Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Sentenza 20 luglio 2020, n. 15363.

La massima estrapolata:

In tema di liquidazione dell’IVA di gruppo, l’estinzione – avente natura non satisfattiva – dell’obbligazione originaria di versamento dell’IVA a debito, conseguente all’opzione della società controllante per l’opposizione in compensazione di crediti IVA infragruppo, costituisce un “posterius” rispetto all’esatto adempimento della prestazione delle garanzie richieste dagli artt. 38-bis d.P.R. n. 633 del 1972 e 6 d.m. 13 dicembre 1979, la cui mancata (o inesatta) esecuzione comporta la mancata liberazione del debitore e l’obbligo dell’esecuzione dell’originaria prestazione pecuniaria, venendo meno “ex tunc” gli effetti della compensazione la quale, essendo in genere ammessa nei soli casi previsti dalla legge, si regge sull’osservanza dei presupposti formali imposti al contribuente per beneficiare di questa speciale modalità di utilizzazione delle eccedenze IVA delle società controllate.

Sentenza 20 luglio 2020, n. 15363

Data udienza 26 novembre 2019

Tag/parola chiave: Iva – Iva di Gruppo – Compensazione – Fornitura di garanzie – Condizione per l’adesione al regime agevolato – Disciplina – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25700/2016 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SPA, Socio Unico, (C.F. (OMISSIS)), in persona
del Commissario Straordinario pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. (OMISSIS) e dall’Avv. Prof. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1822/VI/16 depositata in data 6 aprile 2016;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 novembre 2019 dal Consigliere Filippo D’Aquino;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale LUISA DE RENZIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udita l’Avv. (OMISSIS) per il ricorrente.

FATTI DI CAUSA

La societa’ contribuente, la quale aveva optato per la liquidazione dell’IVA di gruppo a termini del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 73, comma 3, ha impugnato l’avviso di accertamento relativo a IVA e sanzioni per l’anno di imposta 2011, con il quale l’Ufficio comunicava alla societa’ contribuente il recupero di IVA non versata, per indebita compensazione del debito IVA con un credito IVA di una societa’ appartenente al gruppo di imprese, di cui la ricorrente era controllante, in forza della mancata prestazione delle garanzie previste dal Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, n. 11065, articolo 6, comma 3.
Il ricorso e’ stato parzialmente accolto dalla CTP di Roma e la CTR del Lazio, con sentenza in data 6 aprile 2016, ha accolto l’appello dell’Ufficio. Ha evidenziato il giudice di appello come la societa’ contribuente, pur avendo optato per la liquidazione dell’IVA di gruppo, non avesse prestato ne’ le garanzie di cui al Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, ne’ il prospetto previsto dalla suddetta disposizione normativa e ha ritenuto che la prestazione della garanzia costituisce condizione indispensabile per l’accesso alla procedura di liquidazione. Ha osservato, in proposito, il giudice di appello che la procedura di recupero dell’IVA non versata non deve essere preceduta dalla verifica di esistenza del credito IVA infragruppo opposto in compensazione, posto che i tempi imposti dal procedimento di liquidazione dell’IVA di gruppo non sono compatibili con i tempi di un’istruttoria volta ad accertare la sussistenza del suddetto credito, al cui mancato accertamento sopperisce la prestazione delle garanzie. Ha ritenuto, inoltre, il giudice di appello che la questione di illegittimita’ costituzionale per eccesso di delega legislativa avverso la suddetta disposizione non sia manifestamente fondata. Il giudice di appello ha, infine, ritenuto legittima l’applicazione della sanzione a termini del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, articolo 13, ritenendo che la mancata prestazione delle garanzie equivale a mancanza dei presupposti per la compensazione, il che fa insorgere i presupposti dell’omesso versamento dell’imposta originariamente dovuta e illegittimamente compensata, applicandosi il cit. D.Lgs., articolo 13. a ogni caso di mancato versamento di tributi.
Propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a quattro motivi, l’Ufficio non si e’ costituito in giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo si denuncia violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 74 (rectius articolo 73), e alla L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 10, nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto legittimo il recupero dell’IVA a debito, dovuta e non versata dalla societa’ controllante odierna ricorrente, per effetto della compensazione con il credito di una societa’ controllata, senza che si sia proceduto alla verifica preventiva dell’effettiva esistenza di quest’ultimo credito. Deduce il ricorrente come risulti decisiva – ai fini del recupero dell’IVA non versata, quale effetto del disconoscimento della compensazione operata dalla contribuente – la questione dell’esistenza del credito IVA trasferito dalla societa’ controllata alla controllante, circostanza che dovrebbe essere verificata dall’Ufficio prima di emettere l’atto di recupero. Nella specie, ad avviso della ricorrente in A.S., l’Ufficio avrebbe dovuto verificare che la controllata (nella specie, (OMISSIS) SRL) non fosse effettivamente titolare del suddetto credito, cio’ ai fini del venir meno dei presupposti per la compensazione e del recupero dell’IVA a debito non versata.
