Corte di Cassazione, penale, Sentenza|30 marzo 2021| n. 12104.
In tema di misure di prevenzione, il provvedimento impositivo della cauzione di cui all’art. 31, comma 1, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è impugnabile dinanzi alla corte di appello, essendo privo di tassatività l’elenco dei provvedimenti contenuti nell’art. 27 del medesimo decreto.
Sentenza|30 marzo 2021| n. 12104
Data udienza 8 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Sorveglianza speciale di p.s. – Pericolosità sociale del soggetto – Attualità – Rilevanza della protratta inattività lavorativa – Impugnabilità del provvedimento impositivo della cauzione – Onere di allegazione di elementi specifici da cui desumere l’incapacità di pagare – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. BELMONTE Maria Teres – Consigliere
Dott. ROMANO Michel – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 02/03/2020 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Michele Romano;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giordano Luigi, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato il decreto del Tribunale di Trapani del 13 settembre 2019 che ha applicato a (OMISSIS) la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni due imponendogli una cauzione di Euro 1000,00, in quanto soggetto che vive abitualmente con il provento dell’attivita’ delittuosa costituita dal traffico di sostanze stupefacenti, attivita’ commessa tra il (OMISSIS).
2. Avverso detto decreto ha proposto ricorso (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed affidandosi a due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge, per essere stato sottoposto a misura di prevenzione personale pur in mancanza dell’attualita’ della sua pericolosita’ sociale.
La Corte di appello si e’ limitata ad elencare i precedenti penali del (OMISSIS) senza valutare quegli elementi che potevano indurre ad una prognosi negativa e senza considerare le prove offerte per dimostrare il venir meno della pericolosita’ sociale. Il (OMISSIS) aveva cambiato Comune di residenza per allontanarsi dal contesto criminale e dalla sua ex compagna che lo avevano indotto a delinquere ed era stato prodotto il contratto di lavoro onde dimostrare l’effettivita’ del mutamento del suo stile di vita.
La Corte di appello aveva, in contrario, affermato che non era dimostrato che il (OMISSIS) avesse concretamente svolto attivita’ lavorativa e mutato il suo stile di vita, cosicche’ il requisito della pericolosita’ doveva ritenersi ancora attuale.
Tale argomentazione risulta in contrasto con il principio secondo il quale presupposto dell’applicazione delle misure di prevenzione e’ l’accertamento dell’attualita’ della pericolosita’ sociale della persona, da non confondere con la proclivita’ a commettere azioni delittuose (Sez. 1, n. 5838 del 17/01/2011, Pardo, Rv. 249392).
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge per essergli stato imposto il versamento di una cauzione senza che il Giudice avesse assolto l’onere di accertare se essa fosse compatibile con le sue condizioni economiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza.
Il Tribunale e la Corte di appello hanno desunto l’attualita’ della pericolosita’ sociale del (OMISSIS) non solo dall’essere egli stato definitivamente condannato due volte per reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 commessi nel (OMISSIS) e con sentenza non irrevocabile per altro reato della stessa natura commesso nel 2018, ma anche dalla circostanza che egli non ha svolto in detto periodo alcuna attivita’ lavorativa, concludendo che egli si sostiene con i proventi del traffico di sostanze stupefacenti, e che la sua inoccupazione si e’ protratta sino all’attualita’.
La sua protratta inattivita’ lavorativa ha indotto i giudici del merito a ritenere che egli non abbia mutato stile di vita sino alla formulazione della proposta di prevenzione.
Quanto al mutamento di residenza ed al contratto di lavoro subordinato, i giudici del merito hanno ritenuto tali elementi inidonei a fornire una seria dimostrazione del proposito del (OMISSIS) di mutare il suo sistema di vita, rilevando che il contratto di lavoro subordinato recava una data successiva alla proposta di prevenzione e non era stato in alcun modo dimostrato che alla conclusione del contratto fosse seguito l’effettivo svolgimento dell’attivita’ in esso prevista.
Sulla base della motivazione offerta dal Tribunale e dalla Corte di appello, non risulta ravvisabile la violazione di legge lamentata dal ricorrente, essendo la misura di prevenzione stata applicata sulla base di una pericolosita’ ritenuta ancora attuale.
2. Il secondo motivo e’ infondato.
2.1. La giurisprudenza di questa Corte di cassazione ha costantemente affermato, in tema di misure di prevenzione, che il provvedimento impositivo della cauzione di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 31, comma 1, non e’ impugnabile in base al principio di tassativita’ di cui all’articolo 568 c.p.p., comma 1, non essendo prevista dalla legge nei suoi confronti alcuna forma di gravame (Sez. 6, n. 39829 del 26/06/2019, Gambina, Rv. 277065; Sez. 2, n. 4834 del 16/01/2013, Lo Russo, Rv. 255200).
