Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 20447.
Inquinamento acustico e la protezione acustica di ciascun vano all’interno della proprietà
In tema di inquinamento acustico, i valori e le prescrizioni di cui alla l. n. 447 del 1995 e al d.p.c.m. del 5 dicembre 1997 sono volti a garantire la protezione acustica di ciascuna distinta unità immobiliare o non anche quella relativa a ciascun vano all’interno di quest’ultima, di talché l’indice di valutazione del potere fonoisolante apparente che caratterizza la capacità di un elemento divisorio di abbattere il rumore, opera soltanto quando tale elemento sia posto in opera tra due locali appartenenti a distinte unità immobiliari.
Sentenza|| n. 20447. Inquinamento acustico e la protezione acustica di ciascun vano all’interno della proprietà
Data udienza 24 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: APPALTO PRIVATO – DIFFORMITA’ E VIZI DELL’OPERA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere
Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. PIRARI Valeria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 28618/2017) proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi, in virtu’ di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS) e domiciliati “ex lege” presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione, in Roma, Piazza Cavour;
– ricorrenti –
nonche’ da
(OMISSIS), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– altro ricorrente –
contro
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– controricorrenti –
e
(OMISSIS), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale rilasciata su foglio allegato al controricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in (OMISSIS);
– altro controricorrente –
nonche’
(OMISSIS), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale rilasciata su foglio allegato al controricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in (OMISSIS);
– ulteriore controricorrente –
e
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta su separato foglio allegato al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– altra controricorrente –
nonche’
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtu’ di procura speciale apposta a margine del controricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in (OMISSIS);
– ulteriore controricorrente –
oltre che
(OMISSIS), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente avverso il ricorso proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) –
e
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– altra controricorrente –
nonche’
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, e (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 4055/2017 (pubblicata in data 26 settembre 2017);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 maggio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito il P.M., in persona del Sostituto P.G. Aldo Ceniccola, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso di (OMISSIS) limitatamente al secondo motivo e per l’accoglimento del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente al primo e al quinto motivo, rigettati entrambi nel resto;
sentiti gli Avv.ti (OMISSIS), per i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS), per il ricorrente (OMISSIS); (OMISSIS) (in virtu’ di delega), per i controricorrenti (OMISSIS) e gli altri, costituiti unitamente alla stessa, come indicati in intestazione; Elettra Bianchi (in virtu’ di delega) per l’ (OMISSIS) s.p.a..
Inquinamento acustico e la protezione acustica di ciascun vano all’interno della proprietà
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto di citazione del 2 agosto 2011, i sigg. (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Nella costituzione dei convenuti, i quali – oltre a contestare l’applicabilita’ nel caso di specie dell’articolo 1669 c.c. ed a sostenere l’infondatezza dell’avversa pretesa – chiedevano la chiamata in causa, onde accertarne la responsabilita’ esclusiva, degli ingegneri (OMISSIS) e (OMISSIS) (che avevano curato l’aspetto dell’acustica con le loro successive relazioni del 19 settembre 2008 e 27 ottobre 2008) e, comunque, a titolo di garanzia e manleva, della (OMISSIS) s.p.a. (con l’ulteriore autorizzazione alla chiamata in causa, sempre in manleva, della (OMISSIS) P.L.C. e dell’ (OMISSIS) s.p.a.), il Tribunale di Monza, con sentenza n. 910/2015 accoglieva la domanda principale.
2. Decidendo sui distinti appelli interposti, rispettivamente, l’uno dal citato arch. (OMISSIS) e l’altro dai menzionati arch. (OMISSIS) e ing. (OMISSIS), riuniti i due giudizi ex articolo 335 c.p.c., la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 4055/2017, respingeva l’appello proposto dall’arch. (OMISSIS) e accoglieva parzialmente quello incidentale proposto dai due professionisti (OMISSIS), rideterminando, al riguardo, l’aliquota i.v.a. sugli importi liquidati dal primo giudice a titolo di risarcimento del danno nella minor misura del 10%, confermando nel resto l’impugnata sentenza e provvedendo alla regolazione delle spese dei complessivi rapporti processuali.
2.1. In particolare, per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte territoriale riteneva infondate tutte le censure mosse dall’arch. (OMISSIS).
Nello specifico, non condivideva il motivo di gravame con il quale lo stesso aveva sostenuto di essere estraneo ai fatti di causa per essersi dimesso dall’incarico subito dopo la presentazione del progetto di massima, e cio’ sul presupposto che la predisposizione del progetto edilizio costituisce ex se una fase preparatoria, strumentalmente preordinata all’attuazione dell’opera, e dovendo il progettista assicurare la conformita’ del progetto alla normativa urbanistica e a quella amministrativa autorizzativa anche in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, circostanza non dimostrata dal (OMISSIS) in giudizio.
