intende ristorare il familiare del pregiudizio subito sotto il duplice profilo, morale, consistente nella sofferenza psichica che questi e’ costretto a sopportare a causa dell’impossibilita’ di proseguire il proprio rapporto di comunanza familiare, e relazionale, inteso come significativa modificazione delle abitudini di vita – destinate, a volte, ad accompagnare l’intera esistenza del soggetto che l’ha subita.
Quanto alla prova del danno, non v’e’ dubbio che, in linea generale, spetti alla vittima dell’illecito altrui dimostrare i fatti costitutivi della propria pretesa e, dunque, l’esistenza del pregiudizio subito: onere di allegazione che potra’ essere soddisfatto anche ricorrendo a presunzioni semplici e massime di comune esperienza (Cass. s.u. 26792/2008, cit.).
La morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite
Ebbene, nel caso di morte di un prossimo congiunto (coniuge, genitore, figlio, fratello), e’ orientamento unanime di questa Corte (Cass. n. 11212 del 2019; n. 31950 del 2018; n. 12146 del 14 giugno 2016) che l’esistenza stessa del rapporto di parentela faccia presumere, secondo l’id quod plerumque accidit, la sofferenza del familiare superstite, giacche’ tale conseguenza e’, per comune esperienza, connaturale all’essere umano. Naturalmente, trattandosi di una praesumptio hominis, sara’ sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l’esistenza di circostanze concrete dimostrative dell’assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite (Cass. n. 3767 del 2018).
Piu’ in generale, in caso di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, ferma la possibilita’ per la parte interessata di fornire la prova di tale danno con ricorso alle presunzioni, alle massime di comune esperienza, al notorio, con riferimento alla realta’ ed alla intensita’ dei rapporti affettivi e alla gravita’ delle ricadute della condotta (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 11212 del 24/04/2019, Rv. 653591 – 01), spettera’ al giudice il compito di procedere alla verifica, sulla base delle evidenze probatorie complessivamente acquisite, dell’eventuale sussistenza di uno solo, o di entrambi, i profili di danno non patrimoniale in precedenza descritti (ossia, della sofferenza eventualmente patita, sul piano morale soggettivo, nel momento in cui la perdita del congiunto e’ percepita nel proprio vissuto interiore, e quella, viceversa, che eventualmente si sia riflessa, in termini dinamico-relazionali, sui percorsi della vita quotidiana del soggetto che l’ha subita).
In tale quadro emergera’ il significato e il valore dimostrativo dei meccanismi presuntivi che, al fine di apprezzare la gravita’ o l’entita’ effettiva del danno, richiamano il dato della maggiore o minore prossimita’ formale del legame parentale (coniuge, convivente, figlio, genitore, sorella, fratello, nipote, ascendente, zio, cugino) secondo una progressione che, se da un lato, trova un limite ragionevole (sul piano presuntivo e salva la prova contraria) nell’ambito delle tradizionali figure parentali nominate, dall’altro non puo’ che rimanere aperta, di volta in volta, alla libera dimostrazione della qualita’ di rapporti e legami parentali che, benche’ di piu’ lontana configurazione formale (o financo di assente configurazione formale: si pensi, a mero titolo di esempio, all’eventuale intenso rapporto affettivo che abbia a consolidarsi nel tempo con i figli del coniuge o del convivente), si qualifichino (ove rigorosamente dimostrati) per la loro consistente e apprezzabile dimensione affettiva e/o relazionale.
