Corte di Cassazione, penale, Sentenza|1 dicembre 2020| n. 34027.
In tema di misure di prevenzione, non sussiste la competenza del giudice dell’esecuzione a decidere sulla domanda di revoca del decreto definitivo con la quale si solleciti la verifica della permanenza della sua “base legale” in relazione all’inquadramento del sottoposto nella categoria di pericolosità generica di cui all’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, come interpretato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 24 del 2019, trattandosi di domanda qualificabile come richiesta di revoca della misura, disciplinata, anche con riferimento alla competenza, dagli artt. 11, quanto alle misure di prevenzione personali, e 28, quanto a quelle patrimoniali, del citato d.lgs.. (In applicazione del principio, la Corte, rilevando d’ufficio il vizio di incompetenza funzionale, ha annullato senza rinvio la decisione del giudice dell’esecuzione di rigetto dell’istanza di revoca della confisca ed ha disposto la trasmissione degli atti alla competente corte di appello).
Sentenza|1 dicembre 2020| n. 34027
Data udienza 1 ottobre 2020
Integrale
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BONI Monica – Presidente
Dott. BIANCHI Michele – Consigliere
Dott. BINENTI Roberto – Consigliere
Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere
Dott. MAGI Raffael – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) S.R.L.;
avverso il decreto del 25/06/2019 della CORTE APPELLO di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere RAFFAELLO MAGI;
lette le conclusioni del PG MARINELLI Felicetta che ha chiesto il rigetto del ricorso.
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con decreto emesso in data 25 giugno 2019 la Corte di Appello di Roma – quale giudice in tema di esecuzione di misure di prevenzione – decideva su una domanda di revoca, introdotta ai sensi dell’articolo 673 c.p.p., del decreto emesso dalla medesima Corte di Appello in data 14 aprile 2015 (irrevocabile in data 15 maggio 2016), applicativo di misure personali e patrimoniali (con proposta intervenuta in data 17 giugno 2013).
La domanda – introdotta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) srl – veniva respinta.
1.1 Va premesso che la domanda risulta motivata in riferimento ad un novum di tipo giuridico, consistente nei contenuti della decisione (n. 24 del 2019) con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimita’ della previsione di legge di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, lettera a) in tema di pericolosita’ cd. semplice, al contempo realizzando una specifica interpretazione dei contenuti della previsione di legge di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), medesimo testo legislativo.
2. La Corte di Appello, nel valutare la domanda nel merito, ha implicitamente affermato la propria competenza a provvedere.
Quanto alle ragioni del diniego, la Corte territoriale afferma, in sintesi, che l’inquadramento della condizione di pericolosita’ del (OMISSIS) e’ stato realizzato – nel decreto emesso in cognizione – anche in riferimento alla categoria tipica di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, lettera b (soggetto che vive abitualmente, anche in parte, dei proventi di attivita’ delittuose).
Non vi sarebbe, pertanto, alcuna concreta “incidenza” sul giudicato di quanto deciso dal giudice delle leggi con la decisione n. 24 del 2019, prima citata.
2. Avverso detto decreto hanno proposto ricorso per cassazione, nelle forme di legge, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) srl, deducendo erronea applicazione di legge ed apparenza di motivazione.
2.1 In premessa, va evidenziato che i ricorrenti sostengono la scelta di proporre la domanda di revoca del precedente decreto in termini di “incidente di esecuzione” ai sensi dell’articolo 673 c.p.p. (in luogo della domanda di revocazione della confisca ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 28), ipotizzando l’assenza di un rimedio specifico nell’ambito delle previsioni di legge contenute nel Decreto Legislativo n. 159 del 2011, testo regolativo della disciplina delle misure di prevenzione personali e patrimoniali.
Cio’ anche in riferimento alla necessita’, secondo i ricorrenti, di una globale rivisitazione dei contenuti del decreto applicativo delle misure, nel cui ambito era stato ricostruito il profilo di pericolosita’ soggettiva del (OMISSIS) – in modo inscindibile – sia in riferimento alla categoria abolita dalla Corte costituzionale (la dedizione abituale a traffici delittuosi) che in rapporto alla categoria tipica oggetto di conformazione interpretativa nella citata decisione n. 24 del 2019 (Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, lettera b).