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Parimenti infondate erano le censure secondo le quali alla fattispecie non si sarebbe dovuta applicare la previsione di cui all’articolo 1669 c.c., in quanto l’appellante non aveva ne’ dimostrato che controparte aveva esercitato la garanzia fuori dal termine di decadenza di un anno dalla scoperta dei vizi delle opere, ne’ addotto adeguate motivazioni, per cui fra i vizi coperti dalla tutela in questione non dovesse rientrare l’importante aspetto dell’isolamento acustico.
Ugualmente priva di fondamento si prospettava la terza doglianza dell’arch. (OMISSIS), con la quale egli aveva dedotto che il primo giudice fosse incorso in errore nel ritenere la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti di cui alla L. n. 447 del 1995, articolo 3, comma 1, lettera e), applicabile “nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore della legge comunitaria (2008)”, sul presupposto che era scaduta nel luglio 2010 la delega governativa per l’aggiornamento del D.P.C.M. del 5.12.1997.
Accertato che le unita’ immobiliari dedotte in controversia era state ultimate prima dell’entrata in vigore della L. n. 88 del 2009, la Corte di appello poneva in risalto che, nel caso di specie, doveva trovare applicazione l’obbligo risarcitorio previsto dall’articolo 1669 c.c. per il ristoro del danno da gravi difetti della singola unita’ abitativa, tali da impedirne o comprometterne gravemente l’ordinario godimento, la funzionalita’ o l’abitabilita’ della stessa, rientrando certamente in tale ambito il danno riconducibile al mancato isolamento acustico.
La Corte milanese reputava, poi, priva di pregio, perche’ generica, anche la quarta censura mossa dall’arch. (OMISSIS), ritenendo che nella motivazione del Tribunale sulla quantificazione della percentuale del concorso di colpa in sede di regresso tra coobbligati nella misura del 20% (a fronte del 3% stimato dal c.t.u.) non ci fosse alcuna contraddittorieta’ e che, comunque, l’appellante si era limitato ad affermare apoditticamente che la colpa a lui attribuita fosse assolutamente sovradimensionata rispetto all’opera dallo stesso concretamente realizzata per le palazzine oggetto di controversia, senza motivare ulteriormente.
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Infine, per quanto concerneva il denunciato errore del Tribunale nel ritenere non operante la copertura assicurativa stipulata con (OMISSIS), la Corte distrettuale riteneva che lo stesso arch. (OMISSIS) non aveva comprovato il fatto di non aver potuto produrre in primo grado, per causa a lui non imputabile, la prova del pagamento del premio assicurativo per l’anno 2012, sicche’ anche rispetto alla denuncia del sinistro, avvenuta nell’aprile 2011, non poteva ritenersi operativa la suddetta copertura, pure avendo riguardo all’articolo 4 delle condizioni della polizza (il cui disposto imponeva che la richiesta risarcitoria intervenisse all’assicurato nel corso del periodo di efficacia dell’assicurazione).
2.2. Per quanto concerneva, poi, l’appello incidentale proposto da ambedue i professionisti (OMISSIS), dopo aver rilevato l’inammissibilita’ del primo motivo di gravame, la Corte di appello respingeva la seconda censura, condividendo l’affermazione – compiuta dal giudice di prime cure – dell’applicabilita’, nel caso di specie, della L. n. 447 del 1995 e del D.P.C.M. 5 dicembre 1997, non condividendo, percio’, l’assunto dei citati appellanti per cui tali fonti (normativa la prima e regolamentare la seconda) non comporterebbero l’obbligo di insonorizzare le solette divisorie tra vani non abitabili, ma agibili, e vani abitabili facenti parte della medesima unita’ immobiliare, con conseguente illegittima applicazione dei relativi valori e prescrizioni anche alle strutture divisorie meramente interne ad una stessa unita’ immobiliare abitativa e tra locali solamente agibili e vani abitabili appartenenti al medesimo appartamento.
Con riferimento alla prospettata estraneita’ dei due appellanti alla responsabilita’ nascente dalla fattispecie in esame, la Corte di appello la riteneva insussistente sul presupposto che, subentrati gli stessi all’arch. (OMISSIS) (il (OMISSIS), quale progettista, e il (OMISSIS), al quale veniva attribuito l’incarico di direttore dei lavori al (OMISSIS)), avrebbero dovuto verificare, ai sensi dell’articolo 1176 c.c., la correttezza del progetto redatto dal (OMISSIS) e di quanto sino a quel momento eseguito, al fine di realizzare l’opera “a regola d’arte”. Inoltre, in sede esecutiva, l’ing. (OMISSIS) non aveva rilevato alcuna carenza della progettazione acustica svolta dai tecnici (OMISSIS) e (OMISSIS), violando, pertanto, le regole di vigilanza e della buona tecnica che, invece, gli avrebbero dovuto imporre di non collaudare un’opera deficitaria sotto il profilo acustico.
