Intercettazioni non c’è violazione del diritto di difesa per la mancata consegna dei file registrati

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 26 marzo 2019, n. 13074.

La massima estrapolata:

In tema di intercettazioni non c’è violazione del diritto di difesa per la mancata consegna dei file registrati, se anche il Gip ha avuto i soli brogliacci e su quelli ha basato la richiesta di custodia cautelare in carcere. Il vulnus è escluso anche dalla rispondenza tra le registrazioni audio e gli “appunti” della polizia giudiziaria.

Sentenza 26 marzo 2019, n. 13074

Data udienza 23 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 27/09/2018 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Cerroni Claudio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto FIMIANI Pasquale, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi;
udito per i ricorrenti l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 27 settembre 2018 il Tribunale di Roma, quale Giudice del riesame delle misure cautelari personali, ha confermato l’ordinanza del 19 luglio 2018 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri, in forza della quale era stata applicata a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), indagati per i reati di cui all’articolo 110 c.p., L. 20 febbraio 1958, n. 75, articolo 3, n. 5 e n. 8, articolo 4, n. 1; articoli 56 e 110 c.p., L. n. 75 del 1958, articolo 3 n. 5 e n. 8, articolo 4 n. 1; articoli 81, 110, 582 e 585 c.p., articolo 577 c.p., n. 1, articolo 61 c.p., n. 2 e n. 4; articolo 110 e 81 c.p., articolo 610 c.p., commi 1 e 2, articolo 61 c.p., nn. 2 e 4, la misura della custodia cautelare in carcere.
2. Avverso la predetta decisione sono stati proposti separati ricorsi per cassazione, tutti articolati su tre motivi di impugnazione.
3. Ricorso (OMISSIS);
3.1. Col primo motivo il ricorrente, tenuto conto del rilievo attribuito a tali documenti e deducendo violazione di legge in riferimento all’articolo 291 c.p.p., e articolo 309 c.p.p., commi 5 e 10, ha ribadito che l’eccezione difensiva a suo tempo formulata – quanto alla mancata trasmissione dei files audio e non dei soli brogliacci relativi alle disposte intercettazioni, nonche’ della trascrizione integrale delle sommarie informazioni rese dalla persona offesa – era volta a sottolineare la lesione del diritto alla difesa, laddove sarebbe stato onere del Pubblico Ministero mettere a disposizione della difesa tutti gli atti presenti con la richiesta di misura cautelare, nonche’ i files audio delle conversazioni intercettate ritenute utili.
3.2. Col secondo motivo il ricorrente, quanto ai gravi indizi di colpevolezza, ha osservato che l’ordinanza impugnata, sia pure dando conto delle versioni contrastanti rese nel tempo dalla persona offesa, aveva offerto una spiegazione apparente e slegata dagli atti del processo. Al contrario, le condotte descritte nei capi di imputazione non trovavano conferma nelle dichiarazioni della persona offesa, mentre il degrado fisico di costei risaliva ad epoca antecedente rispetto ai fatti di causa, contrariamente alla sua pretesa di addebitarlo alle violenze subite dagli indagati.
In ogni caso, il provvedimento impugnato aveva osservato che le dichiarazioni della persona offesa trovavano riscontro anche nelle dichiarazioni del (OMISSIS), invero smentite laddove – a fronte dei segni dell’aggressione subita dalla (OMISSIS) – costui aveva dichiarato di non avere notato alcunche’. Ne’ era stato considerato, nonostante le censure formulate, che gran parte delle condotte non potevano essere riferibili allo stesso ricorrente, quali i versamenti eseguiti su una carta postale della (OMISSIS).
3.3. Col terzo motivo il ricorrente ha osservato che le esigenze cautelari erano state trattate con genericita’ ed in modo presuntivo, assumendo la possibile reiterazione delle condotte in ragione della spregiudicatezza dimostrata, nonche’ la capacita’ di sfruttamento della prostituzione altrui mediante l’utilizzo di mezzi informatici. In realta’ era stata fornita una motivazione palesemente carente circa le specifiche esigenze cautelari, omettendo di valutare l’episodicita’ del fatto, l’incensuratezza del ricorrente ma soprattutto omettendo di allegare concreti elementi su attualita’ e concretezza del pericolo di reiterazione.
4. Ricorso (OMISSIS);
4.1. Il primo motivo di impugnazione ha riproposto le argomentazioni sub 3.1;
4.2. Col secondo motivo, in aggiunta a quanto gia’ ricordato ed in relazione ai versamenti di denaro da parte della persona offesa sul conto della ricorrente, quest’ultima – a giustificare le operazioni in favore del proprio conto – ha richiamato il rapporto conflittuale, siccome evidenziato, della persona offesa con i propri familiari, circostanze che l’ordinanza impugnata non aveva inteso considerare.
4.3. Il terzo motivo richiama quanto censurato sub 3.3..
5. Ricorso (OMISSIS);
5.1. La ricorrente ha sviluppato identici argomenti rispetto alla (OMISSIS).
6. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilita’ dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