Con il secondo motivo si deduce, sotto il profilo della violazione di legge, l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, per violazione degli articoli 23 e 76 Cost., con conseguente disapplicazione della suddetta disposizione a termini del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 7. Deduce il ricorrente come la previsione normativa di cui al cit. D.M., articolo 6, abbia imposto – a carico della parte contribuente che intenda accedere all’istituto della compensazione dei crediti fiscali delle societa’ controllate previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, l’onere della prestazione di garanzia cauzionale, osservando come tale prestazione non sia imposta da alcuna norma di rango primario; chiede, in via gradata, la rimessione della questione di costituzionalita’ della suddetta norma secondaria al giudice delle leggi. Deduce, inoltre, come la suddetta Disp. violi la Dir. n. 77/388/CEE, articolo 18, n. 4, disciplina trasfusa nella Dir. 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, con conseguente violazione dell’articolo 11 Cost., non essendo comprimibile, causa il principio di neutralita’, il diritto di detrazione e il correlato diritto a ottenere il rimborso dell’eccedenza di imposta; ne consegue, ad avviso del ricorrente, che la suddetta disposizione contrasterebbe anche con il diritto unionale, con conseguente disapplicazione della disciplina secondaria anche sotto tale profilo.
Con il terzo e complesso motivo di ricorso si deduce violazione di legge, non essendo ad avviso del ricorrente sanzionabile una violazione meramente formale, quale la mancata prestazione della garanzia, con la sanzione di cui al Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, articolo 13. Ritiene il ricorrente che l’omessa prestazione della garanzia non sia equiparabile all’omesso versamento di un’imposta, deducendo come la prestazione della garanzia ha lo scopo di rendere il Fisco indenne dall’eventuale sottrazione di gettito in caso di successivo accertamento dell’inesistenza del credito opposto in compensazione. Il che conferirebbe alla prestazione della cauzione natura meramente cautelare, non equiparabile al mancato versamento dell’imposta, per cui non potrebbe applicarsi nella specie la sanzione per omesso versamento dell’imposta.
Ritiene, sotto un secondo aspetto, il ricorrente non irrogabile la sanzione per effetto della apertura della procedura di amministrazione straordinaria e, precisamente, per effetto della declaratoria dello stato di insolvenza, in virtu’ di sentenza del Tribunale di Roma in data 26 luglio 2013, circostanza che avrebbe impedito il pagamento del credito di imposta al di fuori delle regole del concorso dei creditori; l’applicazione della sanzione non risulterebbe, pertanto, compatibile con il mancato pagamento di debiti concorsuali.
Rileva, sotto un terzo profilo, il ricorrente come il Decreto Legislativo 21 novembre 2014, n. 175, articolo 13, ha sostituito il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, novellando il suddetto art., comma 3, con la previsione che i rimborsi siano disposti senza prestazione di garanzia, ove risultino soddisfatti alcuni adempimenti di carattere formale; deduce il ricorrente come la novella del 2014 abbia eliminato l’obbligo generalizzato di prestazione della garanzia, con conseguente disapplicazione del regime sanzionatorio di cui al Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 13, per mancata prestazione delle garanzie, in termini non dissimili da una aboliti criminis.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’articolo 112 c.p.c., nella parte in cui la sentenza non si e’ pronunciata sulla deduzione secondo cui non sarebbero applicabili le sanzioni a termini del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 5, (assenza della colpevolezza), il che si traduce nell’accertamento della colpevolezza del contribuente. Deduce, inoltre, come la sanzione irrogata non sarebbe applicabile in presenza, come nella specie, di obiettive condizioni di incertezza e chiede, in subordine, la riduzione della sanzione a termini del Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 7, comma 4. Il ricorrente invoca, in ogni caso, l’applicazione della disciplina di maggior favore rappresentata dalla novella di cui al Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 7, comma 4, come modificato dal Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158.
2 – I primi due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
2.1 – La disciplina dell’IVA di gruppo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, introduce un meccanismo semplificato di liquidazione dell’IVA (sia periodica, sia in sede di conguaglio di fine anno), che comporta per le societa’ facenti parte di un gruppo societario (e aderenti su base opzionale alla procedura) il trasferimento dei rispettivi crediti e debiti d’imposta alla societa’ controllante. Quest’ultima e’ il soggetto legittimato al versamento del saldo netto risultante dalla mera somma algebrica delle posizioni debitorie e creditorie delle societa’ controllate aderenti, operando la compensazione dei debiti IVA propri e delle controllate con i saldi attivi eventualmente trasferiti dalle societa’ controllate che si trovino in credito di imposta. Per effetto dell’adesione delle societa’ facenti parte di un gruppo di imprese alla liquidazione dell’IVA di gruppo, le eventuali eccedenze di imposta delle societa’ controllate, le quali perdono la disponibilita’ dei saldi attivi (oltre che la titolarita’ dei saldi passivi) risultanti dalle proprie liquidazioni, vengono trasferite alla societa’ controllante e la liquidazione dell’IVA diviene una procedura interna al gruppo di imprese, al cui espletamento e’ legittimata la societa’ controllante.