Inoltre, la Corte territoriale, in merito all’applicabilita’ della polizza assicurativa (OMISSIS), riteneva che la clausola sub2 del contratto di assicurazione non fosse applicabile nella vicenda in questione, poiche’ il danno in parola non poteva dirsi causato o subito dalle opere edili, bensi’ attinente alla sfera di fruibilita’ e godimento dell’immobile, propria degli abitanti nello stesso. Neppure la clausola C5 poteva applicarsi, perche’ i gravi difetti, pur accertati, non erano tali da rendere l’opera inidonea all’uso e alla necessita’ cui era destinata.
Ad avviso della Corte di appello doveva, invece, ritenersi fondato il secondo profilo del sesto motivo dell’appello incidentale, dovendosi, percio’, riformare l’impugnata sentenza nella parte in cui, liquidando il danno, aveva fissato al 22% l’aliquota iva sugli importi per i lavori di ripristino. Infatti, secondo il giudice di secondo grado, i lavori oggetto di causa avrebbero potuto essere assimilati agli interventi di manutenzione, ordinaria o straordinaria, di cui alla L. n. 457 del 1978, articolo 31, comma 1, lettera a) e b), per i quali e’ previsto il regime agevolato al 10% (come, da ultimo, quantificato dalla L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 18).
3. Avverso la citata sentenza di appello hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi, l’arch. (OMISSIS) e l’ing. (OMISSIS).
Ha formulato, altresi’, separato ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, l’arch. (OMISSIS).
Gli originari attori, poi appellati vittoriosi, riportati nell’intestazione (ad eccezione di (OMISSIS)) hanno resistito con un unitario controricorso ad entrambi i ricorsi.
L’ing. (OMISSIS), l’ing. (OMISSIS), la s.p.a. (OMISSIS) Assicurazioni, la s.p.a. (OMISSIS) PLC e l’ (OMISSIS) s.p.a. hanno resistito ciascuno con autonomi controricorsi, mentre non hanno svolto attivita’ difensiva l’intimato Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, e l’intimata (OMISSIS).
Con ordinanza interlocutoria n. 36526/2022 (adottata all’esito della trattazione dei ricorsi in sede di adunanza camerale), il collegio ravvisava la sussistenza delle condizioni per la rimessione della causa alla pubblica udienza (con riferimento specifico alla rilevanza delle questioni prospettate con il primo motivo del ricorso dei (OMISSIS) e del secondo motivo del ricorso di (OMISSIS)), poi celebrata in data 24 maggio 2023.
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In prossimita’ della stessa hanno depositato conclusioni scritte il P.M. (in persona del Sostituto P.G. Aldo Ceniccola) e memorie, ex articolo 378 c.p.c., i difensori dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), del ricorrente (OMISSIS), dei controricorrenti (OMISSIS) ed altri, del controricorrente (OMISSIS), della controricorrente (OMISSIS) Ass. s.p.a. e della controricorrente (OMISSIS) PLC.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS)
1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa interpretazione della L. n. 447 del 1995 e del D.P.C.M. del 15 dicembre 1997, con conseguente illegittima applicazione dei relativi valori e prescrizioni anche con riferimento alle strutture divisorie meramente interne ad una stessa unita’ immobiliare abitativa e tra locali solamente agibili e vani abitabili pur sempre facenti parte di una medesima unita’ abitativa.
2. Con la seconda censura, i ricorrenti deducono – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli articoli 1669, 2043 e 2055 c.c., relativamente ai principi del nesso di casualita’ e della regola del piu’ probabile che non, con particolare riguardo alla illegittima valutazione probabilistica della sequenza fattuale sulla base dei previsti comportamenti illeciti e patologici, da cui l’illegittima esclusione della responsabilita’ degli ingegneri (OMISSIS) e (OMISSIS).
3. Con il terzo mezzo, i ricorrenti lamentano – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli articoli 1669, 2043 e 2055 c.c., nonche’ dell’articolo 41, comma 2, c.p., avendo la Corte di appello omesso di valutare che l’attivita’ di esso ricorrente arch. (OMISSIS) dovesse considerarsi avulsa dalla sequenza fattuale, non applicando il principio secondo cui le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalita’ ove sufficienti a determinare l’evento, con conseguente indebito riconoscimento della sua responsabilita’ come progettista subentrato.
4. Con la quarta doglianza, i ricorrenti prospettano – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363 e 1366 c.c., nonche’ dell’articolo 1176 c.c., in relazione all’incarico di prestazione professionale conferito ad esso arch. (OMISSIS) con conseguente esclusione di ogni responsabilita’ dello stesso in virtu’ della esatta applicazione dei richiamati canoni interpretativi.
