Consiglio di Stato, Sentenza|3 dicembre 2021| n. 8058.
La mera esecuzione di lavori di sbancamento e inizio lavori.
La mera esecuzione di lavori di sbancamento è, di per sé, inidonea per ritenere soddisfatto il presupposto dell’effettivo “inizio dei lavori” entro il termine di un anno dal rilascio del permesso di costruire a pena di decadenza del titolo abilitativo (art. 15, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), essendo necessario, al fine di escludere la configurabilità del reato di costruzione abusiva, che lo sbancamento sia accompagnato dalla compiuta organizzazione del cantiere e da altri indizi idonei a confermare l’effettivo intendimento del titolare del permesso di costruire di realizzare l’opera assentita.
Sentenza|3 dicembre 2021| n. 8058. La mera esecuzione di lavori di sbancamento e inizio lavori
Data udienza 16 novembre 2021
Integrale
Tag- parola chiave: Interventi edilizi – Esecuzione di lavori di sbancamento – Inizio dei lavori – Configurabilità – Art. 15, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9313 del 2014, proposto da
Nu. Co. Im. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ni. Pa. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Gl. Di Lo. in Roma, via (…);
contro
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. An. e An. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ni. La. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Quarta n. 01453/2014, resa tra le parti, concernente un diniego di rinnovo del permesso di costruire – ris. danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2021 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti l’Avv. Sa. St., in sostituzione dell’Avv. Ro. Ga..
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, sez. IV, 14 marzo 2014, n. 1553 ha respinto il ricorso, proposto dall’attuale parte appellante, per l’annullamento della determina dirigenziale del Comune di Napoli n. 1-2013 di rigetto istanza di rinnovo permesso di costruire per la ricostruzione filologica dell’immobile sito in via (omissis) e contestuale dichiarazione di decadenza del permesso di costruire n. 252/2009.
Secondo il TAR, sinteticamente:
– il termine indicato dal Comune di soli 15 giorni per il cantieramento dell’area, anche con riferimento all’art. 125, comma 5, NTA, si deve riferire agli accertamenti finalizzati alla compatibilità dell’opera con la cavità sotterranea ed alla successiva messa insicurezza dell’area di interesse e delle scarpate;
– quanto all’effettivo inizio dei lavori, teleologicamente indirizzato alla ricostruzione dei tre manufatti residenziali, lo stesso può invece ritenersi normalmente individuabile nell’anno dal rilascio del permesso di costruire;
– dagli accertamenti eseguiti dal CTU risulta che la società ha immediatamente “cantierato” il sito, nel primo dei sensi sopra indicato, affidando le opere ad una ditta;
– allo stesso doveva far seguito quantomeno l’immediata realizzazione dei saggi ed accertamenti di compatibilità dell’opera con la cavità sotterranea, e della messa in sicurezza dell’area e della scarpata;
– inoltre, i lavori avrebbero dovuto avere effettivo inizio entro il giorno 26.5.2010, ai sensi di quanto disposto dall’art. 15 d.P.R. n. 380-2001 e dall’art. 31 del Regolamento Edilizio del Comune di Napoli;
– tutto ciò non risulta essere stato compiuto dalla società ricorrente, atteso che non vi è traccia delle attività concretamente espletate dalla stessa dal giugno 2009 al giugno 2010, ed anzi vi è prova che entro tale lasso di tempo gli accertamenti indicati ed il doveroso consolidamento e messa in sicurezza dell’area non sia stata completata, visto anche il sopralluogo del 22.6.2010 della Polizia Municipale di Napoli;
– l’effettivo inizio dei lavori non può configurarsi neppure alla data del 10 giugno 2011, ed anzi a tale data ancora erano in corso i lavori di consolidamento e messa in sicurezza dell’area e degli edifici contermini;
– né può sostenersi che tali ritardi siano stati determinati da circostanze impreviste ed imprevedibili, in quanto la condizione di fragilità geologica dell’area era stata indicata dal Comune di Napoli già all’atto del rilascio del permesso di costruire, tanto da apporre la specifica clausola di cui al punto 7;
– neppure le sospensioni dei lavori, peraltro non formalizzate in atti dirigenziali, sono idonee a costituire esimente in tal senso per la società ricorrente;
– in ogni caso, che lo stato di inizio dei lavori anche alla data del giugno 2010 non fosse sufficiente a concretizzare un serio inizio delle opere, risulta da quanto accertato dal CTU.
L’appellante contestava la sentenza del TAR, eccependo l’erroneità e riproponendo, in sostanza, i motivi dei ricorsi di primo grado disattesi dal TAR.
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si costituiva il Comune appellato, chiedendo la reiezione dell’appello.
All’udienza pubblica del 16 novembre 2021 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Osserva il Collegio che la sentenza del TAR qui impugnata ha correttamente argomentato circa il mancato avvio dei lavori entro l’anno, sulla base dell’approfondita CTU disposta in primo grado.
Dagli accertamenti eseguiti dal CTU risulta che la società appellante avrebbe asseritamente ha cantierato il sito, affidando le opere ad una ditta esterna, come da comunicazione di inizio lavori del 10.6.2009.
In data 31.5.2010 l’ing. St. Pi., nella qualità di Direttore dei Lavori, ha tuttavia trasmesso al Servizio Edilizia Abitativa del Comune di Napoli una nuova comunicazione di inizio lavori nella quale si specificava che a far data dal 31.5.2010 sarà dato inizio alle attività di pulizia dell’area e di messa a nudo da sterpaglie e arbusti per la valutazione delle attrezzature da adottare per la successiva messa in sicurezza delle scarpate nonché tutte le opere propedeutiche all’accesso dell’area e dei sentieri Tale comunicazione, come correttamente ha concluso il TAR, dimostra inequivocabilmente l’impossibilità di dare un effettivo ed immediato inizio alle opere edificatorie, dovendo ancora provvedere a quelle di pulizia e messa in sicurezza.