Il sistema prevede, quindi, una liquidazione agevolata, consentendo (in caso di eccedenze di imposta superiori ai debiti IVA del gruppo), anche un rimborso “iperaccelerato”. Nel qual caso, non risultando i tempi di erogazione del rimborso compatibili con i tempi dell’accertamento dell’esistenza sostanziale dei crediti, la liquidazione dell’IVA di gruppo prescinde dalla verifica della effettiva sussistenza delle eccedenze di imposta in capo alle societa’ originarie titolari dei crediti di imposta.
In caso di rimborsi, come anche per l’accesso alla compensazione dei crediti di imposta infragruppo, l’ordinamento introduce un procedimento analogo a quello previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, in caso di rimborsi spettanti ai contribuenti che si trovino nelle condizioni sostanziali di cui all’ult. cit. D.P.R., articolo 30, gia’ commi 2, 3 e 4, come confermato dall’ ult. cit. D.P.R., articolo 30, u.c., laddove prevede che “agli effetti della norma di cui all’articolo 73, u.c., le Disp. del presente art., commi 2, 3 e 4, si intendono applicabili per i rimborsi richiesti dagli enti e dalle societa’ controllanti”. A tal fine, il Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, comma 3, emanato in attuazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, nella formulazione pro tempore applicabile, impone al contribuente che acceda alla liquidazione dell’IVA di gruppo (societa’ controllante) la prestazione di garanzia per i crediti delle societa’ controllate oggetto di utilizzo mediante compensazione nelle forme dell’ult. cit. D.P.R., articolo 38-bis, (“per le eccedenze di credito risultanti dalla dichiarazione annuale dell’ente o societa’ controllante ovvero delle societa’ controllate, compensate in tutto o in parte con somme che avrebbero dovuto essere versate dalle altre societa’ controllate o dall’ente o societa’ controllante, si applicano le Disp. del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 38-bis, comma 2. Le garanzie devono essere prestate dalle societa’ il cui credito sia stato estinto, per l’ammontare relativo, in sede di presentazione della dichiarazione annuale. In caso di mancata prestazione delle garanzie l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate deve essere versato entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale”).
Dette garanzie hanno natura cauzionale, dovendo essere prestate in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, ovvero mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria, consorzio fidi o mediante fideiussione di soggetti imprenditoriali di particolare solidita’ patrimoniale (Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, comma 5, gia’ comma 1).
La prestazione di una garanzia cauzionale resa a termini del Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, comma 3, pari all’importo dei crediti utilizzati in compensazione da parte della societa’ controllante costituisce, pertanto, condizione per l’adesione al regime agevolato di liquidazione dell’IVA di gruppo e per l’esercizio della compensazione interna al gruppo di imprese; garanzia che deve essere allegata – secondo la disciplina pro tempore applicabile – al modello IVA 26 da parte della controllante al momento della presentazione della dichiarazione annuale IVA, occorrendo, altrimenti, versare all’Ufficio finanziario, entro il termine di presentazione della dichiarazione, l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate (Cass., Sez. V, 11 marzo 2015, n. 4843).
2.2 – Un primo corollario che puo’ trarsi e’ che la prestazione di garanzia si configura in termini analoghi a una obbligazione alternativa ex lege a termini dell’articolo 1285 c.c., imposta al contribuente. Il contribuente, controllante un gruppo di imprese e che si trovi a debito IVA, ha la scelta tra due prestazioni, dedotte in modo disgiuntivo e poste su un piano di parita’ (Cass., Sez. II, 2 dicembre 2013, n. 26988). Egli puo’, difatti, optare tra l’esecuzione della prestazione pecuniaria (versamento dell’IVA a debito), ovvero per la liquidazione dell’IVA di gruppo, che gli consente di utilizzare in compensazione (o a rimborso) le eccedenze di IVA delle societa’ controllate. In questo secondo caso, il contribuente viene onerato (anche) della prestazione delle garanzie richieste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis. Uno schema, questo, compatibile sia con la tendenziale idoneita’ di ciascuna prestazione (pagamento o prestazione di garanzia) a soddisfare l’interesse del creditore, sia con la natura meramente facoltativa di adesione delle societa’ del gruppo alla liquidazione dell’IVA di gruppo, sia (infine) con il principio di neutralita’ dell’IVA, risultando indifferente il soggetto che si avvalga dell’eccedenza di imposta. All’atto della scelta del contribuente per l’opzione della liquidazione dell’IVA di gruppo si determina, pertanto, la concentrazione dell’obbligazione sull’unica prestazione, consistente (anche) nella prestazione di garanzia, il cui esatto adempimento libera il debitore.
Diversamente, l’inesatto adempimento della prestazione richiesta per l’adesione all’IVA di gruppo, che si verifica ove non sia stata prestata la garanzia richiesta dal Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, comporta la mancata liberazione del debitore e l’obbligo dell’esecuzione della originaria prestazione pecuniaria (versamento dell’IVA a debito).
