Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 13 giugno 2019, n. 26193.
La massima estrapolata:
In tema di tutela delle aree sottoposte a vincolo, la modificazione o l’allargamento di una strada preesistente devono essere precedute dal rilascio del permesso di costruire e dalla autorizzazione dell’autorità proposta alla tutela del vincolo, in quanto costituiscono una modificazione ambientale di carattere stabile, essendo configurabili, in mancanza, i reati di cui agli artt. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
Sentenza 13 giugno 2019, n. 26193
Data udienza 28 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACETO Aldo – Presidente
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/09/2018 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Barberini Roberta Maria, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso insistendo nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13/09/2018, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza emessa il 03/11/2017 dal Tribunale di Palermo, con la quale (OMISSIS) era stato dichiarato responsabile del reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181 – per aver realizzato, quale proprietario e committente, in assenza della autorizzazione della Sovrintendenza dei Beni Culturali e Ambientali, una gettata di calcestruzzo per una lunghezza di metri 130 e una larghezza di metri 2,50 su preesistente stradella in terra battuta – e condannato alla pena di giorni quindici di arresto ed Euro 32.000,00 di ammenda, con sospensione della pena subordinata alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilita’, argomentando che l’opera realizzata rientrava nel disposto del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 149, comma 1, lettera a) e non necessitava del previo rilascio di autorizzazione.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 131 bis c.p., esponendo che l’intervento realizzato era di minima entita’ ed inidoneo, quindi, a porre in pericolo il paesaggio.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, lamentando che la Corte territoriale aveva denegato l’applicabilita’ delle circostanze attenuanti generiche in maniera discutibile ed aveva giustificato l’esercizio del potere discrezionale di cui agli articoli 132 e 133 c.p.con clausole di stile, non considerando i problemi specificamente sollevati con i motivi di appello.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso e’ inammissibile.
Va richiamato l’orientamento costante di questa Corte (Sez. U. 30.6.99, Piepoli, Rv. 213.981) secondo cui la denuncia di violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello costituisce causa di inammissibilita’ originaria dell’impugnazione; non possono, quindi, essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perche’ non devolute alla sua cognizione (Sez.3, n. 16610 del 24/01/2017,Rv.269632), tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (Sez.2, n. 6131 del 29/01/2016, Rv.266202), ipotesi che non ricorre nella specie
La doglianza, e’, comunque, manifestamente infondate.
Costituisce, infatti, giurisprudenza consolidata, che, in tema di tutela delle aree sottoposte a vincoli, la modificazione o l’allargamento di una preesistente strada deve essere preceduta dal rilascio della concessione edilizia (ora permesso di costruire) e dalla autorizzazione dell’autorita’ proposta alla tutela del vincolo, atteso che trattasi di modificazione ambientale di carattere stabile; in assenza delle quali si configurano i reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44 e al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181 (Sez. 3 n. 33186 del 03/06/2004, Rv.229130; Sez.3, n. 1442 del 06/11/2012, dep.11/01/2013, Rv.254264).
2. Il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
La Corte territoriale, nel valutare la richiesta di applicazione della causa di esclusione della punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p., ha denegato la configurabilita’ della predetta causa di esclusione della punibilita’, rimarcando la gravita’ del pregiudizio in relazione alle caratteristiche dell’opera realizzata, di particolare impatto ambientale.
Trattasi di valutazione in fatto sorretta da argomentazioni congrue e logiche e la motivazione, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimita’.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche a cagione del precedente penale specifico, ritenendo assolutamente ostativo il richiamo, sia pure implicito, alla personalita’ negativa dell’imputato, quale emergente dal certificato penale (cfr in merito alla sufficienza dei precedenti penali dell’imputato quale elemento preponderante ostativo alla concessione delle circostanze attenuanti generiche, Sez.2, n. 3896 del 20/01/2016, Rv.265826; Sez.1, n. 12787 del 05/12/1995, Rv.203146). La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e’, pertanto, giustificata da motivazione congrua ed esente da manifesta illogicita’, che, pertanto, e’ insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419).
La Corte territoriale ha, quindi, confermato la pena irrogata dal Tribunale, condividendone la valutazione di equita’; la motivazione e’ adeguata, tenuto conto del principio consolidato che la motivazione in ordine alla determinazione della pena base (ed alla diminuzione o agli aumenti operati per le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti) e’ necessaria solo quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media edittale, ipotesi che non ricorre nella specie.
Fuori di questo caso anche l’uso di espressione come “pena equa”, e’ sufficiente a far ritenere che il giudice abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i criteri dettati dall’articolo 133 c.p. per il corretto esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla norma in ordine al quantum della pena (Sez.2,n. 36245 del 26/06/2009 Rv. 245596; Sez.4, n. 21294 del 20/03/2013, Rv.256197).
4. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso; essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati.
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