Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 28 maggio 2019, n. 14476.
La massima estrapolata:
La competenza ex art. 810 c.c. per la nomina dell’arbitro rimessa all’autorità giudiziaria è funzionale e inderogabile. L’inderogabilità di tale compentenza comporta però soltanto la nullità del lodo eventualmente emesso da arbitro nominato da altro giudice, ai sensi dell’art. 829, 1° comma, n° 2, c.p.c. per vizio attinente alla formalità prescritta per la nomina degli arbitri; ciò peraltro nei limiti in cui la relativa questione sia dedotta nel giudizio arbitrale. Essa non può invece riverberarsi sulla validità della convenzione arbitrale.
Ordinanza 28 maggio 2019, n. 14476
Data udienza 31 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28454/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
per il regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 3285/2017, depositata il 6 novembre 2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 31 gennaio 2019 dal Consigliere Emilio Iannello.
lette le conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Fresa Mario che ha chiesto che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, rigetti il ricorso per regolamento di competenza, con le conseguenze di legge.
RILEVATO
che:
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, pronunciando nella fase a cognizione piena di procedimento di convalida di sfratto per morosita’ (la cui fase sommaria si era conclusa con ordinanza che, oltre a negare la chiesta convalida in ragione dell’opposizione della parte intimata, aveva anche respinto la richiesta di emissione di ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile), ha dichiarato il proprio difetto di competenza in relazione alla convenzione d’arbitrato rituale contenuta nell’articolo 14 del contratto di locazione.
Ha infatti ritenuto infondata l’eccezione di nullita’ di tale clausola per essere in essa previsto, per il caso di mancato accordo delle parti sulla scelta dell’arbitro, la rimessione della stessa alla decisione del Presidente del Tribunale di Napoli, in contrasto con la previsione di cui all’articolo 810 c.p.c., comma 2, che, a tal fine, attribuisce la competenza al presidente del tribunale nel cui circondario e’ la sede dell’arbitrato o, in mancanza di determinazione della sede, al presidente del tribunale del luogo in cui e’ stata stipulata la convenzione di arbitrato (nella specie, Santa Maria Capua Vetere).
Il giudice a quo ha in proposito ritenuto che tale competenza e’ bensi’ funzionale e inderogabile ai sensi dell’articolo 28 c.p.c., ma che nondimeno non puo’ farsi discendere dalla deroga contenuta nella clausola compromissoria la nullita’ dell’intera convenzione; piuttosto -ha affermato – la disposizione pattizia puo’ considerarsi semplicemente inefficace e supplita dalla previsione (imperativa) di cui alla norma codicistica.
2. Avverso tale provvedimento la (OMISSIS) S.r.l. (societa’ locatrice che aveva intimato lo sfratto) propone istanza di regolamento di competenza sulla base di due motivi.
Vi resiste controparte, (OMISSIS) S.r.l., depositando memoria.
Dovendo il procedimento trattarsi ai sensi dell’articolo 380-ter c.p.c., e’ stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne e’ stata fatta notificazione unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362, 1366, 1367 e 1419 c.c., e degli articoli 28, 809 e 810 c.p.c., nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Secondo la ricorrente la decisione impugnata sarebbe errata in quanto avrebbe violato le norme in tema di ermeneutica contrattuale ed avrebbe omesso l’esame di un fatto decisivo e controverso, non dando peso alla comune intenzione delle parti, alla luce della quale, una volta accertata – nella previsione contrattuale – la violazione delle norme sulla competenza territoriale inderogabile, contenuta nella clausola arbitrale (determinata dal riferimento al Presidente del Tribunale di Napoli, anziche’ al Presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere), avrebbe dovuto dichiarare la nullita’ dell’intera clausola arbitrale e, conseguentemente, la competenza del giudice ordinario a statuire nel merito.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia poi, ancora ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c. nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla statuizione sulle spese, poste a suo carico.
Sostiene infatti che lo svolgimento del giudizio, in esso comprendendo anche il procedimento speciale di convalida e il comportamento processuale della controparte (non comparsa nella data fissata per l’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione), avrebbe dovuto indurre a compensare per intero le spese.
3. Giova preliminarmente rilevare che correttamente la questione di validita’ della clausola arbitrale e’ sottoposta all’esame di questa Corte con istanza di regolamento di competenza, atteso che: a) non risulta ancora introdotto il giudizio arbitrale; b) la questione e’ dedotta proprio al fine di negare la devoluzione ad arbitri della controversia in ragione della quale l’adito giudice ordinario ha declinato la propria competenza.