7. I ricorsi sono infondati.
8. In relazione alla comune censura processuale proposta, va osservato che l’udienza per la discussione della richiesta di riesame era stata fissata per il 4 settembre 2018. In data 29 agosto 2018 e’ pervenuta al Pubblico ministero la richiesta di produzione “nel fascicolo del riesame” dei files audio delle conversazioni oggetto di intercettazione. Del pari, come e’ stato dato conto dallo stesso Tribunale del riesame, in eguale data e’ stata richiesta la trasmissione della registrazione delle sommarie informazioni rese il 6 luglio (e non ovviamente il 6 ottobre) 2018 dalla persona offesa.
In detta istanza era precisato che la produzione dei files avrebbe potuto essere decisiva in sede di riesame.
Al riguardo, il provvedimento impugnato ha dato atto che l’invio era avvenuto, in relazione a tutti i progressivi indicati dalla difesa, attesa la trasmissione avvenuta da parte del Pubblico ministero il 4 settembre 2018. Quanto alle dichiarazioni della persona offesa, il Giudice delle indagini preliminari aveva posto a fondamento della decisione la trascrizione delle sommarie informazioni rese dalla giovane, dal momento che la registrazione stessa – in esito a scelta legittima del Pubblico ministero – non era stata trasmessa allo stesso G.i.p..
8.1. Cio’ posto, ed in relazione a tale seconda questione, e’ la stessa parte ricorrente (cfr. pagg. 6-7 dei ricorsi) a dare conto che il Pubblico ministero deve mettere a disposizione della difesa tutti gli atti presenti con la richiesta di misura cautelare.
Non e’ stato neppure contestato il rilievo del Tribunale del riesame, secondo il quale il Pubblico Ministero non aveva trasmesso neppure al Giudice per le indagini preliminari la registrazione delle dichiarazioni, ma solamente la trascrizione delle sommarie informazioni.
Invero, in proposito, e’ appena il caso di ricordare che, in tema di misure cautelari, il Pubblico ministero non ha l’obbligo di mettere a disposizione del G.i.p., prima, e del Tribunale del riesame, dopo, gli atti di indagine nella loro integralita’ (Sez. 6, n. 18448 del 08/04/2016, Provenzano, Rv. 266928; Sez. 2, n. 43445 del 02/07/2013, Savarese e altri, Rv. 257662). Ed invero parte ricorrente ha appunto ribadito il concetto, pacifico ma ininfluente, che in ipotesi di tardiva ovvero omessa trasmissione degli atti ritenuti determinanti per la decisione vi e’ inefficacia della misura cautelare.
8.2. In relazione alla produzione dei files, vero e’ che la richiesta del difensore volta ad accedere, prima del loro deposito ai sensi dell’articolo 268 c.p.p., comma 4, alle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti “brogliacci” di ascolto, utilizzati ai fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, determina l’obbligo per il pubblico ministero di provvedere tempestivamente solo quando il difensore specifica che l’accesso e’ finalizzato alla presentazione di un’istanza di riesame (Sez. 4, n. 24866 del 28/05/2015, Palma, Rv. 263729).
8.2.1. Cio’ posto, da un lato il Pubblico ministero aveva provveduto alla relativa produzione, ma dall’altro non puo’ non osservarsi che la difesa, ancorche’ fosse stata resa edotta dal contenuto dell’ordinanza genetica in ordine al ritenuto rilievo dell’attivita’ captatoria (altrimenti non si giustificherebbe, all’evidenza, la richiesta di produzione di detti files), non ha in primo luogo ritenuto di sollecitare i rispettivi assistiti a richiedere alcun differimento dell’udienza a norma dell’articolo 309 c.p.p., comma 9-bis.
Al riguardo, infatti, se tale disposizione costituisce un’eccezionale ipotesi di dilazione di un termine di decisione, cosi’ breve ed assistito da forte sanzione processuale solo e soltanto nell’interesse del soggetto destinatario della misura cautelare ad avere una tempestiva decisione, e’ d’altronde del tutto ragionevole che al destinatario della misura venga riconosciuto il diritto ad una breve dilazione per la realizzazione e la tutela concreta delle sue esigenze difensive (cfr. in motivazione, Sez. 2, n. 51932 del 29/05/2018, Talevi, non mass.).