Cosi’ come ragionevole apparira’ la considerazione, in via presuntiva, della gravita’ del danno in rapporto alla sopravvivenza di altri congiunti o, al contrario, al venir meno dell’intero nucleo familiare del danneggiato; ovvero, ancora, dell’effettiva convivenza o meno del congiunto colpito con il danneggiato (cfr., in tema di rapporto tra nonno e nipote, Cass. n. 21230 e n. 12146 del 2016), o, infine, di ogni altra evenienza o circostanza della vita – come l’eta’ della vittima, l’eta’ dei superstiti (e la correlata eventuale presenza di famiglie autonome), il grado di parentela, le abitudini ed il grado rapporto di frequentazione (e, in particolare, le visite quotidiane e le vacanze trascorse insieme), i pranzi domenicali e festivi ed i momenti celebrativi passati insieme, l’eventuale abitazione in immobili contigui, il ruolo in concreto svolto dal de cuius nelle dinamiche della storia familiare dei parenti superstiti (tenuto anche conto del loro modello di famiglia di riferimento), gli eventuali atti di liberalita’ – che il prudente apprezzamento del giudice di merito sara’ in grado di cogliere.
La morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite
3.3. Tali principi hanno trovato conferma nella motivazione della sentenza di cui a Cass. n. 28989 del 2019 (che richiama sua volta quelli gia’ espressi in Cass. nn. 901, 7513 e 23469 del 2018), collocata all’interno del cd. “progetto sanita’” della terza sezione civile della Corte di legittimita’, ove si afferma che, in tema di danno non patrimoniale, se costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di un risarcimento per danno biologico (o per danno parentale) e per danno cd. esistenziale, non costituisce, per converso, duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del risarcimento per danno morale e per danno da perdita del rapporto parentale inteso nel suo aspetto dinamico-relazionale.
3.4. Rimangono, in ogni caso, fermi i principi (affermati da Cass. n. 21060 del 2016 e n. 16992 del 2015) che presiedono all’identificazione delle condizioni di apprezzabilita’ minima del danno, nel senso di una rigorosa dimostrazione (come detto, anche in via presuntiva) della gravita’ e della serieta’ del pregiudizio e della sofferenza patita dal danneggiato, tanto sul piano morale-soggettivo, quanto su quello dinamico-relazionale, senza che tale serieta’ e apprezzabilita’, peraltro, sconfini necessariamente in un vero e proprio radicale ed eccezionale sconvolgimento delle proprie abitudini di vita, che incidera’, se del caso, sulla personalizzazione del risarcimento, e che costituisce a sua volta onere dell’attore allegare e provare, in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche.
Come d’altronde rimane altresi’ ferma la netta distinzione (affermata ad es. da Cass. n. 21084 del 2015) tra il descritto danno da perdita, o lesione, del rapporto parentale e l’eventuale danno biologico che detta perdita o lesione abbiano ulteriormente cagionato al danneggiato, atteso che la morte di un prossimo congiunto puo’ causare nei familiari superstiti, oltre al danno parentale, consistente nella perdita del rapporto e nella correlata sofferenza soggettiva, anche un danno biologico vero e proprio, in presenza di una effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica di chi lo invoca (Corte Cost. 372/1994), l’uno e l’altro dovendo essere oggetto di separata considerazione come elementi del danno non patrimoniale, ma nondimeno suscettibili – in virtu’ del principio della cd. “onnicomprensivita’” della liquidazione – di liquidazione finale unitaria.
3.5. Lo scrutinio del motivo non puo’ dirsi esaurito perche’, trattandosi nella specie di danno da perdita di rapporto parentale, il Collegio intende dare continuita’:
– sia al principio di diritto affermato da Cass. n. 10579 del 2021, in base al quale: “al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformita’ di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularita’ e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l’eta’ della vittima, l’eta’ del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonche’ l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilita’ di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarita’ della situazione, salvo che l’eccezionalita’ del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella”;
– sia ai principi di diritto affermati da Cass. n. 33005 del 2021, in base ai quali: a) “ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante il criterio tabellare il danneggiato ha esclusivamente l’onere di fare istanza di applicazione del detto criterio, spettando poi al giudice di merito di liquidare il danno non patrimoniale mediante una tabella conforme a diritto”; b) “al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformita’ di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularita’ e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l’eta’ della vittima, l’eta’ del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonche’ l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilita’ di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarita’ della situazione, salvo che l’eccezionalita’ del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella”.
La morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite
4. I suddetti principi non sono stati applicati dalla corte territoriale nella parte in cui (p. 8 e ss.) ha erroneamente ricondotto il danno al solo “stravolgimento della vita” (vicenda che, come osservato in precedenza, puo’ viceversa costituire, in considerazione della sua eccezionalita’, motivo di personalizzazione del danno) ed ha omesso il richiamo alle necessarie e doverose presunzioni da cui avrebbe potuto trarre la prova dei danni morali subiti dagli odierni ricorrenti: in altri termini, va qui censurata l’apodittica ed aprioristica limitazione del danno risarcibile dei (OMISSIS) (connesso solo allo stravolgimento della vita ed al patimento immediatamente percepibile) ed il conseguente omesso ricorso alle presunzioni.
Sotto altro profilo la corte territoriale e’ incorsa in motivazione insanabilmente contraddittoria:
– sia nel punto in cui – dopo aver affermato (p. 12) che “…nel caso in esame negli atti difensivi di primo grado manca finanche l’allegazione in ordine alla sofferenza patita e al differente e specifico cambiamento di vita in capo agli attori…” – ha aggiunto – “…nella memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, ove si fa riferimento “….all’improvvisa perdita dello zio, che a pochi anni di distanza dal padre ha determinato per gli istanti un vuoto incolmabile atteso che e’ venuto a mancare l’ultima figura di riferimento della famiglia d’origine nonche’ un vuoto costituito dal non poter piu’ godere della presenza e del rapporto con chi e’ venuto meno…””;
-sia nel punto in cui – dopo aver affermato che (p. 13): “… le prove orali richieste dalla parte attrice hanno avuto ad oggetto il tema dell’intensita’ del rapporto parentale, ma non hanno sortito esito positivo…” – ha subito dopo precisato che “…le dichiarazioni testimoniali rese da (OMISSIS) e (OMISSIS)…appaiono del tutto generiche… avendo riferito solo di un “generico stretto rapporto””.
In definitiva, dalla lettura della sentenza emerge una insanabile contraddizione logica laddove la Corte di Appello di Napoli: da un lato asserisce la mancanza di allegazione della “sofferenza patita” e dall’altro richiama, in un successivo passaggio, le note ex articolo 183 c.p.c., comma 6, ritualmente depositate, in cui vi e’ proprio l’allegazione precedentemente richiesta; dal’altro, sostiene che erano stati articolati dei capi di prova tesi ad evidenziare “l’intensita’ del rapporto parentale” e, dall’altro ancora, ha ritenuto non provato il legame ed il vincolo affettivo di particolare intensita’ sebbene i testi abbiano confermato le circostanze indicate nei capi, che erano stati ammessi sul presupposto della loro rilevanza.
La motivazione della sentenza impugnata, in conclusione, si presenta inficiata da insanabili contraddizioni e, in quanto tale, si presta ad essere censurata da questa Corte alla luce del principio di diritto per cui, anche nel vigente sistema processuale, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito non e’ sindacabile in sede di legittimita’ salvo che la motivazione manchi del tutto, ovvero sia stata articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (tra le altre, Cass. n. 12928 del 2014), ferma restando l’irrilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. n. 21257 del 2014; Cass., sez. un., n. 1241 del 2015; Cass. n. 13928 del 2015).
Occorre qui ribadire che, ai sensi della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – applicabile alle sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012 e dunque anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame – il controllo sulla motivazione puo’ investire l’anomalia motivazionale ogni qual volta questa si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, come per l’appunto avviene anche nel caso di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014).
5. Per le ragioni che precedono, dell’impugnata sentenza, assorbita ogni altra e diversa questione, s’impone la cassazione in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli che, in diversa composizione, procedera’ a nuovo esame, facendo applicazione dei suindicati principi.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
La morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso principale ed il ricorso incidentale, e, per l’effetto cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, sostenute da tutti i ricorrenti, alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione.
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