2.3 – Un secondo corollario e’ che l’estinzione dell’obbligazione originaria di versamento dell’IVA a debito, conseguente alla opzione della controllante per la liquidazione dell’IVA di gruppo, funzionale alla opposizione in compensazione di crediti IVA infragruppo (estinzione dell’obbligazione avente natura non satisfattiva: Cass., Sez. III, 7 marzo 2017, n. 5630; Cass., Sez. I, 3 luglio 2009, n. 15677), costituisce un posterius rispetto all’esatto adempimento della prestazione delle garanzie. La mancata o inesatta esecuzione della prestazione comporta il venir meno ex tunc degli effetti della compensazione, la quale si regge sull’osservanza dei presupposti formali imposti al contribuente per beneficiare della liquidazione dell’IVA di gruppo, in coerenza con il principio secondo cui la compensazione, in materia tributaria, e’ ammessa nei soli casi previsti dalla legge (Cass., Sez. V, 1 febbraio 2019, n. 3096), non diversamente dal caso dell’errato utilizzo di un credito di imposta in compensazione (Cass., Sez. V, 17 luglio 2019, n. 19185; Cass., Sez. V, 17 aprile 2019, n. 10708).
2.4 – Un terzo corollario e’, infine, che la scansione cronologica del procedimento di liquidazione impone all’Ufficio il mero controllo formale della presentazione, unitamente al deposito del prospetto di liquidazione e delle garanzie, della dichiarazione IVA della controllante e delle controllate, delle quali la controllante fa propri i contenuti tramite la sottoscrizione del proprio legale rappresentante. L’Ufficio e’, da un lato, ugualmente soddisfatto (al pari che nel caso del versamento dell’imposta) dalla prestazione delle garanzie cauzionali, per cui non ha interesse al controllo preventivo dell’esistenza del credito al momento della liquidazione dell’imposta. Dall’altro, l’eccedenza di imposta risulta trasferita dal soggetto titolare (societa’ controllata) alla controllante, per cui l’Ufficio non ha alcun ulteriore onere di controllo nei confronti delle controllate. Tanto che si ritiene che l’attivita’ di controllo e accertamento sia legittimamente esercitata, senza l’effettuazione di pregiudiziali rettifiche nei confronti delle societa’ controllate, nei confronti della sola societa’ controllante e, cioe’, del soggetto fiscale sul quale ricadono gli obblighi della dichiarazione (ossia della prestazione alternativa rispetto al versamento dell’imposta) e a favore del quale matura il diritto ad ottenere il rimborso o la compensazione dell’eccedenza detraibile (Cass., Sez. V, 18 maggio 2016, n. 10207).
In sintesi – e da cio’ si evince l’infondatezza del primo motivo di ricorso – l’Ufficio fa affidamento sulle garanzie cauzionali prestate dal contribuente all’atto dell’opzione della liquidazione dell’IVA di gruppo, le quali surrogano l’interesse del suddetto creditore al versamento dell’IVA dovuta a debito; ne consegue che l’Ufficio non ha interesse, all’atto del deposito delle garanzie, a un immediato accertamento dell’esistenza del credito opposto in compensazione, se non al momento in cui, accertata l’inesistenza del credito, si vedra’ costretto ad escutere le garanzie.
2.5 – Il delineato sistema e’ apparso, a questa Corte, coerente con la natura meramente endoprocedimentale della disciplina dell’IVA di gruppo, finalizzata soltanto a semplificare la liquidazione ed il versamento del tributo, in forza della quale le societa’ controllate (a differenza del “Gruppo IVA”) non perdono la loro soggettivita’ ai fini fiscali, rimanendo titolari delle eventuali ulteriori eccedenze di imposta, circostanza dalla quale consegue che, a termini del Decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1999, n. 542, articolo 8, comma 1, la liquidazione infragruppo attiene alla sola liquidazione dell’IVA, escludendosi la compensazione esterna od “orizzontale” di cui al Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, articolo 17, comma 2, (Cass., Sez. V, 19 maggio 2017, n. 12645; Cass., Sez. VI, 17 luglio 2017, n. 17690).
2.6 – Il sistema deve, inoltre, ritenersi compatibile con la disciplina unionale.
2.6.1 – In primo luogo va osservato come la normativa di diritto interno non costituisce trasposizione della disciplina unionale (gia’ disciplinata dalla Dir. n. 77/388/CEE, articolo 4, par. 4, comma 2, poi trasfusa con modificazioni nella Dir. n. 2006/112/CE, articolo 11, par. 1 e 2), posto che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, non attribuisce al gruppo di imprese (diversamente dalla gia’ menzionata sopravvenuta disciplina del Gruppo IVA, contenuta nell’ult. cit. D.P.R., Titolo V-bis), natura di soggetto unitario, rimanendo ai fini fiscali le singole societa’ del gruppo soggetti giuridici distinti. La disciplina dell’IVA di gruppo opera, pertanto, solo sul piano della liquidazione dell’IVA e costituisce mera agevolazione rispetto all’esercizio degli obblighi di dichiarazione e dei diritti conseguenti delle societa’ controllate (Cass., Sez. V, 1 ottobre 2014, n. 20708). Si e’ difatti affermato – all’esito della pronuncia della Corte di Giustizia UE 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin, C-162/07 – che “il regime in contestazione non costituisc(e) una misura di trasposizione della direttiva, non dando vita ad una vicenda giuridica nella quale la societa’ controllata perde totalmente la sua qualita’ di soggetto passivo d’imposta. La stessa Corte comunitaria, pur attribuendo al giudice di rinvio la verifica del regime nazionale sotto il detto profilo, non esclude espressamente che tale regime rappresenti soltanto un’agevolazione rispetto all’esercizio degli obblighi di dichiarazione e dei diritti conseguenti, quale quello alla detrazione, dando atto della dichiarazione del Governo italiano, secondo cui la Repubblica italiana, con l’emanazione del decreto ministeriale, non aveva inteso trasporre la sesta Dir., articolo 4, n. 4, comma 2,” (Cass., Sez. V, 13 marzo 2009, n. 6105).