In particolare, si e’ osservato che la L. n. 575 del 1965, articolo 3-ter, comma 2, laddove indicava espressamente le pronunce adottabili dal Tribunale, a norma dei precedenti articoli 2-ter e 3-bis, soggette ad impugnazione, ed attualmente al Decreto Legislativo n. 159 del 2000, articoli 10, 27 e 31 omettono di menzionare quella in oggetto e che neppure puo’ essere invocato l’articolo 111 Cost., ovvero l’articolo 568 c.p.p., comma 2, poiche’ l’imposizione della cauzione non e’ riconducibile ai provvedimenti attinenti alla liberta’ personale (Sez. 2, n. 4834 del 16/01/2013, Lo Russo, Rv. 255200; Sez. 1, n. 8931 del 21/11/2000, dep. 2001, Pangallo, Rv. 218224).
Secondo tali pronunce si tratta di misura di carattere non definitivo che puo’ sempre essere revocata, in tutto o in parte, dallo stesso organo che l’ha disposta per “comprovate gravi necessita’ personali o familiari” ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 31, comma 5, (Sez. 5, n. 35363 del 22/09/2006, Chimienti, Rv. 235202; Sez. 5, n. 5493 del 08/10/1998, dep. 1999, Gionta, Rv. 212199).
In caso di inottemperanza al versamento, che costituisce illecito penale Decreto Legislativo n. 159 del 2011, ex articolo 76, comma 4, incombera’ sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare la capacita’ economica dell’obbligato di far fronte al relativo pagamento (Sez. 6, n. 39829 del 26/06/2019, Gambina, Rv. 277065).
2.2. Questo Collegio ritiene, tuttavia, che tale conclusione non sia piu’ sostenibile a seguito della recente sentenza delle Sezioni Unite che ha affermato che il provvedimento con cui il tribunale competente per le misure di prevenzione neghi l’applicazione del controllo giudiziario richiesto Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ex articolo 34-bis, comma 6, e’ impugnabile con ricorso alla corte di appello anche per il merito (Sez. U, n. 46898 del 26/09/2019, Ricchiuto, Rv. 277156).
Le Sezioni Unite, chiamate a risolvere il contrasto tra un orientamento che, invocando il principio di tassativita’ delle impugnazioni, negava che detto provvedimento fosse impugnabile, non essendo espressamente incluso tra le pronunce suscettibili di impugnazione, ed altro orientamento che riteneva che esso fosse impugnabile attraverso il ricorso in cassazione, facendo leva sulla previsione dell’articolo 127 c.p.p., comma 7, ha optato per una terza soluzione affermando che detto provvedimento e’ appellabile.
Le Sezioni Unite sono giunte a tale conclusione asserendo che il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10 e’ “concepito come norma generale di impugnazione, anche per il merito, delle misure di prevenzione personale, ma estensibile anche ai provvedimenti in tema di misure di prevenzione patrimoniale che rechino un vulnus a posizioni garantite costituzionalmente, analoghe ad altre presidiate dal mezzo di impugnazione” e che “e’ da escludere che il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 27 contenente un elenco di provvedimenti impugnabili con l’appello anche per il merito, tracci un perimetro chiuso”, cosicche’ e’ venuto a cadere “uno dei principali argomenti su cui e’ stata basata l’affermazione che il legislatore del 2017, avendo ripreso la materia dei provvedimenti in tema di misure patrimoniali impugnabili, avrebbe espresso una volonta’ ben circoscritta nella relativa individuazione”.
Non puo’, quindi, essere piu’ invocato il principio di tassativita’ delle impugnazioni per escludere che il provvedimento che imponga la cauzione non sia suscettibile di gravame.
2.3. Deve, tuttavia, osservarsi che nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di appello ha valutato se il (OMISSIS) fosse o meno in grado di sostenere l’onere economico della cauzione e, non avendo egli dimostrato alcunche’ a tale proposito, ha ritenuto che non sussistesse alcun impedimento ad imporre la suddetta garanzia, prescritta dall’articolo 31, comma 1, Decreto Legislativo citato.
Nel provvedimento impugnato si afferma che la cauzione deve essere mantenuta “avuto riguardo alla mancata prova sulla oggettiva impossibilita’ di adempierla”.
Si consideri che, in tema di misure di prevenzione, la prova dell’impossibilita’ di provvedere al pagamento della cauzione, per indisponibilita’ di mezzi economici grava sull’imputato, il quale ha un onere di allegazione che non puo’ dirsi soddisfatto dall’apodittica affermazione di versare in uno stato di indigenza, e comprende anche la facolta’ di richiedere indagini volte ad acquisire elementi dai quali risulti che la materiale impossibilita’ di adempiere abbia i caratteri dell’assolutezza e non sia preordinata o colposamente determinata (Sez. 5, n. 38729 del 03/04/2014, Okpere, Rv. 262208).
Nel caso di specie l’odierno ricorrente non ha dedotto, con l’atto di appello, alcun elemento al fine di dimostrare la sua impossibilita’ di prestare la cauzione. Ne consegue la infondatezza del motivo di ricorso.
3. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply