In tema di esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 dicembre 2020| n. 27704.

In tema di esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, il giudice di legittimità può ritenere fondata la questione sollevata nel ricorso per una ragione giuridica diversa da quella indicata dalla parte ed individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito e senza confliggere con il principio di monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la S.C. possa rilevare l’efficacia giuridica di un fatto se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’integrazione di un’eccezione in in senso stretto.

Ordinanza|3 dicembre 2020| n. 27704

Data udienza 7 ottobre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Espropriazione – Indennità – Valutazione del bene riferita alla data dell’atto di cessione – Giudizio di rinvio – Attribuzione di una somma inferiore a quella determinata nella sentenza cassata – Violazione del divieto di “reformatio in peius” – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 14101/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), questi ultimi tre quali eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Comune di Siracusa, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1817/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 01/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/10/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

RITENUTO

che:
Con atto di citazione notificato in data 22/05/1991 le sorelle (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano convenuto in giudizio il Comune di Siracusa dinanzi al Tribunale di Siracusa.
Come si evince dalla sentenza impugnata, sulla premessa: I) di essere comproprietarie di due porzioni di terreno (in catasto alla partita (OMISSIS), f. (OMISSIS), particolo (OMISSIS)) che il Comune di Siracusa aveva assoggettato ad occupazione d’urgenza biennale (decorrente dal 1/3/1982) per la superficie di mq. 1.200 con Decreto 22 gennaio 1982, al fine di insediarvi un asilo nido; II) di avere successivamente, in data 1/7/1982, ceduto dette porzioni di terreno al Comune con previsione del conguaglio di legge sul pattuito corrispettivo e che in realta’ l’occupazione aveva attinto una superficie maggiore (mq. 1360 complessivi) dei loro fondi, le (OMISSIS) avevano chiesto la condanna del convenuto Comune alle dovute indennita’ per la superficie legittimamente occupata ed acquisita nonche’ al risarcimento del danno per quella occupata in eccedenza, il tutto commisurato al valore commerciale del loro bene.
La controversia, nella resistenza del Comune, aveva avuto ampio sviluppo processuale e, per quanto ancora interessa, la Corte di cassazione con la sentenza n. 17786 del 7/08/2014 aveva accolto in parte il ricorso di (OMISSIS) (terzo e quarto motivo), aveva dichiarato assorbito – in virtu’ del predetto accoglimento – il terzo motivo di ricorso proposto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (eredi di (OMISSIS)) ed aveva rigettato il ricorso incidentale proposto dal Comune di Siracusa, cassando con rinvio nei limiti dell’accoglimento – la sentenza della Corte di appello di Catania n. 1394 del 27/11-29/12/2006.
Segnatamente, la cassazione aveva riguardato la statuizione con cui la Corte di appello aveva rideterminato l’indennita’ di espropriazione dei mq. 1.200 in Euro 61.975,32, somma che, detratto l’acconto ricevuto, si riduceva di Euro 44.687,82, ed aveva determinato l’indennita’ dovuta per l’occupazione legittima dei mq. 1.200 del terreno di proprieta’ delle attrici in misura corrispondente per ogni anno di occupazione agli interessi legali secondo il tasso al momento vigente sull’importo di Euro 61.975,32 e per ogni mese o frazione di mese in un dodicesimo dell’indennita’ annua, condannando il Comune al pagamento in favore delle attrici delle maggiori somme dovute rispetto a quelle accantonate per gli stessi titoli, oltre agli interessi legali come stabiliti nella sentenza di primo grado.