Ne’ la disciplina Eurounitaria in oggetto puo’ ritenersi di diretta attuazione nei singoli ordinamenti interni (Cass., Sez. V, 8 febbraio 2019 n. 3749).
Da cio’ si deduce che la disciplina del Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, attuativo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, ben puo’ rappresentare una misura adeguata alla finalita’ di evitare un’utilizzazione abusiva del regime agevolato (Cass., n. 6105/2009, cit.).
2.6.2 – In secondo luogo, pur prescidendosi dalla estraneita’ al sistema unionale della menzionata disciplina di diritto interno, la specifica prestazione di garanzia imposta alla societa’ controllante, rapportata ai crediti delle societa’ controllate oggetto di utilizzo mediante compensazione, non appare in contrasto con la disciplina unionale, intesa (come correttamente osserva la sentenza impugnata) quale bilanciamento conseguente al mancato accertamento dei presupposti sostanziali dell’esistenza dei crediti oggetto di compensazione.
Questa prestazione di garanzia non puo’ ritenersi in contrasto con la attuale disciplina di cui alla Dir. IVA n. 2006/112/CE, articolo 11, par. 2, ove prevede che uno Stato membro che eserciti l’opzione prevista al comma 1, (istituzione del gruppo IVA), possa adottare le misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale mediante l’esercizio di tale disposizione. E’, difatti, stato affermato dalla Corte di Giustizia (Corte di Giustizia UE, 16 luglio 2015, Larentia-Minerva, C-108/14, C-109/14, punti 36 – 42), che – pur non subordinando la disciplina unionale la considerazione quale unico soggetto di imposta (circostanza estranea al caso di specie) ad altra condizione che si tratti di persone stabilite nel territorio dello Stato strettamente vincolate tra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi – la normativa Eurounitaria non priva gli Stati membri della adozione di disposizioni espresse comparabili a quella della Dir. cit., articolo 11, paragrafo 2, volte a reprimere la lotta alla frode e all’evasione fiscale, anche in assenza di un’espressa attribuzione di competenza da parte del legislatore dell’Unione (conf., Corte di Giustizia UE, Halifax e a., 0255/02, 21 febbraio 2006, punti 70 e 71).
Esigenza che si rinviene nel fatto che la Dir. n. 2006/112/CE, articolo 11, paragrafo 2, prevede espressamente, a differenza della precedente Dir. n. 77/388/CEE, articolo 4, par. 4, comma 2, che uno Stato membro possa “adottare le misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale mediante l’esercizio di tale disposizione”. Tale disposizione, benche’ non in vigore all’atto dell’emanazione del Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, puo’ essere valorizzata in termini di interpretazione evolutiva allo scopo di qualificare la prestazione di garanzia, imposta dalla suddetta disposizione secondaria alla societa’ controllante dichiarante, quale strumento volto alla repressione delle potenziali frodi finalizzate alla evasione di una imposta armonizzata, ove venisse astrattamente invocata la compensazione del debito dell’imposta dovuta con eccedenze di imposta inesistenti.
2.7 – La suddetta disciplina non pare, infine, manifestamente affetta da vizi di incostituzionalita’.
Questa Corte ha gia’ affermato il principio per cui la disciplina della compensazione delle eccedenze di imposta dell’IVA di gruppo, nella parte in cui prevede la prestazione di idonea garanzia a termini del Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, comma 3, pena il versamento dell’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate nel termine di presentazione della dichiarazione, non si discosta dalla previsione del detto Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, u.c., ne’ e’ in contrasto con i principi fissati dagli articoli 23 e 76 Cost.. La procedura di rimborso accelerato, per la quale il Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 38-bis, prevede la prestazione di garanzia, come anche quella di compensazione, non sono antitetiche e, anzi, costituiscono modalita’ attuative della medesima definizione del rapporto tributario, specificamente dettate per le societa’ infragruppo con evidente intento agevolativo; cio’ anche in considerazione del fatto che, per l’individuazione del sistema sanzionatorio in caso di inottemperanza agli obblighi predetti, la norma secondaria si rimette alla disciplina primaria dettata dal Decreto del Presidente della Repubblica sull’IVA, con rinvio ricettizio al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, (Cass., Sez. V, 23 dicembre 2005, n. 28692).
Giudizio dal quale questo Collegio non ha ragione di discostarsi. I primi due motivi vanno, pertanto, rigettati.
3 – Il terzo motivo e’ infondato sotto tutti i profili evidenziati.