Se quindi – nelle insindacabili determinazioni difensive – non e’ stato ritenuto di ricorrere a tale facolta’, e’ stato anche ad es. osservato che, in tema di riesame, l’omesso deposito del cosiddetto “brogliaccio” di ascolto e dei files audio delle registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione non e’ sanzionato da nullita’ o inutilizzabilita’, dovendosi ritenere sufficiente la trasmissione, da parte del P.M., di una documentazione anche sommaria ed informale, che dia conto sinteticamente del contenuto delle conversazioni riferite negli atti della polizia giudiziaria, fatto salvo l’obbligo del Tribunale di fornire congrua motivazione in ordine alle difformita’ specificamente indicate dalla parte fra i testi delle conversazioni telefoniche richiamati negli atti e quelli risultanti dall’ascolto in forma privata dei relativi files audio (Sez. 6, n. 22570 del 11/04/2017, Cassese e altro, Rv. 270036).
8.2.2. Alla stregua dei rilievi che precedono, quindi, i files risultano depositati in adempimento della richiesta formulata comunque in limine dalla difesa, e dall’esame del verbale dell’udienza del riesame (cui la Corte ha accesso, stante la natura del vizio denunciato) risulta altresi’ che tali documenti erano stati posti a disposizione della difesa gia’ nel precedente pomeriggio del 3 settembre. In ogni caso, comunque, ne’ in tale sede ne’ in seguito, ed in particolare con questo ricorso, sono state dedotte divergenze di alcun genere tra il contenuto dei cd. brogliacci e quanto eventualmente ricavato dall’ascolto dei documenti sonori.
8.2.3. In definitiva, quindi, non risulta concretamente maturata alcuna lesione ai diritti della difesa.
9. In ordine poi al secondo motivo di impugnazione, il provvedimento impugnato non ha affatto evitato di confrontarsi con i problemi sollevati dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa, dando conto delle modifiche anche sostanziali nella narrazione svolta (in ordine ai soggetti che l’avrebbero aggredita, alla durata nel tempo delle sevizie, al coinvolgimento di una ovvero di tutte e tre le persone indagate, all’identita’ di chi le avrebbe imposto tatuaggi o tagli di capelli), altresi’ evidenziando le plurime versioni circa il momento in cui la ragazza, sulla cui fragilita’ personale residuano ben pochi dubbi, ha accentuato il proprio crollo psicofisico (se in occasione della morte della madre, ovvero in coincidenza dell’opera congiunta dei tre odierni ricorrenti).
In proposito, contrariamente ai rilievi di parte ricorrente, alle contestazioni e’ stata fornita adeguata risposta, atteso che alla deposizione del (OMISSIS) (il quale non si sarebbe accorto di lividi ed ecchimosi anche in zona orbitaria, ricevendo alle 5 del mattino la persona offesa nel proprio bar) e’ stata data ragionevole diversa spiegazione. Mentre le ragioni del tracollo fisico (concretizzato in un notevole aumento di peso, tant’e’ che, dopo averla vista, qualche cliente aveva anche rifiutato di proseguire l’incontro mercenario) sono state collocate, in esito alla deposizione del padre biologico, in un momento oggettivamente successivo rispetto al doloroso decesso della madre.
9.1. Il provvedimento impugnato, in realta’ ed ai fini cautelari, ha somministrato ampio riscontro alle dichiarazioni della donna, legando in una coerente lettura interpretativa tanto il rinvenimento di oggetti atti ad offendere coincidenti col racconto della (OMISSIS) circa le violenze subite – quanto i negativi giudizi di due clienti circa il degradato aspetto della donna ed il contesto ambientale, aggressivo e minaccioso, formato dal ricorrente e dalla (OMISSIS); tanto i ricordi dei vicini di casa, che avevano rievocato le urla, gli strepiti e le minacce anche di natura economica provenienti dall’abitazione occupata dalla stessa (OMISSIS) e nella quale si trovava anche la persona offesa, quanto i movimenti contabili tutti effettuati in favore della medesima indagata, a sua volta contraddetta nelle giustificazioni rese circa l’affermata esclusiva disponibilita’ degli importi in favore della vittima; tanto i referti sanitari quanto le intercettazioni in ospedale ad Albano Laziale, laddove sono emersi i tentativi delle due donne, concordemente tesi a raccomandare alla (OMISSIS) stessa di insistere nella versione dei “due marocchini” quali aggressori.