In particolare i motivi terzo e quarto proposti dalla ricorrente (OMISSIS) concernevano rispettivamente: I) la questione se, a seguito della declaratoria di incostituzionalita’ dei criteri in precedenza applicati (sentenze nn. 348 e 349 del 2007), nonche’ della L. 8 agosto 1992, n. 359, articolo 5 bis, la parte espropriata avesse diritto a ricevere, a titolo di conguaglio, la indennita’ di espropriazione in misura equivalente a valore venale del bene e, comunque, il piu’ possibile vicina al relativo prezzo di mercato; II) la motivazione insufficiente in merito alla dimidiazione dell’accertato valore del bene edificabile per la sola esistenza dell’attraversamento da parte di una strada comunale. Il terzo motivo di ricorso proposto dagli (OMISSIS) riguardava la contraddittorieta’ della motivazione in merito alla incidenza sul valore del bene del passaggio della strada comunale.
La Corte di cassazione con la sentenza gia’ richiamata aveva cosi’ statuito “Il terzo ed il quarto motivo del ricorso proposto dalla (OMISSIS) sono fondati nei sensi in prosieguo precisati; al relativo accoglimento segue anche, come detto, l’assorbimento del terzo motivo del ricorso principale degli (OMISSIS). In effetti, dopo la pubblicazione dell’impugnata sentenza sono venuti meno, a seguito delle sopravvenute citate sentenze (sentenze nn. 348 e 349 del 2007) della Corte Costituzionale, i riduttivi criteri indennitari/risarcitori contemplati dalla L. n. 359 del 1992, articolo 5 bis, ai quali i giudici d’appello si sono riferiti; conseguentemente, la quantificazione degli indennizzi e dei risarcimenti spettanti ai ricorrenti deve essere rielaborata e commisurata al valore venale pieno dei fondi occupati. Anche l’ulteriore riduzione apportata dai giudici d’appello al valore di mercato stimato dal CTU e risoltasi nel relativo dimezzamento, si rivela sostanzialmente apodittica”.
In sede di rinvio la Corte di appello di Catania ha disposto una nuova CTU ed all’esito ha statuito che il Comune di Siracusa era tenuto a corrispondere alle controparti:
– A titolo di indennita’ di esproprio dei mq. 1.200, oggetto del decreto di occupazione del 22/1/1982 la somma di Euro 28.821,58, calcolata dalla data del 1/7/1982 (quantificata detraendo ad Euro 46.109,27 l’acconto versato di Euro 17.287,69), oltre interessi legali come computati nella sentenza di primo grado;
– A titolo di indennita’ di occupazione legittima dei suddetti mq. 1.200, calcolata dal 1/3/1982 al 1/371986, la somma corrispondente agli interessi legali secondo il tasso al momento vigente e per ogni mese o frazione di mese in un dodicesimo dell’indennita’ annua (come gia’ disposto nella precedente sentenza della Corte di appello) calcolati sulla somma di Euro 46.109,27;
– il valore venale dei mq. 160 illegittimamente occupati, calcolato alla data del 1/7/1982 ammontante ad Euro 6.147,20, oltre interessi e rivalutazione monetaria come stabilito in primo grado.
Ha inoltre precisato che il giudizio di rinvio non aveva ad oggetto la rivalutazione monetaria sulle indennita’ di espropriazione e di occupazione legittima, perche’ gia’ eliminata dalla Corte di appello nel 2006 con statuizione non impugnata nel precedente giudizio di legittimita’.
(OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Catania depositata il 1/12/2016 con due mezzi. Il Comune di Siracusa ha replicato con controricorso.
Il Comune di Siracusa, in persona del Sindaco p.t., ha depositato in prossimita’ dell’adunanza camerale “domanda di interruzione del giudizio” ex articolo 301 c.p.c., datata 1/10/2020, motivata in ragione del decesso del difensore Avv. (OMISSIS) e priva dell’indicazione della data dell’evento.