5. Con il quinto ed ultimo motivo, i ricorrenti denunciano – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363 e 1365 c.c., unitamente all’omessa applicazione degli articoli 1366 e 1370 c.c., in relazione ai contratti assicurativi, articolati in piu’ sezioni e disposti unilateralmente dalla (OMISSIS), sottoscritti da essi arch. (OMISSIS) e ing. (OMISSIS), da cui sarebbe dovuto conseguire il riconoscimento della sussistenza della relativa copertura assicurativa all’esito della corretta applicazione degli invocati criteri ermeneutici legali.
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Ricorso proposto da (OMISSIS)
1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione delle norme in tema di nesso di causalita’, ritenendo errata la sentenza impugnata nella parte in cui non aveva riconosciuto la sua estraneita’ per un’attivita’ posta in essere da altri professionisti, dato che lo stesso non aveva eseguito il progetto dell’acustica, avendo rassegnato le sue dimissioni dopo la presentazione del progetto di massima.
2. Con il secondo mezzo, il ricorrente lamenta – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione del D.P.C.M. 5 dicembre 1997, prospettando l’erroneita’ dell’impugnata sentenza in relazione alla ravvisata applicabilita’ di detta disciplina regolamentare anche agli ambienti interni di una stessa unita’ abitativa.
3. Con la terza doglianza, il ricorrente deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’erroneita’ dell’impugnata sentenza in relazione alla prova del pagamento del premio di polizza con (OMISSIS).
ESAME DEI RICORSI
1. Come gia’ evidenziato con la richiamata ordinanza interlocutoria n. 36562/2022, con il primo motivo del ricorso dei due (OMISSIS) e con il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) viene posta la controversa e rilevante questione di diritto relativa al problema del se la disciplina dei requisiti di isolamento acustico dettati dalla L. n. 447 del 1995, articoli 2 e 3 e dal D.P.C.M. 5 dicembre 1997 (a cui si correlano anche la pregressa circolare n. 1769 del 30 aprile 1966 e la successiva nota a chiarimenti del Ministero dell’Ambiente n. prot. 0025041 del 29 luglio 2014) sia volta a garantire la protezione acustica di ciascuna distinta unita’ immobiliare (come sostenuto dai ricorrenti) o sia diretta a tutelare (anche) la protezione acustica di ciascun vano all’interno di una stessa unita’ immobiliare (come ritenuto nell’impugnata sentenza e sostenuto dai proprietari controricorrenti delle distinte unita’ immobiliari).
La risoluzione di tale importante questione riveste carattere preliminare e deve, percio’, essere affrontata prioritariamente (anche rispetto all’esame del primo motivo dedotto con il ricorso avanzato dal (OMISSIS)).
2. Gli specificati motivi dei due ricorsi sono – ad avviso del collegio – fondati per le complessive ragioni che seguono.
Come posto in risalto, la questione giuridica dagli stessi involta concerne l’esatta individuazione dell’ambito oggettivo della responsabilita’ ascrivibile ai ricorrenti, ovvero se la stessa debba intendersi limitata alla sola mancata insonorizzazione delle unita’ immobiliari in quanto tali (e, quindi, nella loro interezza, sia se costruiti in senso verticale che in senso orizzontale) o se debba ritenersi estesa anche alla mancata o inadeguata insonorizzazione dei singoli vani ricompresi all’interno dei separati appartamenti.
A tal proposito, bisogna, innanzitutto, evidenziare come sia rimasto incontestato il rilievo svolto dalla Corte di appello riguardo all’accertamento fattuale che l’insonorizzazione era innanzitutto carente quanto al c.d. involucro edilizio (ossia con riferimento ai confini perimetrali delle singole unita’ immobiliari).
Con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Milano ha ritenuto che la normativa speciale settoriale imponga la necessita’ che i lavori di insonorizzazione (da cui era derivata l’indispensabilita’ di procedere anche ad ulteriori e specifici accertamenti fattuali) debbano essere riferiti anche ai vani interni delle singole unita’ immobiliari.
Occorre premettere che l’osservanza della disciplina relativa ai requisiti di cui al D.P.C.M. 5 dicembre del 1997 trova, nel caso di specie, incontestabilmente applicazione, ratione temporis, in quanto il contratto stipulato tra le parti e’ anteriore all’approvazione della L. n. 88 del 2009, articolo 11, comma 5, che dispone l’inapplicabilita’ del suddetto D.P.C.M. ai rapporti sorti successivamente alla data di entrata in vigore della medesima L. n. 88 del 2009.
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Occorre, pertanto, verificare – con riferimento ai ricorsi proposti in questa sede – se la disciplina dei requisiti di isolamento acustico dettata dalla L. 26 ottobre 1995, n. 447 e dal correlato D.P.C.M. 5.12.1997 citato sia diretta a garantire (solo) la protezione acustica di ciascuna unita’ immobiliare (e, quindi, soltanto il rapporto – rilevante sul piano dell’impatto dei rumori intercorrente da due o piu’ distinte unita’ abitative) o sia volta a tutelare anche la protezione acustica di ciascun vano all’interno di ognuna delle unita’ abitative immobiliari facenti complessivamente parte di un unitario edificio. Si osserva, innanzitutto, che l’articolo 2 dell’indicato D.P.C.M. richiama la nozione di ambienti abitativi fissata dall’articolo 2, comma 1, lettera b), della suddetta L. n. 447 del 1995.