In proposito la giurisprudenza di questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire che, “ai sensi dell’articolo 819-ter c.p.c., u.c., cosi’ come novellato dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 22, in pendenza del procedimento arbitrale non possono proporsi all’autorita’ giudiziaria domande aventi ad oggetto l’invalidita’ o inefficacia della convenzione d’arbitrato, dovendosi ritenere, per converso, che possa essere proposta una domanda giudiziale intesa ad ottenere la declaratoria della invalidita’ o dell’inefficacia della convenzione, quando non sia stata introdotta una controversia davanti agli arbitri sulla base della convenzione stessa. L’invalidita’ o l’inefficacia della convenzione d’arbitrato puo’ essere invocata davanti all’autorita’ giudiziaria con autonoma domanda di accertamento, o unitamente alla domanda relativa al rapporto cui la clausola compromissoria troverebbe applicazione, ovvero, ancora, in via di controeccezione proposta dalla parte attrice, allorche’ la parte convenuta abbia eccepito l’esistenza della clausola compromissoria invocando la competenza arbitrale. Ove avverso la decisione del giudice di merito, affermativa o negativa della competenza arbitrale, venga proposto regolamento di competenza, detto giudizio compete alla Corte di cassazione, nell’ambito dei poteri di statuizione sulla competenza” (Cass. 04/08/2011, n. 17019).
4. Sempre in via preliminare occorre rilevare l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilita’, per tardivita’, dell’istanza di regolamento, opposta sull’assunto che una pronuncia declinatoria della competenza del giudice ordinario, in favore degli arbitri, era gia’ contenuta nell’ordinanza emessa a conclusione della fase sommaria, reiettiva della domanda di emissione di ordinanza provvisoria di rilascio.
Tale ordinanza, allegata alla memoria, non contiene una statuizione definitiva sulla competenza, ma si limita in parte motiva a svolgere considerazioni sulla sussistenza e validita’ della clausola arbitrale, tali da determinare una prognosi di fondatezza dell’eccepita incompetenza, funzionale alla sola valutazione (negativa) dei presupposti per l’emissione dell’ordinanza di rilascio.
In tema, questa Corte ha gia’ condivisibilmente evidenziato che “nel procedimento per convalida di sfratto, la questione di competenza, come ogni altra questione volta a contestare la domanda di merito, puo’ ben essere sollevata gia’ nell’udienza di comparizione, anche al fine di contrastare l’accoglimento dell’eventuale istanza intesa ad ottenere l’ordinanza di rilascio, ma il suo esame e’ compiuto nella stessa sede in funzione della sola decisione su tale domanda incidentale, sicche’ un’espressa decisione sulla questione di competenza non la si puo’ qualificare come sentenza, dovendo detta questione essere comunque decisa nel conseguente giudizio a cognizione piena sulla domanda di merito. Ne consegue che e’ inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso una decisione sulla competenza che sia stata adottata all’esito della fase a cognizione sommaria del suddetto procedimento unitamente al provvedimento di rilascio con riserva delle ulteriori eccezioni dell’intimato (come verificatosi nella specie)” (v. ex multis Cass. 18/02/2008, n. 4016).
5. Nel merito il ricorso si appalesa infondato.
La competenza prevista dall’articolo 810 c.p.c., comma 2, per la nomina dell’arbitro rimessa all’autorita’ giudiziaria, secondo pacifico orientamento della ricorrenza di legittimita’, e’ funzionale e inderogabile.
L’inderogabilita’ di tale competenza comporta pero’ soltanto la nullita’ del lodo eventualmente emesso da arbitro nominato da altro giudice, ai sensi dell’articolo 829 c.p.c., comma 1, n. 2, per vizio attinente alla formalita’ prescritta per la nomina degli arbitri (v. Cass. 12/11/1992, n. 1218); cio’ peraltro nei limiti in cui la relativa questione sia dedotta nel giudizio arbitrale (v. Cass. 23/03/2006, n. 6425; 23/05/2000, n. 6698; 11/12/1999, n. 13866).
Essa invece non puo’ giammai riverberarsi sulla validita’ della convenzione arbitrale, sia perche’ trattasi pur sempre di previsione pattizia destinata a regolare un’ipotesi solo residuale, quella cioe’ del mancato accordo tra le parti sulla scelta dell’arbitro, sia, comunque, perche’, la previsione di un foro inderogabile opera, nel processo, similmente al meccanismo di sostituzione di diritto previsto dall’articolo 1419 c.c., comma 2, per le clausole nulle in contrasto con norme imperative.
Pienamente corretto, in quanto sostanzialmente coerente con la suddetta impostazione, si appalesa pertanto il provvedimento impugnato.
5.1. Del tutto inconferente, per contro, si rivela la censura svolta con riferimento ai criteri legali di ermeneutica contrattuale.
