Corte di Cassazione, penale, Sentenza|3 febbraio 2021| n. 4287.
In tema di indagini preliminari, l’esercizio dell’azione penale ai sensi dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen., a seguito di imputazione coatta, non deve essere preceduto dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.
Sentenza|3 febbraio 2021| n. 4287
Data udienza 8 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Archiviazione – Opposizione – Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici – GIP – Insussistenza delle doglianze fondate sull’abnormità del provvedimento – Genericità delle censure – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente
Dott. VILLONI Orlando – rel. Consigliere
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. R.G. 6657/19 del G.i.p. del Tribunale di Salerno del 10/08/2020;
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita la relazione del consigliere, VILLONI Orlando;
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Loy Francesca, che ha concluso per l’inammissibilita’.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Salerno ha ordinato al Pubblico Ministero di formulare ex articolo 409 c.p.p., comma 5, l’imputazione nei confronti dell’indagata (OMISSIS) in ordine al reato di cui all’articolo 479 c.p., in luogo di quello di cui all’articolo 373 c.p., per il quale era stata richiesta l’archiviazione, in considerazione della non configurabilita’, fermo il fatto storico contestato, del delitto originariamente ipotizzato rispetto ad una fattispecie di falsita’ in consulenza tecnica espletata su incarico del PM e non del giudice.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagata che con un primo motivo di doglianza taccia l’ordinanza di abnormita’, sostenendo che il provvedimento si risolve nell’imposizione al Pubblico Ministero dell’atto non previsto dall’ordinamento processuale di formulare l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta di archiviazione, in aperta violazione di quanto stabilito da Sez. U, n. 40984 del 24/09/2018.
Con un secondo motivo deduce l’illegittimita’ dell’ordinanza per mancata declaratoria di inammissibilita’ dell’opposizione alla richiesta di archiviazione proveniente da persone non legittimate ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) poiche’ prive della veste di persone offese del reato (articolo 373 c.p.) ipotizzato dal Pubblico Ministero.
3. Con memoria del 18 dicembre 2020 la ricorrente ha formulato nuovi motivi, aggiungendo ai precedenti l’argomento secondo cui l’imputazione coatta per un reato piu’ grave (articolo 479 c.p.) avrebbe alterato la corretta sequela procedimentale, privandola delle garanzie e del diritto al contraddittorio ai sensi dell’articolo 415-bis c.p.p..
4. Hanno presentato memoria anche i denuncianti – parti offese, (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali sostengono la piena legittimita’ del provvedimento impugnato, l’assenza di profili di abnormita’ nel medesimo, la correttezza della diversa qualificazione giuridica (articolo 479 c.p.) data dal giudice al fatto di reato oggetto della richiesta del Pubblico Ministero nonche’ la piena legittimazione a proporre l’opposizione accolta dal giudice quanto meno a titolo di soggetti danneggiati dalla condotta illecita, destinata ad incidere concretamente nella propria sfera giuridica di comproprietari di un fabbricato limitrofo alla proprieta’ dove sono state eseguite le opere edilizie oggetto della consulenza conferita dal Pubblico Ministero all’indagata, arch. (OMISSIS).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
2. Contrariamente a quanto opinato dalla difesa della ricorrente non sussiste alcun profilo di abnormita’ nel provvedimento impugnato e tanto va affermato anche in base a quanto statuito dalla stessa sentenza delle Sezioni Unite da essa citata (Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, Gianforte, Rv. 273581).
A pag. 16 di tale pronuncia si precisa, infatti, che l’imputazione coattiva ritenuta illegittima ed abnorme e’ quella che riguarda “fatti non contemplati dal Pubblico Ministero nella richiesta di archiviazione” che proprio perche’ tali incidono “pesantemente sulla possibilita’ per l’indagato di interloquire sull’accusa e sulla sua legittimita’ e, in ultima analisi, sulla possibilita’ di difendersi per impedire di essere sottoposto a processo”.