In particolare, poi, quanto alla parziale divergenza di posizioni tra il (OMISSIS) e le due donne, il provvedimento impugnato ha – con motivazione certamente non illogica – altresi’ distinto i momenti iniziali delle contestate vessazioni e dell’evidenziato sfruttamento sessuale della persona offesa, comunque enucleando i rispettivi ambiti di responsabilita’. In ordine a tali aspetti il ricorso si arresta in una generica censura, neppure specificando punti e questioni che, senza alcuna autonoma valutazione, sarebbero transitati dalle richieste del Pubblico ministero all’ordinanza genetica, ed infine da questa al provvedimento impugnato. Laddove in ogni caso della deposizione (OMISSIS) era stato tenuto ragionevole conto, mentre delle altre dichiarazioni assunte, segnatamente legate al momento del crollo fisico della donna, il provvedimento impugnato ha fornito la propria chiave interpretativa, valorizzando le deposizioni del padre e dei clienti (i piu’ attenti, evidentemente, all’aspetto fisico della donna con la quale congiungersi a pagamento).
10. Egualmente infondato e’ il terzo motivo di impugnazione.
In particolare, infatti, quanto al paventato rischio di inquinamento probatorio, esso in realta’ non viene contestato dai ricorrenti, laddove il provvedimento impugnato ha fatto riferimento ai ricordati tentativi di indirizzare la versione della vittima nonche’, quanto alla scelta della misura, all’idoneita’ della sola detenzione carceraria al fine di scongiurare il pericolo di contatto con la vittima e con altri testi, stante l’esplicata capacita’ di indurre soggezione psicologica in particolare nei confronti della (OMISSIS), gia’ in passato condizionata anche da pratiche pseudo-religiose.
Al riguardo, infatti, il pericolo per l’acquisizione o la genuinita’ della prova, richiesto dall’articolo 274 c.p.p., lettera a), per l’applicazione delle stesse, deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola dell’id quod plerumque accidit, che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti (Sez. 6, n. 29477 del 23/03/2017, Di Giorgi e altri, Rv. 270561). Ed in specie le considerazioni specificamente addotte, tra l’altro neppure contrastate, appaiono del tutto sufficienti ad integrare il requisito cautelare.
10.1. Ne’, in ogni caso, proprio in ragione del peculiare rapporto con la persona offesa ed anche a prescindere dalle assorbenti considerazioni svolte, vanno condivisi i rilievi di parte in ordine al difetto di concretezza ed attualita’ del pericolo di reiterazione della condotta.
Vero e’, infatti, che detto pericolo deve essere non solo concreto – fondato cioe’ su elementi reali e non ipotetici – ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuita’ del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalita’ dell’accusato, desumibile anche dalle modalita’ del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facolta’ del giudice (Sez. 4, n. 47837 del 04/10/2018, C., Rv. 273994; Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Cimieri, Rv. 271216).
L’analisi al riguardo compiuta dal provvedimento impugnato e’ del tutto esaustiva, proprio in relazione – tenuto conto della peculiarita’ della vicenda – al rapporto instaurato con la vittima ed al pericolo, correttamente evidenziato sotto l’aspetto della ragionevole probabilita’, di una ripresa dei deleteri contatti tesi tanto alla reiterazione dello sfruttamento quanto alla possibile intrusione probatoria.
11. In conclusione, pertanto, tutti i motivi di impugnazione non sono fondati.
Ne consegue il rigetto dei ricorsi, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
11.1. Si manda infine alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma dell’articolo 52 Decreto Legislativo n. 196 del 2003 in quanto imposto dalla legge.

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