In tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 7 maggio 2020, n. 13985.

Massima estrapolata:

In tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, il principio dell’unità del rapporto esecutivo, che mira ad evitare al condannato un possibile pregiudizio derivante dalla distinta esecuzione delle sanzioni penali irrogate per una pluralità di reati, è riferibile alle pene comminate per reati commessi prima dell’inizio della detenzione, mentre si deve procedere ad ulteriore cumulo, non più sottoposto alle limitazioni previste dall’art. 78 cod. pen., comprendente, oltre alla pena inflitta per il nuovo reato, la parte risultante dal cumulo precedente, non ancora espiata alla data del nuovo reato solo qualora durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato. (Fattispecie in cui è stata esclusa l’erroneità del cumulo operato tra la pena irrogata al ricorrente per un reato commesso dopo la sua remissione in libertà, conseguente ad un provvedimento di grazia poi revocato, e la pena residua da espiare).

Sentenza 7 maggio 2020, n. 13985

Data udienza 25 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Esecuzione – Istanza di provvedimento di cumulo – Assenza d’interesse – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Presidente

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere

Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 10/07/2019 del GIUDICE dell’UDIENZA PRELIMINARE del TRIBUNALE di GENOVA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. STEFANO APRILE;
lette le conclusioni del PG Dr. PEDICINI Ettore che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’incidente di esecuzione promosso nell’interesse di (OMISSIS) avverso il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dal Procuratore della Repubblica di Genova in data 20 settembre 2018.
2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge per non essere stato emesso il provvedimento di cumulo, utile ai fini del riconoscimento dei limiti previsti dall’articolo 78 c.p., sussistendone tutti i presupposti sulla base della costante giurisprudenza di legittimita’.
2.1. Con nota depositata il 10/02/2020 il difensore ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale, chiedendo la fissazione in pubblica udienza, e insistendo nei motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ privo di interesse e comunque manifestamente infondato.
1.1. Il Pubblico ministero, senza procedere all’emissione di un provvedimento di cumulo della residua pena inflitta con la sentenza del Tribunale di Bangkok, riconosciuta dalla Corte d’appello di Roma in data 25 settembre 2003, e della pena irrogata con la sentenza della Corte d’appello di Genova del 5 novembre 2015, in parziale riforma di quella emessa il 14 novembre 2014 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova, si e’ limitato a sommare il residuo di pena della prima sentenza con la pena inflitta dalla seconda.
Il condannato si e’ rivolto al giudice dell’esecuzione per ottenere l’emissione del provvedimento di cumulo.
2. Il ricorso, in disparte la richiesta di trattazione in pubblica udienza che non e’ prevista in quanto si tratta di un provvedimento che rientra tra quelli indicati nell’articolo 611 c.p.p., e’ inammissibile perche’ non viene dedotto alcun interesse a ottenere il provvedimento impugnato, limitandosi il ricorrente a denunciare la violazione di legge in relazione all’articolo 78 c.p..
Il ricorrente, infatti, non deduce di avere subito un danno dalla mancata emissione dell’invocato provvedimento di cumulo, sicche’ ogni valutazione in ordine alla legittimita’ dell’atto risulta ininfluente nel caso di specie.
3. Del resto, il provvedimento impugnato appare conforme all’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’.
E’ bene chiarire che, come lo stesso ricorrente ammette, il nuovo reato e’ stato commesso dopo l’espiazione di una parte della pena inflitta con la prima sentenza e allorquando il condannato, ottenuta la grazia e rimesso in liberta’, ha commesso il nuovo reato giudicato dall’autorita’ di Genova, tanto che la grazia e’ stata poi revocata, sicche’ la porzione di pena ancora da espiare in virtu’ della revoca del provvedimento di clemenza e’ stata messa in esecuzione del Pubblico ministero unitamente a quella risultante dalla seconda sentenza.
La giurisprudenza di legittimita’ e’ stabilmente orientata ad affermare che “in tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, il principio dell’unita’ del rapporto esecutivo, che mira ad evitare al condannato un possibile pregiudizio derivante dalla distinta esecuzione delle sanzioni penali irrogate per una pluralita’ di reati, e’ riferibile alle pene comminate per reati commessi prima dell’inizio della detenzione, mentre si deve procedere ad ulteriore cumulo, non piu’ sottoposto alle limitazioni previste dall’articolo 78 c.p., comprendente, oltre alla pena inflitta per il nuovo reato, la parte risultante dal cumulo precedente, non ancora espiata alla data del nuovo reato solo qualora durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato” (Sez. 1, n. 32896 del 30/06/2014, Facella, Rv. 261197).
In forza di tale consolidato principio, quando il nuovo reato sopravviene al precedente ed e’ stato commesso, come nel caso di specie, dopo la rimessione in liberta’ a seguito della espiazione di una parte della pena inflitta con la precedente condanna, non si deve procedere al cumulo di tutte le pene, ma unicamente al cumulo parziale ex articolo 663 c.p.p. della porzione di pena residua con quella inflitta per il nuovo reato.
Tale principio e’ stato correttamente applicato dal giudice dell’esecuzione, mentre il ricorso denuncia un inesistente errore nell’applicazione della legge, proponendo una interpretazione del disposto normativo che e’ manifestamente errata.
3.1. Del resto, deve essere applicato anche alla grazia parziale che sia stata in seguito revocata, ipotesi che ricorre proprio nel caso oggetto del giudizio, il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza con riguardo all’indulto, secondo il quale “nel determinare la pena da eseguire ai sensi dell’articolo 663 c.p.p., le pene coperte da condono vanno scorporate prima di applicare il criterio moderatore del cumulo giuridico di cui all’articolo 78 c.p.” (Sez. 1, n. 264 del 06/12/2007 dep. 2008, Bordoni, Rv. 238773).
Alla luce del principio sancito dall’articolo 174 c.p., la cui applicabilita’ alla grazia poggia sulla corretta equiparazione a questi fini tra i due provvedimenti di clemenza, consegue la non applicabilita’ del criterio moderatore di cui all’articolo 78 c.p. sulla porzione di pena oggetto della grazia con quella irrogata per i reati successivamente commessi.
4. All’inammissibilita’ del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

 

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