A diverse conclusioni, invece, la sentenza perviene riguardo alla parte dell’ordinanza impugnata in cui l’imputazione coatta era stata disposta per il delitto di cui all’articolo 393 c.p., “giacche’ al riguardo non ricorre l’ipotesi di nuova contestazione di reato alla quale manchi l’iniziativa del pubblico ministero, bensi’ quella di una diversa qualificazione della condotta per la quale il pubblico ministero aveva comunque promosso l’azione penale, di guisa che il giudizio espresso risulterebbe coerente con la disciplina procedimentale vigente e rispettosa del riparto di poteri” (Sez. 1, n. 47919 del 29/09/2016, Guarnieri, Rv. 268138; Sez. 2, n. 31912 del 07/07/2015, Giovinazzo, Rv. 264509; Sez. 5, n. 24030 del 04/06/2015, Richetto; Sez. 6, n. 34284 del 22/06/2011, Polese, Rv. 250836).
Fermo, dunque, il fatto storico oggetto di indagine e della richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero, il G.i.p. si e’ limitato, com’e’ nei suoi poteri, ad imporre coattivamente all’organo di accusa la formulazione della imputazione ai sensi dell’articolo 409 c.p.p., comma 5, dando al fatto la corretta qualificazione giuridica.
Non e’, infatti, giuridicamente configurabile l’ipotesi di falsa perizia di cui all’articolo 373 c.p. bensi’ il diverso reato di cui all’articolo 479 c.p., quando la falsita’ riguardi un atto elaborato da un consulente del Pubblico Ministero, funzione nel caso di specie effettivamente espletata dalla ricorrente, arch. (OMISSIS).
Il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ e’, infatti, che il consulente tecnico del pubblico ministero, sia per l’investitura ricevuta dal magistrato, sia per lo svolgimento di un incarico ausiliario all’esercizio della funzione giurisdizionale, assume la qualifica di pubblico ufficiale con la conseguenza che per gli elaborati da lui redatti trova applicazione la previsione di cui all’articolo 479 c.p., comma 1, dovendosi, invece, escludere la configurabilita’ del delitto di falsa perizia (articolo 373 c.p.) dal momento che il predetto consulente non e’ equiparabile, nell’attuale sistema processuale, al perito nominato dal giudice (per tutte v. Sez. 5, n. 18521 del 13/01/2020, Primerano, Rv. 279046).
Corretta, dunque, e’ stata la diversa qualificazione giuridica del fatto di reato data dal giudice e cio’ e’ sufficiente a sancire la manifesta infondatezza delle doglianze formulate al riguardo.
3. La ricorrente ha, pero’, sollevato l’ulteriore questione della mancata ricezione dell’avviso di chiusura indagini di cui all’articolo 415-bis c.p.p. in caso di imputazione coatta ex articolo 409 c.p.p., comma 5, questione peraltro da tempo affrontata e risolta in senso negativo finanche dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (ord. n. 491 del 2002, n. 441 del 2004 e n. 348 del 2005) cui si rimanda.
In senso specularmente opposto a quello propugnato dalla ricorrente, anzi, questa Corte di Cassazione ha affermato il principio che e’ abnorme l’ordinanza con cui il Tribunale monocratico dichiari la nullita’ del decreto di citazione a giudizio, emesso ai sensi dell’articolo 409 c.p.p., comma 5, sull’erroneo presupposto che tale atto debba essere preceduto, in applicazione dell’articolo 415-bis c.p.p., dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari (Sez. 6, n. 45126 del 22/10/2014, PM in proc. Grimaldi, Rv. 260824).
Palesemente infondata e’ anche la questione del’incidenza dell’opposizione all’archiviazione proposta da soggetto non legittimato, opposizione che la giurisprudenza di questa Corte reputa ininfluente ai fini dell’adozione del provvedimento di imputazione coatta, che per tale ragione non risulta affetta da alcuna nullita’ (per tutte v. Sez. 6 n. 3358 del 20/12/2017, dep. 2018, Panagrosso, Rv. 272139).
In maniera dirimente, infine, gli opponenti (OMISSIS) e (OMISSIS) rivestono attualmente la qualifica di persone offese del reato contro la fede pubblica di natura plurioffensiva di cui all’articolo 479 c.p. (Sez. 3, n. 3067 del 08/09/2016, dep. 2017, PG in proc. Conti e altri, Rv. 269024; Sez. 5, n. 7187 del 09/12/2008, PO in proc. Cuccinello a altri, Rv. 243154; Sez. U, n. 46982 del 25/10/2007, Pasquini, Rv. 237855) per cui e’ stata disposta da parte del giudice l’imputazione coattiva.
4. Alla dichiarazione d’inammissibilita’ dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che stimasi equo quantificare in Euro 3.000,00 (tremila).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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