CONSIDERATO

che:
1. Preliminarmente va disattesa la richiesta di declaratoria di interruzione del giudizio.
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, il decesso dell’unico difensore dopo il deposito del ricorso e prima dell’udienza di discussione o dell’adunanza camerale non determina l’interruzione del processo, ma attiva il potere della Corte di differire l’udienza di discussione o l’adunanza, disponendo la comunicazione alla parte personalmente per consentirle la nomina di un nuovo difensore, salvo il caso in cui la stessa parte risulti essere stata gia’ informata del detto evento e, nonostante il congruo tempo a sua disposizione, non abbia provveduto ad effettuare tale nomina (Cass. n. 21608 del 20/09/2013; Cass. n. 7751 del 08/04/2020).
Nel caso di specie non puo’ darsi luogo alla declaratoria di interruzione del processo e non ricorrono i presupposti per il differimento dell’adunanza atteso che il Comune di Siracusa, proprio perche’ edotto del decesso dell’Avvocato, ben poteva nominare un nuovo difensore.
2.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la nullita’ della sentenza e del procedimento ex articoli 384 e 394 c.p.c..
I ricorrenti sostengono che la Corte di appello – in sede di rinvio si sarebbe dovuta limitare ad attuare la decisione della Suprema Corte mediante la doverosa eliminazione della dimidiazione dell’indennita’ di espropriazione nella misura gia’ in precedenza quantificata nel caso concreto dalla sentenza di secondo grado del 2006, senza ulteriori modifiche o diversa valutazione.
Criticano quindi la scelta della Corte di appello di procedere ad una nuova CTU perche’ disposta sulla base di un presupposto interpretativo piu’ esteso rispetto al dictum rescindente della Suprema Corte, giacche’ aveva ritenuto che la “rielaborazione” demandata dovesse intendersi come rivalutazione integrale ed ex novo, anziche’ come semplice duplicazione della quantificazione in precedenza operata, determinando in tal modo una inammissibile modifica dei presupposti temporali, di fatto e di diritto dell’intera vicenda, preclusa dal pertinente giudicato interno e illegittima alla luce della limitata devoluzione dalla Suprema Corte.
Tra l’altro si dolgono che la Corte territoriale abbia disposto che la valutazione del bene andava effettuata con riferimento alla data dell’atto di cessione che aveva definito la vicenda ablativa (1/7/1982), mentre la CTU effettuata nel precedente giudizio di gravame aveva fatto riferimento alla data di irreversibile trasformazione del fondo (24/3/1989).
2.2. La censura e’ fondata per le seguenti ragioni, non del tutto coincidenti con quelle esposte dai ricorrenti, ma comunque operanti in virtu’ del principio secondo cui in virtu’ della funzione del giudizio di legittimita’ di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonche’ in ragione di quanto prevede la norma di cui dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, deve ritenersi che, nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di cassazione puo’ ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioe’ che sia necessario l’esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l’esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Corte possa rilevare l’efficacia giuridica di un fatto se cio’ comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’integrazione di una eccezione in senso stretto (Cass., 14 febbraio 2014, n. 3437; Cass., 17 maggio 2011, n. 10841; Cass., 22 marzo 2007, n. 6935).
2.3. Ed invero non possono condividersi le doglianze esposte nel primo motivo, per come formulate, per le seguenti ragioni.
Il Giudice del merito non e’ incorso nei vizi denunciati dall’odierna ricorrente con il primo motivo, atteso che – sulla base dell’esplicito tenore della pronuncia rescindente di questa Corte meglio sopra riportata (sentenza n. 17786/2014), segnatamente incentrata sul rilievo che la quantificazione degli indennizzi doveva essere rielaborata e commisurata al valore venale pieno dei fondi occupati e che la quantificazione attuata dalla Corte territoriale, mediante dimidiazione del valore di mercato stimato dal CTU era sostanzialmente apodittica – appare palese come abbia trovato applicazione il principio secondo cui, nel giudizio di rinvio, configurato dall’articolo 394 c.p.c., in termini di giudizio ad istruzione sostanzialmente chiusa, in cui e’ preclusa la formulazione di nuove conclusioni e, quindi, la proposizione di nuove domande o eccezioni e la richiesta di nuove prove, i limiti all’ammissione di queste ultime concernono l’attivita’ delle parti e non si estendono ai poteri istruttori del giudice, ed in particolare a quelli esercitabili d’ufficio, onde detto giudice, dovendo riesaminare la causa nel senso indicato dalla sentenza di annullamento, puo’, segnatamente quando sia necessario fare applicazione di una legge sopravvenuta o di una decisione della Corte Costituzionale e/o sopperire a difetti motivazionali, avvertire la necessita’, secondo le circostanze, di disporre una consulenza tecnica o di rinnovare quella gia’ espletata nei pregressi gradi del giudizio di merito, avendo egli il potere, esattamente in un caso di ius superveniens che, come nella specie, gli faccia carico di accertare il valore venale pieno del bene, di procedere (nuovamente) all’accertamento del fatto valutando liberamente le prove gia’ raccolte (Cass. n. 16660 del 06/07/2017; Cass. n. 341 del 09/01/2009; Cass. n. 3047 del 13/2/2006).