Tale ultima diposizione riconduce la definizione degli ambienti abitativi ad ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o di comunita’ ed utilizzato per le diverse attivita’ umane, fatta eccezione per gli ambienti destinati ad attivita’ produttive per i quali resta ferma la disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 15 agosto 1991, n. 277, salvo per quanto concerne l’immissione di rumore da sorgenti sonore esterne ai locali in cui si svolgono le attivita’ produttive.
Il citato D.P.C.M. richiama la suddetta definizione e precisa che: ai fini dell’applicazione del decreto, gli ambienti abitativi di cui alla L. 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 2, 11 comma 1, lettera b), sono distinti nelle categorie indicate nella tabella A allegata al citato D.P.C.M..
Ad avviso di questo collegio l’espressione “ambiente abitativo” non puo’ ritenersi propriamente tecnica, risultando essenzialmente generica e, in quanto tale, deve essere interpretata in relazione al complesso normativo e regolamentare settoriale e alla funzione che alla stessa si ricollega.
Essa, infatti, ricomprende anche destinazioni molto diverse, come quelle relative alle classificazioni indicate nella tabella A del citato D.P.C.M., laddove – ad esempio – con riferimento alle classificazioni inserite nella categoria A si parla di edifici adibiti a residenza o assimilabili, in quelle ricomprese nella categoria B si ha riguardo agli edifici adibiti ad uffici e assimilabili e nella categoria C si pone riferimento agli edifici adibiti ad alberghi, pensioni ed attivita’ assimilabili.
E proprio in relazione a tali ultimi “ambienti abitativi” questa Corte ha – recentemente (con la sentenza n. 2226/2022, a cui ha fatto seguito l’ordinanza n. 30658/2022) – condivisibilmente chiarito, con specifico riferimento al significato ermeneutico della definizione di cui al citato articolo 2, comma 1, lettera b), della L. 26 ottobre 1995, n. 447, che dodici miniappartamenti di cui si componeva una RTA integravano dodici distinti ambienti abitativi, con la conseguente irrilevanza delle rispettive singole partizioni interne.
Si e’, a tal proposito, precisato che la tabella B allegata al medesimo D.P.C.M. indica espressamente che il valore Rw e’ riferito agli elementi di separazione tra due distinte unita’ immobiliari e allo stesso tempo indica che il valore rw 50 costituisce il limite di riferimento dei requisiti passivi anche per la categoria C – che veniva direttamente in rilievo nella fattispecie – della tabella A (ovvero per gli edifici adibiti ad alberghi, pensioni o attivita’ assimilabili).
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Cio’ – secondo la richiamata sentenza di questa Sezione – conduce al risultato interpretativo per cui il suddetto valore rw 50 applicantesi anche agli edifici adibiti a strutture alberghiere si sarebbe dovuto riferire agli elementi di separazione di due differenti e separate unita’ immobiliari e non a tutti gli ambienti interni degli edifici come individuati dal piu’ volte menzionata L. 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 2, comma 1, lettera b).
Del resto, va osservato che il D.P.C.M. del 5.12.1997, articolo 3, in uno alla Tabella B, precisa che gli edifici adibiti a residenze, alberghi, pensioni ed attivita’ assimilabili (e dunque accomunando sotto la medesima disciplina ambienti abitativi ai quali la Tabella A assegna lettere differenti: rispettivamente la A e la C) debbano rispettare i seguenti limiti: quello Rw (indice di potere fonoisolante apparente) e’ pari al valore di 55 dB, quello D2mnTw (indice di isolamento acustico di facciata) e’ pari a 40 dB, quello nw (indice di rumore di calpestio dei solai normalizzato) e’ pari a 63 dB.
Il valore di R’w e’ l’unico ad essere testualmente riferito a “elementi di separazione tra due distinte unita’ immobiliari”: cio’ corrobora l’approccio ermeneutico nel senso che il suddetto valore si applica solo con riferimento agli elementi di separazione di due distinte unita’ immobiliari e non agli ambienti interni degli edifici come individuati dal menzionato articolo 2, comma 1, lettera b), della L. 26 ottobre 1995, n. 447.
Ne consegue che l’indice di valutazione del potere fonoisolante apparente (R’w), che caratterizza la capacita’ di un elemento divisorio (parete o solaio), di abbattere il rumore, opera solo quando tale elemento sia posto in opera tra due locali appartenenti a distinte unita’ immobiliari.
