Corte di Cassazione, penale, Sentenza|2 aprile 2021| n. 12770.
In tema di restituzione nel termine per l’impugnazione della sentenza contumaciale, il giudice dell’esecuzione è tenuto ad accertare d’ufficio l’incidenza sul presupposto della mancata conoscenza del procedimento del legittimo impedimento dell’imputato conseguente al suo stato di detenzione, sopravvenuto rispetto all’instaurazione del processo, sicchè, ove rigetti l’istanza senza aver effettuato tale accertamento, si verifica una nullità di ordine generale ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Sentenza|2 aprile 2021| n. 12770
Data udienza 24 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Istanza di restituzione nel termine – Detenzione del soggetto per latra causa ante processo – Ipotesi di legittimo impedimento a comparire – Obbligo del giudice di verificare i tempi della carcerazione ex art. 666 comma 5 cpp – Violazione – Nullità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Presidente
Dott. BONI Monica – Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandr – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
Avverso l’ordinanza emessa il 23/06/2020 dal Tribunale di Roma;
Sentita la relazione del Consigliere Dr. Alessandro Centonze;
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dr. Cimmino Alessandro, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 26/02/2020 il Tribunale di Roma rigettava l’istanza di restituzione in termini per impugnare la sentenza irrevocabile emessa dallo stesso Tribunale il 04/10/2018 nei confronti di (OMISSIS), che era stata presentata ex articolo 175 c.p.p..
Il provvedimento di rigetto venivano pronunciato dal Giudice dell’esecuzione romano sull’assunto che non – rilevavano -, ai fini della mancata conoscenza del procedimento di cognizione presupposto, ne’ l’omessa comunicazione all’imputato della nomina del difensore d’ufficio intervenuta ex articolo 97 c.p.p., ne’ il legittimo impedimento di (OMISSIS), dovuto alla condizione di restrizione, carceraria del condannato, sopravvenuta all’instaurazione del processo penale di cui si discute.
2. Avverso tale ordinanza (OMISSIS), a mezzo dell’avv. (OMISSIS), ricorreva per cassazione, deducendo due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’articolo 107 c.p.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di ritenere irrilevante, ai fini della mancata conoscenza del procedimento penale presupposto, la rinuncia al mandato del difensore di fiducia di (OMISSIS), nonostante tale rinuncia avesse concretizzato una violazione del diritto di difesa dell’imputato.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’articolo 178 c.p.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che non consentivano di ritenere rilevante, ai fini della mancata conoscenza del procedimento penale presupposto, il legittimo impedimento dell’imputato, dovuto al suo stato di carcerazione sopravvenuto rispetto all’instaurazione del processo di cognizione, della cui esecutivita’ si controverte, in relazione al quale non era stata compiuta alcuna verifica.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ fondato nei termini di seguito indicati.
2. Deve ritenersi infondato il primo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’articolo 107 c.p.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di ritenere irrilevante, ai fini della mancata conoscenza del procedimento penale presupposto, la rinuncia al mandato del difensore di fiducia di (OMISSIS), nonostante tale rinuncia avesse concretizzato una violazione del diritto di difesa dell’imputato.
Osserva il Collegio che il Tribunale di Roma, al contrario di quando dedotto dalla difesa del ricorrente, valutava correttamente gli elementi risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge processuale, rilevando la legittimita’ della procedura di sostituzione del difensore di fiducia del ricorrente, che, tenuto conto della sua rinuncia al mandato, veniva sostituito con un difensore d’ufficio, nominato nel rispetto della previsione dell’articolo 97 c.p.p., che assisteva ritualmente (OMISSIS) nel giudizio di merito.
Non rileva, in tal senso, l’omessa comunicazione all’imputato della nomina del difensore d’ufficio, prescritta dall’articolo 28, disp. att. c.p.p., dovendo in proposito richiamarsi la giurisprudenza consolidata di questa Corte, che esclude per tali ipotesi la ricorrenza di una causa di nullita’, secondo cui: “La mancata comunicazione all’imputato del nominativo del difensore d’ufficio designato dall’autorita’ giudiziaria non comporta, in difetto di espressa previsione in tal senso, la nullita’ dell’atto al cui compimento e’ funzionale la nomina” (Sez. 2, n. 48055 del 28/09/2018, Lleshi, Rv. 275511-01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 9541 del 02/02/2006, Matei, Rv. 233540-01).
Ne’ potrebbe essere diversamente, atteso che la disposizione normativa di cui all’articolo 28 disp. att. c.p.p., che prevede che il nome del difensore di ufficio nominato ai sensi dell’articolo 97 c.p.p. deve essere comunicato senza ritardo all’imputato, non e’ tutelata, in caso di omissione, da alcuna sanzione di nullita’, con la conseguenza l’inosservanza di tale procedura comunicativa non inficia l’atto processuale al cui compimento la nomina del difensore e’ finalizzata.
Queste ragioni impongono di ribadire l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
3. Deve, invece, ritenersi infondato il secondo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’articolo 178 c.p.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che non consentivano di ritenere rilevante, ai fini della mancata conoscenza del procedimento penale presupposto, il legittimo impedimento dell’imputato, dovuto al suo stato di carcerazione sopravvenuto rispetto all’instaurazione del processo di cognizione, della cui esecutivita’ si controverte, in relazione al quale non era stata compiuta alcuna verifica giurisdizionale.
Osserva il Collegio che costituisce un dato ermeneutico incontroverso quello secondo cui la detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta all’instaurazione del procedimento, analogamente a quanto riscontrabile nel caso in esame, impone “al giudice di disporre accertamenti finalizzati alla verifica del legittimo impedimento, sicche’, ove il giudice disponga procedersi ugualmente al giudizio, si verifica la nullita’ di ordine generale di cui all’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), da rilevare o eccepire prima della deliberazione della sentenza del grado successivo” (Sez. 2, n. 20774 del 24/04/2019, Elice, Rv. 276918-01).
Questo orientamento ermeneutico, del resto, si inserisce nel solco di un filone giurisprudenziale risalente nel tempo, consolidatosi in tema di detenzione dell’imputato sopravvenuta all’instaurazione del procedimento, che e’ possibile esplicitare richiamando il seguente, insuperato, principio di diritto: “La detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non e’ configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento” (Sez. U, n. 37483 del 26/09/2006, Arena, Rv. 234600-01).
Ne discende che il Giudice dell’esecuzione romano non poteva sic et simpliciter escludere che la detenzione sopravvenuta patita da (OMISSIS) costituisse un legittimo impedimento dell’imputato, rilevante ai fini della mancata conoscenza del processo di cognizione presupposto, ma avrebbe dovuto attivare i suoi poteri, riconosciutigli dall’articolo 666 c.p.p., comma 5, allo scopo di verificare se ed eventualmente quando tale dato era stato acquisito e, solo sulla base di tale verifica preliminare, non riscontrabile nel caso in esame, riconoscere o escludere il diritto alla restituzione nel termine, invocato ai sensi dell’articolo 175 c.p.p..
4. Le considerazioni esposte impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma, che dovra’ essere eseguito nel rispetto dei principi che si sono enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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