Risulta, inoltre, dalla sentenza rescindente di questa Corte n. 17786/2014 che la Corte di appello, gia’ nel 2006, aveva ritenuto che la valutazione del bene andava compiuta con riferimento alla data dell’atto di cessione che aveva definito la vicenda ablativa (v. “svolgimento del processo”), e che l’indennita’ era stata quantificata “integrando con valutazioni equitative le risultanze processuali e segnatamente il dato tecnico emerso dalla CTU” (“motivi della decisione” p. 2): ne consegue che i ricorrenti non colgono nel segno quando deducono che la Corte di appello in sede di rinvio avrebbe modificato i presupposti di fatto e di diritto dell’intera vicenda in relazione al criterio temporale, giacche’ la stessa ha invece operato entro i limiti consentiti nel giudizio di rinvio, prima ricordati e mantenendo fermo il criterio temporale gia’ assunto dalla Corte di appello nel 2006.
2.4. Tanto affermato, deve tuttavia rilevarsi che il giudice del rinvio ha attribuito alla parte ricorrente una somma inferiore a quella determinata nella sentenza cassata, cosi’ violando il divieto di reformatio in peius, che, com’e’ noto, opera anche nel giudizio di rinvio.
Non puo’ invero prescindersi dal rilievo che questa Corte, con la decisione che ha disposto il rinvio, ha accolto le doglianze della parte espropriata – sostanzialmente intese ad ottenere, sotto il profilo del petitum sostanziale, l’attribuzione di una somma maggiore – ed ha rigettato tutti i motivi proposti dal Comune di Siracusa.
In base al consolidato orientamento di questa Corte, in virtu’ del divieto di reformatio in peius, ricavabile dal principio devolutivo e dalla regola dell’acquiescenza ex articoli 329 e 342 c.p.c., nonche’ dal principio dispositivo (articolo 112 c.p.c.) e dall’interesse ad agire (articolo 100 c.p.c.), la decisione non puo’ essere piu’ sfavorevole all’impugnante e piu’ favorevole alla controparte di quanto non sia stata la sentenza gravata (Cass. n. 12275 del 18/05/2018; Cass. n. 4676 del 09/03/2015; Cass. n. 25244 del 08/11/2013; Cass. n. 25244 del 08/11/2013; Cass. n. 14127 del 27/06/2011).
2.5. In ragione di cio’ il motivo va accolto nei limiti conseguenti all’accertata violazione del divieto di reformatio in peius e la decisione va cassata con rinvio per l’applicazione dei principi enunciati sub 2.4.
3.1. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la nullita’ della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex articolo 112 c.p.c..
I ricorrenti assumono che la rivalutazione monetaria riconosciuta in primo grado alle parti espropriate non era stata fatto oggetto di gravame. Sostengono, quindi, che la Corte di appello in sede di rinvio ha revocato e modificato il capo della sentenza di primo grado sul punto della spettanza della rivalutazione monetaria, gia’ confermato in secondo grado ante rinvio, in violazione di un giudicato interno.
3.2. Il motivo e’ infondato.
Come si evince dalla sentenza impugnata gli attuali ricorrenti avevano riassunto il giudizio dinanzi alla Corte di appello chiedendo “di ritenere illegittima la riduzione alla meta’ del valore dei beni…. e di condannare il Comune di Siracusa al pagamento della restane meta’ del valore… oltre a rivalutazione ed interessi, con vittoria di spese” (fol. 9 della sent. imp.).
La Corte di appello, nell’esaminare la loro domanda di riconoscimento della rivalutazione, ha accertato la ricorrenza di un giudicato interno in merito alla statuizione con cui la Corte di appello, nella fase ante rinvio, aveva eliminato la rivalutazione monetaria sulle indennita’ di espropriazione e di occupazione legittima, evidenziando che detta pronuncia non era stata impugnata con il ricorso per cassazione. Quindi, ha affermato – respingendo il motivo di appello del Comune – che invece spettava agli odierni ricorrenti la rivalutazione monetaria sulle somme dovute a titolo di risarcimento danni per irreversibile trasformazione dell’area di mq. 160 e per la sua abusiva occupazione, trattandosi di fatto illecito ed integrando le somme dovute un debito di valore, ed ha confermato sul punto la decisione della Corte di appello ante rinvio (fol. 16/17 della sent. imp.).
Ne discende che non ricorre alcuna violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, giacche’ dalla sentenza impugnata risulta che i ricorrenti avevano richiesto la rivalutazione monetaria – e non gia’ che avessero fatto valere un giudicato interno – e che la Corte di appello, pronunciando sul punto, ha dichiarato la sussistenza di un giudicato interno, anche se a loro sfavorevole, ed ha riconosciuto la rivalutazione monetaria in loro favore nei termini dianzi ricordati.
3.3. Il motivo non soddisfa nemmeno il requisito di specificita’ con evidenti ricadute, per altro verso, sul piano dell’ammissibilita’.
Posto che “Anche quando nel ricorso per cassazione sono denunciati “errores in procedendo” e’ necessario, per il principio di autosufficienza del ricorso, e quindi per non incorrere nel vizio di genericita’ della doglianza, che siano indicati con precisione gli elementi di fatto che consentano di controllare la decisivita’ dei vizi dedotti.” (Cass. n. 2140 del 31/01/2006), i ricorrenti – nonostante la Corte territoriale si sia pronunciata nei termini anzidetti – non hanno illustrato in concreto l’errore di interpretazione della domanda in cui sarebbe caduta la Corte territoriale, ne’ hanno evidenziato la tempestiva introduzione della questione del giudicato interno – nei termini sostenuti da loro stessi – nella fase di merito.
4. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, infondato il secondo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Catania in diversa composizione per il riesame e per la statuizione in ordine alla spese.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, infondato il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catania in diversa composizione per il riesame e le spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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