Ciò trova conferma anche dai sopralluoghi effettuati dalla polizia municipale che ha accertato il mero inizio di opere di pulizia e sbancamento al giugno 2010.
Può pertanto ritenersi inequivocabilmente dimostrato, così come anche accertato dal CTU, non vi è traccia delle attività concretamente espletate dall’impresa appellante dal giugno 2009 al giugno 2010, ed anzi vi è la prova che entro tale lasso di tempo gli accertamenti indicati ed il consolidamento e messa in sicurezza dell’area non sia stata completata.
Peraltro, l’effettivo inizio dei lavori non può configurarsi neppure alla data del 10 giugno 2011, ed anzi a tale data ancora erano in corso i lavori di consolidamento e messa in sicurezza dell’area e degli edifici contermini; né può sostenersi che tali ritardi siano stati determinati da circostanze impreviste ed imprevedibili, in quanto la condizione di fragilità geologica dell’area era stata indicata dal Comune di Napoli già all’atto del rilascio del permesso di costruire, tanto da apporre una specifica clausola nell’atto abilitativo.
Neppure la sospensione dei lavori è idonea a costituire esimente in tal senso: come ha accertato il CTU in primo grado, in data 22.6.2010 la Polizia Municipale del Comune di Napoli ha ordinato all’ing. St. Pi. di sospendere i lavori per quanto concerne il cantiere e “di eseguire quanto prescritto dall’Ufficio sicurezza geologica per la messa in sicurezza del cantiere”.
Tali evenienze non costituiscono una causa imprevista e sopravvenuta, per quanto sopra indicato, atteso che già nel corso del periodo giugno 2009-giugno 2010, ossia subito dopo il disposto cantieramento, la società avrebbe dovuto attivarsi per il consolidamento e messa in sicurezza dell’intera area.
Pertanto, il provvedimento impugnato rappresenta all’evidenza un atto dovuto, il cui contenuto negativo non è espressione di alcuna discrezionalità valutativa; non configurandosi né una situazione eccezionale, né il verificarsi di fatti non riferibili alla società, per quanto all’epoca dalla stessa dichiarato e fino a giugno 2010, allorquando erano già decorso più di un anno dal rilascio del permesso di costruire.
Infatti, le ulteriori interlocuzioni fra l’Amministrazione e l’attuale appellante che invocava il ritardo non imputabile dell’inizio dei lavori, intervengono solo a partire dal verbale di sopralluogo del 22.6.2010, quindi ben oltre il termine di un anno prescritto dall’art. 15, comma 2 t.u. n. 380-2001.
2. Come è noto, secondo la ormai pacifica giurisprudenza, i lavori debbono ritenersi “iniziati” quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell’impianto del cantiere, nell’innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio, per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici (cfr., ex multis, Consiglio Stato, sez. V, 29 novembre 2004, n. 7748).
La mera esecuzione di lavori di sbancamento è, di per sé, inidonea per ritenere soddisfatto il presupposto dell’effettivo “inizio dei lavori” entro il termine di un anno dal rilascio del permesso di costruire a pena di decadenza del titolo abilitativo (art. 15, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), essendo necessario, al fine di escludere la configurabilità del reato di costruzione abusiva, che lo sbancamento sia accompagnato dalla compiuta organizzazione del cantiere e da altri indizi idonei a confermare l’effettivo intendimento del titolare del permesso di costruire di realizzare l’opera assentita.
Nel caso di specie, l’avvio di opere marginali e meramente propedeutiche, come la pulizia del sito non costituiscono inizio dei lavori, come accertato peraltro anche nel citato verbale di sopralluogo del 22 giugno 2010, intervenuto oltre un anno dopo dalla scadenza del termine per l’inizio dei lavori, e così come confermato dagli approfonditi accertamenti del CTU in primo grado.
Peraltro, le opere di sbancamento, iniziate comunque ben oltre il termine concesso, risultano di natura propedeutica all’intervento, cosa che peraltro non è contestata dallo stesso CTU.
L’unica opera in elevazione eseguita dalla Società è il muro di contenimento, opera tra l’altro non prevista dal permesso di costruire, cosi come accertato anche dal CTU ed oggetto di autonoma istanza di accertamento di conformità .
Peraltro, anche all’epoca dell’accertamento del CTU (2013), risulta che le uniche opere realizzate sono consistite nella mera demolizione completa dei ruderi e nel livellamento del suolo e nel compimento delle opere di consolidamento, a conferma della legittimità della disposta decadenza.
3. Infine, il motivo di appello, secondo cui il provvedimento impugnato contemplerebbe illegittimamente la necessaria acquisizione dell’area al patrimonio pubblico con destinazione a standard urbanistici senza la specifica previsione e sussistenza della attuale e idonea copertura o provvista finanziaria, è infondata, atteso che il provvedimento impugnato stabilisce che, per effetto dell’intervenuta decadenza del permesso di costruire, “l’area interessata è allo stato destinata ad attrezzature pubbliche di cui al D.M. del 2 aprile 1968 n. 1444”, richiamando, del tutto legittimamente, a tal fine, l’art. 125, comma 5, della variante generale al vigente PRG di Napoli.
L’art. 125, comma 5, della variante generale al vigente PRG di Napoli si riferisce genericamente allai destinazione ad “attrezzature pubbliche” non specificamente individuate, e, soprattutto, prevede il loro impianto come una mera eventualità subordinata all’inerzia di privati interessati ad attuare interventi che rispondano ai loro interessi economici.
4. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.
Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore del Comune appellato, spese che liquida in euro 5.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere, Estensore
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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