3.1 – Come correttamente enunciato dalla sentenza impugnata, la mancata prestazione della garanzia costituisce presupposto per la liquidazione dell’Iva di gruppo da parte della controllante, la cui mancanza comporta il mancato verificarsi dei presupposti in base ai quali la liquidazione e’ stata operata e, conseguentemente, comporta il venir meno (come si e’ visto supra 2.3) con efficacia ex tunc della compensazione dichiarata, con conseguente riemersione del debito IVA (nei limiti in cui e’ stata operata la compensazione) e sussistenza dei presupposti sostanziali dell’omesso versamento di imposta.
Deve, difatti, ritenersi definitivamente superato il precedente orientamento assunto da questa Corte, secondo cui per l’irrogazione della sanzione doveva preliminarmente procedersi all’accertamento della effettiva esistenza del credito (Cass., Sez. V, 23 dicembre 2005, n. 28689), essendosi affermato l’opposto orientamento, cui questo Collegio intende dare continuita’, secondo cui il mancato rispetto delle condizioni formali (prestazione prospetto e garanzie in sede di liquidazione da parte della societa’ controllante) costituisce presupposto per il venir meno della fattispecie compensativa (Cass., Sez. V, 3 aprile 2013, n. 8034), con conseguente insorgenza dell’obbligo del versamento del credito compensato non garantito (Cass., Sez. V, 2 luglio 2014, n. 15060), ne’ puo’ ritenersi in contrasto con il principio di proporzionalita’ l’irrogazione della suddetta sanzione (Cass., Sez. V, 23 marzo 2016, 5724).
Va confermata, pertanto, la giurisprudenza di questa Corte, laddove ritiene che la prestazione della garanzia da parte della societa’ controllante, la quale opti per il regime di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, ha carattere obbligatorio, con conseguente irrogazione della sanzione stabilita per il mancato versamento d’imposta, senza che cio’ comporti una violazione dei principi Eurounitari di proporzionalita’ e neutralita’ dell’IVA, non potendo considerarsi adempiuti i relativi obblighi sostanziali, poiche’, secondo il combinato disposto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 73, comma 3, e Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, comma 3, che rinvia al Decreto del Presidente della Repubblica citato, articolo 38-bis, comma 2, solo a seguito della prestazione della cauzione si realizza la fattispecie compensativa ed il contribuente puo’ ottenere i rimborsi indicati (Cass., Sez. V, 29 agosto 2018, n. 21299; Cass., Sez. VI, 16 dicembre 2015, n. 25328; Cass., Sez. V, 3 aprile 2013, n. 8034).
3.2 – Irrilevante e’, poi, quanto alla irrogazione della sanzione, l’intervenuta apertura del concorso dei creditori, conseguente alla dichiarazione dello stato di insolvenza di cui al Decreto Legislativo 8 luglio 1999, n. 270, articolo 8, ai fini degli effetti di cui al Decreto Legislativo cit., articolo 18, (benche’ il parametro normativo non sia stato adeguatamente esplicitato).
L’impossibilita’ di pagamento di un credito concorsuale attiene (come non manca di osservare lo stesso ricorrente) al profilo satisfattivo del creditore, posto che detto credito deve essere soddisfatto nel rispetto delle regole del concorso (tempi della liquidazione dell’attivo ed esecuzione dei riparti). Tuttavia tale circostanza non ha rilievo sotto il profilo della opponibilita’ alla massa dei crediti concorsuali, ancorche’ erariali, derivanti dalla applicazione di sanzioni, i cui presupposti, legati al ricorrere della fattispecie previste dalla legge (mancato versamento dell’imposta), si siano verificati in epoca precedente l’apertura del concorso. Questa Corte e’, difatti, ferma nell’affermare il principio secondo cui l’apertura di una procedura concorsuale non e’ ostativa ne’ all’accertamento di crediti tributari pregressi, ne’ all’irrogazione di sanzioni pecuniarie ed accessori, maturati fino a tale momento (Cass., Sez. V, 4 aprile 2019, n. 9440; Cass., Sez. I, 27 settembre 2018, n. 23322).
E’, peraltro, indubbio che l’apertura del concorso formale abbia la funzione, da un lato, di dare soddisfacimento ai creditori concorsuali (che non possono compiere atti esecutivi sui beni dell’imprenditore insolvente) in funzione dei tempi della procedura (liquidatoria o di ristrutturazione) e, dall’altro, di cristallizzare (nel caso dell’amministrazione straordinaria, come del fallimento) le situazioni creditorie che siano insorte in epoca precedente l’apertura stessa. Pertanto, la mera apertura del concorso dei creditori non puo’ privare retroattivamente di opponibilita’ alla massa, anche ai fini sanzionatori, i crediti derivanti da omessi versamenti dell’imposta verificatisi in epoca precedente l’apertura del concorso dei creditori, quando non si erano ancora verificati gli effetti dell’insolvenza.
Del resto, se cosi’ non fosse, l’apertura di una procedura concorsuale costituirebbe evento tale da incidere retroattivamente su diritti quesiti dei creditori (sempre che tali crediti risultino opponibili alla massa), i cui presupposti sostanziali si siano verificati in epoca precedente l’apertura del concorso, violando il principio secondo cui l’accertamento dello stato di insolvenza (salvi i futuri effetti previsti dal Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, articoli 163, 164 e 166), non puo’ retroagire rispetto al momento della sua dichiarazione.
