La domanda di condanna del committente al pagamento

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 ottobre 2021| n. 29169.

La domanda di condanna del committente al pagamento.

In tema di appalto, la domanda di condanna del committente al pagamento non può essere accolta nel caso in cui quest’ultimo contesti l’adempimento dell’appaltatore e tale contestazione risulti fondata, non rilevando in tale contesto che l’inadempimento dell’appaltatore abbia scarsa importanza in quanto a tale nozione l’art. 1455 cod. civ. fa riferimento come limite alla domanda di risoluzione del contratto e non a quella volta ad ottenere il suo adempimento, stante l’esigenza di prevedere l’operatività del rimedio della risoluzione solo nel caso in cui il comportamento di una parte produca un effettivo pregiudizio all’interesse della parte non inadempiente, alterando il sinallagma funzionale

Ordinanza|20 ottobre 2021| n. 29169. La domanda di condanna del committente al pagamento

Data udienza 14 maggio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto d’opera – Realizzazione opere edili – Compensi – Contestazione adempimento – Irrilevanza scarsa importanza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 28219-2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SNC IN PERSONA DI LEGALI RAPP.TI E SOCI AMMINISTRATORI, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 756/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 06/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/05/2021 dal Consigliere Dott. GRASSO GIUSEPPE.

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda giudiziale, per quel che residua ancora d’utilita’, puo’ sintetizzarsi nei termini seguenti:
– accolta eccezione d’inadempimento ai sensi dell’articolo 1460 c.c., dei committenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), il Tribunale di Piacenza rigetto’ la domanda, con la quale l’appaltatore, (OMISSIS). s.n.c., aveva chiesto condannarsi i (OMISSIS) al pagamento del residuo compenso per le svolte opere edili;
– la Corte d’appello di Bologna, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dall’appaltatore, valutato il costo delle attivita’ necessarie ad assicurare al muro la necessaria stabilizzazione, condanno’ i committenti a corrispondere alla s.n.c. il residuo;
ritenuto che i committenti ricorrono avverso la sentenza d’appello sulla base di due motivi e che l’intimata resiste con controricorso;
considerato che il primo motivo, con il quale i ricorrenti denunziano l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, assumendo che la Corte locale aveva errato a non giudicare l’opera priva delle qualita’ essenziali, a nulla rilevando che il muro potesse essere stabilizzato attraverso l’intervento di ripristino suggerito dal ctu, non supera il vaglio d’ammissibilita’, per le ragioni che seguono:
– l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (si rimanda alla sentenza delle S.U. n. 8053/2014); non residuano spazi per ulteriori ipotesi di censure che investano il percorso motivazionale, salvo, appunto, l’ipotesi del difetto assoluto di motivazione, che qui non ricorre, avendo la sentenza impugnata accertato puntualmente, sulla scorta della ctu, che attraverso opera di “intervento stabilizzante” non distruttivo era possibile eliminare i difetti dell’opera, ponendo a carico dell’impresa appaltatrice il costo di esso;
ritenuto che con il secondo motivo i (OMISSIS) deducono violazione e falsa applicazione dell’articolo 1460 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, lamentando erroneita’ della sentenza per non essersi limitata, constatato l’inadempimento della controparte (pur parziale) a rigettarne la domanda, essendo precluso, a quel punto, la diversa opzione di quantificare il costo necessario per il ripristino a regola d’arte;
considerato che la censura deve essere rigettata, dovendosi osservare quanto segue:
– secondo l’indirizzo che piu’ convince “la domanda di condanna del committente al pagamento non puo’ essere accolta nel caso in cui quest’ultimo contesti l’adempimento dell’appaltatore e tale contestazione risulti fondata, non rilevando in tale contesto che l’inadempimento dell’appaltatore abbia scarsa importanza in quanto a tale nozione l’articolo 1455 c.c., fa riferimento come limite alla domanda di risoluzione del contratto e non a quella volta ad ottenere il suo adempimento, stante l’esigenza di prevedere l’operativita’ del rimedio della risoluzione solo nel caso in cui il comportamento di una parte produca un effettivo pregiudizio all’interesse della parte non inadempiente, alterando il sinallagma funzionale (Cass. n. 3472 del 2008; conf. altresi’ Cass. n. 98 del 2019; Cass. n. 936 del 2010)” (in senso difforme, Cass. n. 8912, 4/5/2016);
– tuttavia, la sentenza impugnata, al contrario di quel che affermano i ricorrenti, non si pone in contrasto con l’esposto principio, essendosi limitata a riconoscere all’impresa il compenso solo limitatamente all’opera utile, della quale i ricorrenti, diversamente, avrebbero goduto indebitamente, senza che, pertanto, abbia giudicato necessario che l’inadempimento fosse non di scarsa importanza al fine di giustificare l’eccezione d’inadempimento;
considerato che i ricorrenti vanno condannati a rimborsare le spese in favore dei controricorrenti, tenuto conto del valore, della qualita’ della causa e delle attivita’ svolte, siccome in dispositivo;
che ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore della controricorrente, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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