Come ha correttamente evidenziato il PG nelle sue conclusioni, nel secondo indice (D2mnTw) individuato nel D.P.C.M. 5.12.1997 non e’ contenuta alcuna specificazione, non essendo necessaria un’apposita regolamentazione, in quanto, trattandosi dell’indice di isolamento acustico di facciata, ovvero di un elemento indicante una parete che non divide due locali appartenenti a distinte unita’ immobiliari, e’ consequenziale rilevare che non occorresse alcuna precisazione al riguardo.
Nella sua essenza, quindi, la legge quadro sull’inquinamento acustico n. 447/1995 e il relativo D.P.C.M. attuativo del 5.12.1997 si propongono l’obiettivo generale di proteggere l’ambiente e la popolazione dal suddetto tipo di inquinamento, differenziando adeguatamente il soggetto “disturbante” rispetto a quello “ricevente il disturbo”.
In quest’ottica, si puo’ asserire che i solai interni ad una stessa unita’ immobiliare non sono assoggettabili a limitazioni in relazione al rispetto dell’indice di valutazione del rumore di calpestio, in quanto non rappresentano un presidio idoneo alla tutela della diffusione del rumore appartenendo l’ambiente generatore del rumore e quello ricettore allo stesso soggetto (inteso anche come nucleo familiare od assimilabile).
Applicando lo stesso principio da un punto di vista logico-funzionale e sulla base della coerente interpretazione del coacervo normativo di riferimento, anche l’indice del potere fonoisolante apparente di partizione fra ambienti relativi ai solai di una medesima unita’ abitativa, ma pure di partizioni verticali (come i tramezzi divisori di un uno stesso appartamento, non di rado tra loro collegati), non puo’ dirsi assoggettabile ai limiti previsti dall’articolo 3 del citato D.P.C.M., mentre valutazione diversa va fatta per l’eventualita’ in cui intervengano, successivamente nel tempo, trasformazioni dell’unita’ immobiliare, come nel caso in cui la stessa venga ad essere frazionata in due o piu’ distinte unita’ immobiliari, rendendosi, in tale ipotesi, necessario il rilascio di apposite autorizzazioni amministrative che contengano l’attestazione del rispetto dei valori limite previsti dallo stesso D.P.C.M..
Quindi, per tutto quanto evidenziato, lo scopo del quadro normativo settoriale di riferimento attinente all’inquinamento acustico deve intendersi preordinato ad evitare, per quel che riguarda le abitazioni, “l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo” (come sancisce la lettera a) della L. n. 447 del 1995, articolo 1, quando definisce la nozione di “inquinamento acustico”), espressione – come gia’ rimarcato – che non puo’ che sottendere un’immissione dall’esterno rispetto a ciascuna unita’ immobiliare, che sia idonea a provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attivita’ umane, oltre che pericolo per la salute umana.
Ne consegue – e a tale principio dovra’ uniformarsi il giudice di rinvio – che i valori e le prescrizioni di cui alla piu’ volte citata L. n. 447 del 1995 ed al connesso D.P.C.M. 5.12.1997 non possono essere ritenuti applicabili alle strutture divisorie verticali e orizzontali meramente interne ad una stessa unita’ immobiliare, donde l’indice di valutazione del potere fonoisolante apparente che caratterizza la capacita’ di un elemento divisorio (parete o solaio) di abbattere il rumore, opera soltanto quando tale elemento sia posto in opera tra due locali appartenenti a distinte unita’ immobiliari (nel mentre l’unico parametro che sara’ necessario rispettare nell’isolamento dei locali posti nella medesima unita’ immobiliare abitativa e’ costituito dall’indice di rumore di calpestio dei solai).
Per tali ragioni, dunque, meritano accoglimento il primo motivo dei ricorrenti (OMISSIS) ed il secondo motivo del ricorrente (OMISSIS), con la conseguenza che il giudice di rinvio – in conseguenza dell’applicazione del principio appena enunciato – sara’ tenuto a verificare l’incidenza di tale applicazione sulla determinazione del risarcimento del danno da liquidare in concreto, avuto riguardo all’effettivo e distinto apporto causale riconducibile alla specifiche attivita’ realizzate dai suddetti ricorrenti, nelle rispettive qualita’ (che, per quanto si dira’ subito di seguito, hanno, comunque, comportato la violazione degli articoli 1669, 2043 e 2055 c.c.).
Inquinamento acustico e la protezione acustica di ciascun vano all’interno della proprietà
3. Stante la comunanza dei profili giuridici, il secondo, terzo e quarto motivo del ricorso dei (OMISSIS) ed il primo del ricorso del (OMISSIS) possono essere esaminati unitariamente poiche’ ineriscono la comune questione dell’individuazione dei soggetti responsabili ed il titolo di imputabilita’ del contributo causale nella produzione dei danni.