Nel caso di specie la sanzione e’ stata irrogata in relazione al periodo di imposta 2011 (quando la societa’ controllante era in bonis), laddove la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, da quanto emerge dagli atti, e’ stata pubblicata in data 26 luglio 2013, per cui la sanzione attiene a crediti tributari concorsuali, che risultano astrattamente opponibili nel concorso formale.
3.3 – Quanto, poi, alla inapplicabilita’ della sanzione di cui al Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 13, per effetto della modifica apportata dal Decreto Legislativo n. 175 del 2014, articolo 13, al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, (nella formulazione pro tempore applicabile), la deduzione e’ ulteriormente infondata per le ragioni che seguono.
3.3.1 – Si premette che il Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, comma 3, pro tempore applicabile opera, da un lato, un rinvio recettizio al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, comma 2, (“per le eccedenze di credito (…) compensate in tutto o in parte con somme che avrebbero dovuto essere versate dalle altre societa’ controllate o dall’ente o societa’ controllante, si applicano le Disp. dell’articolo 38-bis, comma 2”), dall’altro contempla un rinvio formale (non recettizio), al sistema di garanzie previsto in materia di rimborsi di crediti IVA (“le garanzie”), prevedendo una particolare integrazione del suddetto sistema di “garanzie” (“le garanzie devono essere prestate dalle societa’ il cui credito sia stato estinto, per l’ammontare relativo, in sede di presentazione della dichiarazione annuale. In caso di prestazione delle garanzie l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate deve essere versato all’ufficio entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale”).
3.3.2 – Il sistema delle garanzie previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, modificato nel corso degli anni (gia’ con Decreto Legge 28 dicembre 1989, n. 414), e’ stato (come nota il ricorrente) profondamente innovato dal Decreto Legislativo n. 175 del 2014, articolo 13. Tale disposizione ha riformulato la Disp. del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, sia novellando la norma che prevede la prestazione delle garanzie cauzionali (ora disciplinata non piu’ dal comma 2, bensi’ dall’articolo 38-bis, comma 5), sia, soprattutto, introducendo un nuovo comma (il terzo) nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, che prevede la possibilita’ per il contribuente, il quale chieda rimborsi di crediti IVA superiori a 30.000 Euro (cosi’ modificati del suddetto articolo 38-bis, comma 3, alinea, e comma 4, alinea, per effetto del Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193, articolo 7-quater, comma 32, convertito dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225), di essere esonerato dalla prestazione delle garanzie cauzionali di cui al comma 5. L’esonero dalla prestazione di garanzie cauzionali opera a condizione che, come evidenzia fugacemente il ricorrente, “risultino soddisfatti taluni adempimenti”.
Nello specifico, il contribuente che intenda ottenere il rimborso del credito senza la prestazione delle garanzie di cui al comma 5 deve, in primo luogo, ottenere la apposizione del c.d. “visto pesante” (“dichiarazione o istanza da cui emerge il credito richiesto a rimborso recante il visto di conformita’ o la sottoscrizione alternativa di cui al Decreto Legge 1 luglio 2009, n. 78, articolo 10, comma 7, primo e secondo periodo, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009. n. 102”), gia’ previsto dal Decreto Legge n. 78 del 2009, per l’utilizzo in compensazione di crediti IVA al fine di contrastare il fenomeno della compensazione di crediti inesistenti. In secondo luogo, il contribuente deve allegare alla richiesta di rimborso un atto notorio che attesti la sussistenza di particolari condizioni di solidita’ patrimoniale o affidabilita’ del contribuente, attinenti al patrimonio netto, alla consistenza di alcune immobilizzazioni immateriali, alla gestione caratteristica, alla compagine societaria, all’assolvimento degli obblighi previdenziali e assicurativi.
Detti adempimenti, diversi dalla prestazione della garanzia cauzionale, non sono meramente formali (come intende il ricorrente), ma corredano un nuovo sistema di garanzie improprie, attinenti alla esistenza prima facie del credito (circostanza tale da attenuare il rischio di inesistenza del credito) e alla condizione soggettiva del creditore, che in tal modo offre al potenziale creditore erariale una sufficiente garanzia di affidabilita’. Queste garanzie sono affatto differenti (e, come si vedra’, alternative) rispetto alla prestazione cauzionale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, attuale comma 5, in quanto volte a tenere indenne l’amministrazione finanziaria, in termini diversi dalla prestazione di garanzie esterne, dal rischio di rimborso di crediti inesistenti (salva l’ipotesi del procedimento penale di cui al medesimo articolo 38-bis cit., articolo 8).
3.3.3 – Ove, invero, il contribuente che chiede il rimborso del credito IVA, non intenda avvalersi dello strumento previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, comma 3, (che richiede l’apposizione del visto pesante e la allegazione dell’atto notorio relativo alla solidita’ e affidabilita’ del contribuente), egli deve, ove sussistano i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, comma 4, prestare ugualmente la garanzia di cui al suddetto art., comma 5.
