Corte di Cassazione, penale, Sentenza|15 febbraio 2021| n. 5897.
In tema di ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’art. 7, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, trova applicazione il principio di autosufficienza del ricorso, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
Sentenza|15 febbraio 2021| n. 5897
Data udienza 3 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Lesioni – Dichiarazioni della persona offesa – Sussistenza di riscontri esterni – Attendibilità – Censure di mero fatto – Difetto di autosufficienza – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente
Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere
Dott. MICHELI Paolo – Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
Dott. BORRELLI Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 02/07/2019 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DI LEO Giovanni, che ha concluso chiedendo;
udito il difensore.
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe il tribunale di Castrovillari, quale giudice di appello, confermava la sentenza con cui il giudice di pace di Rossano, in data 26.2.2019, aveva condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, in relazione al reato ex articolo 582 c.p., commesso in danno di (OMISSIS), in rubrica ascrittogli.
2. Avverso la sentenza del tribunale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando omessa motivazione con riferimento alle censure rappresentate nei motivi di appello, riguardanti: 1) l’erronea valutazione da parte del giudice di pace della deposizione resa dal teste (OMISSIS); 2) la mancata considerazione, da parte del giudice di primo grado, della ampia documentazione prodotta in giudizio dall’imputato, per dimostrare la inattendibilita’ delle dichiarazioni rese dalla persona offesa; 3) il mancato esame e la mancata valutazione, sempre ai fini di dimostrare la inattendibilita’ della persona offesa, della discrasia tra le lesioni refertate negli ospedali di (OMISSIS), rispetto a quelle sproporzionate esposte in querela e nella deposizione resa dalla persona offesa, nonche’ la inutilizzabilita’ di fotocopie di foto prodotte irritualmente e tardivamente, che ritraggono la persona offesa come vittima di un vero e vero e proprio linciaggio, fotocopie che non sono vere, non hanno una data certa, non essendovi, inoltre, certezza alcuna che si riferiscano ai fatti per cui e’ causa, ne’ risultano prodotte le foto originali; 4) omessa considerazione da parte del giudice di primo grado delle lesioni al collo e al naso subite nello stesso frangente dal (OMISSIS), fatti per i quali pende procedimento penale a carico del (OMISSIS) innanzi al tribunale di Castrovillari.
Con requisitoria scritta del 12.10.2020, depositata sulla base della previsione del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalita’ di celebrazione e’ stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
Ed invero, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, anche a seguito della modifica apportata all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), dalla L. n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimita’ il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito.
In questa sede di legittimita’, infatti, e’ precluso il percorso argomentativo seguito dal menzionato ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimita’, quale e’ quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
In altri termini, il dissentire dalla ricostruzione compiuta dai giudici di merito e il voler sostituire ad essa una propria versione dei fatti, costituisce una mera censura di fatto sul profilo specifico dell’affermazione di responsabilita’ dell’imputato, anche se celata sotto le vesti di pretesi vizi di motivazione o di violazione di legge penale, in realta’ non configurabili nel caso in esame, posto che il giudice di secondo grado ha fondato la propria decisione su di un esaustivo percorso argomentativo, contraddistinto da intrinseca coerenza logica.
Come precisato dalla giurisprudenza di legittimita’ in un recente e condivisibile arresto il ricorso per cassazione con cui si lamenta la
mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione per l’omessa valutazione di circostanze acquisite agli atti non puo’ limitarsi, pena l’inammissibilita’, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, ma deve, invece, a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verita’ dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato nonche’ della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilita’” all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (cfr. Cass. Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, Rv. 274816).
Tali necessari passaggi argomentativi non si rinvengono nel ricorso di cui si discute, con il quale, in definitiva, l’imputato si limita a proporre, come gia’ detto, una versione dei fatti genericamente alternativa, senza indicare puntualmente l’atto o gli atti processuali, non considerati o malamente interpretati, in grado, per il loro inequivocabile contenuto rappresentativo, di inficiare il percorso motivazionale seguito dai giudici di merito.
Va, inoltre, rilevato che il giudice di secondo grado ha fondato la propria decisione su di un approfondito percorso argomentativo contraddistinto da intrinseca coerenza logica e conforme all’approdo cui e’ pervenuta la giurisprudenza di legittimita’ in tema di valutazione probatoria delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, costituita parte civile, che, come e’ noto, possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilita’ dell’imputato senza bisogno di riscontri esterni ((cfr. Cass., sez. un., 19/07/2012, n. 41461, rv. 253214), che peraltro vengono comunque individuati dal tribunale di Castrovillari nel contenuto della deposizione di (OMISSIS), presente all’accaduto.