Al riguardo, si deve porre in risalto come queste censure involgano, in effetti, una critica agli apprezzamenti di merito attinente al ruolo svolto dai tre tecnici, sul quale, tuttavia, la Corte di appello ha adeguatamente motivato, senza, percio’, incorrere nelle denunciate violazioni di legge, avendo verificato in concreto – in relazione allo sviluppo complessivo dell’appalto e al momento di intervento e agli obblighi incombenti sui tre professionisti ricorrenti – la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta dai medesimi realizzata e la produzione dell’evento dannoso.
Le questioni riconducibili a detti motivi attengono, in particolare, al profilo soggettivo della responsabilita’ (ossia all’individuazione dei soggetti responsabili ed alla ripartizione di tale responsabilita’ sul piano interno alla sfera di azione dei ricorrenti (OMISSIS), da una parte, e del ricorrente (OMISSIS), dall’altra) sono indirizzate, nella sostanza, a censurare accertamenti di fatto operati dalla Corte di appello, la quale ha correttamente appurato che tra i compiti dei progettisti rientrava anche l’obbligo di ottimizzare, fin dalla fase iniziale, l’immobile sotto il profilo acustico, laddove, innanzitutto, la colpa del secondo progettista (unitamente a quella del direttore dei lavori) poteva senz’altro essere qualificata in termini piu’ gravi (avendo la possibilita’ di rimediare alle negligenze ascrivibili al (OMISSIS), originario progettista), e inoltre le eventuali negligenze attribuibili ai tecnici esperti, ai quali era stato successivamente conferito il compito di controllare i requisiti acustici dei fabbricati in questione, si prospettavano, sotto il profilo causale, assorbite dalla negligenza dei progettisti stessi (per cui, in applicazione del principio generale del “piu’ probabile che non”, pur se fossero stati avvisati tempestivamente, non sarebbero stati nelle condizioni di intervenire con varianti in corso d’opera al fine di sanare i vizi).
La soluzione a cui e’ pervenuta la Corte di appello, in virtu’ della quale le opere di insonorizzazione avrebbero dovuto far parte della progettazione fin dallo stadio iniziale e che era stato causalmente irrilevante l’intervento dei tecnici esperti, appare, percio’, coerente e non giuridicamente illogica, risultando supportata da un adeguato apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimita’.
In modo piu’ dettagliato, la Corte di appello, avuto riguardo alla posizione dell’arch. (OMISSIS), ha compiutamente accertato – anche sulla base delle risultanze della c.t.u. – che dagli atti di causa e dalle verifiche eseguite presso il Comune non era emersa alcuna documentazione riguardante la progettazione acustica e i disegni esecutivi, ne’ il (OMISSIS) aveva allegato e dimostrato il proprio corretto e diligente adempimento concernente questa specifica prestazione a cui era obbligato quale progettista.
Del resto, su un piano generale, la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 8014/2012 e Cass. n. 18342/2019) e’ univoca nell’affermare che, in tema di contratto d’opera per la redazione di un progetto edilizio, pur trattandosi di una fase preparatoria rispetto all’esecuzione dell’opera, il professionista deve assicurare la conformita’ del medesimo progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, cosi’ da prevenire la soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell’opera richiesta dal committente, con la conseguenza che ne sussiste la responsabilita’ per l’attivita’ espletata sia nella fase antecedente all’esecuzione delle opere in relazione alla scelta del titolo autorizzativo occorrente per il tipo di intervento edilizio progettato sia in quella successiva di controllo e verifica della difformita’ dell’opera progettata rispetto a quella eseguita, non costituendo la riscontrata difformita’ di per se’ indice di un accordo illecito volto alla realizzazione di un abuso edilizio, trattandosi di un obbligo del professionista giustificato dalla specifica competenza tecnica necessariamente richiesta a chi abbia assunto l’incarico del progetto e della direzione dei lavori.
Con riferimento al ruolo e alla condotta riconducibili agli altri due ricorrenti, l’arch. (OMISSIS) (progettista subentrato al (OMISSIS)) e l’ing. (OMISSIS) (quale direttore dei lavori), si osserva quanto segue.
Per il primo, la Corte di appello ha accertato che la diligenza tecnica avrebbe imposto all’arch. (OMISSIS), quale nuovo progettista e sul presupposto che il precedente arch. (OMISSIS) non aveva provveduto alla progettazione esecutiva, di rilevare la mancata valutazione dell’aspetto acustico, dovendo, percio’, intervenire, nella sua qualita’, a sanare, in sede progettuale, le carenze preesistenti, in modo da consentire la realizzazione dei lavori nel rispetto delle prescrizioni del D.P.C.M. 5.12.1997, anche nell’ottica di ottimizzare la progettazione inerente l’ecosostenibilita’, nell’ambito della quale rientra anche la necessita’ di tutelare le unita’ abitative dall’inquinamento acustico.
Pertanto, legittimamente, la Corte di appello ha rilevato l’imputabilita’ dell’evento dannoso riconducibile al mancato approntamento del progetto esecutivo anche con riguardo all’aspetto acustico alla responsabilita’ concorrente di entrambi i progettisti (OMISSIS) e (OMISSIS).
Quanto alla posizione del direttore dei lavori, nella persona dell’ing. (OMISSIS), allo stesso modo il giudice di appello ha accertato che il medesimo, in sede esecutiva, non aveva rilevato alcuna carenza in ordine alla progettazione acustica, senza proporre alcuna modalita’ esecutiva tale da ovviare al mancato rispetto della normativa regolamentare in materia (adempimento che rientrava nei suoi compiti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, richiamata subito di seguito), ragion per cui, anche a suo carico, il giudice di appello ha legittimamente rilevato la sussistenza – sul piano causale – di un concorso di colpa nella determinazione dell’evento dannoso.
Infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 10728/2008 e Cass. n. 2913/2020), nelle obbligazioni del direttore dei lavori rientra l’accertamento della conformita’ sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalita’ dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonche’ l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi; pertanto, non si sottrae a responsabilita’ il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonche’ di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e di riferirne al committente; in particolare l’attivita’ del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell’alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere ne’ il compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione dell’opera nelle sua varie fasi e, pertanto, l’obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati.
4. Il terzo motivo del ricorso del (OMISSIS) e’ inammissibile, non risultando in esso indicata la norma asseritamente violata (cosi’ emergendo la violazione della prescrizione di cui all’articolo 366, comma 1, n. 4, c.p.c.), non evincibile nemmeno dallo sviluppo della doglianza; in ogni caso, la Corte di appello ha adeguatamente rilevato la tardivita’ della produzione del documento attestante il pagamento del premio e, quindi, accertato l’inoperativita’ della copertura assicurativa.
Inquinamento acustico e la protezione acustica di ciascun vano all’interno della proprietà
5. Il quinto ed ultimo motivo del ricorso dei due (OMISSIS) e’, invece, fondato, posto che la clausola C1 (come meglio specificata nelle condizioni particolari di polizza al punto C.P 2) del contratto di assicurazione estendeva la copertura a tutti i danni cagionati dalle opere per le quali gli assicurati aveva svolto attivita’ di progettazione e direzione dei lavori, sicche’ non trova una ragione giustificatrice la ravvisata esclusione da tale ambito della condotta produttrice dei danni derivanti dai difetti di insonorizzazione.
Pertanto, l’attivita’ interpretativa operata al riguardo al giudice di appello incorre nella violazione dei denunciati criteri ermeneutici, laddove ritenendo che il danno in parola non fosse stato cagionato dalle opere edili in quanto “attinente alla sfera di fruibilita’ e godimento del bene immobile” non solo equivale a confondere il danno conseguenza con la causa stessa del danno, ma travisa il senso letterale stesso del participio “cagionato” che, riferito al danno, consente la risarcibilita’ di ogni pregiudizio derivante, in modo immediato e diretto, dal difetto dell’opera come accertato.
La ravvisata fondatezza di questa censura comporta, quindi, che il giudice di rinvio dovra’ pronunciarsi sul rapporto tra gli assicurati (OMISSIS) e la loro compagnia assicuratrice (oggi (OMISSIS) Assicurazioni) e, quindi, applicare – nei limiti concordati ed in relazione alla specifica percentuale ed entita’ di responsabilita’ dei due (OMISSIS), da rideterminare sempre in sede di rinvio – la copertura assicurativa operante e, percio’, accogliere, per quanto di ragione, la chiamata in garanzia dagli stessi professionisti assicurati esercitata nei confronti del loro assicuratore.
6. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, vanno accolti solo il primo e quinto motivo del congiunto ricorso proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ il secondo motivo del ricorso formulato da (OMISSIS); tutti gli altri restanti motivi di ambedue i ricorsi devono essere respinti.
Inquinamento acustico e la protezione acustica di ciascun vano all’interno della proprietà
Da cio’ consegue la cassazione dell’impugnata sentenza in relazione alle censure accolte, con conseguente rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che, oltre ad uniformarsi al principio diritto enunciato con riferimento alla rilevata fondatezza del primo motivo del ricorso dei (OMISSIS) e del secondo motivo del ricorso del (OMISSIS) (e a pronunciarsi sulla chiamata in garanzia esercitata dagli assicurati (OMISSIS) nei confronti della loro compagnia assicuratrice, per effetto dell’accoglimento anche del quinto motivo del ricorso (OMISSIS)), provvedera’ pure a regolare le spese del presente giudizio di legittimita’ con riferimento a tutti i rapporti processuali instauratisi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e quinto motivo del ricorso congiunto di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), e rigetta i restanti motivi di entrambi i ricorsi.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.
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