Simile rielaborazione, imposta dalla necessita’ di verifica della permanenza (alla luce di quanto stabilito dalla Corte costituzionale) di una “base legale” costituzionalmente valida del decreto applicativo delle misure sarebbe realizzabile, secondo i ricorrenti, esclusivamente nell’ambito della procedura di revoca di cui all’articolo 673 c.p.p..
2.2 Quanto ai vizi denunziati, si afferma che la Corte di Appello di Roma non ha compiuto alcuna reale “rielaborazione” dei contenuti del decreto emesso in cognizione, limitandosi ad indicare il dato storico della “compresenza” di argomentazioni – espresse in cognizione – circa la dedizione del (OMISSIS) ad attivita’ delittuose produttive di redditi illeciti, tali da resitere ai contenuti interpretativi della decisione del giudice delle leggi.
Tale ricognizione sarebbe, in tesi, solo formale, del tutto apodittica e priva di reale confronto con le linee-guida espresse nella decisione n. 24 del 2019 Corte Cost., che hanno ristretto l’ambito applicativo della disposizione di legge ai soli casi in cui l’attivita’ delittuosa risulti non solo abituale ma produttiva di un reddito “effettivo” e tale da rappresentare l’unico reddito del soggetto, o quanto meno una componente significativa di tale reddito.
Viene allegata al ricorso copia del decreto emesso in data 14 aprile 2015, al fine di documentare la – sostenuta – apparenza di motivazione del provvedimento impugnato.
3. La decisione impugnata va annullata ex officio, su profilo non dedotto dalle parti ricorrenti, per incompetenza funzionale della Corte di Appello di Roma – rispetto alla tipologia di domanda introdotta -, vizio tale da determinare la nullita’ assoluta del provvedimento impugnato (si vedano sulla rilevabilita’ ex officio del vizio di incompetenza funzionale, tra le molte, Sez. II n. 29114 dei 23.5.2019, rv 277017; Sez. II n. 3282 del 12.12.2013; Sez. III n. 2417 del 21.11.2002, rv 224034).
3.1 Il Collegio ritiene, per le ragioni di seguito esposte, che la domanda abbia introdotto una istanza di revocazione della misura di prevenzione, da attribuirsi in via esclusiva alla Corte di Appello competente ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 28 non potendosi ritenere applicabile la previsione di legge di cui all’articolo 673 c.p.p., azionata dagli istanti, attuali ricorrenti.
3.2 In premessa, va ricordato che in precedenti arresti di questa Corte di legittimita’ (v. Sez. I n. 40765 del 13.6.2018, rv 273968; Sez. I n. 4001 del 9.1.2014, rv 258047) si e’ gia’ precisato che nel corpus normativo rappresentato dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011 il riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 666 e ss. c.p.p. e’ stato operato – in ragione della collocazione topografica e della ratio sottesa – a fini di “integrazione” delle disposizioni dettate per la fase della cognizione (Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 7, comma 9), il che esclude che sia stata in tal modo normativizzata – con trasposizione della disciplina penalistica nel codice antimafia – la fase procedimentale della “esecuzione” delle misure di prevenzione. Va ripreso, in particolare, il contenuto del citato arresto n. 40765 del 2018, ove si e’ affermato che la procedura dell’incidente di esecuzione non e’ tipizzata in via generale nel sistema procedurale delle misure di prevenzione, sistema che conosce una pluralita’ di procedimenti esecutivi, posteriori al giudicato e nel cui ambito peraltro – l’organo esecutivo e’ identificato, in prima battuta, nel Questore, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, Cod. Ant., per le misure personali.
I procedimenti in questione sono: a) la domanda di revoca o modifica della misura personale di cui all’articolo 11, comma 2, con competenza attribuita all’organo che ha emanato il provvedimento; b) le autorizzazioni ad allontanarsi dal comune di residenza o dimora abituale, con competenza attribuita al Presidente del Tribunale invididuato per la fase di cognizione; c) la revocazione della confisca definitiva, prevista dall’articolo 28, con competenza attribuita alla Corte di Appello individuata ai sensi dell’articolo 11 c.p.p.; d) la riabilitazione prevista dall’articolo 70, con competenza attribuita alla Corte di Appello nel cui distretto ha sede l’autorita’ giudiziaria che ha disposto la misura di prevenzione; e) le domande di tutela del credito inciso da confisca di cui alla L. n. 228 del 2012, attribuite alla competenza del giudice dell’esecuzione presso il Tribunale che ha disposto la confisca; f) le particolari procedure di ammissione dei crediti nell’ambito della composizione dello stato passivo in caso di misure patrimoniali di cui all’articolo 59; g) la procedura di approvazione del rendiconto di gestione di cui all’articolo 43.