Il giudice di appello, in particolare, ha operato uno specifico giudizio positivo sul profilo dell’attendibilita’ intrinseca della narrazione del
(OMISSIS) (cfr. p. 1), che riverberai suoi effetti anche sul piano della (ritenuta) credibilita’ personale della parte civile, prendendo specificamente in considerazione, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, il tema dei pregressi rapporti conflittuali tra le parti e dell’aggressione patita dal (OMISSIS) ad opera del (OMISSIS), oggetto di un distinto procedimento penale, verificatasi, tuttavia, rilevava il giudice di secondo grao, il giorno successivo a quello in cui sono avvenuti i fatti oggetto del presente procedimento (cfr. p. 2)
Analoghe considerazioni valgono per la doglianza relativa alla inadeguata valutazione delle dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS), (ma probabilmente il teste intendeva riferirsi a (OMISSIS), perche’ nella sentenza oggetto di ricorso non vi e’ parola di (OMISSIS), ma solo, come si e’ detto, di (OMISSIS)), posto che e’ inammissibile il ricorso per cassazione che deduca vizi di motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione, cosi’ da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Rv. 256723; Cass., Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Rv. 270071).
Siffatta interpretazione va mantenuta ferma anche dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271, articolo 165 bis, comma 2, inserito dal Decreto Legislativo 6 febbraio 2018, n. 11, articolo 7, secondo il cui disposto, in caso di ricorso per cassazione, copia degli atti “specificamente indicati da chi ha proposto l’impugnazione ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e), del codice”, e’ inserita a cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato in separato fascicolo da allegare al ricorso, prevedendosi che nel caso in cui tali atti siano mancanti ne sia fatta attestazione.
Come e’ stato correttamente affermato in un condivisibile arresto della Suprema Corte, “sebbene la materiale allegazione con la formazione di un separato fascicolo sia devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, resta in capo al ricorrente l’onere di indicare nel ricorso gli atti da inserire nel fascicolo, che ne consenta la pronta individuazione da parte della cancelleria, organo amministrativo al quale non puo’ essere delegato il compito di identificazione degli atti attraverso la lettura e l’interpretazione del ricorso” (cfr. Cass., Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432).
Puo’, dunque, affermarsi che il principio della cd autosufficienza del ricorso per cassazione in materia penale, impone al ricorrente, anche dopo l’entrata in vigore della menzionata disposizione normativa, di adempiere all’onere di specifica indicazione degli atti che si assumono travisati.
Tale indicazione non puo’ che tradursi, in concreto, proprio per l’impossibilita’ di demandare alla valutazione discrezionale dell’organo amministrativo la selezione degli atti di cui si assume il travisamento, nella richiesta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato di allegare, al ricorso da trasmettere alla Suprema Corte, la copia degli atti in questione, che la cancelleria provvedera’ a inserire in apposito fascicolo, ove non fossero stati gia’ trasmessi, o di cui attestera’ la mancanza, ove non risultino presenti nella documentazione processuale.
Ovviamente le indicate modalita’ non impediscono al ricorrente di procedere alla integrale allegazione o trascrizione nel ricorso degli atti di cui lamenta l’inadeguata valutazione da parte del giudice di merito.
Orbene, nel caso in esame, l’imputato, con riferimento alle dichiarazioni del (OMISSIS), non ha adempiuto agli oneri di precisione, completezza e specificita’, in cui si sostanzia il principio della cd. “autosufficienza” del ricorso, come emerge in tutta evidenza anche dalla circostanza che egli nell’atto di impugnazione fa riferimento alle dichiarazioni, talvolta di (OMISSIS), talaltra di (OMISSIS).
4. Alla dichiarazione di inammissibilita’, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilita’ dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita’ (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
Nulla va disposto in merito alle spese sostenute nel grado in favore della parte civile (OMISSIS), dovendosi disattendere sul punto la richiesta del suo difensore, non avendo quest’ultimo svolto alcuna effettiva ed apprezzabile attivita’ diretta a contrastare la pretesa dell’imputato per la tutela dei propri interessi (cfr. Cass., Sez. U., n. 5466 del 28/01/2004, Rv. 226716).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Nulla per le spese di parte civile.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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