Ne consegue che, diversamente da quanto prospettato da parte ricorrente, il legislatore non ha affatto eliminato la prestazione delle garanzie in caso di richiesta di rimborso del credito IVA (e, quindi, di utilizzo dei crediti IVA infragruppo a termini del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 30, u.c.), ma ha previsto (in armonia con quanto prevede l’articolo 1291 c.c., in materia di obbligazioni con alternativa multipla in tema di obbligazioni alternative), una piu’ ampia modulazione delle garanzie che puo’ prestare il contribuente che si trovi in eccedenza di imposta rimborsabile. Il contribuente puo’, difatti, accedere alla prestazione delle garanzie cauzionali, come puo’, in alternativa, accedere a un sistema di garanzie improprie, dando sufficiente contezza della presumibile esistenza del credito e della propria affidabilita’ come contribuente. Il che contrasta con l’impostazione del ricorrente, secondo cui sarebbe venuto meno “l’obbligo di versare all’Ufficio l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate in caso di mancata prestazione delle garanzie”, avendo l’Ufficio diversamente modulato la prestazione delle garanzie imposte al contribuente che intenda ottenere il rimborso dell’eccedenza IVA, in termini, pertanto, equivalenti al caso del contribuente che intenda accedere alla compensazione dell’imposta a debito con eccedenze di imposta di terzi.
3.3.4 – Ne’ puo’ ritenersi che il fatto che le garanzie cauzionali non siano piu’ previste dall’articolo 38-bis, comma 2, (come prevede il Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, nella formulazione pro tempore applicabile) ma dalla medesima Disp. normativa, comma 5, costituisca circostanza decisiva. La mancata riformulazione dell’articolo 6, comma 3, alla luce della successiva novella del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, e’ frutto di un evidente difetto di coordinamento della disciplina attuale rispetto alla norma previgente; difetto di coordinamento, del resto, che si dimostra irrilevante, posto che il Decreto Ministeriale cit., articolo 6, come si e’ accennato, opera espressamente anche un rinvio “formale” alla materia delle garanzie disciplinate dall’articolo 38-bis.
Si osserva, peraltro, incidentalmente, come detto difetto di coordinamento sia stato eliminato nella attuale formulazione del Decreto Ministeriale 13 dicembre 1979, articolo 6, comma 3, per effetto della emanazione del Decreto Ministeriale 13 febbraio 2017, il quale all’articolo 1, lettera n) ha sostituito il rinvio recettizio gia’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, comma 2, al medesimo art., attuali commi 3, 4, 5 e 6, attinenti al suddetto sistema di garanzie improprie. Il sistema delle garanzie dell’articolo 38-bis, comma 3, diviene, pertanto, espressamente applicabile al caso della liquidazione dell’IVA di gruppo, quale alternativa alla prestazione di garanzia cauzionale di cui all’articolo 38-bis, comma 5, in termini non dissimili dalla alternativa multipla prevista dal richiamato articolo 1291 c.c., riguardo al versamento dell’imposta a debito dovuta dalla controllante.
Il motivo va, pertanto, rigettato.
4 – Il quarto motivo e’ infondato.
Pur essendo il motivo ammissibile per specificita’, va osservato come in caso di omissione di pronuncia, il giudice di legittimita’ diviene giudice del fatto processuale, in quanto chiamato a sindacare un vizio di inosservanza di norme processuali relative alla violazione denunciata (l’omessa decisione in ordine alle questioni preliminari dedotte dal ricorrente), che comporta per la Corte il potere-dovere di controllare sia l’esatta individuazione dell’interpretazione della norma astratta applicata o applicabile, sia l’esatta sussunzione della vicenda processuale nella norma medesima, sia – infine – l’intero processo logico seguito dal giudice di merito nell’applicare la norma processuale (Cass., Sez. II, 16 ottobre 2017, n. 24312; Cass., Sez. III, 8 giugno 2007, n. 13514).
Orbene, il ricorrente non ritrascrive nel motivo di ricorso alcun elemento, oggetto di discussione nei precedenti gradi di merito che consenta di ritenere sussistente l’osservanza da parte della ricorrente di un comportamento diligente; comportamento – invero – che si rivelerebbe, in ogni caso, di alquanto difficile prova nel caso del mancato rispetto di una circostanza meramente fattuale quale la mancata prestazione di una garanzia imposta dalla legge.
3.2 – Inammissibile, e’ infine, l’applicazione della disciplina dello ius superveniens.
La nuova norma si discosta dalla norma in vigore all’epoca dei fatti per il solo venir meno dell’aggettivo “eccezionali”, essendo per il resto immutata quanto alla sua precedente formulazione (“qualora concorrano (eccezionali) circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entita’ del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa puo’ essere ridotta fino alla meta’ del minimo”).
Anche sotto tale profilo il ricorrente non indica nel motivo di ricorso alcun elemento, oggetto di discussione nei precedenti gradi di merito che consenta di ritenere che siano state oggetto di discussione circostanze che renderebbero manifesta la sproporzione tra l’entita’ del tributo e la sanzione.
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con raddoppio del contributo unificato. Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese in assenza di costituzione dell’Ufficio intimato.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; da’ atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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