La sentenza impugnata, invero, esclude la dedotta invalidita’ della convenzione arbitrale non gia’ in virtu’ di una interpretazione della stessa che ne tradisca il contenuto e significato (volto ad attribuire la competenza per la nomina giudiziale dell’arbitro a giudice diverso da quello che l’avrebbe secondo il criterio inderogabilmente fissato per legge), ma piuttosto, ben diversamente, posto tale indubbio e non diversamente interpretato contenuto, ne esclude il rilievo invalidante dell’intera convenzione d’arbitrato per ragioni legate al carattere meramente sussidiario della clausola, inidoneo a precludere il funzionamento della convenzione medesima.
Pienamente condivisibile appare, in tal senso, il rilievo svolto dal pubblico ministero nella propria conclusione, secondo cui “il richiamo delle parti al Presidente del Tribunale di Napoli ai fini della scelta dell’arbitro trova un senso solo con riferimento all’esigenza che, in difetto di accordo tra le parti, sia un giudice terzo a provvedere all’incombente.
Non pare vincolante, ai fini della validita’ della clausola, la circostanza che la scelta debba essere effettuata dal Presidente del Tribunale di Napoli e non dal Presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, inderogabilmente competente secondo le previsioni normative.
Il riferimento espresso nella clausola compromissoria sembra davvero dovuto al mancato approfondimento, ad opera delle parti contrattuali, alle norme in tema di inderogabilita’ della competenza per territorio in casi del genere. In altri termini, l’impraticabilita’ della soluzione subordinata proposta dalle parti non sembra condizionare la validita’ della clausola compromissoria, neppure in parte, ben potendo nel caso di specie trovare applicazione l’articolo 1419 c.c., comma 2, con relativa sostituzione della previsione contrattuale che demanda la scelta dell’arbitro al presidente di un tribunale incompetente, con la norma imperativa che attribuisce il menzionato potere di scelta al presidente del tribunale competente”.
5.2. Palesemente inammissibile e’ poi il vizio di omesso esame di fatto decisivo, sia perche’ la doglianza fa riferimento a meri argomenti di prova (il comportamento processuale ed extraprocessuale della controparte), peraltro senza l’osservanza degli oneri di specificita’ e autosufficienza richiesti dall’articolo 366 c.p.c., n. 6, sia perche’ l’argomento medesimo e’ posto in funzione di mera questione di diritto (la validita’ della convenzione di arbitrato a fronte di clausola derogatoria alla competenza prevista dall’articolo 810 c.p.c., comma 2, per la nomina giudiziale dell’arbitro).
E’ noto infatti che non puo’ configurarsi vizio di motivazione in relazione a questioni di mero diritto. Cio’ in quanto il giudice di legittimita’ e’ investito, a norma dell’articolo 384 c.p.c., del potere di integrare e correggere la motivazione della sentenza impugnata, con la conseguenza che, se chiamato a valutare la conformita’ a diritto della decisione impugnata, la sua valutazione ben puo’ prescindere dalla motivazione che, in punto di diritto, sia contenuta nella sentenza impugnata, restando del tutto irrilevante anche l’eventuale mancanza di questa, quando il giudice del merito sia, comunque, pervenuto ad una esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame (v. ex multis Cass. 17/11/1999, n. 12753).
6. Il secondo motivo e’ poi inammissibile.
Costituisce infatti jus receptum il principio secondo cui, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione e’ limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunita’ di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (v. e pluribus Cass. 17/10/2017, n. 24502; 04/08/2017, n. 19613; 31/03/2017, n. 8421; 19/06/2013, n. 15317).
La doglianza peraltro e’ fondata sul rilievo della soccombenza della controparte nella fase a cognizione sommaria del procedimento di convalida di sfratto: rilievo infondato sia in diritto (posto che trattasi di provvedimento non definitivo, pronunciato al termine di una cognizione sommaria, come tale inidoneo ad assumere alcun rilievo ai fini della valutazione della soccombenza, da rapportare all’esito finale del giudizio), sia in fatto, atteso che, come si ricava dalla sentenza impugnata, la richiesta di emissione di ordinanza di immediato rilascio e’ stata respinta.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
7. Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la tardivita’ della memoria difensiva depositata dall’intimata.
Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il termine previsto dall’articolo 47 c.p.c., u.c., “ha carattere ordinatorio e, pertanto, la scrittura difensiva depositata tardivamente puo’ essere presa in considerazione anche agli effetti delle spese processuali”, ma cio’ soltanto “in difetto di opposizione della controparte” (Cass. 25/03/2013, n. 7462; 21/12/2010, n. 25891; 18/04/2000, n. 5030; 30/03/1999, n. 3075): opposizione nella specie sussistente, avendo la ricorrente, come detto, depositato memoria nella quale ha espressamente eccepito la tardivita’ del deposito in cancelleria della memoria avversaria.
Ricorrono le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e dichiara la competenza arbitrale.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
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