3.3 Dunque, pur non potendosi negare l’esistenza del generale principio per cui la “competenza esecutiva”, intesa come titolarita’ del potere/dovere di regolamentare eventuali questioni interpretative del giudicato che incidano su diritti soggettivi e’ da riconoscersi anche nel sistema della prevenzione – in quanto attributo coessenziale alla funzione giurisdizionale – non puo’ – al contempo – riconoscersi l’applicabilita’ al settore tipico della prevenzione delle singole disposizioni procedimentali contenute nel codice di rito penale in tema di esecuzione, posto che il rinvio alle previsioni di cui all’articolo 666 c.p.p. (in quanto compatibili) e’,,come si e’ detto, dettato dal legislatore del Codice Antimafia per la fase della cognizione (articolo 7, comma 9, Cod. Ant.) e non riguarda, pertanto, la fase esecutiva.
4. Cio’ posto, e’ da ritenersi che tutte le esigenze di “rivalutazione” di una decisione definitiva emessa in sede di prevenzione, siano le stesse correlate alla emersione di elementi di fatto che ad eventi di natura normativa, debbano trovare sede âEuroËœnaturale’ di verifica giurisdizionale nei procedimenti con vocazione revocatoria disciplinati nel medesimo Decreto Legislativo n. 159 del 2011, rappresentati dalle procedure di cui all’articolo 11 (nella ipotesi di misura esclusivamente personale) e articolo 28 (li’ dove venga in rilievo, anche in rapporto alla valutazione di pericolosita’ soggettiva operata in cognizione, la revocazione della confisca).
La procedura di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 28 – applicabile al caso in esame in ragione dell’epoca della proposta – e’ lo strumento introdotto dal legislatore (con formalizzazione dei precedenti orientamenti giurisprudenziali) al fine di apprezzare il “difetto originario” dei presupposti per l’adozione del provvedimento definitivo e, pur a fronte di una tipizzazione dei casi mutuata dalla disciplina generale della revisione, consente di realizzare, in via interpretativa, il necessario adeguamento del sistema Ade a prevenzione alle particolari sopravvenienze di cui si discute, rappresentate dalle conseguenze di una decisione (n. 24 del 2019 Corte Cost.) in parte dichiarativa di illegittimita’ costituzionale ed in parte “interpretativa di rigetto” (si veda, in proposito, quanto deciso da Sez. I n. 11661 del 10.1.2020, rv 278738 intervenuta in procedura Decreto Legislativo n. 159 del 2011, ex articolo 11).
Del resto, che la indicazione dei casi tipici di revocazione di cui all’articolo 28, comma 1 non esaurisca le esigenze di rivedibilita’ del provvedimento definitivo emesso in sede di prevenzione e’ un dato acquisito in giurisprudenza, stante la necessita’ di considerare l’ipotesi aggiuntiva di revisione cd.Europea (sent. n. 113 del 2011 C.Cost.) anche nel settore in parola (v. Sez. I n. 50919 del 13.7.2018, rv 274878; Sez. V n. 4463 del 15.11.2011), il che ulteriormente sostiene la tesi per cui la. necessarie integrazioni sistematiche ai contenuti delle previsioni di legge sono da realizzarsi nell’ambito della disciplina di settore, tendenzialmente esaustiva, e non in ambiti procedimentali del tutto diversi.
La cognizione della domanda introdotta dagli attuali ricorrenti va pertanto attribuita, previo annullamento della decisione impugnata, alla Corte di Appello di Perugia, competente ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 28.
5. La rilevazione, in via preliminare, di un vizio di competenza funzionale preclude l’esame dei contenuti del ricorso, nella parte tesa a contestare la motivazione espressa dalla Corte di Appello di Roma, dovendosi rimettere la trattazione della domanda originaria al giudice competente.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di Appello di Perugia, competente ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 28.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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