Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 8 luglio 2019, n. 4756.
La massima estrapolata:
La controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento danni, proposta da colui che deduca la lesione dell’affidamento ingenerato dal comportamento della P.A., rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. Ne deriva che la tutela risarcitoria può essere invocata davanti al giudice amministrativo soltanto quando il danno sia conseguenza immediata e diretta dell’illegittimità dell’atto impugnato.
Sentenza 8 luglio 2019, n. 4756
Data udienza 23 maggio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2415 del 2015, proposto da
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Um. Fa., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Pl. in Roma, via (…);
contro
Si. s.a.s. di Sc. C. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Lu. Gr. e Al. Be., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Al. Sa. in Roma, c.so (…);
nei confronti
Al. Gu., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, 20 gennaio 2015 n. 218, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Si. s.a.s. di Sc. C. & C.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 maggio 2019 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Um. Fa. e Al. Be.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 2415 del 2015, Comune di (omissis) la parte ricorrente propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, 20 gennaio 2015 n. 218 con la quale è stata respinta la domanda per l’annullamento
quanto al ricorso introduttivo,
dell’ordinanza n. 1/14 prot. n. 166/EC/MM/ED.PRIV. del 7 gennaio 2014, con la quale il responsabile dell’area sviluppo del territorio del Comune di (omissis) ha ordinato alla ricorrente, nonché al progettista e direttore lavori, l’immediata sospensione dei lavori di cui alla SCIA n. 101/13 protocollata il 22 ottobre 2013 col n. 21547 nonché, per quanto occorrer possa, della presupposta relazione tecnica ivi citata;
e con condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi dalla ricorrente per effetto e a causa dell’attività provvedimentale assunta, nonché del comportamento complessivamente tenuto nella vicenda de qua dal Comune di (omissis);
quanto ai motivi aggiunti, depositati in data 25 febbraio 2014,
della nota 18 febbraio 2014 inviata alla ricorrente a mezzo pec alle ore 16,40 del medesimo 18 febbraio 2014, nella quale il Comune, area sviluppo territorio, comunica che, nell’attesa di conoscere l’esito dell’istanza cautelare fissata per il 20 febbraio 2014 e promossa da Si., proroga di 10 gg. il termine di 45 gg. che nell’anteriore ordinanza n. 1/2014 del 7 gennaio 2014, notificata il 9 gennaio 2014 ed oggetto del ricorso principale;
della nota 12 febbraio 2014 prot. 3309 del 14 febbraio 2014 inoltrata in pari data a mezzo fax, con la quale il Comune, area infrastrutture, in esito all’istanza 3 febbraio 2014 prot. 2365 inoltrata dalla ricorrente al fine di ottenere la proroga dei termini per la realizzazione della barriera antirumore ad essa assegnati nell’ordinanza n. 15 del 5 settembre 2013 e scadenti il 19 febbraio 2014, comunica a Si. che ritiene opportuno attendere le decisioni del Tar Lombardia, ai fini di valutare, successivamente, le motivazioni a supporto degli eventuali atti conseguenti;
quanto ai motivi aggiunti depositati in data 22 marzo 2014:
dell’ordinanza n. 4/14, prot.4902 del 4 marzo 2014 notificata in data 7 marzo 2014 con la quale il Comune di (omissis), sull’asserito presupposto che la barriera fonoassorbente oggetto di anteriore SCIA n. 101/2013 ed imposta dalla P.A. con precedente ordinanza n. 15 del 5 settembre 2013, debba osservare la distanza di mt. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, ordina alla ricorrente, non solo di non proseguire nell’attività edificatoria anteriormente intrapresa a seguito di detta SCIA, quanto anche di demolire le opere realizzate siccome asseritamente in contrasto con quanto previsto dall’art. 9 del d.m. 1444/1968;
e con condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi dalla ricorrente per effetto e a causa dell’attività provvedimentale assunta, nonché del comportamento complessivamente tenuto nella vicenda de qua dal Comune di (omissis);
ma veniva invece accolta la domanda risarcitoria, condannando il Comune appellante al pagamento di una somma da determinarsi ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a..
Dinanzi al giudice di prime cure, la società Si. s.a.s. di Sc. C. & C. (d’ora innanzi anche “Si.”), originaria ricorrente, evidenziava di essere un’azienda che svolge attività di commercio all’ingrosso di materiali ferrosi e non ferrosi. La sede dell’attività è ubicata nel territorio del Comune di (omissis) in via (omissis).
In data 22 ottobre 2013, Si. ha depositato presso il predetto Comune una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), finalizzata alla realizzazione di una barriera fonoassorbente atta a contenere le emissioni rumorose da essa provocate e causa di disturbo nei confronti della proprietà confinante.
Il Comune di (omissis), con provvedimento n. 1/2014 del 7 gennaio 2014, ha ordinato l’immediata sospensione dei lavori, ai sensi dell’art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, rilevando la violazione dei limiti di distanza fra fabbricati di cui all’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968.
Contro tale provvedimento è diretto il ricorso introduttivo. Si. propone inoltre domanda risarcitoria con riferimento ai danni provocatile dall’atto impugnato e dal comportamento complessivamente tenuto dall’Amministrazione intimata.
Si sono costituiti in giudizio, per opporsi all’accoglimento delle domande avverse, il Comune di (omissis) ed il sig. Al. Gu., proprietario dell’immobile confinate con quello della ricorrente.
Il T.A.R., con ordinanza n. 299 del 25 febbraio 2014, ha respinto l’istanza cautelare.
Nel frattempo, e precisamente in data 18 febbraio 2014, il Comune di (omissis) ha adottato un atto con il quale è stata disposta la proroga di 10 giorni dei termini, indicati nell’ordinanza di sospensione lavori n. 1/2014, per l’adozione di eventuali provvedimenti definitivi.
Contro tale provvedimento la ricorrente è insorta proponendo motivi aggiunti.
Infine, con ordinanza n. 4/2014 del 4 marzo 2014, il Comune di (omissis) ha ingiunto alla ricorrente la demolizione delle opere eseguite in attuazione della SCIA di cui è causa.
Contro questo provvedimento, l’interessata ha proposto i secondi motivi aggiunti, nei quali viene ribadita la domanda risarcitoria.
Il T.A.R., con ordinanza n. 530 del 18 aprile 2014, ha disposto la fissazione dell’udienza pubblica, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a.
In prossimità di questa, le parti hanno depositato memorie insistendo nelle proprie conclusioni.
Alla pubblica udienza del 6 novembre 2014, la causa veniva discussa e il ricorso deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte avverso i provvedimenti gravati ma riteneva fondata la domanda risarcitoria, ritenendo che il comportamento tenuto dall’ente locale avesse contribuito, sotto il profilo causale, alla realizzazione del danno subito dall’interessata per aver inutilmente dato corso ad un’attività edilizia successivamente considerata non conforme alla vigente normativa.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, censurando in appello il solo capo relativo alla condanna nei propri confronti, anche sotto il profilo dell’esistenza della giurisdizione.
Nel giudizio di appello, si è costituita Si. s.a.s. di Sc. C. & C. Al. Gu., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso. La società ha anche proposto appello incidentale, per ribadire la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, nonché il fatto che il Comune avrebbe fatto proprio il progetto di bonifica di Si. e ne avrebbe ordinata la realizzazione. In ultimo, l’appello incidentale verte anche sul quantum del risarcimento, dato che si vuole comprenda anche gli esborsi per la demolizione e per il corretto ripristino dello stato dei luoghi
All’udienza del 5 maggio 2015, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 1943 del 6 maggio 2015.
Alla pubblica udienza del 23 maggio 2015, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. – L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. – In via preliminare, occorre evidenziare che il thema decidendum del presente giudizio è limitato alla questione del risarcimento accordato all’originaria ricorrente contro il Comune appellante. Infatti, sia l’appello dell’ente locale che il ricorso incidentale proposto dalla società vertono unicamente su questo tema. Il che impone di considerare passate in giudicato le rimanenti statuizioni del T.A.R. in merito alla legittimità dei provvedimenti gravati in primo grado.
3. – Venendo quindi alle questioni inerenti il disposto risarcimento, viene prioritariamente in rilievo la questione, proposta nel primo motivo di appello, sulla erroneità della sentenza nella parte in cui dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, in luogo di quello ordinario, in relazione alla domanda risarcitoria avanzata in primo grado; illogicità della motivazione; travisamento. Secondo la prospettazione dell’appellante, trattandosi di danno dovuto ad attività legittima dell’amministrazione, la giurisdizione andava ritenuta in capo al giudice ordinario.
3.1. – La censura è fondata e va accolta.
Come appena evidenziato, la sentenza ha espressamente riconosciuto la legittimità dei provvedimenti gravati e, tuttavia, pur a conoscenza di un pacifico orientamento che attribuisce la giurisdizione in materia al giudice ordinario (da ultimo, Cass. civ., sez. un., 13 maggio 2019, n. 12635), ha ritenuto di poter procedere alla valutazione della domanda risarcitoria proposta dall’originaria ricorrente, ritenendo che nel caso in esame sussistessero posizioni di interesse legittimo, e non di diritto soggettivo, tali da radicare la giurisdizione in capo al giudice amministrativo.
Il Collegio ritiene invece di dover dare continuità all’orientamento consolidato, ribadendo che in materia la giurisdizione spetti al giudice ordinario. Come infatti espressamente chiarito, nelle ipotesi in cui risulta in particolari materie normativamente attribuita all’A.G.A. la giurisdizione, deve ritenersi che essa non si estenda ad “ogni controversia” in qualche modo concernente la materia devoluta alla relativa giurisdizione esclusiva, non essendo sufficiente il dato della mera attinenza ad essa della controversia, ma soltanto alle controversie che abbiano in concreto ad oggetto la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi espressione di pubblici poteri (cfr., con riferimento a differente ipotesi, Cass. civ., sez. un., 25 febbraio 2011, n. 4614. Cfr. altresì Cass. civ., sez. un., 25 febbraio 2016, n. 3732).
All’esito della sentenza Corte cost. n. 204 del 2004 emerge la giustiziabilità avanti all’A.G.O. delle controversie in cui si denunzino comportamenti configurati come illeciti ex art. 2043 c.c., per non avere la P.A. osservato condotte doverose, restando escluso il riferimento ad atti e provvedimenti di cui la condotta dell’amministrazione sia esecuzione, quando essi non costituiscano cioè oggetto del giudizio, per essersi fatta valere in causa unicamente l’illiceità della condotta dell’ente pubblico suscettibile di incidere sulla incolumità e i diritti patrimoniali del terzo (cfr., con riferimento a differente fattispecie, Cass. civ., sez. un., 18 ottobre 2005, n. 20117, ove si è precisato che in tali casi il giudice ordinario può condannare l’amministrazione non solo al risarcimento ma anche ad un facere specifico, senza violazione del limite interno delle sue attribuzioni), giacché la domanda non investe in tal caso scelte ed atti autoritativi dell’amministrazione ma solo un’attività da espletarsi secondo le normali regole di diligenza e prudenza (cfr. Cass. civ., sez. un., 28 novembre 2005, n. 25036) nel rispetto del principio del neminem laedere (cfr. Cass. civ., sez. un., 14 luglio 2017, n. 17547; Cass. civ., sez. un., 14 marzo 2011, n. 5926; Cass. civ., sez. un., 20 ottobre 2006, n. 22521).
Si è per altro verso sottolineato che la controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento danni, proposta da colui che deduca la lesione dell’affidamento ingenerato dal comportamento della P.A., rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cass. civ., sez. un., 22 giugno 2017, n. 15640) e che quindi la tutela risarcitoria può essere invocata davanti al giudice amministrativo soltanto quando il danno sia conseguenza immediata e diretta dell’illegittimità dell’atto impugnato (cfr. Cass. civ., sez. un., 23 gennaio 2018, n. 1654).
Conclusivamente, il primo motivo di diritto va accolto, comportando di conseguenza una pronuncia declinatoria della giurisdizione da parte del giudice amministrativo.
Ne deriva che le ulteriori ragioni di doglianza dell’appellante devono essere considerate assorbite e, parallelamente, deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso incidentale, tendente unicamente a conservare la statuizione in merito al risarcimento del danno, con eventuale riconoscimento di ulteriori poste aggiuntive.
4. – L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono ragioni per la compensazione delle spese processuali, date dalle oscillazioni giurisprudenziali nel caso in esame.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie l’appello n. 2415 del 2015 e, per l’effetto
a) annulla la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, 20 gennaio 2015 n. 218 nella parte in cui accoglie la domanda risarcitoria formulata nel giudizio;
b) dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla domanda risarcitoria formulata nel giudizio;
c) indica, quale giudice fornito di giurisdizione, il giudice ordinario, davanti al quale potrà essere riproposta la domanda entro il termine di cui all’art. 11 del codice del processo amministrativo, fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda e ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute;
2. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto da Si. s.a.s. di Sc. C. & C.;
3. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
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